Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27998 del 16/03/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 27998 Anno 2016
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: MINCHELLA ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RUSSO ORTENSIO N. IL 15/07/1957
avverso l’ordinanza n. 5375/2015 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
09/11/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO
MINCHELLA;
1.,.(2A4-Cm. Cc kuhizo Ia.co
ihatitefsentite le conclusioni del PG Dott.

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det n:e<99(40 Data Udienza: 16/03/2016 RILEVATO IN FATTO Con sentenza in data 25.09.2015 il Tribunale di Napoli Nord condannava Russo Ortensio alla pena di anni due di reclusione ed C 2.000,00 di multa per i delitti di detenzione di arma clandestina e ricettazione; si legge in sentenza che, in data 25.08.2015, Russo Ortensio veniva arrestato in flagranza dai Carabinieri della Stazione di Casoria i quali, in occasione dì un controllo presso la pizzeria gestita dal predetto, rinvenivano - occultato in una busta nel vano porta-legna sottostante al forno delle pizze - un fucile automatico calibro 12 con persona; il fucile aveva la canna mozza. L'arresto veniva convalidato ed al Russo veniva applicata la misura cautelare dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Nella sentenza predetta rilevava il Giudice che non vi erano dubbi sul possesso dell'arma da parte del Russo, il quale aveva sostenuto la tesi di un estraneo che, a sua insaputa, aveva varcato la rete di recinzione dello spazio esterno della pizzeria per collocare la busta nel vano sottostante il forno; ma il Giudice aveva rilevato che lo stesso imputato aveva dichiarato di avere provveduto lui stesso, nel medesimo giorno del controllo, a provvedere al rifornimento di legna proprio in quel vano ed altresì a provvedere a prendere da lì la legna occorrente per il soprastante forno, per cui appariva inverosimile che non si fosse accorto della busta, la quale non era occultata in modo particolarmente profondo ed anzi era piuttosto visibile; la versione fornita dall'imputato era apparsa non circostanziata e priva di motivi validi. Si riteneva sussistere il reato di detenzione di arma clandestina, attesa la punzonatura sul castello del fucile che aveva reso difficoltosa l'identificazione della matricola e la ricettazione del fucile, considerato poi che l'abrasione stessa era rilevabile ictu ()culi. Subito dopo la sentenza il Russo chiedeva la revoca dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria: in data 02.10.2015 il Tribunale di Napoli Nord rigettava la richiesta, rilevando che gli elementi addotti a sostegno (riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed esclusione della recidiva) erano del tutto estranei al quadro cautelare, il quale era cristallizzato dalla sentenza di condanna, e che le esigenze di cautela non erano state elise da alcun elemento di novità, considerato anche l'esiguo tempo di sottoposizione alla misura cautelare. Il Russo proponeva appello avverso detta ordinanza e il Tribunale del Riesame di Napoli in data 09.11.2015 rigettava l'appello suddetto: rilevava il Giudice che non occorreva procedere ad un vaglio dì indizi di colpevolezza, essendovi stata condanna in primo grado; che non era intervenuto alcun elemento di novità sia perché il mero decorso del tempo (in questo caso, decisamente modesto) era un fatto neutro sia perché l'esclusione della recidiva in giudizio era derivata soltanto dal fatto che una pena irrogata in precedenza si era estinta ex art. 445 cod.proc.pen. sia perché i fatti de quibus in sé apparivano non lievi (si trattava della detenzione di un'arma clandestina con canna mozzata, sintomatica di una 1 matricola punzonata e con una canna la cui matricola corrispondeva all'arma di altra sua destinazione alla commissione di gravi delitti e di un quadro allarmante dell'imputato) sia perché il rispetto osservato delle prescrizioni imposte era un mero dovere. Avverso detta ordinanza propone ricorso l'interessato a mezzo del suo difensore, deducendo erronea applicazione della legge penale e mancanza di motivazione: si sostiene che nel giudizio erano state riconosciute le circostanze attenuanti generiche ed era stata parimenti esclusa la recidiva semplice e che questi dati erano da considerarsi come elementi nuovi rispetto all'ordinanza genetica; si evidenzia che la recidiva è circostanza detta persona; parimenti, anche la concessione delle circostanze attenuanti generiche sarebbe una valutazione sulla gravità del fatto e della condotta, ridimensionate in modo evidente. Il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso va rigettato poiché infondato. La vicenda processuale è stata supra sintetizzata, per cui appare opportuno evitare inutili ripetizioni. Va segnalato che il ricorso attiene esclusivamente al tema delle esigenze cautela ri. Il provvedimento impugnato ha sottolineato la molteplicità dei fattori che inducono a ritenere come non sussistenti elementi di novità tali da far mutare valutazione in ordine al mantenimento della misura cautelare in atto: da un lato si è evidenziata l'esiguità del tempo di sottoposizione alla misura e dall'altro si è rammentato lo spessore di gravità delle condotta posta in essere. Il ricorso articola le sue doglianze richiamando l'avvenuto riconoscimento, nel giudizio di cognizione, delle circostanze attenuanti generiche e la contestuale esclusione della recidiva semplice: da questi due elementi si trae una valutazione di notevole ridimensionamento della gravità del fatto e delle conseguenti esigenze cautelari. Tuttavia queste doglianze non si possono accogliere. In particolare, con riguardo alle esigenze cautelari, deve osservarsi che gli atti o i comportamenti concretamente sintomatici della pericolosità dell'imputato possono essere individuati nelle modalità e nella gravità dei fatti: l'art. 274 cod.proc.pen., lett. c), non impedisce infatti di trarre il pericolo concreto di reiterazione dei reati della stessa specie, e cioè lesivi dell'interesse protetto e dello stesso valore costituzionale, anche dalle specifiche modalità e circostanze del fatto, considerate nella loro obiettività, secondo l'indirizzo assolutamente prevalente e consolidato negli anni, tanto da essere ormai costante (Sez. 2, n° 51843 del 16.10.2013, Rv 258070). Ed invero la valutazione negativa della personalità dell'imputato può desumersi dai criteri, oggettivi e dettagliati stabiliti dall'art. 133 cod.pen., fra i quali sono comprese le modalità e la gravità del fatto-reato, sicché non 2 che attiene alla persona del reo e la sua esclusione rafforza una valutazione positiva di deve essere considerato soltanto il tipo di reato, il titolo dello stesso o una sua ipotetica gravità, ma devono valutarsi situazioni correlate con i fatti del procedimento ed inerenti ad elementi sintomatici della pericolosità del soggetto, come ha fatto l'impugnata ordinanza, con una motivazione fondata sulla concretezza dei fatti e non su criteri generici e/o automatici. Peraltro, l'attribuzione alle medesime modalità e circostanze del fatto di una duplice valenza, sia sotto il profilo della valutazione della gravità del fatto sia sotto quello dell'apprezzamento della capacità a delinquere, discende dalla considerazione che la condotta tenuta in occasione del reato costituisce un elemento specifico assai significativo L'ordinanza impugnata ha connesso lo specifico rischio di recidivanza nel fatto posto in essere dal Russo, sottolineando che egli deteneva illegalmente un'arma da fuoco, clandestina e con canna mozzata: pertanto il giudice ha evidenziato che, nella fattispecie, non veniva in rilievo soltanto la detenzione illegale di un'arma, ma anche le connotazioni allarmanti di questa arma, sintomatiche della destinazione alla commissione di gravi delitti; è a questi elementi che è stata ancorata la valutazione di particolare allarme della personalità del ricorrente e, di conseguenza, è stato elaborato un giudizio prognostico non positivo. In effetti, la giurisprudenza di questa Corte ha già avuto modo di precisare che la verifica dell'esistenza di concreti elementi indicativi in tal senso deve riguardare le modalità e circostanze del fatto e la personalità dell'imputato e che detto pericolo può essere desunto anche dalle connotazioni dei fatti contestati, che, considerate alla luce delle modalità della condotta concretamente tenuta, possono essere indice sintomatico di una personalità proclive al delitto. Si è inoltre ripetutamente affermato che, ai fini dell'individuazione della suddetta esigenza cautelare, il giudice può porre a base della valutazione della personalità dell'indagato le stesse modalità del fatto commesso da cui ha dedotto anche la gravità del medesimo (Sez. 5, n. 35265, 21.08.2013; Sez. 1, n. 8534, 21.02.2013). In aggiunta a questi dati il Tribunale di Napoli Nord ha poi correttamente aggiunto ulteriori elementi: in primo luogo ha evidenziato che il decorso del tempo dall'inizio della misura (che, nella fattispecie, era stato molto breve) è un fatto neutro, di per sé privo di importanza pregnante; in secondo luogo, ha sottolineato che la recidiva inizialmente contestata al Russo non era frutto di una valutazione positiva delle personalità del medesimo, ma soltanto della estinzione del precedente reato commesso per decorso del termine di cui all'art. 445 cod.proc.pen. Queste argomentazioni sono del tutto coerenti con gli insegnamenti di questa Corte: in ordine al primo punto, va ribadito che "il "fatto nuovo", rilevante ai fini della revoca ovvero della sostituzione della misura coercitiva con altra meno grave, deve essere costituito da elementi di sicura valenza sintomatica in ordine al mutamento delle esigenze cautelari apprezzate all'inizio del trattamento cautelare con riferimento al singolo indagato (od 3 per valutare la personalità dell'agente. imputato), risultando all'uopo inconferente il mero decorso del tempo dall'inizio dell'applicazione della misura (Sez. 2, n° 1858 del 09.10.2013, Rv 258191). In ordine al secondo punto, l'esclusione della recidiva, avvenuta per una conseguenza formale, non vale ad influenzare, di per se stessa, la valutazione del rischio di reiterazione di reati analoghi; è sufficiente pensare che, ai fini della configurabilità dell'esigenza cautelare prevista dall'art. 274, lett. c), cod. proc. pen., il parametro valutativo costituito dalla personalità dell'indagato va desunto da comportamenti o atti concreti ovvero, in via pericolosità possono trarsi anche solo da comportamenti o atti concreti - non necessariamente aventi natura processuale - persino in difetto di precedenti penali, poiché, diversamente opinando, l'incensurato che tenesse un comportamento processuale corretto si porrebbe automaticamente al di fuori di una diagnosi di pericolosità. A fortiori ciò vale per i soggetti in relazione ai quali sussistono precedenti penali, sia pure con effetti ormai elisi. Non va poi ignorato che il giudice ha anche sottolineato la doverosità del rispetto delle prescrizioni imposte: detto elemento, pertanto, non poteva costituire un fattore utilizzabile. Si tratta, complessivamente, di una serie di considerazioni che giustificano adeguatamente il percorso logico seguito dal Tribunale, la cui solidità non viene intaccata neppure dalla mancanza di precisi riscontri all'affermazione concernente il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche: il punto specifico, in effetti, non è stato affrontato, ma la restante motivazione è assolutamente assorbente circa altri elementi di segno diverso poiché il giudice ha evidenziato la mancanza di fattori nuovi che sopravanzassero quelli originari che avevano dato vita alla misura cautelare applicata. Di conseguenza, il ricorso va rigettato ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 16 marzo 2016. disgiuntiva, dai suoi precedenti penali, nel senso che gli elementi per una valutazione di

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