Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27984 del 07/04/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 27984 Anno 2016
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: TALERICO PALMA

Data Udienza: 07/04/2016

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MOSCA GORETTA FLAVIA N. IL 31/05/1983
avverso la sentenza n. 6171/2014 TRIBUNALE di TORINO, del
13/03/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/04/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PALMA TALERICO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit idifensor(Avv. CQQ,u, <1_1\1•1 Vm,Q,(14 c> c’

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RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 13 marzo 2015, il Tribunale di Torino dichiarava Mosca Goretta
Flavia responsabile del reato alla medesima ascritto al capo 2 della rubrica (art. 650 cod.
pen. per non avere osservato l’ordinanza prefettizia del 30 novembre 2011 nei punti 2 e
3 dove era stata ordinata l’interdizione allo stazionamento e alla circolazione nel Comune
di Giaglione – strada per frazione San Rocco – dalla cabina elettrica di derivazione
prospiciente lo sbocco della galleria “Giaglione” sul viadotto “Clarea” della A32 sino

attenuanti generiche e operata la riduzione per la scelta del rito, alla pena di euro 100,00
di ammenda.
Il suddetto Tribunale accertava che in data 10 dicembre 2011 l’imputata si trovava
nella zona interdetta alla circolazione di persone e mezzi, in virtù dell’ordinanza
prefettizia del 30 novembre 2011, dove quel giorno un gruppo di ragazzi con delle corde
tentavano di rimuovere gli sbarramenti posizionati al fine di impedire il passaggio,
facendoli rovinare a terra; rilevava che l’indicata ordinanza prefettizia (emanata per
preminenti ragioni di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, connesse all’avvio del
cantiere della galleria propedeutica al tunnel di base della nuova linea ferroviaria Torino Lione e al fine di vietare l’ingresso e lo stazionamento di persone e mezzi estranei allo
svolgimento dei lavori nell’area del cantiere e nelle zone limitrofe, perdurando una
situazione “notevolmente sensibile” come era dimostrato dalle nuove manifestazioni del
movimento “NO TAV” in programma) era immune da vizi incidenti sulla sua legittimità
formale e sostanziale; riteneva che la circostanza che l’imputata si trovasse in quel posto
per esercitare la sua attività di giornalista non integrava l’invocata causa di giustificazione
di cui all’art. 51 cod. pen. in quanto la predetta avrebbe potuto esercitare tale diritto nel
rispetto dell’ordinanza prefettizia violata; specificava che, trattandosi di cronaca
radiofonica inserita nel t.g. della radio e, pertanto, non in diretta, non era necessario che
l’imputata si recasse nell’area interdetta per acquisire le notizie utili al servizio, ben
potendole acquisire anche diversamente; evidenziava, inoltre, che nell’area interdetta
quel giorno non si stava svolgendo alcuna manifestazione del movimento “NO TAV”, ma
era in corso un atto vandalico del tutto estraneo alle proteste pacifiche dei manifestanti
effettuate in precedenza e osservava che l’imputata, qualora per motivi giornalistici
avesse voluto seguire anche questo accadimento, avrebbe potuto e dovuto chiedere una
autorizzazione per accedere a quell’area per potere espletare la sua attività.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, per il tramite
del suo difensore di fiducia, avvocato Francesco Arata.
2.1. Con il primo motivo, la ricorrente ha denunciato erronea applicazione degli artt.
21 Cost. e 51 cod. pen. in relazione all’art. 650 cod. pen. con riferimento alla ritenuta
sussistenza del reato di inosservanza dei provvedimenti dell’autorità in presenza della
scriminante dell’esercizio del diritto costituzionale di cronaca.
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all’intersezione con via dell’Avanà) e la condannava, previa concessione delle circostanze

