Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27975 del 16/06/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 27975 Anno 2016
Presidente: PETRUZZELLIS ANNA
Relatore: VILLONI ORLANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto dal

Pubblico Ministero presso il Tribunale di Mantova
avverso l’ordinanza n. 146/16 Tribunale del Riesame di Brescia del 19/04/2016
nel procedimento a carico di Amri Ghalia e altri

esaminati gli atti e letti il ricorso ed il provvedimento decisorio impugnato;
udita in camera di consiglio la relazione del consigliere, dott. O. Villoni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto P.G., d.ssa F. Marinelli, che
ha concluso per l’annullamento con rinvio

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale del Riesame di Brescia ha respinto

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Data Udienza: 16/06/2016

l’appello proposto dal Pubblico Ministero presso il Tribunale di Mantova avverso
quella del 26/10/2015 con cui il GIP del medesimo Tribunale aveva parzialmente
accolto la richiesta di applicazione di misura cautelare personale nei confronti di
Amri Ghalia, fatta segno dell’obbligo di dimora e di presentazione quotidiana alla
P.G. in luogo di quella in carcere invocata dal PM, per le ipotesi di concorso nei
reati di estorsione continuata e aggravata (artt. 81 cpv., 110, 112, 629, commi 1
e 2, 628 comma 3 n. 1 e n. 3-quater cod. pen., capo A dell’imputazione provvi-

cod. pen., capo B).
La decisione è stata adottata a seguito di annullamento con rinvio disposto da
questa Corte di Cassazione di precedente pronunzia di rigetto dell’appello del PM
di analogo contenuto.
Preso atto dei rilievi contenuti nella sentenza rescindente, il Tribunale ha però
confermato le pregresse valutazioni ribadendo, quanto alla tipologia della misura
applicata, che la giovane età dell’indagata, il modesto precedente penale a suo
carico e la corretta condotta mantenuta dal momento di applicazione in avanti,
unitamente all’ammissione degli addebiti intervenuta all’esito di un incidente probatorio, dimostrano l’adeguatezza di quella disposta dal GIP.
Incidentalmente, il Tribunale ha poi dichiarato inammissibile l’impugnazione
proposta dal PM avverso la modifica del luogo di esecuzione dell’obbligo di dimora autorizzato dal GIP per contrasto con il disposto dell’art. 299, comma 3 cod.
proc. pen. e con l’obbligo di preventiva notifica alla parte offesa dell’istanza volta
a conseguirlo.

2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il Pubblico Ministero appellante, che
deduce violazione di legge in relazione al principio di preclusione derivante dallo
annullamento con rinvio nonché carenza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione in relazione alle evidenze probatorie, alle esigenze cautelari ed alla
adeguatezza e proporzionalità della misura applicata all’indagata.
Il PM ricorrente deduce in particolare che:
a) il Tribunale ha omesso di pronunciarsi in maniera specifica sull’eccezione
preliminare formulata avverso l’ordinanza che ha modificato il luogo di esecuzione della misura dell’obbligo di dimora di cui all’art. 283 cod. proc. pen., violando
il principio di preclusione e l’obbligo di provvedere uniformandosi alla sentenza di
annullamento ai sensi dell’art. 623, comma 1 lett. a) cod. proc. pen. ed inoltre
che la pronuncia contrasta nel merito con l’art. 299, comma 3 cod. proc. pen., il
quale – contrariamente a quanto statuito dal Tribunale – riguarda anche le modalità di esecuzione della misura in concreto applicata;
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soria) e rapina aggravata (artt. 110, 112 comma 1 n. 4, 628 commi 1 e 3 n. 1

b) il Tribunale ha errato nel ritenere preclusa la valutazione della sussistenza
dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari ravvisate in sede genetica del pericolo di fuga e della reiterazione del reato, soffermandosi sul mero
profilo dell’adeguatezza delle misure in vigore.
Secondo il ricorrente si è, infatti, al cospetto di un’ulteriore violazione dell’art.
623 cod. pen., risultando sottratti all’imposto nuovo accertamento rilevanti profili
quali la natura di soggetto senza fissa dimora dell’indagata, la carenza di stabili
collegamenti familiari e/o sociali con il territorio nazionale, la circostanza che la

