Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27971 del 16/06/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 27971 Anno 2016
Presidente: PETRUZZELLIS ANNA
Relatore: CRISCUOLO ANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Pecorella Leonarda, nata a Erice il 29/05/1981

avverso l’ordinanza del 16/03/2016 del Tribunale del riesame di Palermo

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Anna Criscuolo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Felicetta Marinelli, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Palermo ha accolto
l’appello proposto dal P.m. avverso l’ordinanza del 19 febbraio 2016 con la quale
il G.i.p. del locale Tribunale aveva rigettato, per insussistenza di gravità
indiziaria, la domanda cautelare formulata nei confronti di Pecorella Leonarda,
detta Dina, in relazione al reato di partecipazione all’associazione finalizzata al
traffico di stupefacenti diretta dal marito Hamnnami Mohamed, detto Paolo.
Il Tribunale ha, invece, ritenuto sussistente un solido quadro indiziario,
desunto da intercettazioni telefoniche ed ambientali, riscontrate dai sequestri e

Data Udienza: 16/06/2016

dagli arresti operati nel corso delle indagini, comprovante l’esistenza
dell’associazione a delinquere delineata dall’accusa, i cui principali componenti,
tra i quali si colloca l’indagata, appartengono allo stesso nucleo familiare e
risultano stabilmente impegnati nell’acquisto, nel trasporto, nell’occultamento e
nella commercializzazione di eroina.
Il Tribunale ha individuato quali elementi indicativi dell’esistenza del
sodalizio la commissione di numerosi reati-fine, i frequenti contatti e rapporti tra
gli indagati per un significativo arco temporale, funzionali alla commissione dei

divisione dei ruoli, essendo emerso dalle indagini il ruolo direttivo e di
coordinamento dell’attività del gruppo di Hammami Mohamed, detto Paolo, il
ruolo di suoi principali collaboratori della moglie Pecorella Leonarda, detta Dina,
e di Chaza Meherez, detto Enzo, il ruolo di corriere svolto da Hamreloujh Tijana,
detta Fatima, incaricata di trasportare lo stupefacente da Napoli a Palermo, di
occultarlo e di distribuirlo, il ruolo di supporto di Benivegna Vita, madre di
Pecorella Leonarda, incaricata dell’occultamento dello stupefacente e del denaro
presso la propria abitazione ed il ruolo di fidato esecutore delle direttive del
fratello, svolto da Hammami Hmida detto Ciccio, incaricato anche di sostituirlo
nell’attività di cessione e di approvvigionamento, il ruolo di stabile fornitore del
sodalizio, svolto da Obi Gabriel, di stanza a Napoli ed in grado di assicurare
continue forniture di eroina, anche in notevole quantità, ed i rapporti stabili con
la rete distributiva, costituita dai vari pusher identificati in Di Dio Maurizio,
Adragna Giuseppina, i Criscenti di Trapani, Anzaldi Nuccio e Di MAjo Giuseppe di
Mazara del Vallo.
Al fine di delineare la struttura del gruppo il Tribunale ha valorizzato le
conversazioni più significative, indicative del rapporto collaudato tra Hammami
Mohamed, detto Paolo, ed i suoi più stretti collaboratori, il comune fine
perseguito e l’esistenza del gruppo, stabilmente dedito al traffico di eroina.
In particolare, ha richiamato la conversazione tra Paolo ed Enzo del 14
gennaio 2014 nella quale facevano espresso riferimento alle strategie di vendita
(cessioni non a credito), al modo per incrementare i guadagni (cedendo solo
modesti quantitativi e prospettando uno sconto per acquisti più consistenti), ai
prezzi praticati (40 la piccola, 80 la grande); la conversazione dell’i febbraio
2014 di analogo contenuto, dimostrativa della collaborazione tra i due; la
conversazione del 10 febbraio 2014 dalla quale risultava che i due avevano
ceduto 40 grammi di eroina al Di Majo e all’Anzaldi; quella del 14 febbraio 2014,
giorno dell’arresto di Hammami Mohamed al rientro da Napoli in possesso di 400
grammi di eroina, dalla quale risultava che Enzo lo stava aspettando per tagliare
la droga.

