Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27933 del 04/05/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 27933 Anno 2016
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: BASSI ALESSANDRA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
De Luca Donato, nato a Potenza il 09/05/1988
avverso la sentenza del 20/12/2013 della Corte d’appello di Potenza

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandra Bassi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Francesca Loy, che ha concluso chiedendo che la sentenza sia annullata con
rinvio;
udito il difensore, avv. Monica Grossi in sostituzione dell’Avv. Leonardo Pace,
per De Luca, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento in epigrafe, in riforma della sentenza assolutoria
pronunciata in data 19 ottobre 2012 all’esito del giudizio abbreviato da parte del
giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Potenza, la Corte d’appello di
Potenza ha condannato De Luca Donato per il reato di favoreggiamento
personale, per avere reso alla polizia giudiziaria dichiarazioni reticenti in merito
alla cessione di sostanza stupefacente del tipo

hashish

in quantità non

determinata – da parte di Matteo Giacomino e Mario Corda nei confronti dello
stesso De Luca e di altra persona.

Data Udienza: 04/05/2016

1.1. Dopo avere richiamato per relationem la ricostruzione in fatto compiuta
dal primo giudice quanto alla ritenuta sussistenza del reato-presupposto ed alla
ritrattazione operata dal Del Luca in sede di spontanee dichiarazioni rese nel
giudizio abbreviato, la Corte territoriale ha ribadito il principio affermato da
questa Suprema Corte di cassazione – sancito in tema di falsa testimonianza e
declinato in termini identici in relazione al reato di favoreggiamento personale -,
secondo il quale la ritrattazione ai sensi dell’art. 376 cod. pen. non è efficace ad
escludere la punibilità del reato se effettuata in un processo diverso da quello in

venuta a conoscenza dell’autorità giudiziaria competente per quest’ultimo e che
l’abbia utilizzata assieme ad altri elementi processuali. Sulla scorta di tali
premesse in diritto, il Collegio di merito ha pertanto inferito che, nel caso di
specie, la causa di non punibilità non può trovare applicazione, essendo la
ritrattazione intervenuta in un procedimento diverso da quello relativo al reatopresupposto.
1.2. In ultimo, la Corte territoriale ha posto in evidenza come, nella specie,
non ricorrano i presupposti per applicare i principi affermati dalla Corte Europea
per i Diritti dell’Uomo e da questa Suprema Corte in merito alla necessità di
sentire nuovamente i testimoni in caso di ribaltamento della sentenza assolutoria
di primo grado, atteso che il materiale processuale è costituito da prove
documentali, segnatamente dagli esiti delle conversazioni telefoniche.

2. Ricorre avverso la sentenza Donato De Luca, a mezzo del proprio
difensore di fiducia Avv. Leonardo Pace, e deduce i seguenti motivi:
2.1. violazione di legge processuale con riferimento agli artt. 178, comma
1 lett. c), 179, comma 1, e 420-ter cod. proc. pen., per avere la Corte deliberato
la decisione sebbene il difensore di fiducia dell’imputato, Avv. Donato Paciello,
avesse ritualmente richiesto il differimento della causa ad altra udienza, essendo
impossibilitato a partecipare per gravi motivi di salute, come da certificato
medico allegato; detta istanza non veniva tempestivamente delibata dal Collegio,
in quanto – come dato atto dal Presidente della Corte d’appello – veniva ritrovata
nel fascicolo processuale successivamente alla decisione;
2.2. violazione di legge penale con riferimento agli artt. 378 e 376 cod.
pen., per avere il Giudice territoriale fatto erronea applicazione del principio
affermato da questa Corte di legittimità in tema di ritrattazione, atteso che De
Luca ha ritrattato le precedenti dichiarazioni sempre e soltanto nell’ambito
dell’originario procedimento penale (R.G. N.R. n. 3828/09 – R.G. GIP n.
4513/12), là dove la separazione della posizione dell’imputato è dipesa soltanto
dalla scelta di definire il procedimento con rito abbreviato.
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cui si è consumato il reato-presupposto, a nulla rilevando che la medesima sia

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato in relazione ad entrambi i motivi di doglianza,
dovendosi peraltro assegnare preminenza al secondo, in quanto tale da
comportare l’annullamento senza rinvio della sentenza in verifica e, dunque,
assorbente rispetto al primo.