l’espatrio, il carattere fittizio delle dichiarazioni fornite riguardo alla sua residenza
anagrafica, le false dichiarazioni rese al momento dell’arresto circa un supposto
stato di gravidanza;
c) il Tribunale ha, infine, omesso di valutare la conciliabilità delle misure applicate con l’altissimo pericolo di recidiva manifestato dall’indagata, quanto meno
sotto forma di rischio di commissione di gravi delitti con l’uso di violenza personale nei confronti della persona offesa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

2. La prima doglianza formulata dal PM ricorrente che occorre prendere in considerazione riguarda l’esame, asseritamente omesso da parte del Tribunale, della
eccezione preliminare di nullità dell’ordinanza con cui il GIP di Mantova ha disposto la modifica del luogo di esecuzione della misura del divieto di dimora imposto
all’indagata in violazione dell’art. 299, comma 3 cod. proc. pen. e della procedura di contraddittorio (cartolare) ivi previsto a tutela della persona offesa, assicurato dalla preventiva notifica a quest’ultima, a pena d’inammissibilità, della
relativa istanza.
Posta in questi termini, la censura si rivela infondata, perché il Tribunale ha
debitamente preso in considerazione tale profilo, non incorrendo quindi nella violazione dell’art. 627 cod. proc. pen., dichiarando inammissibile l’impugnazione
del PM.
Il motivo dell’inammissibilità è stato, però, individuato nel fatto che, secondo il
Tribunale bresciano, l’art. 299, comma 3 cod. proc. pen. troverebbe applicazione
solo nei casi di istanza difensiva volta ad ottenere la revoca o la sostituzione

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stessa è solita dimorare presso ricoveri di fortuna, il possesso di validi titoli per

della misura cautelare applicata e non in quelli di semplice modifica delle modalità esecutive della misura stessa.
Sotto tale profilo, la censura del PM coglie, invece, nel segno, atteso che tale
interpretazione si pone in contrasto con la ratto stessa delle modifiche apportate
ai commi 3 e 4-bis dell’art. 299 cod. proc. pen, con la legge 15 ottobre 2013, n.
119, recante conversione con modificazioni del d.l. 14 agosto 2013, n. 93.
Come già statuito da questa Corte di Cessazione in altra decisione intervenuta
sul tema, l’obbligatoria forma di interlocuzione con la persona offesa dal reato in

282-bis, 282-ter, 283, 284, 285 e 286 cod. proc. pen., prevista sia durante la
fase delle indagini preliminari (art. 299, comma 3) che dopo la loro conclusione
(art. 299, comma 4-bis), trova applicazione anche (Sez. 6 n. 6717 del 05/02/2015, M.L.).
Uno specifico obbligo d’informativa alla persona offesa ed ai servizi socioassistenziali, è del resto stabilito anche in relazione all’adozione dei conseguenti
provvedimenti estintivi o modificativi delle misure cautelari emessi dal giudice ai
sensi del comma 2-bis dello stesso art. 299 cod proc. pen.
La predetta pronuncia ha anche ricordato che lo scopo principale di dette previsioni è quello di e che la novella legislativa ha rappresentato l’attuazione nell’ordinamento interno di obblighi imposti
da una Direttiva dell’Unione europea (direttiva del Parlamento Europeo e del
Consiglio 2012/29/UE del 25 ottobre 2012 recante norme minime in materia di
diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, sostitutiva della decisione
quadro 2001/220/GAI del 15 marzo 2001 relativa alla posizione della vittima nel
procedimento penale) nonché da una convenzione internazionale (Convenzione
di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle

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caso di richiesta di revoca o sostituzione delle misure cautelari di cui agli artt.

