Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28021 del 30/03/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 28021 Anno 2016
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
NARDELLI RICCARDO N. IL 10/07/1980
avverso l’ordinanza n. 543/2014 TRIB. SORVEGLIANZA di
TRENTO, del 22/06/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
SILVIO BONITO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

-L-f

Data Udienza: 30/03/2016

1. Con ordinanza in data 22 giugno 2015 il Tribunale di
sorveglianza di Trento rigettava l’opposizione proposta da Nardelli
Riccardo avverso il provvedimento con il quale lo stesso tribunale,
il precedente 9 ottobre 2014, aveva respinto la sua richiesta di
riabilitazione.

A sostegno della decisione il tribunale, preso atto della ragioni
difensive, osservava: non risulta, nella fattispecie data,
esaustivamente valutabile la buona condotta dell’istante nel periodo
indicato dall’art. 179 c.p., tenuto conto che nel 2006 è stato
arrestato in Spagna unitamente a due complici in quanto rinvenuti
nella loro autovettura sette chilogrammi di hashish e che nel 2012 è
stato nuovamente arrestato, in Italia, per aver occultato nel suo
corpo un ovulo con gr. 15 di cocaina, condotta per la quale
l’imputato ha patteggiato la pena. Ai fini detti valorizzava altresì il
tribunale le informazioni di polizia e dei CC., concordi nel delineare
un quadro personale del Nardelli come di soggetto
tossicodipendente ed abituale frequentatore di soggetti assuntori di
stupefacenti.
3. Con argomentata requisitoria scritta concludeva il P.G. in sede
per il rigetto dell’impugnazione, dappoichè condivisibili le riserve
espresse e motivate dal tribunale. Ad essa replicava la difesa
ricorrente con memoria difensiva nella quale, nel contestare le
conclusioni del P.G., si insiste nelle argomentazioni già affidate al
ricorso principale.
4. Ricorre per cassazione avverso il provvedimento del tribunale il
Nardelli, denunciandone l’illegittimità per violazione dell’art. 179
c.p. e vizio della motivazione, in particolare osservando: per i fatti
spagnoli e le indicazioni di polizia, trattasi di dati fattuali privi di
rilevanza penale per nulla accertati; le informazioni di polizia
valorizzate dal tribunale si appalesano all’evidenza del tutto
generiche e non riscontrate da specifiche condotte; quanto alla
sentenza pronunciata dal Tribunale di Bergamo nell’agosto 2012,

Ritenuto in fatto

Considerato il diritto

1. Il ricorso è infondato.
1.1 Osserva la corte che, ai sensi dell’art. 179 c.p.p., condizioni per
la riabilitazione sono, da un lato, quelle proprie della legittimazione
(il decorso del tempo dalla esecuzione della pena ovvero dalla sua
estinzione) e dall’altro quelle individuate dal legislatore per
valutarne la meritevolezza e cioè l’acquisizione di prove effettive di
buona condotta (art. 179 c.p., co. 1). Ostativa poi alla concessione
del beneficio è il mancato adempimento delle obbligazioni civili
derivanti dal reato, salvo che si dimostri la impossibilità ad
adempierle.

Orbene, il tribunale ha motivato il rigetto della istanza per cui è
causa perché non date prove positive di buona condotta fino
all’attualità, conclusioni queste fondate sull’arresto in Spagna del
2006 e su quello in Italia del 2012, entrambi per violazione della
normativa in materia di stupefacenti e già innanzi indicate, nonché
su non positive informazioni di polizia.
A ciò oppone un diverso opinare la difesa ricorrente, per la quale i
fatti spagnoli, proprio perché penalmente irrilevanti per l’istante,

essa è divenuta definitiva il 23.5.2013 eppertanto successivamente
alla domanda di riabilitazione depositata il 24.4.2013; dei fatti ivi
giudicati, successivi allo spirare del termine per chiedere la
riabilitazione, occorre, anche per questo, motivare le ragioni per le
quali essi osterebbero all’accoglimento della domanda, ragioni per
nulla indicate dal tribunale; la pena patteggiata inoltre è stata pari
ad anni uno e mesi quattro, e cioè in misura inidonea a determinare
comunque la revoca della riabilitazione se in precedenza accolta; il
tribunale inoltre non ha per nulla considerato le circostanze
favorevoli al richiedente in quanto sintomatiche del suo
reinserimento sociale in apprezzabili attività lavorative,
imprenditoriali e di specializzazione; quanto al vizio motivazionale
il tribunale, dopo aver deciso nel senso della necessità di
acquisizioni istruttorie, in concreto non concretizzatesi, ha deciso
sulla base del quadro procedimentale che aveva però esso stesso
ritenuto “scarno” delle necessarie “segnalazioni”.

2. Tanto premesso, ritiene la Corte fondate le ragioni del diniego e
generiche quelle difensivamente opposte. Ed invero, quanto al
requisito della buona condotta, per la quale, giova ricordarlo, la
legge richiede “prove effettive”, ha la corte avuto modo di
affermare che in tema di misure di prevenzione, la prova costante
ed effettiva di tale requisito, necessario per la concessione della
riabilitazione, implica una valutazione della personalità sulla base
non già della mera astensione dal compimento di fatti criminosi, ma
di fatti e comportamenti sintomatici di un effettivo e costante
rispetto delle regole della convivenza sociale, quale espressione del
recupero dell’interessato ad un corretto modello di vita (Cass., Sez.
1, n. 11572 del 05/02/2013, Rv. 255157; Cass., Sez. 6, n. 5164 del
16/01/2014, Rv. 258572). Ebbene, nel caso di specie, la ricorrenza
di lodevoli iniziative imprenditoriali e lavorative da parte
dell’istante si misurano, soccombendo, con fatti di indubbia ed
indiscutibile gravità, sintomatici, al di là di ogni ragionevole
dubbio, di condotte di per sé non occasionalmente in violazione di
legge e comunque, in riferimento ai fatti spagnoli, dimostrativi di
contesti di vita, a tutto concedere, di palese contiguità criminale.
Di qui la indiscutibile logicità delle conclusioni assunte dal giudice
territoriale, in quanto tali insindacabili in sede di legittimità e la
corretta applicazione, da parte del tribunale, delle norme di
riferimento.
3. Alla stregua delle esposte considerazioni il ricorso deve essere
rigettato ed al rigetto consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

• “”

sono rimasti lettera morta e privi di qualsivoglia conseguenza
processuale, mentre i fatti italiani, comunque di non apprezzabile
gravità, come dimostrato dalla pena applicata ai sensi dell’art. 444
c.p.p., non hanno trovato adeguata analisi argomentativa per
dimostrarne la idoneità ostativa all’accoglimento della domanda.
Come già innanzi riportato, lamenta ancora la difesa ricorrente la
mancata considerazione delle prove di risocializzazione lavorativa
abbondantemente offerte nel procedimento.

P.T.M.
la Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
Così deciso in Roma, addì 30 marzo 2016
e

Il cons. est.

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