In proposito, ha osservato che la sentenza impugnata mortificherebbe a tal punto
l’ambito entro il quale il diritto di cronaca può essere legittimamente esercitato da svilire
completamente la funzione del giornalista come auspicata anche dalla Corte Europea dei
Diritti dell’Uomo; che l’affermazione secondo cui l’imputata avrebbe dovuto acquisire
diversamente le notizie utili per la sua attività lederebbe, infatti, il diritto di cronaca
inteso come diritto della collettività a ricercare informazioni complete, affidabili, oggettive
ed eventualmente discordanti dalle fonti ufficiali tali da consentire un controllo effettivo
sui fatti di interesse pubblico; che non sarebbe condivisibile neppure l’affermazione

pacifica – la presenza dell’imputata non era scusabile; che, anzi, detta osservazione
sarebbe paradossale quasi a voler significare che quando si verificano disordini o
danneggiamenti verrebbe meno l’interesse pubblico all’informazione; che, quanto
all’affermazione secondo cui l’imputata avrebbe dovuto chiedere un’autorizzazione per
accedere a quell’area, essa contrasterebbe con il dettato normativo dell’art. 21 della
Costituzione che recita che “la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o
censure”.
2.2. Con il secondo motivo, la ricorrente ha denunciato difetto di motivazione con
riferimento alla valutazione di plurimi, specifici elementi di prova risultanti dal fascicolo
processuale: contrariamente a quanto evidenziato nell’impugnata sentenza, non vi
sarebbe nessuna discrasia in relazione all’attività che l’imputata stava svolgendo al
momento dei fatti, avendo costei sempre spiegato di essere una giornalista di una
emittente radiofonica; il Tribunale, inoltre, avrebbe svolto una lunga dissertazione sulla
legittimità formale dell’ordinanza prefettizia non oggetto di critica difensiva, senza, però,
individuare il precetto sostanziale contenuto in tale atto amministrativo al fine di
verificarne l’eventuale violazione da parte dell’imputata; l’ordinanza avrebbe, infatti,
espressamente ammesso deroghe al generico divieto di circolazione finalizzate a non
limitare i legittimi diritti dei privati cittadini, tutelando espressamente “le legittime
aspirazioni degli aventi titolo all’esercizio di una differenziata serie di attività
economiche”; allo stesso modo la sentenza impugnata avrebbe dovuto ritenere tutelato il
diritto parimenti legittimo della Mosca di accedere all’area interdetta per svolgere la
propria professione di cronista.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Nel caso concreto, infatti, non era invocabile il diritto di cronaca, sia pure per ragioni
in parte diverse da quelle indicate dal Tribunale di Torino il quale, nella sentenza
impugnata, ha negato tale diritto erroneamente affermando che la ricorrente avrebbe
potuto esercitarlo nel rispetto dell’ordinanza prefettizia violata, che – trattandosi di
cronaca radiofonica non in diretta – non era necessario che l’imputata si recasse nell’area
interdetta per acquisire le notizie utili al servizio, ben potendole apprendere anche
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secondo cui – poiché quel giorno nell’area interdetta non era in corso una manifestazione

diversamente e, inoltre, che nella località inclusa dall’ordinanza prefettizia quel giorno
non si stava svolgendo alcuna manifestazione del movimento “NO TAV”, ma era in corso
un atto vandalico del tutto estraneo alle proteste pacifiche dei manifestanti effettuate in
precedenza.
E in vero, ancorché la possibilità di assumere le notizie fosse stata resa materialmente
impossibile dal provvedimento che vietava l’accesso ai luoghi indicati dall’ordinanza del
prefetto, o pur se la cronaca radiofonica fosse stata in diretta, o ancora se si fosse svolta
una manifestazione pacifica del movimento “NO TAV”, l’inosservanza dell’ordinanza

