Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28008 del 30/03/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 28008 Anno 2016
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MENGONI GIUSEPPE N. IL 29/09/1965
avverso l’ordinanza n. 1048/2014 TRIB. SORVEGLIANZA di
ANCONA, del 01/10/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
SILVIO BONITO;
-SD231-L-Q-y— ;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

C.

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Uditi difensor Avv.;

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U-g23a2

Data Udienza: 30/03/2016

1. Con ordinanza del 1° ottobre 2014 il Tribunale di sorveglianza di
Ancona rigettava l’opposizione proposta da Mengoni Giuseppe
avverso il diniego di riabilitazione deciso dallo stesso tribunale con
precedente ordinanza del 4 giugno. A sostegno della decisione il
provvedimento chiariva che l’istante non aveva adempiuto
all’obbligazione del pagamento delle spese processuali e che
l’opposta impossibilità a tale adempimento, fondata dall’interessato
sulla circostanza che la somma a tale titolo pretesa dallo Stato era
stata giudicata non dovuta dal giudice civile al quale il debitore si
era rivolto al fine di contestare la pretesa statuale, non integrava
ragione legittima riconosciuta dall’ordinamento per derogare al
requisito risarcitorio previsto dalla disciplina in materia di
riabilitazione (art. 178 e segg. c.p.). Prendeva atto il tribunale della
sentenza di primo grado del giudice civile allegata dall’interessato,
ma su di essa rilevava, innanzitutto, che si trattava di decisione non
definitiva ed, in secondo luogo, che comunque essa non escludeva
una obbligazione del condannato per le spese processuali
rinvenienti dalla condanna dedotta con l’istanza di riabilitazione
ancorchè inferiore a quella ritenuta non dovuta dalla sentenza
stessa. Su tali presupposti concludeva il tribunale che non si
configurava alcuna impossibilità all’adempimento, dappoichè
possibile, comunque, una richiesta ai pubblici uffici di
determinazione di quanto dovuto.
2. Ricorre per cassazione avverso detta ordinanza l’interessato,
assistito dal difensore di fiducia, il quale ne denuncia la illegittimità
per violazione degli artt. 179 c.p., 1218 c.c. e vizio della
motivazione sul punto, in particolare osservando che, diversamente
da quando, travisando le acquisizioni procedimentali, ha opinato il
tribunale, nel caso di specie il Mengoni non è debitore di alcuna
somma nei confronti dell’erario, giacchè il Tribunale civile di
Ancona si è in tal senso pronunciato, precisando sul punto che,
ferma restando la pretesa erariale dichiarata in quella sede
integralmente non dovuta, era onere dello Stato verificare, data la
situazione processuale nella quale si era venuto a trovare il

La Corte, ritenuto in fatto e considerato in diritto

3. Con argomentata requisitoria scritta il P.G. in sede concludeva
per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata dappoichè
condivisibili i rilievi difensivi.
4. Il ricorso è infondato.
Ai sensi dell’art. 179 c.p.p., appare utile ribadirlo, condizioni per la
riabilitazione sono, da un lato, quelle proprie della legittimazione (il
decorso del tempo dalla esecuzione della pena ovvero dalla sua
estinzione) e, dall’altro, quelle individuate dal legislatore per
valutarne la meritevolezza e cioè l’acquisizione di prove effettive di
buona condotta (art. 179 c.p., co. 1). Ostativa poi alla concessione
del beneficio è il mancato adempimento delle obbligazioni civili
derivanti dal reato, salvo che si dimostri la impossibilità ad
adempierle.
Orbene, il tribunale ha motivato il rigetto della istanza per cui è
causa esclusivamente considerando il mancato adempimento delle
obbligazioni civili derivanti dal reato ed in particolare quella
relativa al pagamento delle spese processuali. Alle ragioni difensive
poi allegate dalla parte a giustificazione di tale mancato pagamento
il tribunale ha opposto che, comunque, una obbligazione c’è e che
era onere del condannato domandarne la determinazione nei termini
precisati dal giudice civile (verificando cioè le spese processuali
comuni riferibili al coimputato ricorrente).
La tesi sostenuta dal tribunale ed appena sintetizzata è coerente con
la lezione ermeneutica della corte, la quale al riguardo ha avuto

condannato Mengoni, quali spese processuali potevano al
medesimo riferirsi, vertendosi in ipotesi di processo penale a carico
di più imputati, contestualmente celebratosi per mere ragioni di
opportunità processuale ovvero di semplice connessione soggettiva
di per sé escludenti del vincolo della solidarietà (all’epoca vigente)
tra i coimputati. Osservava ancora il ricorrente che trattavasi di
situazione al condannato non ascrivibile, impeditiva comunque
dell’osservanza dell’obbligo opposto dal tribunale di sorveglianza.
A conforto dalle tesi difensive il ricorrente richiamava numerosi
arresti giurisprudenziali della corte di legittimità ed allegava la
pronuncia del giudice civile anconetano.

Orbene, nel caso in esame il ricorrente ha allegato la sentenza del
tribunale di Ancona la quale, accogliendo l’opposizione dallo stesso
proposta avverso la pretesa erariale per spese processuali a suo
carico, ha precisato che parte di esse riguardavano un processo al
quale il Mengoni era estraneo, parte di esse attenevano a spese di
intercettazione anch’esse estranee alla posizione processuale del
medesimo imputato e che la pretesa statuale era da ritenersi per
questo totalmente illegittima, dovendo la pubblica amministrazione
dapprima determinare le spese processuali riferibili alla posizione
processuale del Mengoni eppoi richiederle nelle forme e nei modi di
legge.
Di qui, ad avviso della Corte, l’evidenza che non ricorre nella
fattispecie l’ipotesi di cui all’art. 179 c.p. co. 6 n. 2 e cioè quella
della situazione che rende impossibile l’adempimento della
obbligazione civile per cui è causa per ragioni non riferibili al
Mengoni, sul quale non incombe certo alcun onere di richiesta alla
PA, obbligata per legge alla determinazione di eventuali somme
dovute dal condannato per i titoli detti, ma che ben può, avendone
interesse, richiedere la determinazione della sua obbligazione
erariale, allo stato incerta nel quantum, ma certissima nell’an. Solo
in caso di reiterata inerzia della P.A., eventualmente sorda alla
domanda dell’interessato, questi potrà utilmente riproporre l’istanza
di riabilitazione opponendo il silenzio dei pubblici uffici riferibile,
in tale contesto, ad una situazione di impossibilità ad adempiere
idonea a superare il relativo requisito richiesto dall’ordinamento.

modo di precisare che, in tema di condizioni per la riabilitazione,
l’impossibilità di adempiere le obbligazioni civili derivanti dal
reato, la cui prova grava sul condannato, non costituisce ostacolo
alla concessione della riabilitazione medesima sia quando ricorra
l’ipotesi della impossidenza economica, sia in costanza di ogni
situazione di fatto che impedisca l’adempimento (Cass. Sez. 1, n.
4089 del 07/01/2010,Rv. 246052; conf.: N. 4731 del 2000 Rv.
215748, N. 6704 del 2006 Rv. 233406, N. 36232 del 2007 Rv.
237503). Ha poi avuto modo di chiarire il giudice di legittimità che
il fatto impeditivo appena evocato deve avere i caratteri della
definitività e non essere in qualche modo superabile.

4. Il ricorso, in conclusione, alla stregua di quanto sin qui
argomentato, deve essere rigettato ed al rigetto consegue, ai sensi
dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
P.T. M.

Roma, addì 30 marzo 2016

la Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali.

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