Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27967 del 03/06/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 27967 Anno 2016
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: CORBO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
SCORDO Domenico, nato a Locri il 20/03/1981

avverso l’ordinanza del 11/03/2016 del Tribunale di Cagliari

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonio Corbo;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Massimo Galli, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
sentite le conclusioni dell’avvocato Pier Paolo Emanuele, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa in data 11 marzo 2016, e depositata il 16 marzo
2016, il Tribunale del riesame di Cagliari ha rigettato l’appello proposto da
Domenico Scordo avverso l’ordinanza con la quale il Giudice per le indagini

Data Udienza: 03/06/2016

preliminari del Tribunale di Cagliari aveva respinto la sua richiesta di sostituzione
della misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti
domiciliari.
I fatti contestati attengono ai reati di cui agli artt. 74, comma 2, 73, comma
1 e 1-bis, e 80, comma 2, d.P.R. n. 309 del 1990. L’istanza di revoca è motivata
principalmente sulla base della sussistenza delle condizioni ostative di cui all’art.
275, comma 4, cod. proc. pen., e precisamente per l’impossibilità assoluta della
moglie di dare assistenza ai figli minori, uno nato il 28 aprile 2010 e l’altro il 17

relazionale. L’ordinanza impugnata ha ritenuto, all’esito di una valutazione della
relazione di consulenza depositata dalla difesa, e di documentazione proveniente
da strutture pubbliche, anch’essa depositata dalla difesa, che la patologia
riscontrata non è di natura ed intensità tale da comportare una totale incapacità
della donna a provvedere al suo compito di genitore, e che la stessa, in funzione
integrativa e di supporto, può godere dell’ausilio fornito dai suoi genitori.

2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del
riesame di Cagliari indicata in epigrafe, l’avvocato Pier Paolo Emanuele, quale
difensore di fiducia delo Scordo, articolando due motivi.
2.1. Nel primo motivo, il ricorso censura violazione di legge, nonché
mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in relazione
agli artt. 275, comma 4, e 299, comma 4-ter, cod. proc. pen., con riferimento
alla ritenuta insussistenza di una situazione di impossibilità della moglie a dare
assistenza alla prole, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc.
pen.
Si deduce che l’ordinanza impugnata esclude la sussistenza della condizione
di assoluta impossibilità della moglie dello Scordo, Francesca Riso, a dare
assistenza ai figli, senza disporre perizia, necessaria a norma dell’art. 299,
comma 4-ter, cod. proc. pen., ma argomentando sulla base di una valutazione
“frammentaria” e soggettiva della relazione del consulente della difesa. Invero,
tale relazione di consulenza ha evidenziato una situazione di «depressione atipica
con componente ansiosa in soggetto con funzionamento isterico della
personalità» ed ha descritto il ruolo dei genitori della donna come «totalmente
sostitutivo» e non semplicemente integrativo, in quanto la Riso denota una
«manifesta incapacità ad assumere in autonomia il ruolo genitoriale» e la
«necessità di risiedere stabilmente a casa dei genitori». Inoltre, l’esistenza della
situazione patologica è confermata da tre certificati medici rilasciati da struttura
pubblica, attestanti, in successione, «disturbo depressivo maggiore reattivo»,
«stato depressivo reattivo di entità grave», «disturbo depressivo maggiore
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dicembre 2012, in conseguenza di una sua situazione di grave disagio psichico e

ricorrente». Infine, uno dei due minori è affetto da «tratti ossessivi più marcati
dell’atteso», e tale situazione – prospettata anche davanti ai giudici dell’appello
cautelare, e rimasta senza risposta – rende ancor più rilevante la necessità del
recupero di entrambe le figure genitoriali.
2.2. Nel secondo motivo, il ricorso censura violazione di legge, nonché
mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in relazione
agli artt. 274 e 275, commi 3 e 4, cod. proc. pen., con riferimento alla ritenuta
sussistenza delle esigenze cautelari, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed

Si deduce che, a fronte della necessità di cura di figli minori, la custodia in
carcere può essere imposta solo in presenza di esigenze cautelari di eccezionale
rilevanza, che, nel caso di specie, non vi è una motivazione della concretezza del
pericolo di recidiva attenta a tutte le peculiarità del caso concreto
(incensuratezza, periodo di detenzione, tempo del commesso reato), e che lo
Scordo non è mai stato latitante, ma semplicemente irreperibile, sicché non si è
mai volontariamente sottratto alla cattura.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato esclusivamente in relazione alle doglianze formulate
nel primo motivo, e nei limiti di seguito precisati.

2. Per evidenti ragioni logiche, occorre esaminare preliminarmente la
questione dedotta nel secondo motivo, e che attiene al profilo della sussistenza
delle esigenze cautelari.
L’ordinanza impugnata pone a fondamento della misura custodiale carceraria
le esigenze cautelari di cui all’art. 274, comma 1, lett. c) cod. proc. pen.,
qualificando le stesse come di «notevole intensità», sia per la gravità dei fatti
ascritti allo stesso, anche alla luce della dimensione dell’attività associativa, della
sua dimensione nazionale, e del numero di persone coinvolte e di reati scopo
commessi, sia per la latitanza protrattasi per circa quaranta giorni. Nel corpo
della motivazione, il tribunale ha anche rappresentato che lo Scordo è stato
condannato per i reati addebitatigli (artt. 74, comma 2, 73, comma 1 e 1-bis, e
80, comma 2, d.P.R. n. 309 del 1990) alla pena di nove anni di reclusione
all’esito di giudizio abbreviato.
Gli elementi addotti rendono immune da vizi logici e giuridici l’affermazione
della sussistenza di esigenze cautelari del pericolo di reiterazione di condotte
della stessa specie di quella per cui si procede in termini di concretezza ed
attualità e della necessità dell’applicazione della misura più afflittiva. Del resto, in
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e), cod. proc. pen.

presenza di gravi indizi di colpevolezza del reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309
del 1990 è lo stesso art. 275, comma 3, cod, proc. pen. a porre una doppia
presunzione – relativa – di sussistenza delle esigenze cautelari e di necessità del
ricorso alla custodia in carcere, superabile solo se siano acquisiti elementi di
segno contrario.
Piuttosto, ciò che assume rilievo pregiudiziale ai fini della decisione sul
ricorso, in relazione a quanto dedotto nel primo motivo, è che le esigenze
cautelari sono definite di «notevole intensità», ma non di «eccezionale

4, esclude l’ammissibilità della custodia in carcere del padre di minori di età
inferiore ai sei anni quando la madre sia impossibilitata a dare assistenza agli
stessi.

