Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27972 del 16/06/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 27972 Anno 2016
Presidente: PETRUZZELLIS ANNA
Relatore: CRISCUOLO ANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Hamreloujh Tijiana, nata in Marocco il 01/01/1974

avverso l’ordinanza del 17/03/2016 del Tribunale del riesame di Palermo

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Anna Criscuolo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Felicetta Marinelli, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Palermo ha accolto
l’appello proposto dal P.m. avverso l’ordinanza del 19 febbraio 2016 con la quale
il G.i.p. del locale Tribunale aveva rigettato, per insussistenza di gravità
indiziaria, la domanda cautelare formulata nei confronti di Hamreloujh Tijiana,
detta Fatima, in relazione al reato di partecipazione all’associazione finalizzata al
traffico di stupefacenti diretta da Hammami Mohamed, detto Paolo.
Il Tribunale ha, invece, ritenuto sussistente un solido quadro indiziario,
desunto da intercettazioni telefoniche ed ambientali, riscontrate dai sequestri e

I)

Data Udienza: 16/06/2016

dagli arresti operati nel corso delle indagini, comprovante l’esistenza
dell’associazione a delinquere delineata dall’accusa, i cui principali componenti,
tra i quali si colloca l’indagata, appartengono allo stesso nucleo familiare e
risultano stabilmente impegnati nell’acquisto, nel trasporto, nell’occultamento e
nella commercializzazione di eroina.
Il Tribunale ha individuato quali elementi indicativi dell’esistenza del
sodalizio la commissione di numerosi reati-fine, i frequenti contatti e rapporti tra
gli indagati per un significativo arco temporale, funzionali alla commissione dei

divisione dei ruoli, essendo emerso dalle indagini il ruolo direttivo e di
coordinamento dell’attività del gruppo di Hammami Mohamed, detto Paolo, il
ruolo di suoi principali collaboratori della moglie Pecorella Leonarda, detta Dina,
e di Chaza Meherez, detto Enzo, il ruolo di corriere svolto da Hamreloujh Tijana,
detta Fatima, incaricata di trasportare lo stupefacente da Napoli a Palermo, di
occultarlo e di distribuirlo, il ruolo di supporto di Benivegna Vita, madre di
Pecorella Leonarda, incaricata dell’occultamento dello stupefacente e del denaro
presso la propria abitazione ed il ruolo di fidato esecutore delle direttive del
fratello, svolto da Hammami Hmida detto Ciccio, incaricato anche di sostituirlo
nell’attività di cessione e di approvvigionamento, il ruolo di stabile fornitore del
sodalizio, svolto da Obi Gabriel, di stanza a Napoli ed in grado di assicurare
continue forniture di eroina, anche in notevole quantità, ed i rapporti stabili con
la rete distributiva, costituita dai vari pusher identificati in Di Dio Maurizio,
Adragna Giuseppina, i Criscenti di Trapani, Anzaldi Nuccio e Di Majo Giuseppe di
Mazara del Vallo.
Al fine di delineare la struttura del gruppo il Tribunale ha valorizzato le
conversazioni più significative, indicative del rapporto collaudato tra Hammami
Mohamed, detto Paolo, ed i suoi più stretti collaboratori, il comune fine
perseguito e l’esistenza del gruppo, stabilmente dedito al traffico di eroina.
In particolare, ha richiamato la conversazione tra Paolo ed Enzo del 14
gennaio 2014 nella quale facevano espresso riferimento alle strategie di vendita
(cessioni non a credito), al modo per incrementare i guadagni (cedendo solo
modesti quantitativi e prospettando uno sconto per acquisti più consistenti), ai
prezzi praticati (40 la piccola, 80 la grande); la conversazione dell’i febbraio
2014 di analogo contenuto, dimostrativa della collaborazione tra i due; la
conversazione del 10 febbraio 2014 dalla quale risultava che i due avevano
ceduto 40 grammi di eroina al Di Majo e all’Anzaldi; quella del 14 febbraio 2014,
giorno dell’arresto di Hammami Mohamed al rientro da Napoli in possesso di 400
grammi di eroina, dalla quale risultava che Enzo lo stava aspettando per tagliare
la droga.