2. Con il primo motivo, il ricorrente eccepisce la nullità della sentenza per

legittimo impedimento del difensore di fiducia per motivi di salute.
2.1. Secondo quanto rilevato dal patrono del ricorrente – e risulta
confermato dall’incartamento processuale -, prima della celebrazione del giudizio
abbreviato in appello, l’Avv. Donato Paciello – difensore di fiducia dell’imputato aveva ritualmente e tempestivamente depositato nella cancelleria della Corte
d’appello una richiesta di rinvio dell’udienza fissata per il 20 dicembre 2013,
allegando certificazione attestante il ricovero in ospedale il 12 dicembre 2013 e
la perdurante degenza. All’udienza del 20 dicembre, il difensore di fiducia non
era – come preannunciato – presente e veniva nominato un difensore d’ufficio, il
quale nulla eccepiva quanto all’omessa valutazione dell’istanza di rinvio, peraltro
non presente agli atti del fascicolo, atteso che – come dato atto dallo stesso
Presidente della Corte d’appello – il documento era andato perduto e veniva
ritrovato nel fascicolo soltanto il 13 febbraio 2014, dopo la decisione.
2.2. La doglianza coglie nel segno.
Ritiene invero il Collegio di dover ribadire il principio di recente di affermato
da questa Corte in un caso esattamente sovrapponibile a quello di specie, nel
quale si è chiarito che, nel giudizio abbreviato di appello – soggetto al rito
camerale ex artt. 493 – 599, comma 2, cod. proc. pen. – il legittimo impedimento
del difensore impone il rinvio del procedimento (Sez. 6, n. 10157 del 21/10/2015
– dep. 11/03/2016, Caramia, Rv. 266531). Nella motivazione della pronuncia, si
è evidenziato che, se il difensore non compare senza addurre alcun legittimo
impedimento, il procedimento è celebrato senza cha la mancata comparizione
determini l’obbligo di provvedere ex art. 97, comma 4, cod. proc. pen., là dove,
invece, se il difensore non compare ma rappresenta tempestivamente il proprio
intendimento di comparire e documenti un legittimo impedimento a sostegno
della richiesta di rinvio, il giudice è tenuto, in presenza di tutte le condizioni di
legge, a disporre in tal senso.
La decisione prende spunto dagli argomenti sviluppati nella decisione delle
Sezioni Unite in tema di adesione del difensore all’astensione deliberata dagli
organi di categoria (Sez. U. n. 15232 del 30/10/2014, Tibo, Rv. 263022) e
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avere la Corte omesso di deliberare sulla richiesta di rinvio dell’udienza per

poggia su di un’interpretazione costituzionalmente orientata del combinato
disposto degli artt. 127, comma 3, 443, comma 4, e 599 cod. proc. pen., con
specifico riguardo alle norme di cui all’art. 24, comma 2, Cost. – che sancisce
l’inviolabilità, in ogni stato e grado del procedimento, del diritto di difesa – ed
all’art. 111, comma 2, Cost., che sancisce il diritto al contraddittorio (in ossequio
alle indicazioni espresse dal Giudice delle leggi nelle sentenze n. 287 del 2011 e
n. 192 del 2007). In particolare, si è condivisibilmente rilevato come “la
formulazione dell’art. 127, comma 3, cod. proc. pen., secondo cui i difensori

l’interpretazione secondo la quale la partecipazione all’udienza del difensore è
facoltativa ma il difensore ha comunque il diritto di comparire. Pertanto, ove il
difensore non compaia, senza addurre alcun legittimo impedimento, il
procedimento ha senz’altro corso, senza che la mancata comparizione del
difensore determini l’obbligo di provvedere ex art. 97, comma 4, cod. proc. pen
né alcun’altra conseguenza processuale. Laddove invece il difensore rappresenti
tempestivamente il proprio intendimento di comparire e documenti un legittimo
impedimento, a sostegno della richiesta di rinvio, il giudice è tenuto, in presenza
di tutte le condizioni di legge, a disporre in tal senso”.

