Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27902 del 26/10/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 27902 Anno 2016
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di
Montanari Matteo, nato a Forlì il 23/03/1974
avverso l’ordinanza emessa il 27/11/2014 dalla Corte di appello di Bergamo,
nell’ambito del procedimento penale iscritto nei confronti di

Bertaccini Luca, nato a Forlì il 17/04/1976

Morandi Giovanni, nato a Firenze il 23/06/1950

Conficconi Michela, nata a Forlì il 23/10/1945

Sandrini Stefano, nato a Forlì 1’08/07/1955

Foggetti Gaetano, nato a Forlì il 24/10/1965

Caricato Pietro, nato a Salerno il 15/01/1966

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
lette le conclusioni del Procuratore generale presso questa Corte, nella persona
del Dott. Pietro Gaeta, che ha richiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 26/10/2015

1. La Corte di appello di Bologna, con il provvedimento in epigrafe, statuiva
l’inammissibilità di una dichiarazione di ricusazione presentata da Matteo
Montanari nei confronti della Dott.ssa Luisa Del Bianco, giudice del Tribunale di
Forlì, indicata dal Montanari quale magistrato assegnatario di un procedimento
penale nei confronti di Luca Bertaccini ed altri, che vedeva l’istante quale
persona offesa. Secondo la ricostruzione offerta dal dichiarante, egli si era
opposto alla richiesta di archiviazione avanzata dal P.M., e ne era derivata la
fissazione della prescritta udienza camerale da parte del Gip, Dott.ssa Lo Bianco;

archiviazione non avvedendosi dell’intervenuta opposizione, e dando atto di
condividere le argomentazioni esposte dal Procuratore della Repubblica. Il
decreto di archiviazione era stato quindi revocato, con la fissazione dell’udienza
in contraddittorio.
Nella

motivazione

dell’ordinanza,

la

Corte

territoriale

rilevava

l’inammissibilità dell’istanza ex art. 41, comma primo, cod. pen., segnalando
come il ricorrente non avesse dedotto prove di sorta di quanto allegato, né
provveduto a depositare i decreti di archiviazione, di revoca della stessa e di
fissazione dell’udienza in camera di consiglio (in modo da poter evincere da
quest’ultimo, in particolare, se vi risultasse la circostanza che l’udienza sarebbe
stata tenuta dalla stessa Dott.ssa Lo Bianco, anche ai fini della verifica della
tempestività della dichiarazione di ricusazione). All’attenzione della Corte
bolognese non erano stati sottoposti neppure gli atti con i quali il giudice poi
ricusato aveva chiesto di essere autorizzato ad astenersi, ed il successivo rigetto
di quell’istanza da parte del Presidente del Tribunale, richiamati dal ricusante, né
il verbale di udienza contenente la presunta dichiarazione di ricusazione o la
copia della dichiarazione depositata presso la Cancelleria dell’ufficio del Gip.
Ad avviso della Corte di appello, che richiamava in proposito precedenti della
giurisprudenza di legittimità, le omissioni anzidette non consentivano di
verificare la fondatezza dell’istanza, essendo preclusa (nella materia in esame) la
possibilità di supplire ex officio alle lacune probatorie spettanti al richiedente.

2. Propone ricorso per cassazione il difensore del Montanari, lamentando in
via preliminare che:
– la revoca di un decreto di archiviazione costituisce ex se atto abnorme;
– il decreto come sopra revocato faceva ancora parte, in ogni caso, del carteggio
processuale, costituendo prova dell’essersi la Dott.ssa Del Bianco già pronunciata

nel merito dei fatti, ed in senso totalmente negativo nei confronti del ricorrente;

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tuttavia, già in precedenza, lo stesso giudice aveva emesso il decreto di

