Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27959 del 10/05/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 27959 Anno 2016
Presidente: PETRUZZELLIS ANNA
Relatore: SCALIA LAURA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Nachiero Giuseppe, nato a Bergamo il 29/01/1968

avverso l’ordinanza del 01/03/2016 del Tribunale di Milano

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Laura Scalia;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Roberto Aniello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Milano, con l’ordinanza in epigrafe indicata, in parziale
accoglimento della richiesta di riesame, ed in riforma del provvedimento
cautelare del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Monza, ha
applicato a Giuseppe Nachiero gli arresti domiciliari in luogo dell’originaria
misura della custodia in carcere.

Data Udienza: 10/05/2016

2. L’impugnata misura è stata adottata nell’ambito di un procedimento
cautelare in cui si contesta ad un dirigente della Clinica Odontoiatrica
dell’Ospedale IRCCS, Policlinico di Milano, Giorgio Alessandrì, il compimento
di atti contrari ai doveri di ufficio per avere costui favorito, effettuando
consistenti ordini di materiale per ortodonzia e protesi, la società Eiledent a
r.I., soggetto riconducibile a Maria Paola Canegrati e a Giuseppe Nachiero,
indagato in qualità di corruttore.

propone ricorso per cassazione, affidando l’articolato mezzo a quattro motivi
che di seguito si riportano nei termini strettamente necessari alla decisione
(art. 173, comma 1, Norme att. cod. proc. pen.).
3.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione di legge
processuale dell’impugnata ordinanza in relazione all’art. 309, commi 5 e
10, cod. proc. pen. ovvero vizio di motivazione (art. 606, comma 1, lett. c)
ed e), cod. proc. pen.)
Il Tribunale adìto ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen. avrebbe infatti
disatteso la richiesta di declaratoria di inefficacia della misura fatta valere
dalla difesa per non avere mai inviato il Pubblico Ministero di Monza,
contrariamente a quanto espresso nella lettera di trasmissione degli atti,
quale atto sopravvenuto favorevole alla difesa, il verbale dell’interrogatorio
di garanzia di Maria Paola Canegrati, coindagata per il capo 3) e principale
protagonista della vicenda all’interno della quale erano maturati fatti per i
quali era stata applicata al Nachiero la misura cautelare impugnata.
Il Tribunale avrebbe in tal modo contravvenuto, prestando adesione a
principio della Corte di cassazione ancorato a differente base normativa, a più
recente orientamento della giurisprudenza di legittimità che, in esito alla
novella dell’art. 309 cod. proc. pen., come operata dall’art. 11, comma 5,
della legge n. 47 del 2015, avrebbe individuato gli ‘elementi sopravvenuti’,
per i quali esiste obbligo dell’Autorità procedente di trasmissione al Tribunale
del Riesame, in quelli che, entrati nella disponibilità dei P.M. in tempo utile
rispetto alla data di proposizione dell’impugnazione, si presentino anche solo
‘astrattamente’ favorevoli all’indagato.
Per siffatto orientamento, deduce il ricorrente, ove il Pubblico Ministero
non provveda alla trasmissione degli atti incomberebbe sul Tribunale di
attivarsi per la loro acquisizione, nella premessa che non possa essere gravato
del relativo onere l’indagato che, non conoscendone il contenuto, non può
sostenere con certezza la rilevanza, a sé favorevole, dell’atto non trasmesso.

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3. Avverso l’indicata ordinanza, il difensore di fiducia dell’indagato

La mancata trasmissione, o ufficiosa acquisizione, degli elementi
sopravvenuti favorevoli alla difesa nei termini di contenuto e tempo segnati
dall’art. 309, commi 5 e 10, cod. proc. pen., come novellato, sarebbe
sanzionata con la estinzione della misura per violazione di legge e comunque
con la nullità per difetto di motivazione del provvedimento genetico e di
quello adottata dal Tribunale del Riesame per non conformità ai parametri
normativi correttamente interpretati.
3.2. Con il secondo motivo, la difesa denuncia la nullità dell’ordinanza

