Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27906 del 09/02/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 27906 Anno 2016
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: SAVANI PIERO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RAVETTA DANIELE N. IL 28/06/1959
avverso l’ordinanza n. 427/2015 TRIB. LIBERTA’ di BRESCIA, del
10/11/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI; ,
~sentite le conclusioni del PG Dott. ei
i

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 09/02/2016

IN FATTO E DIRITTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Brescia ha respinto la richiesta di riesame
presentata da RAVETTA Daniele nei cui confronti è stata emessa dal Giudice per le Indagini
preliminari del locale Tribunale ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in
carcere per il delitto di bancarotta fraudolenta.
Propone ricorso per cassazione l’indagato che deduce con un primo motivo violazione di legge
per l’inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti oltre il termine di sei mesi dalla data di iscrizione nel registro degli indagati.
Con un secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione sull’applicazione della
misura cautelare custodiale basata su una non corretta valutazione della personalità e pericolosità
del prevenuto. Lamentata in via generale la approssimazione con cui i giudici del merito avrebbero valutato i fatti oggetto di indagine, ma senza uno specifico motivo afferente la gravità indiziaria, rileva il ricorrente che i giudici del merito non avrebbero valutato l’attualità del pericolo
di reiterazione criminosa posta a base del provvedimento cautelare, come richiesto dalla norma
di riferimento nel testo novellato, essendo mancata in sostanza una qualsiasi valutazione circa la
probabilità che la persona sottoposta ad indagini potesse avere concrete, ma soprattutto attuali
possibilità del verificarsi delle condizioni per cui possa ritornare a delinquere.
L’ordinanza del Tribunale del riesame non avrebbe considerato quindi in modo corretto i parametri di valutazione delle esigenze di cautela e della necessità assoluta dell’applicazione della
custodia inframuraria senza indicare le ragioni della non praticabilità di una diversa soluzione.
Il ricorso non può essere accolto.
Il primo motivo è inammissibile.
La giurisprudenza di questa Corte ha infatti statuito che il decorso del termine per il compimento
delle indagini non può comportare l’invalidazione dell’atto di indagine compiuto dopo la scadenza, ma soltanto la inutilizzabilità – ad istanza di parte – della prova acquisita attraverso tale atto
(Sez. VI, 12/2/2015, n. 9664, Rv. 262459) e che è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale si eccepisce la inutilizzabilità delle informative di polizia giudiziaria, per decorrenza del termine di durata delle indagini preliminari, senza, tuttavia, individuare con precisione l’atto specifico, in esse contenuto, asseritamente inutilizzabile, non spettando alla Corte, in
mancanza di specifiche deduzioni, di verificare se esistano cause di inutilizzabilità o di invalidità
di atti del procedimento che, non apparendo manifeste, implichino la ricerca di evidenze processuali o di dati fattuali che è onere della parte interessata rappresentare adeguatamente. (Sez. V,
25/3/2014, n. 19553, Rv. 260404).
Il ricorso, diffuso nell’esplicitare i termini temporali delle iscrizioni nel registro delle notizie di
reato del nome del prevenuto, finisce poi per non individuare l’atto, o gli atti, asseritamente tardivi il cui risultato di prova, o meglio di valenza indiziaria, sarebbe inutilizzabile, mentre sarebbe ‘s
stato utilizzato concretamente dai giudici del merito.
Non fondato è poi il secondo motivo.
Il Tribunale ha esaminato diffusamente le operazioni individuate dall’accusa come tali da realizzare il depauperamento delle risorse patrimoniali della società fallita, evidenziando anche la posizione del prevenuto in ciascuno dei differenti soggetti collettivi coinvolti in tali operazioni; ha
messo in risalto la gravità del comportamento spregiudicato del RAVETTA nella gestione delle
diverse società in cui era impegnato ed ha evidenziato il collegamento fra le stesse, fornendo un
esaustivo quadro indicativo della pericolosità del prevenuto, tale da giustificare l’adozione di misura cautelare.
In tema di attualità della pericolosità, ha rilevato il Tribunale come una delle società coinvolte
nelle operazioni di cui al capo di imputazione è riferibile al socio unico GAVIZZOLI, moglie
convivente del prevenuto, situazione indicativa della perdurante operatività del medesimo nel
settore dove ha dimostrato una particolare disponibilità ad attuare metodiche di gestione societaria che ne hanno connotato l’azione negli anni cui si riferisce l’imputazione e ben potrebbero riprodursi in situazione che ne consentisse, come indicato dai giudici del merito, lo sviluppo.
Quanto alla decisione in tema di adeguatezza della misura, il provvedimento del Tribunale del

riesame appare correttamente motivato, sia con il riferimento all’impossibilità dell’adozione di
misure alternative, quali gli arresti domiciliari presso l’abitazione della moglie, atteso che nella
prospettazione accusatoria la medesima appare quale complice del prevenuto nelle sue attività
distrattive, sia con una adeguata valutazione dell’insufficienza in assoluto del regime domiciliare
a prevenire la possibilità di ulteriori manifestazioni della pericolosità quale adeguatamente tratteggiata nel provvedimento.
In definitiva il ricorso non può essere accolto con la conseguenza della condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1° ter, disp att. c.p.p.
Così deciso in Roma il 9 febbraio 2016.

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