Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27995 del 12/02/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 27995 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: OLDI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Furlan Dino, nato a Pasiano di Pordenone il 30/07/1940

avverso la sentenza del 11/11/2011 del Giudice di pace di Pordenone

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Paolo Oldi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Giuseppe Volpe, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 11 novembre 2011 il giudice di pace di Pordenone
ha condannato Dino Furlan alla pena di legge, quale responsabile del delitto di
ingiuria in danno di Claudia Cozzarin, per averle rivolto la frase «Lei è
un’arrogante, lei è poco professionale e non sa fare il suo lavoro».

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del difensore,

Data Udienza: 12/02/2013

deducendo censure riconducibili a due motivi.
2.1. Col primo motivo il ricorrente lamenta che la pronuncia della frase
incriminata non sia stata contestualizzata e che, così, non si sia tenuto conto del
fatto che l’imputato aveva esercitato il diritto di critica in relazione ad uno
scorretto comportamento contrattuale che la Cozzarin aveva tenuto nei propri
confronti.
2.2. Col secondo motivo lamenta non essersi applicata l’esimente di cui
all’art. 599 cod. pen., che gli sarebbe spettata in quanto la persona offesa aveva
svolto.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo non ha fondamento.
1.1. Non è, infatti, invocata a proposito la scriminante del diritto di critica
con riferimento a una fattispecie nella quale le espressioni offensive non si sono
limitate a un apprezzamento di sfavore circa l’altrui comportamento, ma si sono
addentrate nel terreno della denigrazione personale, concretandosi in un’accusa
di arroganza e di incapacità di svolgere il proprio lavoro.
1.2. Il riferimento al contesto nel quale le anzidette parole sono state
pronunciate (una discussione riguardante il compenso reclamato dal Furlan per
un book fotografico precedentemente realizzato e consegnato in visione) non è
Idoneo a giustificare il ricorso ad espressioni lesive, tali da coinvolgere le qualità
personali e professionali dell’interlocutrice; il solo collidere di interessi
contrapposti in un confronto verbale non è sufficiente innesco per una reazione
offensiva che, al di là del contingente dissenso, si traduca nella violazione delle
regole del reciproco rispetto alla cui tutela la norma penale è indirizzata.
2. Da disattendere è anche il secondo motivo.
2.1. L’affermazione posta a base della richiesta di applicazione della causa di
non punibilità di cui all’art. 599, comma primo, cod. pen., secondo cui la
Cozzarin avrebbe sostenuto che il Furlan era già stato pagato dalla Provincia di
Pordenone, non trova riscontro nella ricostruzione del fatto contenuta nella
sentenza impugnata, alla quale soltanto deve aversi riguardo nel giudizio di
legittimità. In ogni caso va detto che, anche se tale frase fosse stata proferita,
sarebbe arduo ravvisarvi un contenuto ingiurioso (connesso all’accusa di
pretendere un doppio compenso per un’unica prestazione), piuttosto che la
contrapposizione di un argomento volto a legittimare il rifiuto della Cozzarin di
riconoscere un corrispettivo per prestazioni da lei non richieste.

2

Insinuato che egli volesse procurarsi un doppio compenso per il lavoro fotografico

3. Il rigetto del ricorso, che pianamente consegue a quanto fin qui
argomentato, comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

Così deciso il 12/02/2013.

processuali.

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