Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27954 del 16/06/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 27954 Anno 2016
Presidente: PETRUZZELLIS ANNA
Relatore: CRISCUOLO ANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Strozzieri Marco, nato a Giulianova (TE) il 02/08/1960

avverso la sentenza del 08/05/2013 della Corte di appello di L’Aquila

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Anna Criscuolo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Felicetta Marinelli, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore della parte civile costituita ASL di Teramo, avv. Francesco Carli,
che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, in subordine, per il rigetto;
udito il difensore, avv. Gabriele Rapali, che ha concluso chiedendo l’accoglimento
del ricorso.
RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di L’Aquila, in parziale
riforma della sentenza emessa il 14 giugno 2011 dal Tribunale di Teramo nei
confronti di Strozzieri Marco, ritenuto responsabile del delitto di peculato, ha
ridotto la pena, previo riconoscimento dell’attenuante del risarcimento del danno,
con concessione dei doppi benefici.

Data Udienza: 16/06/2016

In sede di merito è stato accertato che l’imputato, in qualità di medico del
reparto di ostetricia e ginecologia dell’ospedale di Giulianova, autorizzato dalla
ASL di Teramo a svolgere attività professionale intramoenia, ometteva di
fatturare le visite mediche effettuate, appropriandosi in tal modo dell’intero
importo della tariffa, pur essendo obbligato a riscuotere l’onorario in nome e per
conto della ASL, a rilasciare fattura sul bollettario ASL, a trattenere in acconto il
50% degli importi ed a versare il 50% all’ufficio cassa dell’ospedale.

sommarie informazioni rese dalle pazienti, acquisiti nel corso della verifica
fiscale, per essere stati gli atti acquisiti con l’accordo delle parti, e ritenuta la
qualifica di pubblico ufficiale spettante all’imputato in relazione alla detenzione di
denaro di pertinenza della pubblica amministrazione, i giudici di merito hanno
ritenuto provato, sulla scorta dei controlli eseguiti dalla Guardia di Finanza e
delle dichiarazioni rese dalle pazienti, i cui nominativi risultavano dai file del
computer in uso all’imputato, ma non dai bollettari, che l’imputato aveva omesso
di inviarle al CUP per la prenotazione, di rilasciare loro le ricevute per le
prestazioni effettuate e di versare la metà degli importi incassati alla ASL.
In ragione della restituzione integrale della somma oggetto di
appropriazione, è stata riconosciuta la relativa attenuante con conseguente
ridimensionamento della pena.

2. Avverso la sentenza ricorre il difensore dell’imputato, che ne chiede
l’annullamento per i seguenti motivi:
2.1 inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione
all’art. 314 cod. pen.: la Corte avrebbe errato nel ritenere l’imputato pubblico
ufficiale, in quanto allo stesso non può attribuirsi la qualifica di agente contabile
o agente di riscossione, in quanto medico convenzionato, che svolge attività
libero professionale, percepisce denaro per detta attività e ha solo l’obbligo
negoziale di versare una percentuale alla ASL, sicché il denaro ricevuto a titolo di
compenso non può ritenersi pubblico ab origine né successivamente. Difetta,
pertanto, il possesso qualificato di denaro pubblico in capo all’imputato,
l’appartenenza alla PA dello stesso e la condotta appropriativa;
2.2 inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione
all’art.220 disp. att. cod. proc. pen.: si contesta l’utilizzabilità degli atti di
indagine acquisiti dal giudice di primo grado con il consenso delle parti, in quanto
le sommarie informazioni non risultano assunte con le modalità previste dall’art.
351 cod. proc. pen. Si contesta che il processo verbale di constatazione può
essere acquisito quale documento, ma non possono essere utilizzate le
dichiarazioni di terzi in esso contenute.
2

/7/

Respinta preliminarmente l’eccezione di inutilizzabilità dei verbali di

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile, in quanto meramente reiterativo dei motivi già
proposti in appello, disattesi dalla Corte con motivazione congrua e corretta, con
la quale il ricorrente non si confronta; peraltro, i motivi sono manifestamente
infondati.
1.1 Manifestamente infondato è il primo motivo, che derubrica a semplice
inadempimento contrattuale la condotta dell’imputato.

