Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27947 del 03/06/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 27947 Anno 2016
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: CORBO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
1. MASSAIA Flora, nata a Tripoli il 08/03/1945
2. CANNARELLA Vincenzo, nato a Tripoli il 13/05/1969

avverso la sentenza del 14/07/2014 della Corte d’appello dell’Aquila

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonio Corbo;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Massimo Galli, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della
sentenza impugnata

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa il 14 luglio 2014, la Corte di appello dell’Aquila ha
confermato integralmente la sentenza pronunciata dal Giudice dell’udienza
preliminare del Tribunale di Pescara, all’esito di giudizio abbreviato, che aveva

Data Udienza: 03/06/2016

condannato alla pena ritenuta di giustizia Flora Massaia e Vincenzo Cannarella
per il delitto di calunnia commessa in concorso tra loro nelle date del 29 marzo
2010 e del 13 maggio 2010, la prima per aver accusato falsamente, pur
sapendola innocente, Fabiana Menghini, di essersi appropriata di materiali ed
attrezzi per l’edilizia della ditta di cui essa era titolare, ed il secondo per aver
confermato le dichiarazioni della denunciante allorché era stato sentito a
sommarie informazioni testimoniali.
La sentenza della Corte di appello, in particolare, ha richiamato, a sostegno
delle sue conclusioni, innanzitutto la diffida alla rimozione dei materiali inviata in

data 6 aprile 2010, per conto della Menghini, alla ditta facente capo alla Massaia
ed al di lei figlio Cannarella dal direttore dei lavori e poi i numerosi solleciti
successivi a detta missiva, anch’essi intesi ad ottenere la rimozione del
materiale.

2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di
appello indicata in epigrafe l’avvocato Paolo Marini, quale difensore di fiducia
della Massaia e del Cannarella articolando tre motivi.
2.1. Nel primo motivo, si lamenta erronea applicazione dell’art. 368 cod.
pen., a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., per
l’insussistenza del dolo.
Si deduce che le diffide e le missive della Menghini, nelle quali si invitava la
Massaia a riprendere materiali ed attrezzi, iniziano dal 6 aprile 2010, e, quindi,
sono tutte successive alla denuncia-querela dell’imputata, del 29 marzo 2010, e
che, per di più, il teste Angelo Donatelli ha dichiarato di essersi recato almeno
due volte in compagnia del Cannarella per riprendere attrezzi e materiali prima
della presentazione della precisata denuncia-querela da parte della Massaia, e
che in nessuna di queste occasioni la Menghini aveva permesso la rimozione
degli oggetti in questione.
2.2. Nel secondo motivo, si lamenta erronea applicazione degli artt. 110 e
368 cod. pen., a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., per
l’insussistenza di un contributo volontario e cosciente del Cannarella.
Si deduce che l’assunto secondo cui la Massaia avrebbe sporto la denunciaquerela «previo accordo» con il Cannarella è fondato su ipotesi o illazioni, e che
«resta oscuro il motivo per cui l’Ecc.ma Corte di Appello di L’Aquila ha
confermato la sentenza di primo grado».
2.3 Nel terzo motivo si lamenta travisamento del fatto, a norma dell’art.
606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.
Si deduce che «i giudici di merito hanno operato una ricostruzione degli
eventi errata, considerato che la denuncia-querela è del 23.03.2010 mentre le
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missive sono successive, ovvero del mese di aprile e maggio, nonché basandosi
esclusivamente su ipotesi ed illazioni prive di ogni riscontro e disattendendo la
deposizione testimoniale del sig. Donatelli, il quale aveva assistito personalmente
ai due tentativi di recupero nel mese di marzo, antecedentemente alla
denuncia».

CONSIDERATO IN DIRITTO

esposte nel primo e nel terzo motivo, per le ragioni di seguito precisate.
L’accoglimento delle critiche formulate in questi due motivi determina
l’assorbimento delle doglianze esposte nel secondo.

2. Il primo ed il terzo motivo di ricorso deducono, sostanzialmente la
manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata.
In effetti, la pronuncia della Corte di appello ha fondato l’affermazione di
responsabilità di entrambi gli imputati in ragione della diffida alla rimozione dei
materiali inviata, per conto della committente Menghini, dal direttore dei lavori
alla ditta facente capo alla Massaia ed al Cannarella in data 6 aprile 2010,
nonché dei numerosi solleciti inoltrati successivamente a tale missiva (cfr. pag. 2
della sentenza oggetto del ricorso), ed ha ritenuto non incompatibile con il
giudizio di colpevolezza le dichiarazioni del teste Donatelli.
Tuttavia, la valorizzazione della diffida e dei successivi solleciti quale
elemento centrale per l’accertamento del dolo in capo agli imputati, in assenza di
ulteriori precisazioni, si scontra con un dato di per sé idoneo a disarticolare
l’intero ragionamento probatorio: la denuncia della Massaia, secondo quanto si
evince univocamente dall’imputazione e dal testo della sentenza, è del 29 marzo
2010, mentre la diffida alla rimozione inviata alla stessa per conto della
denunciata Menghini è del 6 aprile 2010, e gli ulteriori solleciti sono ancora
successivi. Ne deriva che né la diffida, né i successivi solleciti possono costituire,
sul piano logico, e senza ulteriori spiegazioni alla luce del complessivo materiale
istruttorio, il fondamento decisivo per affermare il dolo della calunnia della
Massaia al momento della denuncia del 29 marzo 2010.
Venendo meno la certezza della sussistenza del dolo in capo alla Massaia,
diviene necessario rivalutare anche il significato attribuibile alle dichiarazioni del
Cannarella: è vero che le stesse, in quanto datate 13 maggio 2010, sono
successive alla diffida del 6 aprile 2010, ma debbono essere valutate in
considerazione della loro funzione di asseverazione alla denuncia della Massaia.

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1. I ricorsi sono fondati e debbono essere accolti in relazione alle censure

3. La necessità di valutare se sussista il dolo di calunnia in capo alla Massaia
rende inutile ed impossibile, inoltre, allo stato, ogni valutazione circa la
l’esistenza di un «previo accordo» tra la donna ed il Cannarella al momento della
denuncia del 29 marzo 2010.
Se, infatti, occorre accertare il «previo accordo», la relativa valutazione sarà
possibile solo una volta acclarata l’esistenza del dolo della calunnia in capo a chi
ha presentato la denuncia obiettivamente mendace.

4. Conclusivamente, la sentenza impugnata deve essere annullata, perché la
Corte di appello di Perugia, competente a norma del combinato disposto degli
artt. 623, comma 1, lett. c), e 175 disp. att. cod. proc. pen., proceda a nuovo
giudizio, al fine di valutare se sussista o meno il dolo della calunnia in capo agli
imputati, senza incorrere nei vizi logici da cui è affetta la sentenza impugnata.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di
appello di Perugia.
Così deciso il 3 giugno 2016

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Ciò spiega perché il secondo motivo di ricorso deve ritenersi assorbito.

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