Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27944 del 31/05/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 27944 Anno 2016
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: DI SALVO EMANUELE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MELI CALOGERA nato il 16/08/1968 a PALMA DI MONTECHIARO

avverso la sentenza del 04/03/2015 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso udito in PUBBLICA UDIENZA
del 31/05/2016, la relazione svolta dalConsigliere EMANUELE DI SALVO
Udito il Procuratore Generale in persona del Sost. Proc. Gen. ANTONIO BALSAMO
che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso

Udit i difensor Avv.;

Data Udienza: 31/05/2016

RITENUTO IN FATTO
1.Meli Calogera ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe
indicata, con la quale è stata confermata la sentenza di condanna emessa in
primo grado, in ordine al delitto di cui all’art. 368 cod. pen., per avere
falsamente accusato del reato di molestie Malluzzo Giuseppe, sapendolo
innocente.

2. La ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione, poiché

telefonate nonché di messaggi molesti sul proprio cellulare e su quelli dei
suoi familiari, da parte del Malluzzo. Ciò è stato ammesso dalla sentenza del
Tribunale. La circostanza che, per ritegno, la Meli abbia taciuto che
inizialmente ella si era dimostrata disponibile ad ascoltare il Malluizzo, che si
diceva intenzionato ad instaurare con lei una relazione sentimentale
seria,non può integrare gli estremi del reato di calunnia, in quanto le
molestie vi erano state effettivamente, avendo anche il Malluzzo tentato, in
una occasione, di costringere la Meli a salire sulla sua autovettura, dopo
averla seguita in farmacia, incurante della presenza di diverse
persone,all’interno dell’esercizio. Le chiamate in uscita dall’utenza telefonica
della Meli erano state determinate solo dall’invito, da quest’ultima rivolto al
Malluzzo, a non assillarla e a non crearle problemi con i familiari. Dunque
l’accusa di molestie formulata dalla Meli è del tutto veridica.
Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Le doglianze formulate sono infondate. Costituisce infatti

ius

receptum,nella giurisprudenza della suprema Corte, che, anche alla luce
della novella del 2006, il controllo del giudice di legittimità sui vizi della
motivazione attenga pur sempre alla coerenza strutturale della decisione, di
cui saggia l’oggettiva “tenuta”, sotto il profilo logico-argomentativo, e quindi
l’accettabilità razionale, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto
posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi
parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (Cass., Sez. 3, n. 37006 del
27 -9-2006, Piras, Rv. 235508; Sez. 6 , n. 23528 del 6-6-2006,
Bonifazi,Rv. 234155). Ne deriva che il giudice di legittimità, nel momento del
controllo della motivazione, non deve stabilire se la decisione di merito
proponga la migliore ricostruzione dei fatti né deve condividerne la
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realmente ella era stata fatta oggetto di continue, offensive e vessatorie

giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia
compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di
apprezzamento, atteso che l’art. 606, comma 1, lett e) cod. proc. pen. non
consente alla Corte di cassazione una diversa interpretazione delle prove. In
altri termini, il giudice di legittimità, che è giudice della motivazione e
dell’osservanza della legge, non può divenire giudice del contenuto della
prova, non competendogli un controllo sul significato concreto di ciascun
elemento probatorio. Questo controllo è riservato al giudice di

l’apprezzamento della logicità della motivazione (cfr,, ex plurimis, Cass. Sez.
3, n. 8570 del 14-1-2003, Rv. 223469; Sez. fer., n. 36227 del 3-92004,Rinaldi; Sez. 5,n. 32688 del 5-7-2004, Scarcella; Sez. 5, n.22771
del 15-4-2004, Antonelli).
2. Nel caso in disamina, l’impianto argomentativo a sostegno del decisum si
sostanzia in un apparato esplicativo puntuale, coerente, privo di discrasie
logiche, del tutto idoneo a rendere intelligibile l’iter logico-giuridico seguito
dal giudice e perciò a superare lo scrutinio di legittimità, avendo i giudici di
secondo grado preso in esame tutte le deduzioni difensive ed essendo
pervenuti alle loro conclusioni attraverso un itinerario logico-giuridico in
nessun modo censurabile, sotto il profilo della razionalità, e sulla base di
apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di
manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede. Ciò si desume, in
particolare, dalle considerazioni formulate alle pagine 4-6 della sentenza
impugnata,segnatannente laddove il giudice a quo evidenzia che dai tabulati
acquisiti erano emersi numerosi e risalenti contatti telefonici tra la Meli e il
Malluzzo, anche mediante l’utilizzo di schede e telefoni non indicati in
denuncia, mentre la Meli aveva affermato di non avere, in
precedenza,conosciuto il Malluzzo e di non aver avuto con lui alcun rapporto.
L’ avere taciuto l’intenso traffico telefonico intercorso tra i due e dunque
l’esistenza di pregressi rapporti incideva in modo essenziale -sottolinea il
giudice a quo- sulla ricostruzione della vicenda e sulla qualificazione giuridica
dei fatti, poiché la valutazione della condotta dell’imputato e del contenuto
dei messaggi ricevuti dalla Meli avrebbe potuto essere significativamente
diversa ove inquadrata in una preesistente e più complessa relazione
personale, nel contesto della quale la Meli, lungi dal risultare mera e passiva
destinataria dei messaggi in questione, aveva attivamente e per lunghi mesi
interagito con il suo interlocutore.

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merito,essendo consentito alla Corte regolatrice esclusivamente

Costituisce d’altronde

ius receptum, nella giurisprudenza di questa suprema

Corte, il principio secondo il quale integra gli estremi del delitto di calunnia la
condotta del denunciante che riferisca circostanze di fatto diverse e più gravi
di quelle realmente verificatesi (Cass., Sez. 6, 11-6-2003, n. 36364,Rv.
226645;Sez. 6, 25-10-2002, n. 1744, Rv. 223338).
3.11 ricorso va dunque rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al

PQM
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma , all ‘udienza del 31-5-2016.

pagamento delle spese processuali.

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