Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27911 del 09/02/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 27911 Anno 2016
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: SAVANI PIERO


SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RINALDI BIAGIO N. IL 03/02/1971
avverso l’ordinanza n. 2372/2015 TRIB. LIBERTA’ di ROMA, del
09/11/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;
4attc/sentite le conclusioni del PG Dott.
1)l L (5—t)

Data Udienza: 09/02/2016

IN FATTO E DIRITTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Roma ha accolto l’appello del Pubblico
Ministero avverso l’ordinanza con cui il Giudice per le Indagini preliminari del locale Tribunale
aveva rigettato la richiesta di applicazione della misura cautelare interdittiva della sospensione
dal servizio nei confronti di RINALDI Biagio, sottoposto ad indagini unitamente al collega
RANGO Massimo, per i delitti di falso in atto pubblico ed altro, che sarebbero stati commessi
nell’attività dei due, quali componenti di una pattuglia del reparto operativo e nucleo radiomobile dei carabinieri di Roma, chiamata per sedare un litigio avvenuto in prossimità della stazione
F.S. di Roma Trastevere.
In sostanza, si ascrive ai militari la redazione di false verbalizzazioni sulla presenza in loco della
persona che aveva riportato lesioni nel corso di un alterco con un giovane polacco, avvenuto circa due ore prima dell’arrivo della pattuglia, mentre invece in quel momento la donna si trovava
in Ospedale. La falsa attestazione che la persona offesa avrebbe sottoscritto in presenza dei militari la denuncia aveva costituito il fondamento, assieme al rilievo della condotta criminosa in atto
(uno dei tre sarebbe stato colto mentre impugnava un cacciavite) per l’arresto di tre giovani, il
polacco e due suoi amici italiani, accusati di tentata rapina e lesioni aggravate, che in seguito sarebbero stati assolti con sentenza definitiva.
Il Pubblico Ministero del locale Tribunale aveva proposto appello contro l’ordinanza del Giudice
per le Indagini preliminari che non aveva accolto l’istanza di applicazione ai due indagati della
sopra citata misura cautelare.
Contro l’ordinanza che, come visto, aveva accolto l’appello nei soli riguardi del RINALDI questi
ha proposto ricorso per cassazione articolando due motivi di impugnazione.
Con un primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al ricorrere dei
gravi indizi di colpevolezza.
L’indicazione del luogo di ricezione della denuncia-querela nell’ufficio del reparto invece di
quello, corretto, dell’ospedale dove si trovava la denunciante sarebbe stato solo frutto di un refuso, di mancata specificazione sull’atto del luogo di redazione; la realtà dell’intervento in loco e
del rinvenimento del cacciavite in mano al giovane polacco, sarebbe attestata dall’intervenuta
condanna per il porto ingiustificato di quello strumento; altrettanto documentati dalle comunicazioni con la sala operativa sarebbero i movimenti della pattuglia, con un primo accesso
all’ospedale, il successivo fermo dei giovani e il ritorno in ospedale dove la TESTA avrebbe riconosciuto i tre nelle fotografie dei documenti di identità mostratile.
In sostanza. Si tratterebbe di elementi tutti in contrasto con le prospettazioni accusatorie di una
consapevole immutazione del vero nei verbali di cui è processo.
Con un secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione sul ricorrere delle esigenze cautelari.
Il Tribunale non avrebbe valutato correttamente la gravità del fatto ascritto al ricorrente, traendo
dalla conferma da parte sua in giudizio delle circostanze di cui ai verbali oggetto di indagine la
°conclusione del ricorrere di un pericolo concreto ed attuale di recidiva, senza considerare che il
giudizio assolutorio dei tre coinvolti nell’operazione di polizia giudiziaria era avvenuto per contraddittorietà del quadro accusatorio e per la falsità della denuncia della TESTA.
Erroneamente poi sarebbe stata valutata la personalità dell’indagato, dal percorso professionale
di tutto rilievo, impegnato in servizi dove viene richiesta tempestività ed efficacia
dell’intervento, esigenza che non sempre collima con la necessaria precisione negli adempimenti
formali in cui si concretizza la documentazione di interventi complessi e caratterizzati a volte da
concitazione ed urgenza; contesta poi il ricorrere dell’attualità di esigenze cautelari comportanti
un rilevante danno economico a fronte di episodio verificatosi a distanza di più anni rispetto al
momento in cui opererebbe la cautela.
In tema di esigenze cautelari il ricorrente ribadisce con apposita memoria le argomentazioni in
contrasto con le motivazioni del Tribunale.
Il ricorso non è fondato.
In tema di indizi il Tribunale ha ripercorso i fatti risultanti dal procedimento in modo puntuale e