avrebbe comunque costituito violazione dell’articolo 650 cod. pen.
Né pare superfluo sottolineare che è corretta l’osservazione del difensore del
ricorrente, secondo cui la motivazione relativa agli atti vandalici resa dal Tribunale
sarebbe paradossale, quasi a voler significare che quando si verificano disordini o
danneggiamenti verrebbe meno l’interesse pubblico all’informazione.
2. La ragione dell’infondatezza del ricorso è dunque ben diversa e risiede nella
semplice circostanza che il diritto di cronaca incontra limiti precisi.
Per comprendere la portata di tali limiti, è opportuno premettere che siffatto diritto
rappresenta una particolare manifestazione di diritto di libertà di manifestazione del
pensiero, espressamente previsto dall’articolo 21 della Costituzione, che a tale libertà
certamente assegna una posto preminente.
Perciò l’attività giornalistica è stata oggetto di attenti studi dottrinari e di copiosa
elaborazione giurisprudenziale, che hanno – però – riguardato soprattutto la questione
del bilanciamento fra il bene dell’onore e il diritto di cronaca o di critica, nei quali gli
interessi contrapposti sono da un lato la libertà di manifestazione del pensiero, alla quale
si ricollegano i diritti predetti, e dall’altro il diritto all’onore e alla reputazione tutelato
penalmente attraverso la fattispecie di diffamazione (e fino a qualche tempo fa anche
attraverso la fattispecie di ingiuria, tuttavia oggi depenalizzata) e che troverebbe
addirittura un fondamento costituzionale negli articoli 2 e 3 della Carta fondamentale.
La giurisprudenza, ma anche la dottrina, raramente hanno affrontato casi in cui il
diritto di cronaca è stato invocato quale scriminante per reati diversi da quelli costituenti
una offesa all’onore e al decoro della persona, anche se – come si chiarirà tra breve – la
Corte di cassazione ha avuto occasione di pronunciarsi in una fattispecie analoga.
2.1. Invece, il diritto alla libera manifestazione del pensiero è stato talvolta, con
riferimento ai reati di opinione, impropriamente riconosciuto dai giudici del merito in
relazione a fatti di occupazione di edifici (così Pretura Tolmezzo 23.4.1996, Tiepolo, GI
1997, II, 688), di blocco stradale (Trib. Savona 12.7.1990, Cerosimo, FI 1991, II, 170) e
di interruzione di pubblico servizio commessi in occasione di manifestazioni di protesta
(Trib. min. Catania 21.11.1994, Mancuso, FI 1995, II, 462); sennonché, la
giurisprudenza di legittimità e la stessa dottrina hanno rilevato che in questi casi la
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suddetta – legalmente data dall’Autorità per ragioni di sicurezza e di ordine pubblico –

condotta penalmente rilevante non è la manifestazione di pensiero in sé – come invece
nel caso degli autentici reati di opinione – bensì una condotta materiale diversa ed
ulteriore rispetto ad essa, posta in essere allo scopo di rafforzare l’efficacia del messaggio
che gli imputati intendevano comunicare.
Ed è stato acutamente osservato, altresì, che tale condotta esula già dai limiti interni
della libertà di manifestazione del pensiero, giacché la sua strumentalità rispetto alla
diffusione di un pensiero non è sufficiente a rendere operante la garanzia di cui
all’articolo 21 della Costituzione: in caso contrario, infatti qualsiasi condotta (anche