3. Nella vicenda in esame, il tribunale ha escluso l’assoluta impossibilità
della moglie dello Scordo a dare assistenza a figli di età inferiore ai sei anni
osservando, in particolare, che la patologia sofferta non è di natura ed intensità
tale da comportare una totale incapacità della donna a provvedere alla sua
funzione parentale, e che la stessa può fruire, in funzione integrativa e di
supporto, dell’aiuto dei suoi genitori.
Del tutto trascurata, però, è rimasta la circostanza, dedotta dalla difesa sia
davanti al giudice per le indagini preliminari, sia davanti al tribunale del riesame,
concernente le condizioni di uno dei due minori, all’epoca dell’istanza di età
inferiore ai sei anni, e che, secondo la consulenza tecnica della difesa, risulta
affetto da «tratti ossessivi più marcati dell’atteso».
Invero, in linea con una recente indicazione della giurisprudenza di
legittimità, la condizione di “assoluta impossibilità” della madre a dare assistenza
alla prole, a norma dell’art. 275, comma 4, cod. proc. pen., deve individuarsi
avendo riguardo non solo al soggetto chiamato a prestare assistenza, ma anche,
e soprattutto, alla situazione del figlio, in considerazione del rischio in concreto
derivante per quest’ultimo dal “deficit” assistenziale, sotto il profilo della
irreversibile compromissione del processo evolutivo-educativo, dovuta alla
mancata, valida ed efficace presenza di entrambi i genitori (così Sez. 6, n. 35806
del 23/06/2015, Pepe, Rv. 264725). Inoltre, secondo altro precedente di questa
Corte, la situazione di “assoluta impossibilità” della madre può essere desunta
anche dalle precarie condizioni di salute della donna e dalla necessità di
provvedere alle necessità di altro figlio minorenne portatore di grave malattia (in
questi termini Sez. 1, n. 4748 del 12/12/2013, dep. 2014, Alvaro, Rv. 258143).
E’ perciò necessario integrare la lacuna riscontrata nella valutazione della
condizione del figlio affetto da «tratti ossessivi più marcati dell’atteso», sia,
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rilevanza». Invero, in assenza di esigenze di quest’ultimo tipo, l’art. 275, comma

preliminarmente, per affermarla o negarla, sia, in caso di positivo riscontro, per
porla in relazione alle patologie sofferte dalla madre: solo così sarà possibile un
corretto apprezzamento della situazione di “assoluta impossibilità” della donna a
dare assistenza alla prole, e precisamente la verifica diretta ad accertare se la
mancata presenza di entrambi i genitori possa determinare una irreversibile
compromissione del processo evolutivo-educativo dei minori.
Occorre peraltro precisare che, a tal fine, il giudice potrà, ma non dovrà,
disporre perizia. In particolare, non è utile richiamare in proposito la previsione

solo impone il compimento di tale tipo di accertamento a condizione che il
giudice non sia in grado di decidere allo stato degli atti, ma, soprattutto, è
dettata specificamente per l’imputato (o l’indagato) ed attiene alla compatibilità
delle sue condizioni di salute con lo stato di detenzione. A conferma della non
diretta ed immediata riferibilità della disposizione appena citata all’accertamento
delle situazioni di “assoluta impossibilità” per la madre a dare assistenza alla
prole, si può evidenziare che, secondo una recente e condivisibile decisione di
questa Corte, avente ad oggetto proprio una situazione depressiva, per patologia
psichiatrica, costituente stato morboso tale da incidere sulla compatibilità con il
regime detentivo, deve intendersi quella condizione che si risolva anche in
malattia fisica (così Sez. 2, n. 6384 del 28/01/2015, Lampada, Rv. 262578). Né
sembra corretto derivare un obbligo cogente per il giudice, sotto il profilo
dell’attività di accertamento a lui spettante, invocando una generica e parziale
similitudine di situazioni.

4. Conclusivamente, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, perché il
Tribunale di Cagliari, in diversa composizione, proceda a nuovo esame della
vicenda.
A norma dell’art. 173, comma 2, disp. att. cod. proc. pen., deve precisarsi
che il giudice del rinvio dovrà esaminare se sussista o meno una situazione di
assoluta impossibilità per la madre dei figli dell’indagato di età minore degli anni
sei di dare assistenza agli stessi; tale situazione di assoluta impossibilità dovrà
essere valutata anche in considerazione della condizione del figlio affetto da
«tratti ossessivi più marcati dell’atteso», ponendo questa condizione, se
accertata, in relazione alle patologie sofferte dalla madre, così da verificare se la
mancata presenza di entrambi i genitori possa determinare una irreversibile
compromissione del processo evolutivo-educativo dei minori.

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•0191

di cui all’art. 299, comma 4-ter, cod. proc. pen.: questa disposizione, infatti, non

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di
Cagliari.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter,
disp. att. c.p.p.
Così deciso il 3 giugno 2016

Il Presidente

Il Consigliere estensore

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