donne e la violenza domestica dell’Il maggio 2011, ratificata dall’Italia con la L.
27 giugno 2013, n. 77).
A tali condivisibili considerazioni è dato aggiungere che la garanzia della vittima di essere tempestivamente informata dello stato del procedimento cautelare
trova fondamento anche in esigenze di tutela della sua incolumità, come del
resto espressamente previsto dall’art. 6 parr. 5 e 6 della citata Direttiva, che
consente di derogarvi solo nel caso in cui la notifica comporti un rischio concreto
di danno per l’autore del reato.

cabile al caso in esame, che l’interlocuzione con la vittima debba intervenire solo
in caso di revoca della misura dell’obbligo di dimora e non invece di modifica del
luogo di esecuzione in ipotesi individuato nella stessa località o in altra prossima
a quella in cui la parte offesa dimora.
La concorrente e pregnante finalità di tutela dell’incolumità fisica della persona
offesa permette, tuttavia, di individuare una deroga al rispetto della previsione,
nel senso che nei casi di mera modifica delle modalità esecutive della misura che
comporti un aumento di garanzia per la vittima, la notifica alla persona offesa
potrà anche essere omessa.
La possibilità di ravvisare tale deroga consente di svolgere, però, le seguenti
considerazioni.
Come è dato ricavare dall’ordinanza impugnata, il GIP ha disposto la modifica
dell’obbligo di dimora (art. 283 cod. proc. pen.) e di quello di presentazione periodica alla Polizia Giudiziaria (art. 282 cod. proc. pen.) dal Comune di Marmirolo
(Mn) a quello di Mantova; risulta, inoltre, dallo stesso ricorso del PM nonché
dall’incarto processuale: a) che i fatti costituenti oggetto delle imputazioni
provvisorie sono per lo più avvenuti in Marmirolo; b) che in tale Comune risiede
la parte offesa, Cristian Novellini.
Ne consegue che la disposta modifica delle modalità di esecuzione delle citate
misure si è tradotta nei fatti in un aumento di garanzia per le ragioni di tutela
della persona offesa, non esplicando evidentemente alcun rilievo la circostanza
(di fatto) allegata dal PM ricorrente secondo cui l’indagata risulterebbe sprovvista
di stabile dimora tanto in Mantova come in qualunque altro Comune del territorio
nazionale.
Nella prospettiva ora indicata è, allora, necessario chiedersi quale sia il concreto interesse perseguito dal PM ricorrente (art. 591 lett. a] seconda ipotesi cod.
proc. pen. pen.), in assenza del quale – come rilevato anche dal Tribunale
ancorché per ragioni non condivisibili (pag. 6 ordinanza) – il suo ricorso sul punto
va dichiarato inammissibile.

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Sarebbe, infatti, difficile sostenere, per fare un esempio direttamente appli-

3. Le restanti censure articolate dal ricorrente risultano, invece, infondate,
poiché il Tribunale ha operato le sue valutazioni in ordine ai vari punti indicati
dalla sentenza rescindente di annullamento con rinvio.
Il Tribunale ha, infatti, ritenuto di pronunciarsi sui profili del pericolo di fuga e
del pericolo di recidiva dell’indagata mediante rinvio alle argomentazioni svolte
dal GIP nell’ordinanza genetica.
Pronunziandosi, inoltre, più diffusamente in punto adeguatezza e proporzionalità delle due misure cautelari applicate congiuntamente all’indagata, ha osser-

mune da violazioni delle prescrizioni impostele nonché il suo atteggiamento
processuale, ispirato a resipiscenza tradottasi nell’ammissione degli addebiti
nell’ambito di una procedura d’incidente probatorio, rende non solo proporzionato il regime cautelare in atto ma di fatto insussistenti i pericoli paventati dal
rappresentante dell’accusa ricorrente.
Trattasi di valutazioni pertinenti ai dati processuali dianzi esposti e congrue rispetto al relativo significato, come tali immuni da censure di ordine logico.

P. Q. M.

rigetta il ricorso.
Roma, 16/062016
et
V U.o.

sore

Il Presidente

vato come il complessivo comportamento post factum dalla stessa tenuto, im-

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