agli artt. 125, 275, 292, comma 2 lett. c), cod. proc. pen.
Il Tribunale non avrebbe infatti dichiarato la nullità dell’ordinanza
genetica nel difetto di motivazione sulla inadeguatezza delle misure, diverse
da quella inframuraria, a soddisfare le esigenze cautelari.
Vizio radicale non rimediabile dal Tribunale per esercizio di poteri
integrativi (art. 309, comma 9, seconda proposizione, ultima parte, cod.
proc. pen.).
3.3. Con il terzo motivo, il ricorrente fa valere manifesta illogicità della
motivazione quanto ai gravi indizi di colpevolezza (art. 606, comma 1, lett.
e) cod. proc. pen.).
Il Tribunale avrebbe disatteso l’alternativa ricostruzione dei contenuti
intercettativi fornita dalla difesa — così per la relazione, qualificabile come
discutibile, ma non per questo illecita, intercorrente tra il Nachiero e
l’Alessandri, dirigente della struttura ospedaliera — e ritenuto l’esistenza dei
contestati gravi indizi di colpevolezza per una elencazione di contenuti di
contatti e colloqui telefonici intercorsi tra gli indagati che avrebbero potuto
prestarsi ad alternativa ed opposta lettura.
3.4. Con il quarto motivo, la difesa dell’indagato denuncia vizio di
motivazione, per la sintomatica figura della contraddittorietà e manifesta
illogicità, in relazione al pericolo di recidivanza (art. 606, comma 1, lett. e),
cod. proc. pen.).
La censurata motivazione, dopo avere escluso il pericolo di
inquinamento delle prove, nella natura marginale del ruolo rivestito dal
Nachiero all’interno della rete di relazioni intessuta dalla coindagata
Canegrati, avrebbe dedotto una pericolosità teorica ed astratta del
ricorrente, quanto al profilo di recidivanza, argomentando dallo svolgimento
ad opera dello stesso di attività lavorativa in ambito sanitario e dai contatti
da questi avuti con strutture pubbliche.

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impugnata (art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen.) in relazione

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è infondato nei termini di seguito indicati.
L’art. 309, comma 5, cod. proc, pen., nella parte in cui prevede che
l’Autorità procedente trasmette al tribunale gli atti presentati a norma
dell’art. 291, comma 1 e tutti gli elementi sopravvenuti a favore della
persona sottoposta alle indagini, è norma dettata, come in più occasioni
questa Corte ha affermato, a tutela della ‘completezza’ della platea cognitiva

motivazione) che risulti in astratto favorevole all’indagato.
Il carattere in astratto favorevole all’indagato non può tradursi però in
sede di legittimità nella deduzione di un generico motivo per il quale si
invochi il tenore potenzialmente favorevole di sopravvenute dichiarazioni —
interrogatorio di garanzia reso da soggetto coindagato — i cui contenuti non
risultino in alcun modo delineati in ricorso.
Lo scrutinio rimesso alta Corte di cassazione della Violazione della legge
processuale (art. 309, commi 5 e 10, cod. proc. pen.) segnata dall’omessa
trasmissione da parte del P.M., in tempo utile, degli elementi astrattamente
favorevoli all’indagato o comunque dalla mancata attivazione del tribunale al
fine di acquisire, d’ufficio, il dato mancante, e dalla conseguente sanzione di
inefficacia della disposta misura cautelare personale, è destinato a risolversi,
per i contenuti propri del giudizio di legittimità, in una delibazione di non
manifesta irrilevanza degli elementi destinati ad avere una incidenza
astrattamente favorevole al soggetto indagato.
Depongono in tal senso l’importanza della sanzione e l’inserimento, per
la riportata locuzione, nei contenuti dell’indicato paradigma di un momento
valutativo rimesso al Tribunale del Riesame, investito della cognizione
dell’elemento sopravvenuto all’ordinanza cautelare originaria.
Quando lamenti dall’indagato la mancata trasmissione di elementi o dati
dichiarativi da parte del P.M. costituiti da dichiarazioni rese da soggetto
coindagato, spetta all’indagato indicare degli atti non trasmessi i contenuti a
sé favorevoli (Sez. 6, n. 20527 del 28/03/2003, Randazzo, Rv. 225451; Sez.
4, n. 41170 del 21/06/2004, De Giovanni, Rv. 229913).
Il ricorrente ha fatto valere dinanzi al Tribunale la mancata trasmissione
dell’interrogatorio di Maria Paola Canegrati, coindagata nel procedimento
sub lettera 3) della contestazione provvisoria, in quanto atto potenzialmente
a favore, sottolineando dinanzi a questa Corte il ruolo di principale
protagonista della vicenda dalla prima assolto.