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reati scopo, la disponibilità di luoghi di occultamento dello stupefacente e la

Quanto al ruolo di Hammami Hmida il Tribunale ha evidenziato la rilevanza
della conversazione del 22 gennaio 2014 tra Paolo e il fratello Ciccio nella quale
concordavano di alternarsi, in caso di assenza di Paolo, nei rapporti con
l’acquirente di nome Maurizio, con il quale Paolo aveva preso accordi di cedere
30 e pagare 300 per volta, precisandogli che lui e il fratello non cedevano a
credito; la conversazione del 24 gennaio 2014 nel corso della quale Paolo riferiva
ad Enzo della discussione con Fatima, che aveva prelevato un maggior
quantitativo senza dirglielo: nella circostanza Paolo faceva chiaramente

bustine che avevano preparato e delle persone autorizzate a prelevarle ovvero
lui stesso, Enzo e Fatima.
Quest’ultima risultava utilizzata come corriere, in quanto effettuava i viaggi
a Napoli per prelevare lo stupefacente dal fornitore e trasportarlo a Palermo,
occultandolo nelle parti intime: le intercettazioni ed i paralleli servizi di
osservazione consentivano di monitorare i viaggi del 12 dicembre 2013 e 10
gennaio 2014 e lo stesso Paolo in sede di interrogatorio aveva ammesso almeno
10 viaggi per rifornirsi di stupefacente, acquistando almeno 400 grammi di
eroina per volta, poi commercializzata a Trapani con l’aiuto della stessa Fatima,
oltre ad ammettere i consolidati rapporti con il fornitore Obi Gabriel e con gli
acquirenti trapanesi sin dal 2010, che acquistavano circa 200 grammi di eroina a
settimana.
Significativa del ruolo della donna era la conversazione avente ad oggetto la
violenta discussione tra Paolo e Fatima, che rivendicava un maggior compenso
per i rischi corsi: nell’occasione Hmida riferiva al fratello di aver consigliato alla
donna di non insistere e di lasciar calmare il fratello Paolo per poi riprendere a
collaborare.

Dal contenuto della conversazione emergeva che Paolo era

contrariato dalle pretese della donna, che non era disposta a trasportare almeno
500 grammi per volta in modo da fargli recuperare le spese di viaggio e il
compenso di 1000 euro a viaggio, come le aveva proposto.
La conversazione è stata valorizzata dal Tribunale in quanto indicativa di un
pregresso rapporto stabile e di una analoga proiezione futura, che trovava
conferma in altro colloquio, nel quale Enzo riferiva a Paolo di aver ribadito a
Fatima che “lei e Ciccio” lavoravano per loro e, quindi, non potevano, da
lavoratori subordinati, imporre condizioni “che fai diventi tu la padrona e io il
lavoratore?” e nell’occasione Paolo, urtato dall’ingratitudine della donna,
sottolineava il momento critico per gli affari, essendosi diradati i rifornimenti da
settimanali a mensili, e le ingiuste rivendicazioni di Fatima, smentite dalla
contabilità redatta su un foglio affidato alla moglie Dina, alla quale aveva dato
2.400 euro.

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intendere che disponevano di un luogo di occultamento dello stupefacente, delle

Emergeva, pertanto, anche il ruolo della Pecorella, incaricata di custodire la
contabilità ed il ricavato delle vendite, tant’è che si lamentava con Enzo
dell’inadempimento di alcuni pusher e, per contestare le rivendicazioni di Fatima,
ammetteva di aver corso anche lei dei rischi, trasportando lo stupefacente
(conversazione del 24 gennaio 2014); emergeva altresì, il ruolo della madre
della Pecorella, Benivegna Vita, che lamentandosi con la figlia del fatto che il
genero Paolo avesse dato le chiavi di casa a Fatima con il rischio che, avendo
litigato, questa potesse entrare e prelevare lo stupefacente, ammetteva di

Pecorella e la madre commentavano il debito di Paolo nei confronti di Fatima,
creditrice di 4 mila euro per i viaggi effettuati, e l’attività di cessione che la
donna svolgeva per loro conto, in quanto si limitava ad eseguire le consegne ai
clienti su indicazione di Paolo, che aveva i numeri dei clienti; dalla stessa
conversazione emergeva che la Benivegna si era resa disponibile ad occultare lo
stupefacente in casa propria per evitare alla coppia, in caso di perquisizione e
arresto, il rischio di perdere la potestà genitoriale sulla bambina; inoltre, la
Benivegna, che insieme alla figlia stava accompagnando Enzo a fare le consegne,
le chiedeva se questi sapesse che lei teneva i soldi e tutte le cose, ottenendone
conferma (v. conversazioni riportate a pag. 7 dell’ordinanza)
Ancor più significative dell’esistenza del sodalizio, secondo il Tribunale,
risultano, oltre alle ammissioni di Hammami Mohamed dopo il suo arresto, le
conversazioni intercettate in carcere tra questi e la moglie, in quanto
confermative del ruolo di vertice ricoperto dallo stesso, in grado di impartire
direttive ai sodali, veicolate dalla moglie, per assicurare l’operatività del gruppo e
la continuità del traffico illecito. Rilevanti le valutazioni della coppia sul metodo
da seguire: inviare Ciccio a Napoli dal fornitore, subito dichiaratosi disponibile a
cedere gratuitamente un quantitativo di stupefacente per aiutarli in un momento
di crisi, o aspettare che Fatima si recasse in Marocco a prelevare i suoi risparmi
pari a 6 mila euro da investire subito nell’acquisto di droga, per poi decidere di
inviare il fratello Ciccio e Enzo dal fornitore. Nel corso del colloquio la Pecorella
ammetteva di essersi recata a Napoli una volta, così come Ciccio, e Paolo, che
intendeva riprendere subito il traffico, in quanto i clienti di Mazzara del Vallo e i
Criscenti erano disposti ad acquistare, disponeva che a Napoli si recassero il
fratello ed Enzo, raccomandando prudenza ed in particolare di viaggiare insieme,
ma distanziati, almeno per i primi 2 o 3 viaggi, e incaricava la moglie di dire al
fratello che dal secondo viaggio in poi doveva consegnare tutto a lei.
Effettivamente, Hammami Hmida si sarebbe recato a Napoli, ma sarebbe
stato arrestato al rientro perché trovato in possesso di 20 grammi di eroina:
allora Paolo, confermando il suo ruolo apicale, ordinava di sospendere ogni
attività, non senza lamentarsi del fatto che il fornitore avesse regalato solo 20
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custodire in casa lo stupefacente per conto del genero. In altra conversazione la

