Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27956 del 20/04/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 27956 Anno 2016
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: BASSI ALESSANDRA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Buonanno Gennaro, nato a Marcianise (CE) il 03/10/1949

avverso l’ordinanza del 11/01/2016 del Tribunale di Napoli

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandra Bassi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Francesco Mauro Iacoviello, che ha concluso chiedendo che il provvedimento sia
annullato senza rinvio.
RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento in epigrafe, il Tribunale di Napoli, sezione
specializzata per il riesame, ha confermato l’ordinanza del 2 dicembre 2015, con
la quale il Giudice delle indagini preliminari dello stesso Tribunale ha applicato a
Gennaro Buonanno la misura degli arresti domiciliari per concorso nell’omicidio
volontario di Vincenzo Passarielli, quale ideatore e mandante, con la circostanza
aggravante della premeditazione, di quella ex art. 7 legge 12 luglio 1991, n. 203,
e con la recidiva specifica, reiterata ed infraquinquennale.
1.1. Dopo avere richiamato la motivazione del provvedimento cautelare
genetico, il Tribunale del riesame ha ricordato gli elementi posti a fondamento
del giudizio di gravità indiziaria a carico dell’indagato, segnatamente, le
dichiarazioni dei tre collaboratori di giustizia Michele Frongillo, Bruno Buttone e

Data Udienza: 20/04/2016

Salvatore Belforte nonché del fratello di quest’ultimo Domenico Belforte. Ha
dunque rilevato come, da tali evidenze, emerga che l’omicidio del Passarielli
veniva eseguito da esponenti del clan camorristico Belforte su richiesta espressa
di Angelo Grillo – imprenditore legato al medesimo clan Belforte e titolare di
fatto di svariate società intestate a terzi -, allo scopo di eliminare un concorrente
“scomodo” nell’aggiudicazione di appalti per il servizio di pulizie degli ospedali del
casertano. Ha dunque dato conto delle dichiarazioni rese da Salvatore e
Domenico Belforte in merito al coinvolgimento del ricorrente nel delitto.

come, nella specie, operi la presunzione di pericolosità di cui all’art. 275, comma
3, cod. proc. pen. e come, ad ogni modo, sussista nell’attualità il pericolo di
recidivanza, correttamente stimato dal primo giudice fronteggiabile con la misura
degli arresti domiciliari in ragione delle precarie condizioni di salute e dell’età
relativamente avanzata del Buonanno.

2. Avverso il provvedimento cautelare ha presentato ricorso l’Avv. Massimo
Trigari, difensore di fiducia di Gennaro Buonanno, e ne ha chiesto l’annullamento
per violazione di legge penale in relazione agli artt. 274, 275, 292, lett. c) e cbis), e 309 cod. proc. pen., e per vizio di motivazione. Evidenzia il ricorrente che
il Tribunale si è appiattito sulla motivazione svolta dal Giudice per le indagini
preliminari, limitandosi alla mera elencazione di elementi di fatto senza svolgere
alcuna autonoma valutazione di essi. D’altra parte, denuncia l’apoditticità della
motivazione svolta dal Tribunale nel valutare le dichiarazioni rese da Domenico e
Salvatore Belforte, che presentano rilevanti profili di incongruenza, là dove il
primo ha dichiarato di essersi incontrato con Angelo Grillo e con Buonanno
presso un’area di servizio di Teano o Caianiello, mentre Salvatore Belforte ha
dichiarato di non ricordare se Grillo gli avesse detto di aver incontrato il fratello
da solo o per tramite di altro affiliato, il che non consente di riscontrare la
presenza dell’assistito presso l’area di servizio. Ancora, si evidenzia che il
Tribunale non ha compiuto un’attenta valutazione dell’attendibilità intrinseca ed
estrinseca dei collaboratori di giustizia. Infine, si pone in luce la carenza di
motivazione in punto di attualità e concretezza del pericolo di reiterazione
criminosa, avendo il Tribunale completamente trascurato di considerare il tempo
trascorso dai fatti nonché omesso di evidenziare gli elementi sulla scorta dei
quali sia possibile affermare che Buonanno, verificandosene l’occasione, potrà
commettere reati della stessa specie, là dove i fatti risalgono al 1998, l’indagato
si trova ristretto agli arresti domiciliari in esecuzione della pena in relazione alle
gravissime patologie che lo affliggono ed il pericolo di reiterazione non può
desumersi dalla gravità del fatto o dalla molteplicità delle condanne subite.
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1.2. Quanto alle esigenze cautelari, il Collegio della cautela ha rilevato

