Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27909 del 09/02/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 27909 Anno 2016
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: SCARLINI ENRICO VITTORIO STANISLAO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MOLISSO GIUSEPPE N. IL 21/09/1982
avverso la sentenza n. 48681/2014 CORTE DI CASSAZIONE di
ROMA, del 28/04/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENRICO VITTORIO
STANISLAO SCARLINI;
lette/sentite 1 conclusioni del PG Dott.
CeD C)451’\

“„acj cet.azi-tu.4).

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 09/02/2016

RITENUTO IN FATTO
1 – Con sentenza del 28 aprile 2015, questa Corte aveva annullato senza
rinvio la sentenza impugnata dal ricorrente Giuseppe Molisso, limitatamente al
capo 22, perché il fatto non sussiste, eliminando la pena corrispondente di 1
anno di reclusione ed euro 5.000 di multa, rigettando il ricorso nel resto.
Il processo era il frutto di un’indagine condotta dal R.O.S. dei Carabinieri in
ordine ad una serie di reati di traffico di sostanze stupefacenti, di omicidi, di
condotte illecite volte al controllo del mercato rionale di Cinecittà, in Roma.

contestati ai capi 7 e 13 della rubrica e, in appello, anche del delitto contestato al
capo 22.
Il capo 7 era relativo alla cessione di gr. 35,195 di cocaina, consumato il 9
settembre 2009. Provavano la sua responsabilità i suoi incontri con gli altri
soggetti interessati alla partita di stupefacente, gli esiti della intercettazioni
telefoniche, le risultanze dei servizi di o.c.p., il sequestro dello stupefacente in
capo agli altri soggetti, le fasi concitate precedenti al sequestro.
Il capo 13 si riferiva alla detenzione di 1 kg di cocaina e la prova discendeva
sempre dall’attività di intercettazione e di osservazione svolta dagli inquirenti; si
era recuperata anche parte della sostanza; si aveva avuto contezza della
sparizione del resto; le emergenze provenienti dalle conversazioni intercettate,
anche in carcere, disvelavano il ruolo centrale avuto nella vicenda dal Molisso.
Il capo 22 riguardava altri fatti inerenti la detenzione di varie sostanze
stupefacenti ma, come si è visto, questa Corte ha annullato sul punto la
sentenza della Corte di appello di Roma del 30 maggio 2014.
2 – Giuseppe Molisso propone, avverso la sentenza di questa Corte, un
ricorso straordinario ai sensi dell’art. 625 bis cod. proc. pen..
Eccepisce l’omessa valutazione della censura relativa alla conferma, da parte
della Corte territoriale, della circostanza aggravante prevista dall’art. 112,
comma primo, cod. pen., contestata in relazione al capo 13. Per la quale era
stata sollevata espressa doglianza rinvenibile a pagina 16 dell’originario ricorso.
La Corte di appello aveva ritenuto di applicarla al solo Molisso affermando
che l’aggravante sussisteva per il fatto che i correi dell’imputato erano già stati
condannati con sentenza definitiva.
Era però accaduto, sostiene la difesa, che i correi Froio, Bozzo e Savini
erano stati ritenuti responsabili per la detenzione dei soli 42 grammi sequestrati,
mentre la maggiore quantità, di un chilogrammo, era stata ascritta al solo
Santirocchi, a cui però non era stata contestata l’aggravante censurata. In fatto
quindi, per il kg di cocaina, erano stati ritenuti colpevoli solo Santirocchi e

1

Giuseppe Molisso veniva ritenuto colpevole, in prime cure, dei delitti

Molisso e quindi doveva considerarsi insussistente l’aggravante di avere agito in
cinque persone.
La difesa lamentava il fatto che, in un nessun punto della sentenza della
Cassazione, risultava affrontata la specifica questione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato.
1 – Nella precedente sentenza di questa Corte il punto, che la difesa
dell’imputato assume non essere stato trattato, è stato invece oggetto di

A pagina 7 della motivazione si argomenta infatti che il chilogrammo di
cocaina contestato al Molisso era la medesima partita per la quale avevano già
patito condanna Savini, Forio e Bozzo, oltre che Santirocchi. Del resto Froio
aveva agito per conto di Santirocchi, così come Savini aveva trattato lo
stupefacente per conto di Molisso. I 42,10 grammi di stupefacente indicati dalla
difesa non costituivano l’intera sostanza in relazione alla cui detenzione erano
stati tutti accusati ma solo la parte che era stata rinvenuta nel water e nei tubi di
scarico nei quali si era cercato, all’intervento degli operanti, di occultarla o di
distruggerla. Tanto è vero che Froio, Savini e Bozzo erano stati accusati e
giudicati ed avevano concordato la pena in relazione ad una imputazione relativa
ad un “quantitativo non precisato di sostanza stupefacente del tipo cocaina –

contenuto in due grossi contenitori – di cui tentavano di disfarsi gettandola nel
water ma di cui venivano comunque recuperati dagli operanti grammi 90 circa” e
l’attenuante speciale (del comma quinto dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990) era
stata loro riconosciuta solo perché, in quel processo, non risultava il peso
complessivo originario, ed era, comunque, stata valutata la loro personale, e
particolare, condizione di tossicodipendenti.
Resta pertanto fermo il fatto che, per quel chilo di stupefacente, era stata
riconosciuta la responsabilità dell’imputato in concorso con altre quattro persone:
Santirocchi, Savini, Bozzo, Froio. Come la Prima sezione di questa Corte aveva
congruamente osservato.
2 – Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma il 09/02/2016.

puntuale considerazione.

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