Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27934 del 10/05/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 6 Num. 27934 Anno 2016
Presidente: PETRUZZELLIS ANNA
Relatore: DI STEFANO PIERLUIGI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CLERICO MASSIMILIANO nato il 08/05/1976 a BIELLA
DELORENZI MARIA ANGELA nato il 17/07/1958 a OCCHIEPPO INFERIORE
avverso la sentenza del 04/07/2013 della CORTE APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso udito in PUBBLICA UDIENZA del
10/05/2016, la relazione svolta dal Consigliere PIERLUIGI DI STEFANO
Udito il Procuratore Generale in persona del dr. ROBERTO ANIELLO che ha concluso
per l’annullamento senza rinvio limitatamente alla posizione di Delorenzí Maria
Angela perché il fatto non sussiste quanto al secondo addebito e per non aver
commesso il fatto quanto al primo addebito e per il rigetto del ricorso di Clerico
Massimiliano;
udito l’avv. STEFANO MINASI, in sostituzione dell’avv. Sergio Gronda per Sangalli e
in sostituzione dell’avv. Alessandra Guariní per Rossi, che ha depositato conclusioni
scritte
udito per gli imputati l’avv. ANDREA CONZ, in sostituzione dell’avv. Francesco
Antonino Maimone, che ha chiesto raccoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATI-0
1. La Corte di Appello di Torino, in parziale riforma della sentenza del gip del
Tribunale di Biella del 4 ottobre 2011 confermava la condanna di Clerico Massimiliano
e De Lorenzi Maria Angela per la calunnia di cui al capo b) della rubrica e del solo

Data Udienza: 10/05/2016

•;->

v4

Clerico per la calunnia di cui al capo a) che riteneva essere un fatto unico e non un
reato continuato come ritenuto dal primo giudice.
Con il capo a) si contestava al Clerico di avere inviato una lettera al giornale
“Nuova Provincia di Biella” con la quale dava la falsa notizia che Fava Camillo Pier
Giorgio aveva minacciato con una pistola Clerico Massimo nel contesto di contrasti
per la gestione della amministrazione provinciale.
Con il capo b) si contestava che, nel corso delle successive indagini, Clerico e

alla polizia giudiziaria per accusare Sangalli Luca della diffusione della falsa notizia di
cui al capo a).
2. I due imputati ricorrono avverso tale sentenza.
Clerico con il primo motivo deduce il vizio di motivazione e la violazione di legge
per essere stata rigettata la sua richiesta di acquisizione di due ordinanze di
archiviazione da cui risultava la inattendibilità dell’accusatore Rolando in riferimento
ad altre accuse nei suoi confronti. Il provvedimento con il quale la Corte riteneva la
richiesta tardiva (in quanto fatta in sede di discussione) e comunque proponibile con
i motivi di appello od i motivi aggiunti, era erroneo non avendo fatto applicazione
dell’articolo 441, comma 5, cod. proc. pen., che consente l’acquisizione delle prove
anche di ufficio; in ogni caso era contraddittorio da un lato ritenere tali prove non
necessarie e, dall’altro, ritenerle tardive.
Con secondo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione;
osserva che, nel corso delle indagini, come già da lui eccepito, Rolando, convocato ai
sensi dell’art. 391 bis cod. proc. pen. quale persona informata sui fatti, si avvaleva
della facoltà di non rispondere ai sensi del comma 4 dell’articolo 110 cod. proc. pen.,
circostanza che non consentiva allo stesso difensore di chiedere ai sensi dell’art. 391
bis, comma 10, cod. proc. pen. “la audizione d’ufficio”. Ricorre quindi un caso di
soggetto che si è sottratto all’interrogatorio da parte del difensore dell’imputato, non
rilevando che vi è stata richiesta di giudizio abbreviato, con conseguente
inutilizzabilità delle sue dichiarazioni, deducibile senza limiti temporali.
Con terzo motivo deduce la violazione degli artt. 51 e 119 cod. pen. e la illogicità
della motivazione in relazione alla contestazione di calunnia in danno di Fava.
La falsa accusa di Rolando nei confronti del Fava era stata formulata in una sola
occasione, subito dopo che il Fava aveva denunciato la diffamazione nei suoi confronti.
Rolando, nel confermare il contenuto dei fax integranti la condotta di diffamazione, si
limitava a difendersi. Il fatto non era quindi punibile e non è punibile Clerico ai sensi
dell’art. 119 cod. pen. . In risposta ai motivi dei giudici di appello osserva che non
2

Delorenzi, sua madre, davano disposizioni a Rolando Cesare perché si presentasse

‘,

può essere ritenuto condizionante la sua posizione il fatto che Rolando abbia scelto di
patteggiare per le contestazioni nei propri confronti.
Con il quarto motivo deduce il vizio di motivazione nella valutazione della
chiamata in correità.
Rileva anzitutto che la Corte di Appello non si è pronunciata su quanto dedotto
dal ricorrente in sede di impugnazione in ordine alla attendibilità delle dichiarazioni di
Rolando; riporta poi un passo della sentenza impugnata osservando che non era