2.1. Nei motivi aggiunti depositati in cancelleria, la difesa di Buonanno, nel
ribadire il difetto di motivazione dell’ordinanza impugnata in punto di gravi indizi
di colpevolezza e di esigenze cautelari, ha evidenziato, quanto al primo profilo,
che v’è una discrasia temporale fra la richiesta “di aiuto” del Grillo a Salvatore
Belforte – plausibilmente formulata nei mesi che vanno dal febbraio al dicembre
1997 – ed i riferiti incontri “agli inizi 1998” di Grillo con Salvatore e Domenico
Belforte cui avrebbe partecipato anche Buonanno, rimarcando che – in tale
intervallo – non vi sarebbe stato tempo sufficiente per organizzare l’omicidio,

requisiti di concretezza ed attualità delle esigenze cautelari, trattandosi di una
fatto commesso diciassette anni orsono e di un soggetto afflitto da gravi
patolog ie.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorrente censura l’apparato argomentativo sviluppato dal Tribunale di
Napoli in relazione ai gravi indizi di colpevolezza ed alle esigenze cautelari posti a
fondamento della misura cautelare applicata a Gennaro Buonanno.

2. Giudica la Corte che le doglianze mosse nel ricorso non colgano nel
segno, là dove il Collegio della cautela ha motivato la sussistenza dei requisiti del
titolo restrittivo con considerazioni puntuali, aderenti alle emergenze processuali
e conformi a logica, incensurabili nella sede di legittimità.
2.1. Ed invero, come si legge nel provvedimento in verifica, il Tribunale del
riesame ha preliminarmente ricordato gli elementi posti a fondamento del
presupposto ex art. 273 cod. proc. pen. In particolare, ha rilevato che le indagini
condotte subito dopo il delitto di Passarielli non avevano consentito di acquisire
nessun elemento idoneo ad individuare in modo certo gli autori dell’omicidio, ma
erano riprese dopo che Giuseppe Gasparin – funzionario della ASL di Caserta
indagato del reato di corruzione – aveva riferito che, negli ambienti casertani, era
noto che Passarielli era stato ucciso su indicazione di Grillo, in quanto suo
concorrente “scomodo” ai fini dell’aggiudicazione di appalti nel servizio di pulizie
negli ospedali. Venivano quindi raccolte le dichiarazioni dei tre collaboratori di
giustizia Michele Frongillo, Bruno Buttone e Salvatore Belforte – i primi due
elementi di spicco del clan Belforte che già da tempo avevano iniziato un
percorso di collaborazione, il terzo capo dell’omonimo clan unitamente al fratello
Domenico, il quale aveva iniziato a collaborare nel marzo 2015 – ed essi
confermavano in termini convergenti che l’omicidio di Vincenzo Passarielli era
stato eseguito da esponenti del clan Belforte, segnatamente da Pasquale Cataldo

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commesso il 27 gennaio 1998; quanto al secondo profilo, che fanno difetto i

che sparò, coadiuvato da Salvatore Belforte, che lo accompagnò in auto sul
luogo del delitto, e da Antonio Della Ventura, che recuperò il commando con
un’autovettura pulita; l’omicidio era stato eseguito su espressa richiesta di
Angelo Grillo (imprenditore legato al medesimo clan Belforte e titolare di fatto di
svariate società intestate a terzi), il quale aveva fornito agli esecutori l’arma del
delitto; in cambio dell’eliminazione del concorrente, Grillo si era impegnato a
versare all’organizzazione criminale una percentuale dell’appalto relativo ai
servizi di pulizia dei presidi ospedalieri della ASL di Caserta, appalto a cui