grammi a fronte dei guadagni pari ad almeno 100 mila euro, che gli aveva
assicurato in occasione dei 10 approvvigionamenti effettuati. Decideva quindi, di
ricorrere all’aiuto di Fatima, che avrebbe fornito il capitale e recuperato il suo
credito dall’operazione, ma poneva la condizione che i contatti con i clienti li
mantenesse solo Enzo e la moglie non avesse rapporti con Fatima, che era
esposta al rischio di arresto.
Le intercettazioni del marzo 2014 documentavano l’approvvigionamento, le
operazioni di taglio, curate da Fatima e da Enzo, che si occupava delle consegne

dal carcere imponeva che Fatima non si occupasse delle cessioni, affidate ad
Enzo ed alla moglie.
Considerato che anche Hammami Hmida in sede di interrogatorio aveva
confermato che Paolo e Fatima si recavano a Napoli per rifornirsi di stupefacente
e che a casa di Fatima avvenivano gli incontri con gli acquirenti, il Tribunale ha
ritenuto ricavabile dal materiale probatorio esaminato la prova dell’esistenza di
un gruppo, stabilmente e da tempo dedito al traffico di stupefacenti, aggregato
al fine di compiere una serie indeterminata di reati con precisa ripartizione di
compiti e ruoli, all’occorrenza fungibili, con disponibilità di luoghi di
occultamento, uno stabile canale di rifornimento, mezzi economici e una stabile
rete distributiva in grado di assorbire periodicamente non modici quantitativi di
eroina. Sul piano soggettivo ha ritenuto sussistente la consapevolezza degli
indagati di essere inseriti in un gruppo e di collaborare in modo coordinato e
stabile per la realizzazione del programma criminoso, coltivato anche dopo
l’esecuzione degli arresti e le perdite subite.
Quanto all’indagata il Tribunale ne ha ritenuto la partecipazione con il ruolo
di corriere, incaricata anche di custodire lo stupefacente e di cederlo su
disposizione del capo, avuto riguardo ai viaggi effettuati a Napoli, di cui due
monitorati dagli inquirenti, per recarsi dal fornitore e trasportare eroina,
custodirla in luogo sicuro e cederla a terzi, dopo averla tagliata insieme ad Enzo,
anche dopo l’arresto di Paolo.
Oltre alla presunzione relativa prevista per il reato associativo dall’art. 275,
comma 3, cod. proc. pen. non superata da alcuna evidenza, in ragione del ruolo
attivo e della spregiudicatezza dimostrata, pur a fronte dell’incenusratezza, il
Tribunale ha ritenuto inadeguata ed idonea a contenere il rischio di recidiva la
misura degli arresti domiciliari, per la dimostrata capacità dell’indagata di
mantenere contatti, anche tramite terzi, con fornitori e clientela.