- il denunciante aveva subito danni a seguito dell’inerzia della Cancelleria, che
(oltre a non avere trasmesso alla Corte di appello gli atti afferenti la ricusazione)
non aveva neppure inserito nel fascicolo portato all’attenzione del giudice
l’opposizione già ritualmente spiegata dall’interessato;
– il verbale di udienza contenente l’attestazione della intervenuta dichiarazione di
ricusazione recava anche, allo scopo appena indicato, la firma dello stesso
Montanari e del suo difensore, ed in quella occasione la parte aveva
espressamente richiesto che gli atti venissero immediatamente trasmessi alla

aveva respinto l’istanza di autorizzazione all’astensione della Dott.ssa Del Bianco
(atto di cui la difesa non disponeva e del quale aveva appena ricevuto lettura).
Il difensore del ricorrente deduce quindi violazione di legge, dal momento
che la Corte territoriale avrebbe confuso «il tipo di ricusazione, fondato su motivi
endoprocessuali, da quello fondato da motivi extraprocessuali», nonché «l’atto di
ricusazione svolto esternamente al processo da quello interno allo stesso e
maturato in udienza». Nella fattispecie, infatti, le ragioni della ricusazione erano
emerse soltanto in udienza, visto che fino a quel momento non era certo quale
magistrato vi avrebbe presieduto: a quel punto, era stato lo stesso giudicante a
disporre che il verbale, contenente la dichiarazione di ricusazione, corredato da
una procura speciale appositamente rilasciata nel corso dell’udienza e da tutti gli
atti versati nel fascicolo, venisse trasmesso alla Corte di appello. La difesa
aveva dunque fatto ragionevole e doveroso affidamento sull’esecuzione di
quanto disposto dal giudice, anche perché «la trasmissione degli atti per via di
Cancelleria è permessa dall’ordinamento (tant’è che il giudice la ebbe a
disporre), ed era la sola che desse garanzia di una corretta e tempestiva
trasmissione».
Ne deriva che le argomentazioni sviluppate nell’ordinanza impugnata, circa
l’onere dell’interessato di provvedere alle prescritte produzioni documentali,
avrebbero avuto valore in caso di ricusazione per motivi verificatisi fuori
dall’udienza: non già «nel caso de quo, in cui la ricusazione opera per ragioni
endoprocessuali ed è stata pure proposta in udienza, formalmente», con l’ufficio
giudiziario che si era chiaramente assunto l’onere in questione. Tanto più che,
in relazione al previsto termine di tre giorni affinché l’interessato curasse
direttamente quelle incombenze, era necessario prendere atto che due di questi
cadevano di sabato e domenica, con uffici chiusi, e mai sarebbe stato possibile
per il privato acquisire copia degli atti necessari, in forma autentica, e farli avere
alla Corte di appello.
La difesa ritiene pertanto doveroso che il Montanari sia quanto meno rimesso
in termini, attraverso l’annullamento dell’ordinanza oggetto di ricorso, per la

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Corte di appello, ivi compreso il provvedimento con cui il Presidente del Tribunale

produzione alla Corte territoriale dei documenti che il Tribunale di Forlì ha
omesso di trasmettere; sollecita altresì l’annullamento della sanzione pecuniaria
irrogata dalla Corte bolognese a seguito della dichiarata inammissibilità della
ricusazione proposta.

3. Con atto pervenuto via fax il 20/10/2015, il difensore del Montanari ha
presentato una memoria, contenente argomenti di replica alle conclusioni
rassegnate per atto scritto dal P.g. presso questa Corte. La difesa del ricorrente

