Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27919 del 28/04/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 27919 Anno 2016
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: CATENA ROSSELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Mancuso Domenico, nato ad Isola Ca
po Rizzuto (KR), il 20/03/1967,
avverso l’ordinanza emessa ex art. 324 cod. proc. pen., in data 20-21/10/2015,
dal Tribunale del Riesame di Crotone, con cui veniva rigettato il ricorso avverso il
decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice delle indagini preliminari del
Tribunale di Crotone, finalizzato ala confisca per equivalente delle somme di
denaro, dei beni mobili ed immobili nella disponibilità della Lentini Teresa,
indagata per il delitto di cui all’art. 640 ter, cod. pen., fino al valore di euro
5.175,24 corrispondente al valore del profitto indebitamente conseguito per
effetto dei fatti di reato contestati;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere dott.ssa Rossella Catena;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore Generale dott. Stefano Tocci, pervenute in data 02/03/2016, che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso.

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Data Udienza: 28/04/2016

RITENUTO IN FATTO

1.Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del Riesame di Crotone, ai sensi dell’art.
324 cod. proc. pen., in data 20-21/10/2015, rigettava il ricorso avverso il
decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice delle indagini preliminari del
Tribunale di Crotone, finalizzato alla confisca per equivalente delle somme di
denaro, dei beni mobili ed immobili nella disponibilità della Lentini Teresa,
indagata per il delitto di cui all’art. 640 c4 , v, cod. pen., fino al valore di euro

effetto dei fatti di reato alla predetta Lentini contestati.
2. Il Mancuso Domenico, a mezzo del difensore di fiducia Avv.to Maurizio
Piscitelli ricorre, in data 24/11/2015, per violazione di legge, ai sensi dell’art.
606, lett. b), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 321 comma 2, cod. proc.
pen., 322 ter, cod. pen., rilevando che il libretto di deposito a risparmio n.
31257522 cointestato alla Lentini ed al Mancuso, veniva utilizzato unicamente da
quest’ultimo per l’accredito della pensione di invalidità e per l’accredito di somma
versata a seguito di indennizzo per incidente sul lavoro corrisposta al ricorrente,
mancando, quindi, ogni collegamento tra il reato contestato alla Lentini e la
somma sequestrata, del tutto priva di collegamento con le prestazioni
previdenziali erogate in favore dell’indagata, essendo palese dall’estratto conto
che dopo l’erogazione della somma di euro 5.175,24 in favore della Lentini, in
data 27/07/2012, nessun versamento di somme era stato effettuato sul libretto
di deposito diverse dall’accredito della pensione del Mancust, anche alla luce
della circostanza che la mera titolarità del libretto di risparmio non determina la
disponibilità del bene che possa legittimare il sequestro, non avendo il Tribunale
del Riesame logicamente motivato in relazione alla documentazione prodotta al
Tribunale medesimo ed allegata al ricorso.
3. Il P.G., in persona del dott. Stefano Tocci, ha fatto pervenire conclusioni
scritte in data 02/03/2016, con cui ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso va dichiarato inammissibile.

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5.175,24 corrispondente al valore del profitto indebitamente conseguito per

Le considerazioni del P.G. – secondo cui il ricorso per cassazione avverso le
ordinanze di riesame in tema di misure cautelare reali, ai sensi dell’art. 325 cod.
proc. pen., sono ricorribili solo per mancanza assoluta di motivazione o
motivazione apparente, mentre nel caso in esame l’ordinanza ha espressamente
motivato, anche citando giurisprudenza di legittimità che, in proposito, prevede
la possibilità di sequestro preventivo – sono assolutamente condivisibili.

Va infatti ricordato come questa Corte abbia affermato che le somme di denaro,
depositate su di un conto corrente bancario cointestato con un soggetto estraneo

equivalente, in quanto quest’ultimo si estende ai beni comunque nella
disponibilità della persona indagata, non ostandovi le limitazioni provenienti da
vincoli o presunzioni operanti, in forza della normativa civilistica, nel rapporto di
solidarietà tra creditori e debitori (art. 1289 cod. civ.) o nel rapporto tra istituto
bancario e soggetto depositante (art. 1834 cod. civ.); ed infatti il sequestro
preventivo funzionale alla confisca per equivalente può riguardare nella loro
interezza anche i beni in comproprietà con un terzo estraneo al reato, qualora
essi siano indivisibili o sussistano inderogabili esigenze per impedirne la
dispersione o il deprezzamento, essendo altrimenti assoggettabile alla misura
cautelare soltanto la quota appartenente all’indagato.
In realtà il concetto di fondo espresso dalla giurisprudenza di questa Corte è
quello secondo cui il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per
equivalente, può ricadere su beni nella disponibilità dell’indagato, per essa
dovendosi intendere la relazione effettuale con il bene, connotata dall’esercizio
dei poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà (Sez. 3, sentenza n. 45353
del 19/10/2012, Rv. 251317; Sez. 3, sentenza n. 29898 del 27/03/2013, Rv.
256438; Sez. 2, sentenza n. 22153 del 22/02/2013, Rv. 255950).
Nel caso in esame non vi è alcun dubbio che la contitolarità del libretto di
risparmio postale avesse determinato una situazione di disponibilità effettiva
delle somme ivi depositate da parte della persona sottoposta ad indagini.

A fronte della motivazione del Tribunale del Riesame, in ogni caso, va rilevato
che il ricorso si basa su valutazioni che tendono a sottoporre a questa Corte la
documentazione già esaminata in sede di riesame cautelare, il che implica una
valutazione di merito del tutto estranea al giudizio di legittimità; in particolare,
risulta allegato al ricorso un estratto conto del libretto di risparmio postale
sottoposto a sequestro da cui risulta una movimentazione che certamente questa
Corte non può esaminare nel dettaglio, non potendo che ritenere del tutto

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al reato, sono soggette a sequestro preventivo, funzionale alla confisca per

congruamente motivato il provvedimento impugnato nella parte in cui è stato
rilevato che non risulta dimostrata la circostanza che tutte le somme, oltre ai
ratei pensionistici, depositati sul libretto, fossero di esclusiva appartenenza del
ricorrente, né la circostanza che questi ne disponesse solo nella misura del 50%.
Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso discende, ex art. 616 cod. proc.
pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso in Roma, il 28/04/2016

somma di euro 1.000,00 i favore ella Cassa delle Ammende.

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