2. Avverso l’ordinanza propone ricorso il difensore dell’indagata, che ne
chiede l’annullamento per due motivi:

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mentre la donna custodiva lo stupefacente, secondo le disposizioni di Paolo, che

- mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione in relazione al
reato associativo: il Tribunale non ha verificato l’effettiva sussistenza di gravi
indizi, appiattendosi sulle richieste del P.m.; sussistono solo ipotesi investigative
prive di riscontri e mancano gli elementi dai quali desumere l’appartenenza della
ricorrente ad un’associazione finalizzata allo spaccio di stupefacenti, mancando
per tutti gli episodi di cessione, come ritenuto correttamente dal G.i.p., i limiti
edittali per emettere misure restrittive, trattandosi di fatti inquadrabili nell’art.
73 comma 5, d.P.R. 309/90;

contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione: il Tribunale è illogico e
contraddittorio nel ritenere che la custodia in carcere sia l’unica misura
rispondente a principi di adeguatezza e proporzionalità, trattandosi di misura
estrema; inoltre, il Tribunale ha omesso di soffermarsi sulle modifiche introdotte
dalla legge n. 47/2015 in tema di misure cautelari e sull’esigenza che il pericolo
di reiterazione sia attuale e concreto, mancando nell’ordinanza una attenta
valutazione di tali requisiti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato limitatamente al profilo delle esigenze cautelari.
Quanto al profilo della gravità indiziaria, il motivo è generico, in quanto il
ricorrente si limita ad enunciazioni astratte, senza alcun riferimento specifico alla
posizione della ricorrente e senza affatto confrontarsi con la motivazione
dell’ordinanza.
Infatti, il ricorrente censura in termini generici l’assenza di elementi dai quali
desumere la partecipazione dell’indagata all’associazione in esame, trascurando
gli elementi enucleati dal Tribunale, emergenti dalle conversazioni intercettate,
per delinearne il ruolo attivo, la posizione fiduciaria acquisita, i rapporti con i
sodali Enzo e Ciccio, la stabilità ed essenzialità del contributo concreto fornito,
assicurando l’approvvigionamento settimanale, poi mensile, nonché rendendosi
disponibile ad occultare lo stupefacente ed a cederlo anche dopo l’arresto del
capo.
Trascura il ricorrente la capacità operativa dimostrata dall’indagata, la
consapevolezza dell’essenzialità del proprio ruolo al punto da rivendicare un
maggior compenso per le trasferte in relazione al rischio assunto e la
disponibilità assicurata anche dopo l’arresto del capo, addirittura investendo i
propri risparmi per garantire la continuità dell’attività illecita e la prosecuzione
del programma criminoso.
Trascura, altresì, che l’indagata fu tratta in arresto il 25.3.2014, in quanto
nel corso della perquisizione domiciliare furono rinvenuti 3 involucri contenenti

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– nullità per violazione dell’art. 275 comma 2, cod. proc. pen. nonché

eroina ed all’interno di una botola, ricavata nel sottotetto della cucina, due
involucri, contenenti 19 e 24 dosi di eroina per un peso complessivo di oltre 11
grammi, oltre una somma in contanti in banconote di piccolo taglio.
Inconsistente è l’argomentazione difensiva circa l’inquadramento delle
cessioni nell’ipotesi di lieve entità, non essendo incompatibile tale condotta con
l’appartenenza ad un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti di
modesta entità, trattandosi di ipotesi prevista dall’art. 74 comma 6 d.P.R.
309/90. E’, pertanto, corretta ed adeguata la valutazione del Tribunale in punto

2. Sul piano delle esigenze cautelari, invece, la valutazione del Tribunale non
risulta completa e puntuale in ordine al profilo dell’attualità delle esigenze ed alla
scelta della misura.
Pur risultando fondata sugli elementi emersi dalle conversazioni intercettate,
dai servizi di osservazione e dalle ammissioni dei sodali la prognosi di recidiva e
la concretezza del pericolo di reiterazione, correlata alla capacità a delinquere ed
all’abilità dimostrata dall’indagata, in punto di attualità la valutazione non risulta
congrua ed aderente ai dati emergenti dagi atti, dai quali risulta che il 19
febbraio 2016, in occasione dell’esecuzione della misura dell’obbligo di dimora,
applicata dal G.i.p. per i reati fine contestatile nel presente procedimento,
l’indagata ha consentito agli operanti di recuperare alcuni ovuli, contenenti 82
grammi di eroina- v. verbale di perquisizione e sequestro del 26 febbraio 2016-,
da lei occultati all’interno di vasi in terracotta, collocati sul terrazzo della sua
abitazione sita in Trapani, vicolo Gibellina, consegnatile dalla Pecorella per
custodirli in attesa di venderli, ma non più recuperati dopo il suo arresto del 25
marzo 2014.
Alla luce di tale elemento, non considerato dal Tribunale, ma concretamente
attestante l’intento collaborativo dell’indagata e la presa di distanza dalla
coindagata e dal progetto illecito condiviso, l’apprezzamento dell’attualità delle
esigenze cautelari risulta incompleto ed operato in termini astratti con inevitabile
ricaduta sulla scelta della misura applicata nella forma più rigorosa.
Si impone, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata sul punto.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari e rinvia
per nuovo esame al Tribunale di Palermo. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso, il 16/06/2016.

di gravità indiziaria.

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