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/L,

reati scopo, la disponibilità di luoghi di occultamento dello stupefacente e la

Quanto al ruolo di Hammami Hmida il Tribunale ha evidenziato la rilevanza
della conversazione del 22 gennaio 2014 tra Paolo e il fratello Ciccio nella quale
concordavano di alternarsi, in caso di assenza di Paolo, nei rapporti con
l’acquirente di nome Maurizio, con il quale Paolo aveva preso accordi di cedere
30 e pagare 300 per volta, precisandogli che lui e il fratello non cedevano a
credito; la conversazione del 24 gennaio 2014 nel corso della quale Paolo riferiva
ad Enzo della discussione con Fatima, che aveva prelevato un maggior
quantitativo senza dirglielo: nella circostanza Paolo faceva chiaramente

bustine che avevano preparato e delle persone autorizzate a prelevarle ovvero
lui stesso, Enzo e Fatima.
Quest’ultima risultava utilizzata come corriere, in quanto effettuava i viaggi
a Napoli per prelevare lo stupefacente dal fornitore e trasportarlo a Palermo,
occultandolo nelle parti intime: le intercettazioni ed i paralleli servizi di
osservazione consentivano di monitorare i viaggi del 12 dicembre 2013 e 10
gennaio 2014 e lo stesso Paolo in sede di interrogatorio aveva ammesso almeno
10 viaggi per rifornirsi di stupefacente, acquistando almeno 400 grammi di
eroina per volta, poi commercializzata a Trapani con l’aiuto della stessa Fatima,
oltre ad ammettere i consolidati rapporti con il fornitore Obi Gabriel e con gli
acquirenti trapanesi sin dal 2010, che acquistavano circa 200 grammi di eroina a
settimana.
Significativa del ruolo della donna era la conversazione avente ad oggetto la
violenta discussione tra Paolo e Fatima, che rivendicava un maggior compenso
per i rischi corsi: nell’occasione Hmida riferiva al fratello di aver consigliato alla
donna di non insistere e di lasciar calmare il fratello Paolo per poi riprendere a
collaborare.

Dal contenuto della conversazione emergeva che Paolo era

contrariato dalle pretese della donna, che non era disposta a trasportare almeno
500 grammi per volta in modo da fargli recuperare le spese di viaggio e il
compenso di 1000 euro a viaggio, come le aveva proposto.
La conversazione è stata valorizzata dal Tribunale in quanto indicativa di un
pregresso rapporto stabile e di una analoga proiezione futura, che trovava
conferma in altro colloquio, nel quale Enzo riferiva a Paolo di aver ribadito a
Fatima che “lei e Ciccio” lavoravano per loro e, quindi, non potevano, da
lavoratori subordinati, imporre condizioni “che fai diventi tu la padrona e io il
lavoratore?” e nell’occasione Paolo, urtato dall’ingratitudine della donna,
sottolineava il momento critico per gli affari, essendosi diradati i rifornimenti da
settimanali a mensili, e le ingiuste rivendicazioni di Fatima, smentite dalla
contabilità redatta su un foglio affidato alla moglie Dina, alla quale aveva dato
2.400 euro.

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intendere che disponevano di un luogo di occultamento dello stupefacente, delle

Emergeva, pertanto, anche il ruolo della Pecorella, incaricata di custodire la
contabilità ed il ricavato delle vendite, tant’è che si lamentava con Enzo
dell’inadempimento di alcuni pusher e, per contestare le rivendicazioni di Fatima,
ammetteva di aver corso anche lei dei rischi, trasportando lo stupefacente
(conversazione del 24 gennaio 2014); emergeva altresì, il ruolo della madre
della Pecorella, Benivegna Vita, che lamentandosi con la figlia del fatto che il
genero Paolo avesse dato le chiavi di casa a Fatima con il rischio che, avendo
litigato, questa potesse entrare e prelevare lo stupefacente, ammetteva di

Pecorella e la madre commentavano il debito di Paolo nei confronti di Fatima,
creditrice di 4 mila euro per i viaggi effettuati, e l’attività di cessione che la
donna svolgeva per loro conto, in quanto si limitava ad eseguire le consegne ai
clienti su indicazione di Paolo, che aveva i numeri dei clienti; dalla stessa
conversazione emergeva che la Benivegna si era resa disponibile ad occultare lo
stupefacente in casa propria per evitare alla coppia, in caso di perquisizione e
arresto, il rischio di perdere la potestà genitoriale sulla bambina; inoltre, la
Benivegna, che insieme alla figlia stava accompagnando Enzo a fare le consegne,
le chiedeva se questi sapesse che lei teneva i soldi e tutte le cose, ottenendone
conferma (v. conversazioni riportate a pag. 7 dell’ordinanza)
Ancor più significative dell’esistenza del sodalizio, secondo il Tribunale,
risultano, oltre alle ammissioni di Hammami Mohamed dopo il suo arresto, le
conversazioni intercettate in carcere tra questi e la moglie, in quanto
confermative del ruolo di vertice ricoperto dallo stesso, in grado di impartire
direttive ai sodali, veicolate dalla moglie, per assicurare l’operatività del gruppo e
la continuità del traffico illecito. Rilevanti le valutazioni della coppia sul metodo
da seguire: inviare Ciccio a Napoli dal fornitore, subito dichiaratosi disponibile a
cedere gratuitamente un quantitativo di stupefacente per aiutarli in un momento
di crisi, o aspettare che Fatima si recasse in Marocco a prelevare i suoi risparmi
pari a 6 mila euro da investire subito nell’acquisto di droga, per poi decidere di
inviare il fratello Ciccio e Enzo dal fornitore. Nel corso del colloquio la Pecorella
ammetteva di essersi recata a Napoli una volta, così come Ciccio, e Paolo, che
intendeva riprendere subito il traffico, in quanto i clienti di Mazzara del Vallo e i
Criscenti erano disposti ad acquistare, disponeva che a Napoli si recassero il
fratello ed Enzo, raccomandando prudenza ed in particolare di viaggiare insieme,
ma distanziati, almeno per i primi 2 o 3 viaggi, e incaricava la moglie di dire al
fratello che dal secondo viaggio in poi doveva consegnare tutto a lei.
Effettivamente, Hammami Hmida si sarebbe recato a Napoli, ma sarebbe
stato arrestato al rientro perché trovato in possesso di 20 grammi di eroina:
allora Paolo, confermando il suo ruolo apicale, ordinava di sospendere ogni
attività, non senza lamentarsi del fatto che il fornitore avesse regalato solo 20
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custodire in casa lo stupefacente per conto del genero. In altra conversazione la

grammi a fronte dei guadagni pari ad almeno 100 mila euro, che gli aveva
assicurato in occasione dei 10 approvvigionamenti effettuati. Decideva quindi, di
ricorrere all’aiuto di Fatima, che avrebbe fornito il capitale e recuperato il suo
credito dall’operazione, ma poneva la condizione che i contatti con i clienti li
mantenesse solo Enzo e la moglie non avesse rapporti con Fatima, che era
esposta al rischio di arresto.
Le intercettazioni del marzo 2014 documentano l’approvvigionamento, le
operazioni di taglio, curate da Fatima e da Enzo, che curava le consegne mentre

carcere imponeva che Fatima non si occupasse delle cessioni, affidate ad Enzo ed
alla moglie.
Considerato che anche Hammami Hmida in sede di interrogatorio ha
confermato che Paolo e Fatima si recavano a Napoli per rifornirsi di stupefacente
e che a casa di Fatima avvenivano gli incontri con gli acquirenti, il Tribunale ha
ritenuto ricavabile dal materiale probatorio esaminato la prova dell’esistenza di
un gruppo, stabilmente e da tempo dedito al traffico di stupefacenti, aggregato
al fine di compiere una serie indeterminata di reati con precisa ripartizione di
compiti e ruoli, all’occorrenza fungibili, con disponibilità di luoghi di
occultamento, uno stabile canale di rifornimento, mezzi economici e una stabile
rete distributiva in grado di assorbire periodicamente non modici quantitativi di
eroina. Sul piano soggettivo ha ritenuto sussistente la consapevolezza degli
indagati di essere inseriti in un gruppo e di collaborare in modo coordinato e
stabile per la realizzazione del programma criminoso, coltivato anche dopo
l’esecuzione degli arresti e le perdite subite.
Quanto all’indagata il Tribunale ne ha ritenuto la partecipazione con il ruolo
di fidata collaboratrice del marito, stabile custode dello stupefacente e della
contabilità, attiva nelle cessioni e nel tenere i rapporti con i sodali, veicolando
all’esterno le disposizioni del capo, e ha ravvisato un attuale e concreto pericolo
di reiterazione, desumibile dalla stabilità dell’apporto fornito, soprattutto, dopo
l’arresto del marito, concretamente adoperandosi per mantenere in vita il gruppo
ed il giro creato, provvedendo insieme al cognato, poi ad Enzo ed a Fatima a
preparare e distribuire lo stupefacente ai clienti.
Oltre alla presunzione relativa prevista per il reato associativo dall’art. 275,
comma 3, cod. proc. pen., in ragione del ruolo attivo e della spregiudicatezza
dimostrata, pur a fronte dell’incensuratezza, il Tribunale ha ritenuto inadeguata
ed idonea a contenere il rischio di recidiva la misura degli arresti domiciliari, per
la dimostrata capacità dell’indagata di mantenere contatti, anche tramite terzi,
con fornitori e clientela, durante la detenzione del marito.

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la donna custodiva lo stupefacente, secondo le disposizioni di Paolo, che dal

2. Avverso l’ordinanza propone ricorso il difensore dell’indagata, che ne
chiede l’annullamento per due motivi:
– nullità dell’ordinanza per manifesta illogicità della motivazione: l’ordinanza
si connota per la frammentazione degli elementi indiziari, che, desunti da
circostanze considerate singolarmente, sono inidonei a costituire una solida base
per l’adozione di un provvedimento cautelare, e sul piano delle esigenze cautelari
la prognosi di pericolosità è ancorata ad un pericolo astratto e meramente
ipotetico, non concreto cioè desunto da elementi di fatto, specie nel caso di
incensurato;

– erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 74 d.
P.R.309/90: il Tribunale ha errato nel ritenere provata la partecipazione
dell’indagata, in presenza di un quadro probatorio debole, fragile e lacunoso: le
lacune, non colmate per l’impossibilità di attribuire le condotte alla ricorrente,
impediscono una ricostruzione dei fatti così come ricostruite nell’ordinanza.
Infatti, non vi è prova della sussistenza di strutture sia pur rudimentali, tecniche
ed operative, per il perseguimento del fine, dei rapporti tra i complici e della
distribuzione dei compiti: conseguentemente, gli elementi raccolti durante la fase
investigativa non sono in alcun modo sufficienti ad inquadrare la vicenda in un
reato associativo, mancandone tutti gli elementi caratterizzanti.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile perché totalmente generico ed aspecifico.
Il ricorrente si limita ad enunciazioni astratte, senza alcun riferimento
specifico alla posizione della ricorrente e senza minimamente confrontarsi con la
motivazione dell’ordinanza.
Infatti, il ricorrente non censura né contesta in modo specifico alcuno degli
elementi enucleati dal Tribunale, emersi dalle conversazioni intercettate, per
delineare il ruolo attivo dell’indagata, la posizione fiduciaria ricoperta, i rapporti
con i sodali Enzo e Fatima, oltre che con la madre e con il cognato, il contributo
concreto fornito occultando in casa lo stupefacente, il danaro e la contabilità, e
soprattutto, il ruolo determinante svolto per la prosecuzione del programma
criminoso e per la continuità del traffico durante la detenzione del marito, con il
quale vagliava le strategie operative più opportune e del quale veicolava
all’esterno le disposizioni, tenendo le redini del sodalizio nonché adoperandosi
nell’acquisto e nella distribuzione dello stupefacente insieme ad Enzo,
effettuando cessioni nel marzo 2014.
Ancora il ricorrente trascura l’insospettabile dinamismo e la capacità
operativa dimostrata dall’indagata nel condividere il progetto illecito e
nell’assicurare il ruolo di vertice del marito, tutelandone posizione ed interessi.

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2. Anche in punto di esigenze cautelari le censure del ricorrente sono del
tutto astratte e generiche, minimamente calibrate sulla posizione della
ricorrente.
Con argomentazione logica ed aderente alle risultanze processuali il
Tribunale ha ritenuto ravvisabile un concreto ed attuale pericolo di reiterazione,
correttamente desunto dalle modalità della condotta, dal ruolo e dalla
determinazione con la quale, ad onta dell’incensuratezza, l’indagata ha
dimostrato di voler fermamente proseguire nel traffico illecito, condividendo con

approvvigionamento e della rete distributiva gestita e concretamente realizzata
in assenza del capo.
Tali elementi, unitamente alla spregiudicatezza dimostrata nel gestire il
gruppo e nel sostituire il marito durante la detenzione, a ragione fondano il
rischio di recidiva e giustificano la scelta della misura per contenerlo, dovendosi
tale pericolo ritenere concreto in relazione alla capacità delinquenziale
dell’indagata ed attuale in relazione alle opportunità di agevole ripresa del
traffico, sfruttando la competenza acquisita e la rete di canali e di rapporti
consolidata nel corso nel tempo nell’ambiente del narcotraffico.
Per le ragioni esposte il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente
condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma
in favore della cassa delle ammende, che si stima equo determinare in euro
1.500,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.500 in favore della cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod.
proc. pen.
Così deciso, il 16/06/2016

il marito la proiezione futura dell’attività, assicurata dalla stabilità del canale di

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