Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27967 del 30/05/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 27967 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da :
SANTORO LUIGI N. IL 08.01.1973
Nei confronti del
MINISTERO DELLE FINANZE
Avverso la ordinanza della CORTE D’APPELLO DI PALERMO del 15/02/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI, viste le
conclusioni del PG in persona del dott. Aldo Policastro che ha chiesto l’annullamento con
rinvio della impugnata ordinanza
RITENUTO IN FATTO
1. Santoro Luigi, a mezzo del difensore, ricorre avverso l’ordinanza di cui in epigrafe
che ha rigettato la sua richiesta di riparazione per ingiusta detenzione subita
nell’ambito di un procedimento in cui gli erano stati contestati i reati di associazione
per delinquere e truffa consumata e tentata, definito con sentenza del 12 gennaio
2010 del Tribunale di Palermo, divenuta irrevocabile il 26 giugno 2010 con cui era
stato assolto con la formula perché il fatto non sussiste dal reato di cui all’art. 416
c.p. a lui ascritto al capo A) ed era stato dichiarato non doversi procedere per
sopravvenuta prescrizione con riferimento a tutti gli altri capi di imputazione.
Deduce il Santoro la carenza di motivazione del diniego sostenendo che la Corte
territoriale erroneamente aveva ritenuto che esso ricorrente era stato sottoposto alla
misura custodiale non solo relativamente all’imputazione di cui all’art. 416 c.p., per
cui era stato assolto perché il fatto non sussiste, ma anche in relazione al reato di
truffa aggravata per il quale era intervenuta la prescrizione.
Prospetta comunque la carenza di motivazione del diniego, analizzando gli elementi
valorizzati dal giudicante per fondare la colpa grave ostativa al riconoscimento
dell’indennizzo. Sostiene che gli argomenti utilizzati dal giudice della riparazione per

Data Udienza: 30/05/2013

3. Il ricorso è infondato.
Questa Corte di legittimità ha statuito che in materia di riparazione per l’ingiusta
detenzione, se il provvedimento restrittivo della libertà è fondato su più
contestazioni, il proscioglimento con formula non di merito anche da una sola di
queste, sempre che autonomamente idonea a legittimare la compressione della
libertà, impedisce il sorgere del diritto, irrilevante risultando il pieno proscioglimento
dalle altre imputazioni (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 27466 del 26/03/2009 Cc. (dep.
06/07/2009), Rv. 245108). L’affermazione di tale principio di diritto non è però
pertinente al caso che ci occupa in quanto nella vicenda che ha visto coinvolto il
Santoro, per le ulteriori imputazioni di truffa, reato per il quale non era consentita
l’adozione della misura cautelare è stato dichiarato non doversi procedere per
Intervenuta prescrizione. Pertanto nell’ipotesi di cui all’odierno giudizio, ricorrono
astrattamente i presupposti per il riconoscimento della riparazione. Ciò detto va
ricordato che mentre l’ingiustizia sostanziale presuppone l’affermazione
dell’innocenza dell’istante, l’ingiustizia formale prescinde da tale accertamento e
richiede solamente l’accertamento della illegalità del provvedimento restrittivo,
assunto in difetto delle condizioni previste dagli artt. 273 e 280. Le Sezioni Unite di
questa Corte hanno di recente sciolto un dubbio interpretativo; lk se cioè, anche nel
caso di ingiustizia formale rilevassero, come cause ostative, i comportamenti dolosi o
gravemente colposi delle persona illegalmente ristretta. è stato stabilito che la
circostanza di avere dato o concorso a dare causa alla custodia cautelare per dolo o
colpa grave opera, quale condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’equa
riparazione per ingiusta detenzione, anche in relazione alle misure disposte in difetto
delle condizioni di applicabilità previste dagli artt. 273 e 280 c.p.p. (art. 314, comma
2) (Cass. Sez. Un., Sentenza n. 32383 del 27/05/2010 Cc. (dep. 30/08/2010), Rv.
247663).
Ha osservato la Corte di legittimità che anche nel caso della insussistenza originaria
delle condizioni per l’adozione o il mantenimento della misura custodiale, l’obiettiva
ingiustizia della detenzione subita può trovare scaturigine in comportamenti dolosi o
gravemente negligenti dell’imputato. Pertanto attribuire rilevanza ostativa a tali
condotte ben si concilia con il fondamento solidaristico dell’istituto della riparazione
per ingiusta detenzione, alla cui stregua è ragionevole che il ristoro assicurato
dall’ordinamento sia riconosciuto a chi abbia “patito”, e non concorso a determinare,
l’applicazione del provvedimento restrittivo.
In entrambe le ipotesi, quindi, sia in quella prevista dal primo, sia in quella prevista
dall’art. 314 c.p.p., comma 2 il diritto all’equa riparazione, essendo diretto a ristorare
l’obiettiva ingiustiziadella privazione della libertà personale, può essere riconosciuto,
in concorso con gli altri presupposti previsti dalla norma, solo in
favore di coloro che non hanno dato o concorso a dare causa, per dolo o colpa grave,
alla detenzione cautelare sofferta.
Si osserva a riguardo che la giurisprudenza di legittimità è costantemente orientata
nel senso tracciato dalle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 34559 del
15.10.2002, secondo la quale in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, il
giudice di merito, per valutare se chi l’ha patita vi abbia dato o concorso a darvi
causa con dolo o colpa grave, deve apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti
gli elementi probatori disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di
condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione
di leggi o regolamenti, fornendo del convincimento conseguito motivazione, che, se
adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità. È quindi determinante
stabilire se la Corte di merito abbia motivato in modo congruo e logico in ordine alla
idoneità della condotta posta in essere dalli istante ad ingenerare nel giudice che
emise il provvedimento restrittivo della libertà personale il convincimento di una
probabile attività criminosa messa in atto dal Santoro.