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del Tribunale del Riesame (Sez. 1, n. 24406 del 09/04/2015, Crea, in

Per siffatta deduzione peròil ricorrente non ha operato alcun riferimento
ai contenuti dell’atto mancato.
Il tribunale ha fondatamente apprezzato in senso negativo il rilievo di
prova dell’interrogatorio della coindagata per assoluta genericità della
richiesta difensiva.
L’obbligo del P.M. di trasmissione al Tribunale del Riesame non investe
tutto il materiale probatorio dal primo raccolto, salvo verifica del Tribunale
del Riesame, restando piuttosto rimesso all’apprezzamento dell’organo

oggetto di disco very.
Se tra gli elementi sopravvenuti favorevoli viene tipizzato
l’interrogatorio di garanzia reso dall’indagato, atto che quindi sfugge ad
giudizio di rilevanza del Tribunale del Riesame, per ogni altra sopravvenuta
acquisizione documentale d’indagine spetta al ricorrente allegare il carattere
a sé favorevole in un equilibrio di posizioni per le quali si fronteggiano da
una parte l’interesse investigativo dell’Ufficio procedente e dall’altra
l’esercizio del diritto di difesa dell’indagato.
Non avendo il ricorrente dimostrato e neppure dedotto in modo
specifico il carattere a sé favorevole delle dichiarazioni rese in sede di
interrogatorio dalla coindagata, il motivo è infondato, restando assorbito
ogni dedotto vizio sulla tenuta logica della motivazione impugnata (art. 606,
comma 1, lett. e) cod. proc. pen.).

2. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso sono infondati.
2.1. Quanto alla dedotta nullità dell’ordinanza genetica, non emendabile
in via integrativa dal Tribunale del Riesame, per difetto assoluto di
motivazione sulla presunta adeguatezza della misura della custodia in
carcere (art. 309, comma 9, cod. proc. pen. e 292, comma 2, lett. c, cod.
proc. pen.), il Tribunale ha congruamente riportato la motivazione del Gip.
Valgano in tal senso i richiami operati: alla pericolosità del soggetto;
alle modalità della condotta; alla gravità dei reati commessi.
Detti estremi soddisfano i requisiti di legge ed escludono il radicale
denunciato vizio che risulta peraltro dedotto con motivo aspecifico destinato,
come tale, a non confrontarsi neppure con i contenuti, come riportati,
dell’impugnato provvedimento.
2.2. Né l’impugnata ordinanza risulta affetta dalla denunciata manifesta
illogicità quanto ai ritenuti gravi indizi di colpevolezza che, fondati su esiti di
capitazioni telefoniche, non si traducono in una mera elencazione di contatti
telefonici intercorsi tra il Nachiero e l’Alessandrì, il dirigente della struttura
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procedente quello di stabilire quanto degli esiti investigativi possa essere

ospedaliera destìnataria delle privilegiate forniture protesìche, per contenuti
destinati a prestarsi ad alternative letture non necessariamente dirette ad
evidenziare il rilievo illecito delle telefonate.
L’ordinanza valorizza infatti in modo pertinente, e conducente
all’affermazione dei gravi indizi i contenuti delle telefonate, evidenziando i
termini del contestato accordo corruttivo per i quali l’Alessandrì,
responsabile della stazione appaltante, favoriva illecitamente l’Elledent su
impulso del Nachiero ottenendo in cambio, con l’aiuto di questi, l’offerta di
ore di lavoro da svolgersi, presso la società favorita, dalla propria

convivente.
Gli stralci delle telefonate come riportati in ricorso non valgono a
scomporre il quadro indiziario dell’ordinanza, non potendo le rassicurazioni
fornite dal Nachiero alla Canegrati sull’operato dell’Alessandrì o la
‘meraviglia` manifestata dai primi due quanto ai risultati ottenuti presso il
secondo escludere, per un rapporto di incompatibilità logica, l’esistenza di
un presupposto accordo illecito.

