Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27985 del 15/04/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 27985 Anno 2016
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
ROMA
nei confronti di:
PICARDI SANDRO N. IL 10/12/1933
avverso la sentenza n. 1014/2013 TRIBUNALE di RIETI, del
23/04/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/04/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MONICA BONI
Udito il Procuratore Generale in sersona del Dott. 4-(thesbeo
che ha concluso per M e
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Data Udienza: 15/04/2016

Ritenuto in fatto
1.Con sentenza in data 23 aprile 2014 il Tribunale di Rieti proscioglieva l’imputato
Sandro Picardi dal reato, ritenuto estinto per oblazione, di cui all’art. 58 R.D. 6 maggio
1940 n. 635 in relazione agli artt. 38 e 221 R.D. 18.06.1931 n. 773, contestatogli per
avere omesso di denunciare alla competente autorità di P.S. l’avvenuto trasferimento in
altra abitazione di un fucile cal. 12, legittimamente detenuto.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale
presso la Corte di appello di Roma, il quale ne ha chiesto l’annullamento con la

denunciato inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt.
38 r.d. 18.6.1931 n. 773, 2 e 7 della legge 2 ottobre 1967, n. 895, 162-bis del codice
penale, in quanto il D. Lgs. 26 ottobre 2010 n. 204 ha apportato modifiche al T.U.L.P.S. e
ha inserito l’obbligo di ripetere la denunzia all’autorità di polizia in caso di trasferimento
dell’arma in luogo diverso da quello indicato in precedenza anche nel quinto comma
dell’art. 38 T.U.L.P.S., per cui la mancata osservanza di quest’ultimo obbligo comporta
l’illegale detenzione delle armi con la conseguente configurabilità, qualora si tratti di armi
comuni da sparo, come nel caso di specie, del reato di cui agli artt. 2 e 7 L. 895/1967, che
è punito con la pena della reclusione e della multa, ostativa all’oblazione. Pertanto,
erroneamente il Tribunale ha considerato contravvenzione il reato contestato ed ammesso
l’imputato all’oblazione, dichiarando poi estinto il reato.

Considerato in diritto

Il ricorso è infondato e va dunque respinto.
1.L’impugnazione si fonda sull’intervenuto mutamento del quadro normativo che
disciplina gli obblighi gravanti sul legittimo detentore di arma da sparo, che ne effettui il
trasferimento dal luogo di detenzione indicato in denuncia ad altro. E’ noto che l’art. 58 del
R.D. 6 maggio 1940, n. 635, comma 3, nella sua formulazione originaria prevedeva: “In
caso di trasferimento di detto materiale da una località all’altra dello Stato, salvo l’obbligo
di cui all’art. 34, secondo comma, della legge, il possessore deve ripetere la denuncia di cui
all’art. 38 della legge nella località dove il materiale stesso è stato trasportato”. Non
essendo stata mai abrogata formalmente, tale disposizione è rimasta in vigore, ma vi si è
sovrapposta la norma – efficace a far data dal 1/7/2011 – introdotta dall’art. 3, comma 1,
lett. e), punto b) D. L.vo 204 del 2010, la quale ha inserito nell’art. 38 T.U.L.P.S., comma
5, la previsione secondo la quale “la denuncia di detenzione di cui al primo comma deve
essere ripresentata ogni qual volta il possessore trasferisca l’arma in un luogo diverso da
quello indicato nella precedente denuncia”.
Il raffronto tra le due disposizioni evidenzia l’impiego di differente terminologia, in
quanto la prima contiene il riferimento al trasferimento da una località all’altra dello Stato,
mentre la più recente menziona il trasferimento in un luogo diverso da quello indicato nella

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trasmissione degli atti al Procuratore della Repubblica di Rieti per l’ulteriore corso; ha

precedente denuncia, il che sembra avere recepito in precetto positivo l’interpretazione

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consolidata nella giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale l’obbligo di ripetizione
della denuncia sorge anche se il trasporto avvenga nell’ambito della stessa circoscrizione
territoriale di competenza del medesimo ufficio locale di pubblica sicurezza dove era stata
presentata quella iniziale. Tale soluzione tiene conto della finalità perseguita
dall’imposizione dell’obbligo che, analogamente a quanto previsto per la denuncia
originaria, deve consentire all’autorità pubblica di avere contezza del luogo di
conservazione di ciascuna arma al fine di effettuare eventuali controlli (tra le tante, sez. 5,
n. 18433 del 21/04/2005, Rita, rv. 232293).

1/7/2011, non può più ritenersi sanzionata ai sensi dell’art. 221 T.U.L.P.S. che, al secondo
comma, punisce con l’arresto fino a due mesi o con l’ammenda fino ad euro 103 le
contravvenzioni alle disposizioni del regolamento, compresa quella la cui condotta illecita è
descritta dal citato art. 58 R.D. n. 635/40. Si tratta di verificare la fondatezza dell’assunto
del Procuratore ricorrente che dalla diversa collocazione dell’obbligo di ripetizione della
denuncia dopo il trasferimento dell’arma deduce la volontà del legislatore di equiparare
l’omissione alla mancata denuncia iniziale dell’arma con la conseguente applicazione degli
artt. 2 e 7 della legge n. 895 del 1967, soluzione che in verità nell’impugnazione viene
postulata, ma non illustrata nelle sue ragioni giustificatrici. Il ricorrente pretende che il
semplice collocamento della disposizione incriminatrice all’interno di articolo già esistente
comporti la qualificazione in termini molto più severi della stessa fattispecie di reato con il
passaggio da contravvenzione a delitto senza che al contempo sia mai stato abrogato l’art.
58 reg. esecuzione. Già di per sé tale soluzione non convince, perché sottende una
modificazione nel giudizio di disvalore della condotta vietata in termini peggiorativi rispetto
alla disciplina esistente con conseguente inasprimento della sanzione irrogabile, in assenza
di una chiara esplicitazione dell’intento di incriminarla quale delitto.
L’interpretazione postulata dal ricorrente, oltre a fondarsi su un intento legislativo
non reso palese dal testo della nuova disposizione, non trova riscontro nel testo della
Direttiva 2008/51/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, di cui il D. L.gs. 204 del
2010 costituisce attuazione, che si limita a richiedere agli Stati membri di provvedere
“affinché tutte le armi da fuoco possano essere collegate ai loro proprietari in qualsiasi
momento” (art. 4 paragrafo 5) e li autorizza a “concedere alle persone che possiedono i
requisiti per la concessione di un’autorizzazione per un’arma da fuoco una licenza
pluriennale per l’acquisizione e la detenzione di tutte le armi da fuoco soggette ad
autorizzazione, fermi restando: a) l’obbligo di comunicare alle autorità competenti
eventuali trasferimenti …” (articolo 7, par. 4).
Inoltre, come già affermato in identica fattispecie da questa sezione nella sentenza n.
49969 del 09/10/2015, PG in proc. Costantini, rv. 265409, la soluzione proposta dal
ricorrente non è l’unica possibile e non è necessitata: è decisivo il rilievo dell’assenza nel
nuovo testo dell’art. 38 citato della previsione di una specifica sanzione, che punisca la
condotta di omessa denuncia di trasferimento di arma da sparo, carenza che però n

2

1.1Ebbene, è indubbio che la violazione al predetto obbligo, a partire dalla data

rende priva di risposta punitiva quel comportamento ed è superabile mediante applicazione
dell’art. 17 T.U.L.P.S.„ comma 1, in base al quale “le violazioni alle disposizioni del testo
unico, per le quali non è stabilita una pena od una sanzione amministrativa ovvero non
provvede il codice penale, sono punite con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino
ad euro 206”.

04.

1.2 Tale opzione ermeneutica riceve avvallo dalle indicazioni già espresse dalle Sezioni
Unite di questa Corte (Sez. U, n. 6176 del 24/03/1984, Romano, rv. 165131), che
nell’affermare la natura speciale della norma di cui all’art. 58 del regolamento per
l’esecuzione del T.U.L.P.S. rispetto a quella di cui all’art. 38 dello stesso T.U., avevano

quadro sistematico; in tale pronuncia si era rimarcato che “non sembra validamente
contestabile, né è sostanzialmente contestato dalla giurisprudenza prevalente di questa
Corte, che le condotte di chi omette del tutto la denuncia dell’arma e di chi, denunciatala
regolarmente, omette di ripetere la denuncia in caso di trasferimento dell’arma stessa in
altra circoscrizione di P.S., non sono identiche sul piano del disvalore sociale e morale,
assai attenuato nella seconda. Ciò risulta evidente, anche senza ricorrere alla
considerazione (…) secondo la quale chi intende celare l’arma ne omette, di norma, la
denuncia fin dall’inizio, o alla constatazione che buona parte delle violazioni dell’obbligo di
ripetere la denuncia vengono rilevate dall’autorità di P.S., resa edotta del trasferimento
dall’avviso di trasporto di cui all’art. 34 T.U. leggi di P.S., regolarmente effettuato
dall’interessato che poi omette, sia pure per riprovevole dimenticanza o per irrilevante
ignoranza della norma, la successiva denunzia (…)”. La considerazione del diverso
disvalore sociale delle due condotte in raffronto consente di ritenere plausibile la
diversificazione anche della relativa risposta sanzionatoria, conseguente alla violazione dei
due obblighi, sebbene inseriti in commi diversi della stessa disposizione di legge.
1.3 Non è, invece, più possibile utilizzare l’ulteriore argomentazione – su cui in parte
si basava il ragionamento valutativo espresso nella pronuncia Romano sopra citataconcernente il rapporto di specialità tra le norme dell’art. 38 T.U.L.P.S. e dell’art. 58 reg.
es .. In effetti, presupposto dell’obbligo previsto dall’art. 38 comma 1, T.U.L.P.S. è la
“acquisizione della materiale disponibilità” delle armi, come ora meglio specifica la norma
modificata dallo stesso D. L.vo 204 del 2010, che stabilisce anche un termine di 72 ore per
l’effettuazione della denuncia, anche per via telematica: quindi armi che non erano nella
disponibilità di un soggetto lo diventano, facendo sorgere l’obbligo di denuncia; il quinto
comma pretende, invece, una situazione fattuale opposta, perché non può sorgere l’obbligo
di ripetere la denuncia, se non esiste una pregressa disponibilità delle armi. Di
conseguenza, la detenzione “illegale” di armi di cui agli artt. 2 e 7 legge 895 del 1967 è
ravvisabile nel comportamento di chi ha acquisito la materiale disponibilità che, in
precedenza non aveva, e non ha denunciato la detenzione, così determinando la
“scomparsa” dell’arma – o impedendo la conoscenza della sua acquisizione alle autorità di
pubblica sicurezza, che ne ignorano l’esistenza.

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sviluppato delle osservazioni che mantengono inalterata validità anche a fronte del mutato

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La mancata ripetizione della denuncia dopo il trasferimento dell’arma, al contrario,
non determina questa situazione: le predette autorità conoscono l’esistenza dell’arma e
l’identità di chi ne ha la detenzione, ma possiedono un’informazione non aggiornata sul
luogo dove l’arma è detenuta; situazione ovviamente anch’essa pericolosa per la sicurezza
pubblica, ma rimediabile, sia grazie alle denunce di trasporto delle armi presentate ai sensi
dell’art. 34 T.U.L.P.S., sia mediante diretta richiesta al detentore. In definitiva, la
detenzione in luogo differente da quello indicato nell’iniziale denuncia, pur in mancanza
della ripetizione della denuncia stessa, non può definirsi in sé “illegale”.
6. Né può trovare applicazione la riserva contenuta nell’art. 17 T.U.L.P.S., che fa salve

pen., il quale punisce chiunque detiene armi “senza averne fatto denuncia all’Autorità”.
Come è noto, tale norma, prima dell’approvazione della legge n. 497 del 1974, sanzionava
direttamente la violazione dell’obbligo di denuncia di cui all’art. 38 T.U.L.P.S.; come
ricordava la sentenza Romano citata, nel periodo intercorso tra l’approvazione del T.U. nel
1931 e quella del regolamento, 1940, l’art. 697 cod. pen. era stato applicato dalla
giurisprudenza anche per sanzionare l’omessa ripetizione della denuncia in caso di
trasferimento dell’arma in circoscrizione diversa, mentre allo stato attuale incrimina
soltanto la detenzione abusiva di munizioni per arma comune da sparo (Cass. sez. 1, n.
51450 del 15/07/2014, P.G. in proc. Iacono Dimitri, rv. 261583; sez. 1, n. 4506 del
05/05/1997, P.M. in proc. Adornato, rv. 207482). L’assimilazione delle due fattispecie,
adottata nel periodo intercorso fra l’approvazione del T.U.L.P.S. e l’entrata in vigore del
relativo regolamento, era poi venuta meno in conseguenza dell’introduzione, ad opera
dell’art. 58 r.d. n. 635/1940, di una previsione apposita per l’ipotesi di omessa denuncia di
trasferimento dell’arma e nulla autorizza a ritenere che possa rivivere in conseguenza
dell’introduzione del nuovo comma 5 nel testo dell’art. 38 T.U.L.P.S.. In sostanza, il quadro
normativo complessivo induce ad affermare che, ormai, l’art. 697 cod. pen. faccia
riferimento esclusivamente all’omissione della denunzia iniziale, unica a rendere la
detenzione “illegale”.
7. In definitiva, la condotta contestata all’imputato avrebbe potuto e dovuto essere
sanzionata ai sensi dell’art. 17 T.U.L.P.S.: pertanto, egli avrebbe potuto accedere

eventuali previsioni specifiche del codice penale, in riferimento al disposto dell’art. 697 cod.

ugualmente all’oblazione ai sensi dell’art. 162 bis cod. pen., sia pure pagando una somma
di maggiore importo, essendo più elevato il limite massimo dell’ammenda previsto per
detta fattispecie. Tuttavia, atteso che il P.G. ricorrente non ha devoluto col ricorso la
questione del versamento di una somma inferiore a quella dovuta per ottenere l’estinzione
del reato per intervenuta oblazione, attenendosi al limite oggettivo delle sue richieste, non
è consentito disporre l’annullamento della sentenza impugnata che l’ha dichiarata.
Il ricorso va dunque respinto.

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4

P. Q. M.

rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 15 aprile 2016.

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