quest’ultimo, fu in effetti aggiudicato ad una ditta riconducibile al Grillo. Il
Tribunale ha dunque passato in rassegna le narrazioni dei collaboratori di
giustizia, evidenziando come le informazioni più dettagliate in ordine alle
modalità esecutive dell’omicidio provengano dalle dichiarazioni rese da Salvatore
Belforte – il quale partecipò materialmente all’organizzazione e alla esecuzione
dell’omicidio – e come i due collaboratori Frongillo e Buttone abbiano invece
riferito circostanze apprese solo de relato.
A conforto del quadro indiziario, il Collegio partenopeo ha evidenziato
ulteriori elementi a conferma, costituiti: a) dalle dichiarazioni rese dall’allora
segretaria di Grillo, identificata in Tiziana De Blasio (che riferì di avere scoperto
che Grillo occultava in ufficio una pistola, non più ritrovata dopo l’omicidio del
Passarielli); b) dal narrato di Salvatore Ferrara e dalla registrazione del colloquio
avvenuto in sua presenza, nel corso del quale Grillo minacciò Passarielli con
l’arma; c) dalla documentazione amministrativa relativa alla licitazione privata
dell’appalto presso la ASL di Caserta, motivo del contrasto fra i due imprenditori.
Indi, il Giudice della impugnazione cautelare ha riportato i passi più rilevanti
delle dichiarazioni rese in interrogatorio di Salvatore Belforte 1’11 ed il 20 marzo
2015, evidenziando – in particolare – quanto riferito in merito alla partecipazione
al fatto di Gennaro Buonanno (v. pagine 7 e 8 e marzo).
A conferma del narrato di Salvatore Belforte il Tribunale ha quindi ricordato
quanto dichiarato (nell’interrogatorio del 15 aprile 2015) da Domenico Belforte ritenuto attendibile, sebbene privo dello status di collaboratore di giustizia e
sottoposto a regime detentivo speciale -, ponendo in rilievo come quest’ultimo
abbia riferito dell’incontro avuto con Grillo e Buonanno, nel corso del quale il
primo gli chiese aiuto al fine di uccidere Passarielli (v. pagine 9 e 10). Il
Tribunale altresì evidenziato come Salvatore Belforte, nell’interrogatorio del 23
maggio 2015, abbia riferito che lo stesso Belforte e Buonanno avevano preteso
una ricompensa in denaro dal Grillo per la loro partecipazione all’omicidio ed
avevano in effetti ricevuto da quest’ultimo 10 – 15 milioni di lire in denaro in una
busta consegnata dalla segretaria Tiziana, rilevando che il fatto che quest’ultima
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avrebbe appunto dovuto partecipare Passarielli e che, dopo l’omicidio di

abbia negato ogni conoscenza con “tale Buonanno detto Gnocchino” si spiega
con l’atteggiamento di reticenza e di paura che ha caratterizzato la
collaborazione della ragazza; ad ogni modo, ciò costituisce un mancato riscontro
e non un riscontro negativo, come sostenuto dalla difesa (v. pagine 10 – 11).
2.2. Sulla scorta di quanto finora esposto, ritiene il Collegio che nessun vizio
logico giuridico sia ravvisabile nel compendio argomentativo dell’ordinanza
impugnata là dove dà conto e passa in rassegna le diverse fonti di prova a
carico, evidenzia gli specifici elementi indizianti da esse traibili ed opera una

secondo un rigoroso percorso interferenziale fondato su significativi dati
sintomatici – ad affermare, sebbene in termini di gravità indiziaria, il
coinvolgimento del ricorrente nell’omicidio del Passarielli.
2.3. In particolare, nessun salto logico è ravvisabile nell’avere ritenuto
riscontrata, in termini soggettivamente ed oggettivamente specifici, la chiamata
in correità di Salvatore Belforte a carico di Gennaro Buonanno alla luce di quanto
dichiarato da Domenico Belforte con riguardo al medesimo ricorrente.
Ed invero, come ha ricordato il Tribunale, Domenico Belforte ha riferito della
partecipazione di Buonanno unitamente a Grillo ad un incontro (presso un
autogrill) con lo stesso esponente di spicco del clan, finalizzato a richiedere
l’attivazione del gruppo criminale in proprio aiuto per assassinare lo scomodo
concorrente nel settore degli appalti delle pulizie ospedaliere; di avere
personalmente indirizzato Grillo verso il fratello Salvatore Belforte; di avere poi
saputo che Grillo aveva parlato con il germano e che l’omicidio era stato poi
commesso (v. pagine 8 e seguenti del provvedimento in disamina).
Correttamente, il Giudice della impugnazione cautelare ha ritenuto che le
dichiarazioni di Domenico Belforte costituiscano specifico elemento di conferma
del coinvolgimento del Buonanno, a fianco del Grillo, nella fase preparatoria
dell’omicidio Passarielli, in perfetta saldatura con quanto riferito da Salvatore
Belforte: sebbene Domenico Belforte e Salvatore Belforte abbiano riferito della
partecipazione di Buonanno, unitamente al Grillo, a due incontri diversi – cui gli
stessi collaboratori avevano separatamente preso parte -, nondimeno non è
revocabile in dubbio che – secondo la narrazione di Domenico Belforte l’incontro fra lo stesso Domenico Belforte, Grillo e Buonanno abbia costituito
l’antecedente cronologico e logico dell’incontro operativo (nel corso del quale
venivano stabilite le modalità esecutive dell’omicidio) fra Salvatore Belforte,
Grillo e Buonanno e di cui ha, appunto, riferito Salvatore Belforte.
2.4. Conclusivamente, il ragionamento sviluppato dal giudice partenopeo sul
punto risulta adeguato e conforme al combinato disposto degli artt. 273, comma
1 bis, e 192, comma 3, cod. proc. pen., alla stregua del quale le dichiarazioni

