Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28009 del 30/03/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 28009 Anno 2016
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CAIRO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PETRINI LAURA N. IL 28/09/1944
avverso l’ordinanza n. 305/2014 TRIBUNALE di CAGLIARI, del
27/11/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO CAIRO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 30/03/2016

RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Cagliari, adito in funzione, di giudice dell’esecuzione rigettava la
richiesta avanzata nell’interesse di Laura Petrini di revoca della confisca degli
immobili, disposta dal Giudice per l’udienza preliminare del medesimo Tribunale
con sentenza 22-3-2013 definitiva il 23-4-2013, con cui era stata applicata la
pena ex art 444 cod. proc. pen. per delitti di peculato, truffa e falsità ideologica.
In particolare era stata disposta la confisca degli immobili indicati nel decreto di
sequestro sino a concorrenza della somma di euro 67.665,06. Il decreto di
sequestro era stato emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale
di Cagliari in data 18-5-2011 ed aveva riguardato quattro immobili sino a
concorrenza della somma di euro 67.665,06. Era stata, altresì, oggetto di
sequestro la somma depositata sul conto, somma pari ad euro 30.930,14, poi
restituita all’istante.
2. Ricorre per cassazione Laura Petrini a mezzo del difensore di fiducia avvocato
Massimiliano Ravenna e deduce la violazione di legge.
Per quei fatti, si lamenta in ricorso, la Petrini era stata giudicata e condannata
dalla Corte dei conti con la sentenza 25-2-2013. Detta somma era pari al profitto
del reato di truffa ed era stata interamente versata il 9.4.2013 all’azienda
ospedaliera universitaria di Cagliari (somma di euro 43.723,16).
Il 22-3-2016, nell’interesse della ricorrente è stata depositata breve nota
d’udienza. Si ribadiscono i motivi di ricorso richiedendone accoglimento e
confermando la giurisdizionalizzazione del procedimento di esecuzione.
OSSERVA IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va respinto.
1.1. Il vaglio di legittimità, cui risulta sottoposta l’impugnata ordinanza,
permette di rilevare la correttezza dell’argomento che fonda la motivazione.
Annota il decidente, a giustificazione delle ragioni ritenute preclusive
all’accoglimento della spiegata richiesta di revoca della confisca, che la sentenza
del giudice per l’udienza preliminare del 22/3/2013 – che ha disposto l’ablazione
in danno della Petrini – è divenuta definitiva il 23/4/2013.
In definitiva, la ricorrente si sarebbe dovuta dolere dell’intervenuta confisca nel
procedimento di merito. Invoca, tuttavia, in sede di esecuzione, la revoca di un
provvedimento definitivo, in virtù del quale risulta stabilmente definito l’assetto
della misura sicurezza patrimoniale e chiede, attraverso l’incidente di
esecuzione, che sia “rivisto” un giudicato, seguito ad rituale giudizio cui la
medesima istante ha preso parte, spiegando diritti e facoltà di difesa.
1.2. Le premesse operate rivelano l’infondatezza degli argomenti sottoposti al
giudizio di questa Corte. La pronuncia emessa nei confronti della Petrini fa stato
ad ogni effetto nei suoi confronti e non è rivedibile o discutibile in sede di
esecuzione (Cass. 18/1/08, n. 7475; Cass. 24/9/01, n. 34705). Ciò neppure
richiamando, come elemento di novità e referente ulteriore di confronto del
decisum in sede penale, la sentenza emessa dalla Corte dei Conti in data
25/2/2013.
2

Letta la requisitoria del Procuratore generale, con cui ha chiesto riqualificarsi il
ricorso in opposizione e trasmettersi gli atti al giudice dell’esecuzione.

P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 30 marzo 2016.

A parte la circostanza che titolo siffatto, introdotto come tema di novità, non è in
realtà tale.
Annota correttamente il giudice di merito che la decisione della Corte dei Conti
con cui era definita la condanna “contabile”, in danno della Petrini, era ben
precedente al patteggiannento formalizzato in sede penale, risultando notificata
ai difensori della parte in epoca pregressa all’accordo sulla pena.
Si tratta, pertanto, di un elemento, da un lato, conoscibile e, dall’altro e nel caso
di specie, specificamente conosciuto, di guisa che l’affermata tesi di
“conformazione” del giudicato penale sul tema del profitto di reato accertato
anche in sede contabile non ha fondamento.
Vale qui solo annotare la strutturale diversità dei nuclei d’accertamento in sede
penale, sul titolo di reato, ed in sede contabile, sul danno prodotto dall’azione
del pubblico dipendente all’Erario. Non solo. La questione ostativa, e che non
legittima la proposizione della doglianza nei termini svolti, in sede di esecuzione,
è incentrata sul fatto che, attraverso l’incidente in executivis, si tende a
discutere di un tema definito irrevocabilmente nel giudizio di merito. Ciò
introducendo questioni ed aspetti che, se ad esso afferenti, si sarebbero dovute
allegare nella fase naturale e prima della formazione della stabilità della
decisione relativa.
Il giudicato, pertanto, formatosi realizza processualmente l’effetto della
preclusione e non permette una nuova ed ulteriore valutazione del tema
sostanziale, su cui il decisum genetico, assunto in sede penale, fa stato nei
conforti della parte ad ogni effetto e non risente di distinte valutazioni operate ad
altri fini ed in sedi diverse.
Segue il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

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