3. Come anticipato, è fondato anche il secondo – ed assorbente – motivo
con il quale il ricorrente denuncia l’erronea applicazione di legge penale con
riferimento agli artt. 378 e 376 cod. pen.
3.1. Mette conto rilevare che l’art. 376, come novellato con legge 15 luglio
2009, n. 94, dispone che, nei casi previsti – fra gli altri – dall’art. 378 cod. pen.,
“il colpevole non è punibile, se nel procedimento penale nei quali ha prestato il
suo ufficio o reso le sue dichiarazioni, ritratta il falso e manifesta il vero non oltre
la chiusura del dibattimento”.
La ratio della previsione è quella di incentivare le condotte di natura
ripristinatoria o riparatoria da parte dell’agente, al fine di eliminare le
conseguenze lesive o pericolose in danno del bene giuridico protetto dai delitti
contro l’amministrazione della giustizia contemplati nella disposizione
(segnatamente quelli di falsa testimonianza, false dichiarazioni al P.M., alla Corte
penale internazionale o al difensore, falsa perizia nonché favoreggiamento
personale). La norma premia, con l’esclusione della punibilità, il comportamento
che possa favorire l’accertamento della realtà dei fatti, come si evince
pianamente dalla circostanza che, ai fini della relativa integrazione, non è
sufficiente che il colpevole ritratti di falso, ma è necessario che egli manifesti il
vero, se a sua conoscenza.

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sono sentiti “se compaiono”, non preclude certamente, ma anzi favorisce

3.2. In ossequio all’inequivoco dato testuale, la ritrattazione assume
rilevanza solo allorquando essa sia resa nello stesso processo penale nel quale il
teste ha prestato il suo ufficio o il responsabile abbia posto in essere la condotta
di favoreggiamento, a nulla rilevando che essa sia venuta a conoscenza della
autorità davanti alla quale è stata consumata la falsità e che essa l’abbia
utilizzata insieme con altri elementi processuali (Sez. 6, n. 15345 del
08/06/1990, Pirrottino, Rv. 185813).
La ritrattazione deve inoltre intervenire entro la chiusura del dibattimento

dell’art. 442, comma 1, cod. proc. pen., ad essa corrispondente.
La delimitazione processuale e temporale della causa di non punibilità
(stesso processo e prima della chiusura del dibattimento) è volta ad indurre
l’agente a riparare le conseguenze della propria condotta criminale prima
possibile, allo scopo di scongiurare lo svolgimento di un’inutile attività
processuale.
3.3. Fissati i capisaldi ermeneutici su cui fondare la soluzione del caso di
specie, va rilevato che, per quanto dato conto dalla stessa Corte territoriale
nell’icipit della motivazione, De Luca ha ritrattato le dichiarazioni a favore di
Matteo Giacomino e Mario Corda, per un verso, in sede di dichiarazioni
spontanee nel giudizio abbreviato, dunque prima della chiusura della discussione
di tale giudizio; per altro verso, nell’ambito dello stesso procedimento segnatamente di quello recante i numeri R.G. N.R. n. 3828/09 e R.G. GIP n.
4513/12 -, a carico del medesimo De Luca e di Giaconnino e Corda, id est dei
responsabili del reato-presupposto (quali fornitori dello stupefacente all’imputato
e ad un terzo) nonché soggetti favoriti dalle prime dichiarazioni del ricorrente.
In altre parole, l’imputato ha ritrattato le dichiarazioni rese a discolpa dei
fornitori dello stupefacente a lui ceduto in seno allo stesso originario
procedimento, là dove quel medesimo unitario procedimento è stato separato nei
confronti del De Luca, ai sensi dell’art. 18 cod. proc. pen., ed ha pertanto
assunto una diversa numerazione in relazione alla sola fase del giudizio, in
considerazione della scelta processuale compiuta dal medesimo “a valle”, dopo
l’esercizio dell’azione penale, segnatamente dell’opzione ai sensi degli artt. 438 e
seguenti cod. proc. pen. In altri termini, De Luca ha reso le dichiarazioni
spontanee integranti la ritrattazione nell’ambito del procedimento celebrato con il
rito abbreviato che costituisce derivazione, costola, dell’unitario procedimento
originario a carico degli autori del reato-presupposto, di cui difatti mantiene
inalterati i numeri di registrazione assunti all’atto dell’iscrizione della

notitia

criminis (R.G. N.R. n. 3828/09) e della fase innanzi al Giudice delle indagini
preliminari (R.G. G.I.P. n. 4513/12).
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ed, in caso di giudizio abbreviato, prima della chiusura della discussione a mente

4. Conclusivamente, nel caso in oggetto ricorrono tutti i presupposti della
causa di non punibilità di cui al combinato disposto degli artt. 376 e 378 cod.
pen., sicchè la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio.

P.Q.M.

Così deciso il 4 maggio 2016

Il consigliere estensore

g,.

Ilesidente

annulla senza rinvio la sentenza impugnata.

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