allo scopo di rafforzare il messaggio dei manifestanti.
Perciò è stato correttamente negato dalla Corte di cassazione che sia invocabile la
libertà in esame in una fattispecie in cui gli imputati avevano occupato i binari ferroviari
per manifestare contro la soppressione di una fermata, provocando così un rallentamento
del corso dei convogli durante quasi due ore (cfr.: Cass. pen., 27.11.1998, Rv 214755).
2.2. Analogamente, il diritto di cronaca può costituire scriminante per gli eventuali
reati commessi con la pubblicazione e la diffusione della notizia e non per quelli compiuti
al fine di procacciarsi la notizia: sarebbe davvero singolare, ad esempio, se un giornalista
potesse introdursi, con la violenza e contro la volontà del dominus, all’interno di una
abitazione privata allo scopo di intervistare un soggetto – sia pure di grande rilevanza
pubblica e giornalistica – che si trovi in quel luogo, senza per ciò rispondere dei delitti di
violenza privata e di violazione di domicilio.
Tale ultima osservazione dimostra che è del tutto infondata la doglianza difensiva
secondo cui contrasterebbe con il dettato normativo dell’art. 21 della Costituzione (nella
parte in cui statuisce che “la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o
censure”), l’affermazione resa dal Tribunale di Torino, per il quale l’imputata avrebbe
dovuto chiedere un’autorizzazione per accedere all’area interdetta dall’ordinanza
prefettizia; è fin troppo ovvio, infatti, che è la pubblicazione dell’articolo che non può
essere sottoposta soggetta ad autorizzazioni o censure, se non nei limiti previsti dal
citato articolo 21 della Carta fondamentale, e non l’attività volta a procurarsi le notizie da
pubblicare.
3. Peraltro, come si è prima anticipato la Corte di cassazione ha avuto modo di
escludere la sussistenza del diritto di cronaca in una fattispecie singolare e per certi versi
analoga a quella per cui è processo, affermando che non ricorreva il diritto di cronaca erroneamente ritenuto dal Giudice per le indagini preliminari – nel seguente caso.
Due giornalisti, avendo deciso di scrivere un articolo sui disservizi e sulla situazione di
baraonda di un importante palazzo di giustizia, vi si erano introdottisi e si erano recati in
un luogo ove erano situati alcuni armadi utilizzati per la custodia dei fascicoli relativi alle
cause civili; e poiché li avevano trovati aperti, al fine di dimostrare la mancanza di ogni
sorveglianza e la possibilità, per chiunque, di sottrarre le carte processuali, si erano
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costituente un grave reato) potrebbe reclamare tale garanzia, sol che venisse compiuta

impadroniti di un fascicolo, lo avevano portato fuori dal palazzo di giustizia dove uno di
essi si era fatto fotografare con quel documento ben riconoscibile in mano, subito dopo
rientrando nell’edificio e rimettendolo al suo posto; ovviamente, il giorno successivo
avevano pubblicato l’articolo e la foto relativi a quella vicenda, formulando un’aspra
critica sulla disorganizzazione di quell’Ufficio giudiziario.
Per tale fatto ai due era stato contestato il reato di cui all’articolo 351 cod. pen.
(violazione della pubblica custodia di cose) e mentre il Giudice per le indagini preliminari
aveva ritenuto che nel caso concreto sussistesse il diritto di cronaca, la VI sezione di

rispetto all’informazione su fatti storici alla cui concretizzazione è estraneo il soggetto che
quei diritti esercita: è scriminato l’articolo che dà conto di un fatto vero, non è scriminata
la condotta che ha creato il fatto per darne poi conto nell’articolo, ove tale condotta violi
la legge penale” (Cass. Pen., sez. VI, sentenza n. 4699 del 12 gennaio 2010).
4. Si è riferito di tale precedente per la sua analogia con il processo in corso, in ordine
al quale devono essere applicati – anche per le ragioni prima esposte nella presente
motivazione – gli stessi insegnamenti.
Può dunque affermarsi il seguente principio di diritto: “il diritto di critica e quello di
cronaca rilevano solo rispetto all’informazione su fatti storici alla cui concretizzazione è
estraneo il soggetto che quei diritti esercita: è scriminato l’articolo che dà conto di un
fatto vero, mentre non è scriminata la condotta di chi, per raccogliere la notizia, violi la
legge penale”.
E dall’applicazione di tale principio consegue che il ricorso non può trovare
accoglimento.
5. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso,
la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del
procedimento.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 7 aprile 2016
Il Consigliere estensore

questa Corte ha affermato che “il diritto di critica e quello di cronaca rilevano solo

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