l’imputato era stato temporaneamente autorizzato, in attesa dell’allestimento
degli spazi e delle attrezzature da destinare all’attività libero professionale
intramoenia presso il presidio ospedaliero di Giulianova, ad esercitare l’attività
libero professionale presso il suo studio privato, eseguendo le prestazioni
concordate ed applicando le tariffe stabilite dall’Azienda, impegnandosi
espressamente a riscuotere dette tariffe in nome e per conto dell’Azienda ( v.
art. 4 della convenzione), a fatturare al paziente l’importo su bollettario
appositamente fornito dalla Direzione Sanitaria del P.O. di Giulianova ed a
prenotare le prestazioni attraverso il C.U.P. della ASL, mentre, invece, dagli
accertamenti svolti era emerso che, pur avendo ricevuto dai pazienti le somme
dovute per la sua prestazione, aveva omesso il successivo versamento
all’azienda sanitaria della parte di spettanza della stessa.
Pertanto, pur essendo indiscussa la natura privatistica dell’attività
intramuraria svolta dal professionista, allo stesso deve riconoscersi la qualità di
pubblico ufficiale al pari di qualunque dipendente pubblico che le prassi o le
consuetudini mettano nella condizione di riscuotere e detenere denaro di
pertinenza dell’amministrazione, venendo in rilievo non già l’attività
professionale, ma la virtuale sostituzione del medico ai funzionari amministrativi
nell’attività pubblicistica di riscossione dei pagamenti (in termini Sez. 6, n. 2969
del 6 ottobre 2004, dep. 31/01/2005, Moschi, Rv. 231474).
Ed è orientamento consolidato che integra il delitto di peculato la condotta
del medico dipendente di un ospedale pubblico il quale, svolgendo in regime di
convenzione attività intramuraria, dopo aver riscosso l’onorario dovuto per le
prestazioni, ometta poi di versare all’azienda sanitaria quanto di spettanza della
medesima, in tal modo appropriandosene (Sez. 6, n.25255 del 14/02/2012, Rv.
253098 e Sez. 6, n. 39695 del 17/09/2016 Rv. 245003, che in motivazione
precisa che anche il medico convenzionato, pur non potendosi qualificare
dipendente pubblico, riveste la qualità di pubblico ufficiale per la parte della sua
attività inerente al versamento delle somme che, in base alle norme vigenti in
materia di attività intra moenia, sono dovute all’azienda sanitaria, sicché è

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Risulta dagli atti che in base alla convenzione stipulata con l’ASL di Teramo

configurabile il reato di peculato nell’ipotesi in cui tale soggetto si appropri di tali
porzioni di somme ricevute dai pazienti).
2.2 Manifestamente infondato è anche il secondo motivo, avendo la Corte di
appello correttamente ritenuto utilizzabile i verbali di sommarie informazioni rese
da alcune pazienti, allegati alla comunicazione di reato ed al processo verbale di
constatazione della Guardia di Finanza.
Oltre a precisare che tali atti erano stati acquisiti con il consenso delle parti,
in ordine alla piena utilizzabilità degli stessi la Corte di appello ha chiarito che

insussistenza di violazioni di garanzie difensive.
I giudici di merito hanno fatto corretta applicazione del principio affermato
da questa Corte, secondo il quale gli atti contenuti nel fascicolo del Pubblico
Ministero ed acquisiti, sull’accordo delle parti, al fascicolo per il dibattimento,
possono essere legittimamente utilizzati ai fini della decisione, non ostandovi
neppure i divieti di lettura di cui all’art. 514 cod. proc. pen., salvo che detti atti
siano affetti da inutilizzabilità cosiddetta “patologica” qual’é quella derivante da
una loro assunzione contra legem (Sez. 3, n. 35372 del 23/05/2007, Panozzo,
Rv. 237412).
Nella fattispecie, non risultano vizi invalidanti e le argomentazioni del
ricorrente, oltre ad essere generiche, non sono pertinenti, riguardando l’ipotesi di
atti nel corso dei quali emergano indizi di reato a carico del dichiarante, il che
all’evidenza è da escludere per le dichiarazioni delle pazienti sentite dagli
inquirenti.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali, al versamento di una somma in favore della
cassa delle ammende, che si stima equo determinare in euro 1.500,00 nonché
alla rifusione delle spese di rappresentanza in questa fase sostenute dalla parte
civile costituita, che si liquidano in 2.000 euro complessivi, comprensivi del 15%
per spese generali, oltre IVA e CPA.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.500 in favore della cassa delle ammende,
nonché alla rifusione delle spese di rappresentanza in questa fase della parte
civile ASL di Teramo, che si liquidano in C 2.000 complessivi, oltre IVA e CPA.
Così deciso, il 16/06/2016.

detti atti non risultano affetti da inutilizzabilità patologica, con conseguente

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