Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28015 del 20/05/2014
Penale Sent. Sez. 6 Num. 28015 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: VILLONI ORLANDO
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
AA
avverso l’ordinanza del Tribunale di Reggio Calabria, Sezione per il Riesame n. 1149-P/13
del 2/12/2013
esaminati gli atti e letti il ricorso ed il provvedimento decisorio impugnato;
udita in camera di consiglio la relazione del consigliere dott. Orlando Villoni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto PG, dott. R. Aniello, che ha concluso per
il rigetto del ricorso;
udito il difensore del ricorrente, avv. Emanuele Maria Genovese, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza sopra impugnata il Tribunale di Reggio Calabria, Sezione per il Riesame ha
parzialmente riformato quella emessa dal GIP del medesimo Tribunale in data 8 ottobre 2013
che aveva disposto l’applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti di AA
, provvisoriamente accusato del delitto di favoreggiamento reale continuato (artt. 81
cpv., 379 comma 2, 378 comma 2 cod. pen., capo EEE dell’ordinanza cautelare) aggravato ai
sensi dell’art. 7 I. n. 203 del 1991, per avere aiutato Liuzzo Giuseppe Stefano Tino e soggetti a
lui collegati ad assicurarsi il prodotto o il profitto dei delitti di partecipazione ad associazione
mafiosa e intestazione fraudolenta di beni, annullando invece in parte qua la medesima ordinanza relativamente al reato di intestazione fraudolenta di beni (art. 12 quinquies I. n. 356 del
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Data Udienza: 20/05/2014
1992) riferita alle quote di una delle due società (FINPREDIL di Salvatore Laganà & C. sas) oggetto di contestazione (capo FFF); successivamente la misura è stata sostituita dagli arresti
domiciliari, tuttora in vigore.
La parte del provvedimento confermato concerne, in particolare, da un lato l’emissione o la
promessa emissione di una serie indeterminata di fatture per operazioni inesistenti atte a consentire al Liuzzo di regolarizzare la contabilità di alcune società a lui riconducibili, con il fine
ultimo di agevolare l’associazione mafiosa denominata ‘ndrangheta (art. 7 I. n. 203 del 1991) e
in particolare la frazione presente ed operante nella città di Reggio Calabria, nota come cosca
Costruzioni di BB & C. sas) in favore di Bergamo Gesualdo (socio accomandante) e
della stessa BB (socio accomandatario), pur trattandosi di organismo societario a lui riconducibile e di fatto da lui gestito.
Premesso che l’indagato, in passato prosciolto dall’accusa di associazione mafiosa (art. 416 bis
cod. pen.) all’esito di due importanti procedimenti, è il fratello di CC , perito in un agguato mafioso nel dicembre del 2003 e fino a quell’epoca riconosciuto capo del’omonima consorteria mafiosa operante nel Rione San Giovannello della città di Reggio Calabria, il Tribunale
ha ritenuto di confermare le valutazioni del GIP, ravvisando a suo carico estremi di gravità
indiziaria del reato di favoreggiamento reale, per avere manifestato disponibilità ad emettere
fatture per operazioni ritenute inesistenti in favore della Edilsud snc di Calabrò Francesco & C.
formalmente amministrata dai titolari Calabrò Giacomo Santo e Antonino, ma di fatto riferibile
al citato Liuzzo, socio occulto e garante di un accordo tra le consorterie mafiose cittadine per
spartirsi l’esecuzione di lavori edilizi di varia natura correlati alla realizzazione di un importante
intervento urbanistico da parte di detta società in località Ravagnese di Reggio Calabria nello
anno 2009.
Quanto alla ipotesi di intestazione fittizia, pur escludendo tale evenienza in relazione alla FINPREDIL sas, il Tribunale ha riconosciuto la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza rispetto
alla FIMPREDIL sas, fondata sui trascorsi giudiziari dell’indagato, sulla sua stretta parentela
con un importante componente di sodalizio mafioso, sulla consapevolezza di detti trascorsi da
parte della principale intestataria fittizia BB e sull’assenza di valide ragioni per procedervi, diverse da quelle di voler preservare l’organismo societario da possibili azioni ablatorie
di natura preventiva.
Il materiale indiziario è costituito dagli esiti delle intercettazioni telefoniche riguardanti alcune
telefonate intercorse tra il Liuzzo e l’indagato, da cui si ricava che proprio una delle società riferibili all’indagato, la FINPREDIL, era stata individuata da Liuzzo e Calabrò per emettere le
false fatture in favore della Edilsud snc
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AA – ; dall’altro, l’intestazione fittizia di tutte le quote di altra società (FIMPREDIL
2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso l’indagato, contestando la sussistenza di un quadro
di gravità indiziaria e di attuali esigenze cautelari prevalentemente riferite al reato di intestazione fraudolenta aggravata di beni di cui all’art. 12 quinquies I. n. 356 del 1992, per la parte
riferita alla FIMPREDIL sas non annullata in sede di riesame; viene, inoltre, parimenti eccepita
l’insussistenza di gravi indizi di colpevolezza limitata però alla sola aggravante dell’agevolazione mafiosa di cui all’art. 7 I. n. 203 del 1991, riferita ad entrambe le contestazioni provvisorie.
3. Il ricorso manifestamente infondato e come tale deve essere dichiarato inammissibile.
3.1 Per quanto riguarda l’ipotesi di reato di intestazione fraudolenta di beni, non ravvisa il
collegio alcuna fondata censura alle argomentazioni del Tribunale secondo cui l’individuazione
della dipendente BB quale socia accomandataria della FIMPREDIL sas e di altra persona (Bergamo Gesualdo) – società cui era stata previamente ceduto un ramo d’azienda,
asseritamente improduttivo, della FINPREDIL sas – fosse dovuta precisamente al timore da
parte dell’indagato di subire, a causa dei suoi trascorsi giudiziari pur conclusisi favorevolmente
ed a motivo della sua collocazione parentale, aggressioni al patrimonio in dipendenza dell’applicazione di misure di prevenzione.
Trattasi di una valutazione ancorata alle risultanze indiziarie, logicamente argomentata e che
non può dirsi suscettibile di censure solo perché effettuata a detrimento dell’alternativa tesi
difensiva secondo cui l’operazione era in realtà finalizzata ad eludere i protesti bancari da cui il
ricorrente era gravato.
Costituisce, infatti, principio da tempo affermato dalla giurisprudenza di questa Corte che in
tema di misure di prevenzione il convincimento del giudice può basarsi su elementi che giustifichino sospetti e presunzioni, purché obiettivamente accertati, compresi quelli risultanti da
precedenti penali e giudiziari ed anche da sentenze di assoluzione con formula dubitativa, poiché è ben possibile che gli elementi a carico dell’imputato siano insufficienti per l’affermazione
di responsabilità relativamente al reato contestato, ma, al tempo stesso, risultino utili per la
decisione sulla misura di prevenzione (Cass. Sez. 1, n. 3740 del 17/11/1986, Rizzo, Rv. 174
864).
A maggior ragione, poi, tale operazione si giustifica in presenza di pronunzie assolutorie con
formula dubitativa relative a delitti di associazione di carattere mafioso ‘poiché questa lascia
sussistere indizi, non assunti a rango di prova, di partecipazione a sodalizio criminoso … che
possono essere ricollegati a precedenti condanne al fine di ricavare complessivamente gli
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CONSIDERATO IN DIRITTO
elementi presuntivi di una persistente pericolosità sociale’ (Sez. 1, n. 2309 del 22/05/1986,
Marino, Rv. 173502).
3.2
Per quanto, invece, concerne l’ipotesi di favoreggiamento reale provvisoriamente conte-
stata al capo EEE, si osserva che il motivo che la investe (pagg. 5-7 ricorso) si appunta esclusivamente sul tema dell’aggravante di agevolazione mafiosa di cui all’art. 7 I. n. 203 del 1991
(contestata anche in riferimento al capo FFF), mentre non attinge per nulla il tema della gravità indiziaria riferita alla condotta integrante il reato, che pertanto non risulta impugnato.
per le finalità del procedimento cautelare, l’avere ritenuto da parte del Tribunale che le condotte di favoreggiamento reale e quella di intestazione fraudolenta di beni fossero iscritte in un
contesto di complessivo consolidamento e favoreggiamento dell’azione della cosca di riferimento (Postorino – AA), nell’ambito dell’accordo tra consorterie criminali suggellato sotto
la supervisione di Pino Liuzzo – di cui la stessa cosca era partecipe – costituisce valutazione di
fatto non illogica e non disancorata dalle emergenze del procedimento e che come tale non
appare suscettibili di censure sotto uno dei profili di cui all’art. 606 lett. e) cod. proc. pen.
3.3 Con riferimento, infine, alla sussistenza di esigenze cautelari ed all’adeguatezza della misura applicata, a parte la genericità del motivo, articolato in prevalenza mediante richiamo di
massime di giurisprudenza, si rileva la sopravvenuta carenza di interesse, dal momento che la
misura cautelare attualmente in vigore a carico del ricorrente è quella degli arresti domiciliari e
le scarne indicazioni specificamente riferite al merito della questione (pag. 8 ricorso) riguardano essenzialmente l’originaria adozione della misura cautelare più grave in luogo di altra
meno afflittiva, che attualmente risulta invece al ricorrente imposta.
4. Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che si stima equo stabilire nella misura di 1.000,00 (mille) Euro.
P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di € 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Roma, 20/05/2 14
Quanto all’aggravante in sé, vale osservare che allo stato attuale delle acquisizioni probatorie e