Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27994 del 28/04/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 27994 Anno 2016
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DE CANDIA MAURO N. IL 06/06/1973
avverso la sentenza n. 103/2013 CORTE APPELLO di BARI, del
20/02/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/04/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MONICA BONI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. /(1444,9326„ geDret,,
che ha concluso per
pitA-Q €1,‘

Data Udienza: 28/04/2016

Ritenuto in fatto

1.Con sentenza resa in data 21 aprile 2015 la Corte d’Appello di Bari
confermava la sentenza del Tribunale di Trani, sezione distaccata di Molfetta,
del 3 luglio 2011, con la quale l’imputato Mauro De Candia era stato
condannato alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione in quanto
ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 9, comma 2, legge n.
1423/1956 per avere violato le prescrizioni inerenti la misura di prevenzione

2.Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato personalmente
per chiederne l’annullamento per violazione del diritto di difesa in contrasto
con i principi affermati dalla Corte EDU con le sentenze Somogy c. Italia e
Seydovic c. Italia, che hanno riconosciuto il diritto dell’imputato di comparire
personalmente in giudizio e di essere informato del processo. Nel caso di
specie egli non ha avuto notizia dell’udienza preliminare innanzi al G.u.p. del
Tribunale di Trani, né gli era stato notificato alcun atto a conclusione
dell’udienza stessa, per cui del rinvio a giudizio aveva avuto conoscenza
soltanto tramite un conoscente della propria famiglia, l’avv.to Roberto Rosito
che poi aveva sollevato la questione nel primo grado e con l’atto di appello;
pertanto la questione avrebbe dovuto essere rilevata con l’annullamento
della sentenza di primo grado e poi anche di quella di appello, cosa che gli
avrebbe consentito anche di accedere a riti alternativi. Inoltre, le nuove
disposizioni di cui alla legge n. 67 del 2014 che disciplinano il processo “in
absentia” non richiedono soltanto la conoscenza del processo ma anche delle
udienze e comportano la nullità degli atti quando tale conoscenza non vi sia
stata; non si è tenuto conto del fatto che per avere l’avv.to Cornalba
rinunciato al mandato non potevano esserle notificati gli atti relativi
all’udienza preliminare perché in tal modo si è assicurato un livello di
garanzie inferiori a quelle pretese dalla giurisprudenza di legittimità per
armonizzare il nostro sistema processuale alle norme della Convenzione
EDU.

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi affetti da
formulazione generica e comunque manifestamente infondati.
1.La sentenza impugnata ha esaminato sotto ogni possibile profilo le
contestazioni in rito mosse dall’imputato in riferimento al procedimento
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della sorveglianza speciale di p.s., fatto accertato il 21 aprile 2009.

notificatorio del decreto di fissazione dell’udienza preliminare e del decreto di
citazione a giudizio, di cui ha riscontrato la completezza e la regolarità. Ha
riscontrato al riguardo che al momento di procedere al primo adempimento
l’imputato era assistito quale difensore di fiducia dall’avv.to Augusto
Cornalba del foro di Lodi, il quale con atto del 20 luglio 2010 aveva
rinunciato al mandato, atto che però non era stato inoltrato alla cancelleria
del G.u.p. del Tribunale di Trani, dal momento che la missiva contenente la
dichiarazione di rinuncia, inviata e pervenuta alla Procura della Repubblica di

riportava il nome dell’imputato, sicchè non era stato possibile riferirla con
certezza al processo a carico del De Candia. Ha dunque osservato come non
fosse emersa prova certa del fatto che la rinuncia fosse stata a conoscenza
del giudice procedente, il quale l’aveva incolpevolmente ignorata in
conseguenza della non diligente attivazione del difensore rinunciatario e
dello stesso imputato, che era stato informato della volontà del suo legale di
non assisterlo, ma non aveva comunicato tale notizia al giudice stesso.
Oltre a ciò, è stato rilevato che all’avv.to Cornalba era stata inviata la
notificazione del decreto di citazione a giudizio in quanto patrocinatore
dell’imputato e di suo dorniciliatario, qualità non venuta meno per effetto
della rinuncia al mandato alle liti e nemmeno in dipendenza del conferimento
della successiva procura all’avv.to Roberto Rosito del foro di Trani, che,
prodotta agli atti, nulla aveva specificato in ordine a nuova dichiarazione o
elezione di domicilio. Al riguardo i giudici di merito hanno fatto corretta
applicazione del principio di diritto espresso da questa Corte, secondo il
quale la dichiarazione di elezione o di indicazione del domicilio presso il
difensore mantiene validità ed esplica i suoi effetti anche in caso di revoca o
di rinuncia al mandato difensivo sino a che la stessa non sia espressamente
revocata o modificata (Cass. sez. 3, n. 38039 del 20/06/2013, Ferraro, rv.
256587; sez. 1, n. 8116 del 11/02/2010, Bouhlga, rv. 246387), posto che il
domicilio può essere eletto o indicato anche presso una persona che sia
priva della qualità di difensore o che l’abbia perduta, essendo tale atto
distinto e produttivo di effetti diversificati rispetto la designazione del
difensore (sez. 6, n. 26287 del 28/05/2013, Abis, rv. 256817).
1.2 Quanto alla conoscenza da parte dell’imputato della pendenza del
procedimento innanzi al Tribunale di Trani, la sentenza ha riscontrato che,
preso atto dell’eccezione formulata dal nuovo difensore di fiducia avv.to
Rosito, il primo giudice aveva disposto la rinnovazione della notificazione del
decreto di citazione una prima volta al domicilio reale, quindi, verificatane
l’esecuzione a mezzo del servizio postale e per compiuta giacenza del plico,
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Trani, non indicava il procedimento penale cui era riferita e nemmeno

presso l’istituto penitenziario ove il destinatario era recluso, con ricezione
personale dell’atto in data 13 dicembre 2011.
2.La sentenza impugnata ha dunque espresso motivato convincimento,
fondato sull’attenta disamina degli atti processuali, che il ricorrente non
contrasta con specifici e puntuali rilievi critici, fondati sull’erroneo od omesso
apprezzamento delle emergenze degli atti. Richiama poi principi
giurisprudenziali sulla necessità di effettiva conoscenza dell’esistenza del
processo in capo all’imputato, che questa Corte non intende porre in

dell’intervenuta rinuncia al mandato difensivo da parte dell’avv.to Cornalba
ed avesse errato nel designare un patrocinatore d’ufficio.
2.1 Non può poi invocarsi l’applicazione della disciplina introdotta
dalla legge nr. 67 del 2014, la quale “ratione temporis” non riguarda
procedimenti già incardinati e definiti in primo grado in un momento
antecedente la sua vigenza, come accaduto nel presente caso, nel quale la
sentenza di primo grado è stata emessa in data 3 luglio 2012; in tal senso si
è espressa questa Corte, secondo la quale “In tema di sospensione del
processo per assenza dell’imputato, le disposizioni introdotte dalla L. 28
aprile 2014, n.67, non si applicano – ai sensi della normativa transitoria di
cui all’art. 15-bis della stessa legge, introdotto dalla L. 11 agosto 2014, n.
118 – ai processi in corso nei quali, alla data di entrata in vigore della legge
n.67, era già stata emessa la sentenza di primo grado, nè a quelli ancora
pendenti in primo grado in cui, nei confronti dell’imputato dichiarato
contumace, non era stato emesso il decreto di irreperibilità” (Cass. sez. F, n.
37576 del 20/08/2015, G., rv. 264770; Sez. 6, n. 27540 del 03/06/2015,
P.G. in proc. Tolentino Werastegui, Rv. 264052; sez. 3, n. 23271 del
29/04/2015, Talarico, rv. 263652).
La disciplina transitoria dettata dalla L. n. 67 del 2014, art. 15 bis,
che, al comma 2, introducendo un’espressa deroga alla previsione del
comma 1, il quale stabilisce che “Le disposizioni di cui al presente capo si
applicano ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della
presente legge, a condizione che nei medesimi procedimenti non sia stato
pronunciato il dispositivo della sentenza di primo grado”, prevede che “le
disposizioni vigenti prima della data di entrata in vigore della presente legge
continuano ad applicarsi ai procedimenti in corso alla data di entrata in
vigore della presente legge quando l’imputato è stato dichiarato contumace
e non è stato emesso il decreto di irreperibilità”. Ne discende, dunque, che
essendo già stato dichiarato contumace il ricorrente alla data di entrata in
vigore della nuova disciplina in tema di assenza, avvenuta il 17 maggio
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discussione, ma non prova che il G.u.p. fosse stato reso edotto

2014, nessun obbligo vi era per il giudice di osservare la nuova disciplina
processuale, in quanto continuavano ad applicarsi le previgenti disposizioni
sul processo “contumaciale” essendo stato dichiarato contumace in data
antecedente.
Per contrastare tale orientamento, fondato sulla corretta
considerazione del chiaro testo delle norme di riferimento, l’impugnazione
non prospetta alcunché, essendosi limitata ad invocare principi generali di
indiscussa validità senza però curarsi di fornire dimostrazione dei

Il ricorso, che non contiene alcuna censura in ordine al giudizio di
responsabilità, dev’essere dichiarato inammissibile; segue di diritto, a norma
dell’art. 616 cod.proc.pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e, non emergendo ragioni di esonero, al pagamento
a favore della Cassa delle ammende di una somma che si stima equo fissare,
in euro 1.000,00 (mille/00).

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 28 aprile 2016.

presupposti fattuali condizionanti la loro applicazione al caso specifico.

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