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valutazione unitaria e logicamente coordinata dei medesimi, pervenendo –

del coimputato del medesimo reato o dell’imputato di reato connesso devono
essere valutate unitamente ad altri elementi di prova che ne confermano
l’attendibilità, di natura individualizzante (Sez. U, n. 36267 del 30/05/2006,
P.G. in proc. Spennato, Rv. 234598; Sez. 5, n. 50996 del 14/10/2014, Scalia,
Rv. 264213).
2.5. Non è delibabile in questa Sede la deduzione mossa nei motivi aggiunti
– concernente l’implausibilità della riferita tempistica dell’organizzazione
dell’omicidio -, in quanto non sottoposta al vaglio del Collegio distrettuale ed, in

pen.
Ad ogni modo, nessuna irragionevolezza pare ravvisabile nella ricostruzione
temporale degli eventi ad opera dei Giudici della cautela dal momento che, per
un verso, lo stesso ricorrente non è stato in grado di datare in modo certo
l’incontro di Grillo e Buonanno con Salvatore Belforte; per altro verso, fra
l’incontro di Grillo e Buonanno con Domenico Belforte “agli inizi 1998″ e
l’omicidio del Passarielli, commesso alla fine di gennaio (segnatamente il 27),
v’era tutto il tempo sufficiente affinchè essi incontrassero Belforte Salvatore e
fosse predisposto tutto quanto necessario per la materiale esecuzione del delitto.

3. Non presta il fianco a censure neanche la motivazione sviluppata in punto
di esigenze cautelari.
3.1. Ed invero, il Tribunale non si è limitato a dare conto della operatività,
nella specie, della duplice presunzione di pericolosità sociale e di adeguatezza
della sola custodia in carcere di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. ,
trattandosi di delitto aggravato dall’agevolazione mafiosa (presunzioni, entrambi,
di natura solo relativa, giusta novella con I. 16 aprile 2015, n. 47), ma ha
evidenziato specifici elementi sulla scorta dei quali ha stimato sussistenti, in
termini di concretezza e di attualità, il pericolo di recidivanza. In particolare, il
Collegio ha valorizzando sia l’Impressionante

curriculum

criminale” del

Buonanno, irriducibile camorrista, condannato con sentenza passata in giudicato,
sia i precedenti penali per armi, tentata estorsione aggravata con metodo
mafioso ed associazione a delinquere traffico di sostanze stupefacenti, sia – e
soprattutto – la sottoposizione del medesimo ad una recente ordinanza di
custodia cautelare, emessa il 24 marzo 2012, per partecipazione all’associazione
camorristica denominata clan Belforte.
3.2. D’altra parte, i Giudici della cautela hanno fatto buon governo del
principio di adeguatezza codificato all’art. 275 e delle sue declinazioni delineate
nei commi 1, 3 e 3-bis, là dove hanno applicato al prevenuto la misura degli

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quanto tale, extra devolutum ed inammissibile ex art. 606, comma 3, cod. proc.

arresti domiciliari in considerazione delle precarie condizioni di salute e dell’età
relativamente avanzata del Buonanno.

4. Dal rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp.
att. cod. proc. pen.

Così deciso il 20 aprile 2016

Il consigliere estensore

dent

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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