Con quinto motivo deduce il vizio di motivazione in ordine al delitto di calunnia
nei confronti di Sangalli e Rossi, non essendo stata data adeguata risposta ai motivi
di appello.
Con il sesto motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione nella
subordinazione della sospensione condizionale al pagamento della somma liquidata a
titolo di provvisionale. La Corte, difatti, non ha valutato le condizioni economiche
dell’imputato e la sua possibilità di sopportare l’onere del risarcimento.
Con il settimo motivo formula osservazioni in ordine alla violazione dell’art. 133
cod. pen. nella determinazione della pena.
2.1 Delorenzi Maria Angela con atto a propria firma deduce con unico motivo che
la Corte, a fronte dei suoi argomenti sull’essere la sua condotta intervenuta solo dopo
la commissione del reato di calunnia e, comunque, di essersi limitata a cercare una
foto del Rossi, condotta neutra, formula una motivazione generica ed illogica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
È fondato il solo ricorso di Delorenzi.
1. Il primo motivo del ricorso di Clerico è infondato.
Risulta dalla sentenza che il ricorrente aveva chiesto di depositare i documenti in
questione nel corso della discussione. È erroneo l’argomento secondo il quale la Corte
avrebbe dovuto provvedere ai sensi dell’art. 441, comma 5, cod. proc. pen., che
riguarda il caso in cui il giudice “ritiene di non poter decidere allo stato degli atti”, il
che, evidentemente, la Corte non ha ritenuto. E’, invece, corretto l’argomento della
Corte secondo il quale, in assenza di disciplina specifica in tema di giudizio abbreviato,
va applicato l’art. 523, comma 6, cod. proc. pen. per cui l’assunzione di nuove prove
in fase di discussione può essere ammessa “in caso di assoluta necessità”, situazione
non dedotta e, del resto, evidentemente non ricorrente nel caso concreto anche nella
stessa prospettazione della parte.
1.1 Il secondo motivo è infondato. Anche in questo caso la Corte di Appello ha
adeguatamente osservato che, non ricorrendo una ipotesi di “nullità patologica”, con

3

adeguata per confutare le ragioni espresse la difesa dell’atto di appello.

la richiesta di giudizio abbreviato non erano più deducibili questioni in ordine alle
dichiarazioni del Rolando. Del resto, il rifiuto di rendere dichiarazioni al difensore in
fase di indagine innanzitutto non è certamente un vizio in sè delle diverse dichiarazioni
poi utilizzate a fini di prova; nè rileva nel corso del giudizio abbreviato il principio
invocato, di non utilizzabilità ai fini della condanna delle dichiarazioni di chi si è
sottratto all’interrogatorio del difensore, perché la parte ha scelto di rinunciare
all’esame in contraddittorio che vi sarebbe stato nel giudizio ordinario.

fatti della Corte di Appello in base alla quale il reato di calunnia era già integrato printap_t
che Rolando tenesse la condotta asseritamente scriminata ai sensi dell’art. 51 cod.
pen.; e, non deducendosi sul punto alcuna carenza od errore logico, non è possibile
sindacare la valutazione dei giudici di merito. La valutazione della Corte secondo la
quale, comunque, rileva il fatto che Rolando ha chiesto l’applicazione della pena così
escludendo la scriminante è, quindi, solo una ulteriore ragione per negare la
scriminante, per cui non è necessario considerarla.
1.3 Il quarto motivo segnala il vizio di motivazione in termini non ammissibili nel
giudizio di legittimità, contestando valutazioni che non appaiono né carenti né
r palesemente erronee,.

(

Anche in ordine al quinto motivo si contestano profili di valutazione del merito,
non ammissibili in questa sede.
Il sesto motivo svolge argomenti generici e, comunque, il risarcimento va
determinato in base al danno provocato e non alle possibilità del danneggiante.
Il settimo motivo parimenti non è ammissibile in sede di legittimità ponendo
questioni di valutazione del merito.
2. E invece fondato il ricorso di Delorenzi. La Corte, a fronte degli argomenti della
Delorenzi, risponde in termini generici «che la ricerca delle foto è un elemento
costitutivo e prova dell’istigazione» mentre, in base alle dichiarazioni che ha utilizzato
e che la ricorrente ha indicato ed allegato al ricorso, emerge un chiaro travisamento
del loro contenuto in quanto non risulta affatto che la ricerca della foto fosse un
momento della condotta di istigazione ma semplicemente una risposta ad una
richiesta di Rolando («Anche a lei ho chiesto se poteva cercarmi la foto del Rossi, cosa
che ha fatto senza problemi, però anche lei senza riuscirci», «…. Ha collaborato
semplicemente nell’individuazione di questa fotografia. Sapeva comunque… Sapeva
quello che sta succedendo. Sapeva quello che ha messOin opera il figlio. Non ha detto r
nulla di contrario …. Non ha fatto nulla perché si evitasse tutta questa cosa»).

4

1.2 Il terzo motivo è infondato in quanto il ricorrente contesta la ricostruzione dei

2.1 In nessun modo, quindi, risulta che la Delorenzi abbia istigato o concordato
la condotta calunniosa, tutt’al più si può ritenere la sua connivenza, a prescindere
anche del fatto se la sua condotta si collochi prima o dopo la commissione del reato
di calunnia. Risultando chiaramente dal testo delle sentenze di merito che tali erano
gli unici elementi a carico, è evidente che non può giungersi a una diversa conclusione
da quella della assoluzione e, quindi, l’annullamento deve essere pronunciato senza
rinvio.

parti civili.
PQM
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Delorenzi Maria
Angela per non aver commesso il fatto. Rigetta il ricorso di Clerico Massimiliano che
condanna al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese di
rappresentanza in giudizio in questa fase dalle parti civili Rossi Francesco e Sangalli
Luca che liquida in complessivi euro 3000, oltre spese generali nella misura del 15%,
iva e cpa per ciascuna di esse.
Ro

osì deciso il 10 maggio 2016

Clerico va anche condannato alla rifusione delle spese del grado in favore della

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA