Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2801 del 06/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 2801 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TRE VISAN MARTINA N. IL 13/01/1979
BENET LILIANA N. IL 11/11/1946
TREVISAN RENZO N. IL 15/06/1947
NOACCO MARCO N. IL 02/11/1978
avverso la sentenza n. 87/2012 TRIB.SEZ.DIST. di CIVIDALE DEL
FRIULI, del 19/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 06/12/2013

1) Con sentenza del 19.2.2013 il Tribunale di Udine, sez. dist. di Cividale del Friuli, in
composizione monocratica, condannava Trevisan Martina, Benet Liliana, Trevisan
Renzo , Noacco Marco, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche,
alla pena di euro 1.000,00 di ammenda ciascuno per il reato di cui all’art.44 lett.a)
DPR 380/2001, così qualificati i fatti di cui all’imputazione.
Avverso la predetta sentenza proponevano appello gli imputati, a mezzo del difensore,
assumendo che, per le caratteristiche delle opere realizzate, non potevano essere
osservate le norme tecniche regolamentari.
Essendo la sentenza inappellabile (art.593 co.3 c.p.p.), con ordinanza del 7.6.2013, la
Corte di Appello di Trieste, qualificato l’appello come ricorso ex art. 568 co.5 c.p.p.,
trasmetteva gli atti a questa Corte.
2) Il ricorso è generico e manifestamente infondato.
2.1) Il Tribunale, con accertamento in fatto, ha ritenuto, sulla base della
testimonianza del geom Cudrig, che le opere realizzate non rispettassero le
disposizioni regolamentari che prevedevano, nelle zone collinari, “coperture in coppi a
due falde con pendenza prestabilita”.
I ricorrenti non contestano neppure tale “omissione” e si limitano genericamente a
richiedere una valutazione, non consentita in questa sede, delle caratteristiche delle
opere (che non avrebbero consentito il rispetto delle norme regolamentari).
3) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna dei ricorrenti
al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma
che pare congruo determinare in euro 1.000,00 ciascuno ai sensi dell’art.616 c.p.p.
3.1) Va solo aggiunto che l’inammissibilità del ricorso preclude la possibilità di rilevare
cause di non punibilità maturate dopo l’emissione della sentenza impugnata.
Questa Corte si è pronunciata più volte sul tema anche a sezioni unite (per ultimo
sent.n.23428/2005-Bracale). Tale pronuncia, operando una sintesi delle precedenti
decisioni, ha enunciato il condivisibile principio che l’intervenuta formazione del
giudicato sostanziale derivante dalla proposizione di un atto di impugnazione invalido
perché contrassegnato da uno dei vizi indicati dalla legge (art.591 comma 1, con
eccezione della rinuncia ad un valido atto di impugnazione, e art.606 comma 3),
precluda ogni possibilità sia di far valere una causa di non punibilità precedentemente
maturata sia di rilevarla d’ufficio. L’intrinseca incapacità dell’atto invalido di accedere
davanti al giudice dell’impugnazione viene a tradursi in una vera e propria absolutio ab
instantia, derivante da precise sequenze procedimentali, che siano in grado di
assegnare alle cause estintive già maturate una loro effettività sul piano giuridico,
divenendo altrimenti fatti storicamente verificatisi, ma giuridicamente indifferenti
per essersi già formato il giudicato sostanziale”.
P. Q. M.

1

OSSERVA

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento alla cassa delle ammende della somma di euro
1.000,00 ciascuno.
Così deciso in Roma il 6.12.2013

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