Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28018 del 30/03/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 28018 Anno 2016
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SORTINO ANGELO N. IL 28/11/1963
avverso l’ordinanza n. 191/2015 TRIB. SORVEGLIANZA di
PALERMO, del 21/04/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
SILVIO BONITO;
Tumg2.32j,
lette/seette le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 30/03/2016

1. Il Tribunale di sorveglianza di Palermo, con ordinanza del 21
aprile 2015, rigettava l’appello proposto da Sortino Angelo avverso
il provvedimento con il quale il Magistrato di sorveglianza di
Agrigento, in data 12 dicembre 2014, aveva dichiarato l’appellante
delinquente abituale ed aveva di conseguenza applicato a suo carico
la misura di sicurezza della casa di lavoro per anni due.
A sostegno della decisione il tribunale osservava che il giudice di
prima istanza aveva fatto puntuale applicazione della disciplina
normativa in materia, in particolare degli artt. 103, 109, 216 co. 1 n.
1 e 133 c.p., valorizzando le evidenze del certificato del casellario
giudiziale, quello dei carichi pendenti e le informative di p.s., dai
quali emergono i numerosi reati commessi dal Soffino tra il 1982 ed
il 2009 (in materia di armi, contro il patrimonio, contro
l’amministrazione della giustizia), i procedimenti in corso per
analoghi reati, l’avviso orale di P.S. ed il FVO, le frequentazioni
equivoche, la mancanza di stabile attività lavorativa; da tali dati ha
quindi dedotto il tribunale la pervicace propensione a delinquere del
predetto e la sua dimensione attuale.
2. Ricorre per cassazione avverso l’ordinanza detta il Soffino,
difeso dall’avvocato di fiducia, sviluppando un unico motivo di
impugnazione, con il quale denuncia violazione degli artt. 25 e 117′
Cost., 103, 133 e 199 c.p. e comunque la incostituzionalità degli
artt. 215 co. 1, n. 1, 216, 217, 218 e 231 co. 2 c.p. e la necessità di
un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia europea in riferimento
alla misura di sicurezza detentiva della casa di lavoro e della
colonia agricola, da ritenersi altresì, secondo avviso difensivo, in
violazione degli artt. 6, par. 1 e 2 del Trattato dell’Unione Europea,
art. 50 della Carta dei diritti dell’Unione europea, art. 5 e 7
Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali.
Osserva in particolare la difesa ricorrente che il Soffino, in forza
dell’impugnato provvedimento, dovrà espiare in carcere un
supplemento di pena in assenza di accertamenti di colpevolezza

La Corte, ritenuto in fatto e considerato in diritto

penale e di una sentenza di condanna, e questo sulla base di una
“ipotetica pericolosità sociale”. Di qui le denunciate illegittimità e
la prospettata questione di legittimità costituzionale in uno con la
pregiudiziale da sottoporre alla Corte di giustizia.
3. Il ricorso è infondato.

L’impugnazione proposta dal Sortino si incentra totalmente sulla
coerenza costituzionale, riferita altresì ai trattati internazionali di
rilevanza europea, del sistema delle misure di sicurezza detentive
previste dal nostro ordinamento.
Al riguardo ritiene la Corte manifestamente infondata la questione
di costituzionalità ed inammissibile la richiesta di un rinvio
pregiudiziale alla Corte di giustizia europea.
Ed invero, appare utile rammentare che, nel lontano 1974, con la
sentenza n. 110, la Corte Costituzionale dichiarò la coerenza
costituzionale delle norme sulle misure di sicurezza della casa di
lavoro e della colonia agricola sul presupposto che non poteva
riconoscersi rilevanza di illegittimità costituzionale a situazioni di
fatto derivanti dalla incompleta attuazione della legge.
La richiamata pronuncia torna utile anche oggi, considerato che non
pare dubbio che profili di rilevanza costituzionale non possono
riscontrarsi nella valutazione del sistema organico delle misure di
sicurezza in generale e di quelle detentive in particolare,
rispondendo esse a primarie esigenze di sicurezza pubblica ed attese
le garanzie procedimentali con le quali vengono applicate a carico
di soggetti qualificabili in termini di apprezzabile pericolosità
sociale secondo valutazioni di natura giurisdizionale.
Profilo del tutto diverso, estraneo al presente giudizio di legittimità,
è quello dato, viceversa, dalla esecuzione delle misure in discorso,
che non possono certo duplicare semplicemente la detenzione in
istituti per la esecuzione delle pene, sia perchè hanno natura
giuridica diversa dalla sanzione penale detentiva, sia perché vanno
applicate in appositi stabilimenti (art. 213 c.p., 59 e 62 0.P.).
Consegue da tale precisazione che soltanto in sede di esecuzione
della misura di sicurezza potrà il sottoposto denunciare eventuali
2

modalità applicative in contrasto con i principi costituzionali
denunciati e richiamati in ricorso, rivolgendosi alla magistratura di
sorveglianza nei modi e nei tempi previsti dall’ordinamento.

P. T. M.
la Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
Roma, addì 30 marzo 2016
Il cons. est.

4. Il ricorso, in conclusione, alla stregua di quanto sin qui
argomentato, deve essere rigettato ed al rigetto consegue, ai sensi
dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

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