dimostrare la colpa grave sarebbero stati illogici ed inidonei
2. Il Ministero si è costituito chiedendo la declaratoria dl inammissibilità o il rigetto
del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO

Così deciso nella camera di consiglio del 30 maggio 2013
IL CONSIGLIERE ESTENSORE CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

IL PRES ENTE

Nella specie, non vi è dubbio che la Corte territoriale, con motivazione logica, anche se
concisa, in questa sede non censurabile, ha spiegato che le condotte ascritte al Santoro,
pur non costituendo illecito penale, erano state idonee a determinare l’applicazione della
misura cautelare, valorizzando la circostanza che l’imputato era stato anch’egli sorpreso
nel corso di una perquisizione domiciliare condotta nell’appartamento in uso a Milito
Elena (sorella della sua convivente) insieme ad altre persone, seduto intorno ad un
tavolo dove erano riposti quattro telefoni collegati alle prese telefoniche ISDN con le
cornette poggiate sul piano del tavolo. Lo stesso Santoro aveva peraltro dichiarato a
riguardo che il proprio “compito” consisteva nell’effettuare chiamate impegnando anche
tutti e quattro i telefoni verso i servizi AUDITEL 166 mantenendo le conversazioni fino a
quando queste si interrompevano.
Detto comportamento integra la colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto alla
riparazione per ingiusta detenzione, Come a suo tempo chiarito, non potendo
l’ordinamento, nel momento in cui fa applicazione della regola solidaristica, alla base del
diritto al risarcimento in esame, obliterare il principio di autoresponsabilità che incombe
su tutti i consociati, allorquando interagiscono nella società (trattasi, in fondo, della
regola che trova esplicitazione negli artt. 1227 e 2056 c.c.), deve intendersi idonea ad
escludere la sussistenza del diritto all’indennizzo, ai sensi dell’art. 314 c.p.p. non solo la
condotta volta alla realizzazione di un evento voluto e rappresentato nei suoi termini
fattuali, sia esso confliggente o meno con una prescrizione di legge, ma anche la
condotta consapevole e volontaria i cui esiti, valutati dal giudice del procedimento
riparatorio con il parametro dell’id quod plerumque accidit secondo le regole di
esperienza comunemente accettate, siano tali da creare una situazione di allarme
sociale e di doveroso intervento dell’autorità giudiziaria a tutela della comunità,
ragionevolmente ritenuta in pericolo. Poiché inoltre, anche ai fini che qui interessano, la
nozione di colpa è data dall’art. 43 c.p., deve ritenersi ostativa al riconoscimento del
diritto alla riparazione, ai sensi del predetto art. 314 c.p.p., quella condotta che, pur
tesa ad altri risultati, ponga in essere, per evidente, macroscopica negligenza,
imprudenza, trascuratezza, inosservanza di leggi, regolamenti o norme disciplinari, una
situazione tale da costituire una non voluta, ma prevedibile, ragione di intervento
dell’autorità giudiziaria che si sostanzi nell’adozione di un provvedimento restrittivo
della libertà personale o nella mancata revoca di uno già emesso (in puntuali termini,
S.U., 13/12/1995, n. 43). A tal riguardo, la colpa grave può concretarsi in
comportamenti sia processuali sia di tipo extraprocessuale, come la grave leggerezza o
la rilevante trascuratezza, tenuti sia anteriormente che successivamente al momento
restrittivo della libertà personale; onde l’applicazione della suddetta disciplina normativa
non può non imporre l’analisi del comportamenti tenuti dall’interessato, anche prima
dell’inizio dell’attività investigativa e della relativa conoscenza, indipendentemente dalla
circostanza che tali comportamenti non integrino reato (anzi, questo è il presupposto,
scontato, dell’intervento del giudice della riparazione) (in puntuali termini, Sez. 4,
16/10/2007, n. 42729).
4. Il ricorso va pertanto rigettato; ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali. Vanno invece compensate le spese tra le parti essendosi il
costituito Ministero limitato alla mera enunciazione di principi giurisprudenziali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Compensa le spese tra le parti

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