preciso diffondendosi sulla sequenza temporale degli avvenimenti considerata tale da escludere
la presenza sul piazzale della stazione, all’arrivo della pattuglia, della persona che si affermava
avesse riportato lesioni nel corso di un alterco con un giovane polacco, posto che quell’evento
risaliva ad almeno due ore prima dell’arrivo dei militari, mentre in quel momento la donna si
trovava in Ospedale; ha pure evidenziato gli elementi che dimostravano la falsità delle attestazioni contenute nel verbale, fra le quali la circostanza del permanere della condotta criminosa in
atto al loro sopraggiungere.
Il Tribunale è stato anche attento nel valutare correttamente quelle parti del verbale che apparivano solo inesatte con riferimento a possibili errori nella compilazione della modulistica, ad es.
sul luogo di sottoscrizione della denuncia, avvenuta in Ospedale e redatta su di un modello che
dava atto della presenza in diverso luogo, distinguendole da quelle assolutamente e scientemente
contrastanti col vero, quale il fatto, già sopra evidenziato, che l’episodio di aggressione sarebbe
stato in via di esaurimento all’arrivo della pattuglia, con i protagonisti ancora in situazione di reciproco contrasto ed il giovane polacco con ancora in mano il cacciavite, ribadita dal prevenuto
in successive sedi processuali, mentre come visto il polacco teneva solo in tasca il cacciavite sequestrato dai militari (fatto per il quale sarebbe stato poi condannato) e la fase culminante
dell’alterco era avvenuta quando di quella pattuglia non era stato ancora chiesto l’intervento.
In tema di potenziale recidiva il Tribunale si riferisce correttamente ad una vicenda verificatasi
successivamente ai fatti per cui si procede, appena 18 giorni dopo, in cui il prevenuto avrebbe (in
ipotesi d’accusa che aveva peraltro portato ad un rinvio a giudizio) nuovamente attestato false
modalità del verificarsi di un fatto lesivo ai danni di un collega, accreditando l’ipotesi di una caduta accidentale come causa delle stesse, mentre le lesioni sarebbero dipese da un colpo di arma
da fuoco esploso da un collega.
Si tratta della manifestazione di una particolare disponibilità del prevenuto, su cui poco ha inciso
uno sviluppo di carriera superiore alla media, all’attestazione di false circostanze di fatto negli
atti pubblici in cui, per rilevante parte, si concretizza il servizio cui è addetto, data la valenza di
attestazione dei medesimi all’interno dell’attività di istituto, ma, e soprattutto, all’esterno per le
relative utilizzazioni processuali nella definizione e qualificazioni di situazioni giuridiche anche
di rilievo penale, pericolosità di cui il Tribunale bene evidenzia l’attualità e concretezza.
E corretto pare pure il rilievo della necessità dell’adozione di una misura di cautela, anche se di
limitata incidenza, al fine di contenere sotto i profili fattuali e psicologici le possibilità che si riproducano situazioni del genere di quella per cui si procede, laddove l’asserita inutilità di una
misura dell’incidenza di quella adottata in concreto, si scontra con l’impossibilità nella data situazione della valutazione di misure più incisive, che i giudici del merito hanno già escluso.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28, norme reg. c.p.p.
Così deciso in Roma il 9 febbraio 2016.

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