3. Il quarto motivo di ricorso è fondato nei termini di seguito precisati.
L’brdinanza apprezza l’esistenza in capo al Nachiero del pericolo di
recidivanza (art. 275 lett. c) cod. proc. pen.) motivando dalla professione
svolta dall’indagato in aziende, professione che, segnata da stretti contatti
con strutture pubbliche sanitarie e da frequentazioni con figure dirigenziali
«improntate a scambi di favori a scapito dell’interesse pubblico, viene
piegata agli interessi privati dei dirigenti pubblici e delle ditte fornitrici».
Nel percorso argomentativo risulta altresì sottratto riltvo alle dimissioni
prestate dall’indagato dalla carica di membro del C.d.A. della Elledent, nella
considerazione che le stesse possono essere ritirate e che il Nachiero debba
proseguire nello svolgimento della sua attività professionale, fino ad ora
connotata da «forti elementi di illegalità», in «un ambiente a forte rischio di
collusioni tra le strutture sanitarie ed i privati fornitori di beni o servizi».
La motivazione impugnata è, per i riportati passaggi, in cui si esaurisce
la valutazione del rischio di reiterazione di reati della stessa specie,
illegittima in quanto non rispettosa dei caratteri di concretezza e di attualità
del pericolo, da stimarsi al momento dell’adozione della misura, come
sostenuti dalla riforma di cui alla legge n. 47 del 2015, e comunque in linea
con i principi già reiteratamente espressi dalla giurisprudenza dì legittimità
nella più piena tutela del bene della libertà personale ente íudicíum (tra le
altre: Cass. Sez. 6, 26/11/2014, Alessi, Rv. 261670; Sez. 4, 11/06/2015,
Flora, Rv. 263871).
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e

La necessaria concretezza del giudizio prognostico discende, del resto,
dagli stessi parametri valutativi enucleati dalla lett. c) dell’art. 274, e cioè
dalle «specifiche modalità e circostanze del fatto» e dalla personalità
dell’imputato o indagato come «desunta da comportamenti o atti concreti o
dai suoi precedenti penali» che muovono nel senso di ancorare tale
valutazione alla specifica situazione dell’indagato, scongiurando automatismi
nell’applicazione della misura.
La valutazione sul rischio di reiterazione criminosa non può quindi

da circostanze distanti nel tempo o dalla gravità del reato posto a base del
titolo restrittivo, ma deve fondarsi su dati concreti ed oggettivi (cioè non
meramente congetturali), attinenti al caso di specie, che rendano siffatta
esigenza reale ed attuale (Sez. 6, n. 8211, 11/02/2016, Ferrante, p. 18),
rivelando una continuità ed effettività del pericolo di reiterazione,
attualizzata al momento della adozione della misura (Sez. 6, n. 9894 del
16/02/2016, C., Rv. 266421).
3.1. Alla luce dei richiamati principi le argomentazioni rese
nell’impugnata ordinanza sono inadeguate per il profilo dell’attualità del
rischio che risulta delineato, in motivazione, da considerazioni viziate da
genericità e non modellate sul caso in esame, non dando il Tribunale
spiegazioni della premessa argomentativa e quindi del perché l’indagato
debba proseguire nello svolgimento della propria attività professionale in un
ambiente a forte rischio di collusione tra privati fornitori e strutture
sanitarie.
3.2. Del pari il medesimo Tribunale non riesce a dare conto quanto al
rischio di reiterazione del necessario suo concretizzarsi allorché si trova ad
argomentare da imprecisati, quanto a contenuti e relative collocazioni
temporali, ‘solidi rapporti’ costruiti dall’indagato con figure dirigenziali ed
improntati «a scambi di favori a scapito dell’interesse pubblico».

4. Il provvedimento impugnato va quindi annullato limitatamente alle
indicate esigenze cautelari perché queste ultime ricevano dal Tribunale di
Milano nuova valutazione, in adesione ai principi esposti in materia di
attualità e concretezza del pericolo di reiterazione.

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atteggiarsi in termini di mera potenzialità del pericolo, in ipotesi desumibile

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata, limitatamente alle esigenze cautelari e
rinvia per nuovo esame sul punto al Tribunale di Milano.

Così deciso il 10/05/2016

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