perfettamente e compiutamente formata in udienza», con il successivo impegno
assunto dall’ufficio di trasmettere alla Corte di appello gli atti del fascicolo, al
chiaro fine di «garantirne tempestività e autenticità»; tant’è che, alla successiva
udienza camerale, quando già l’istanza di ricusazione era stata dichiarata
inammissibile, lo stesso giudice aveva disposto ritrasmettersi con urgenza il
medesimo carteggio, affinché la Corte bolognese potesse adottare eventuali,
nuove determinazioni.
A questo punto, dal momento che la trasmissione del carteggio a mezzo
Cancelleria non è certamente vietata, né risulta incompatibile con lo schema
formale disegnato dall’art. 38 cod. proc. pen., il non avervi ottemperato deve
leggersi come condotta negligente, al pari dell’omesso inserimento in atti
dell’opposizione alla richiesta di archiviazione, a suo tempo non esaminata
perché non sottoposta al giudice.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve qualificarsi inammissibile, per manifesta infondatezza dei
motivi di doglianza.
La giurisprudenza di legittimità, infatti, è costantemente orientata nel senso
che «in tema di ricusazione, la sanzione di inammissibilità, che l’art. 41 cod.
proc. pen. fa discendere dal mancato rispetto dell’art. 38, comma terzo, cod.
proc. pen., si applica anche come conseguenza della mancata produzione dei
documenti idonei a comprovare l’esistenza della causa di ricusazione ovvero dei
presupposti legittimanti l’esercizio di tale strumento processuale» (Cass., Sez. I,
n. 7890 del 28/01/2015, Acri, Rv 262324). Già anni prima si era affermato che
«la dichiarazione di ricusazione ha carattere rigorosamente formale e l’obbligo di
allegazione dei documenti al momento della sua presentazione è previsto a pena
di inammissibilità dall’art. 41, comma primo, cod. proc. pen., che impone
l’osservanza dei termini e delle forme previste dall’art. 38 cod. proc. pen.;
qualora non sia possibile completare prima del termine dell’udienza la detta

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ribadisce che nel caso di specie ci si trova dinanzi ad una ricusazione che «si era

dichiarazione, deve comunque osservarsi il termine di tre giorni da quando la
causa di ricusazione è sorta o è divenuta nota» (Cass., Sez. V, n. 26994 del
26/05/2009, Bontempo Scavo, Rv 244483); con l’ulteriore precisazione secondo
cui «nell’ipotesi in cui la dichiarazione di ricusazione sia inammissibile per
l’omesso rispetto delle forme previste dall’art. 38, comma terzo, cod. proc. pen.,
il giudice non può assumere d’ufficio le opportune informazioni a norma dell’art.
41, comma terzo, cod. proc. pen., trattandosi di un potere il cui esercizio è
funzionale alla decisione sul merito della ricusazione, nel caso in cui sia stata

16/12/2009, Tomasello, Rv 245809).
Tanto premesso, e qui ribadito, deve rilevarsi che – come sottolinea il P.g.
presso questa Corte nella propria requisitoria – le doglianze espresse con
l’odierno ricorso si limitano a rappresentare che l’incombente del deposito dei
documenti a sostegno della dichiarazione di ricusazione «fu “preso in carico”
dalla Cancelleria presso il giudice ricusato, e che solo la negligenza dei funzionari
(nonostante l’assicurazione fornita) impedì la rituale e tempestiva trasmissione
degli atti, d’altronde impossibile per la parte in ragione del breve intervallo
temporale a disposizione, considerando che due dei tre giorni disponibili
cadevano di sabato e di domenica». Ma è necessario osservare, ancora una
volta richiamando le corrette argomentazioni del P.g., che «non risponde alla
realtà (giudiziaria) l’affermazione secondo cui, rispetto ad un (legittimo e
doveroso) ordine di invio degli atti presso il giudice competente per la decisione
della ricusazione, l’odierno ricorrente non avesse la possibilità – presso la
Cancelleria del giudice ricusato – di ordinare la copia degli atti e dei documenti
pertinenti alla propria istanza, così da ottenerne il tempestivo rilascio, specie
rappresentando la particolare urgenza per il decorso del termine. Si tratta, in
ogni caso, di un onere al cui assolvimento deve provvedere la parte, e rispetto al
quale non si rinvengono, normativamente, possibilità di sostituzione con l’attività
degli organi di Cancelleria».
Rilievi, come detto, ineccepibili, che il collegio non può che fare propri.

E’

pacifico che il Montanari nutrisse affidamento sulla puntuale e pronta esecuzione,
ad opera della Cancelleria, di quanto il Gip aveva ordinato (è parimenti evidente
che il giudicante si rese conto del disguido, sollecitando la Corte di appello ad
una irrituale rivalutazione dell’istanza): ma – gravando comunque sull’odierno
ricorrente l’onere del deposito degli atti de quibus

egli avrebbe dovuto farsi

carico, quanto meno, di verificare in tempo utile che la trasmissione del fascicolo
e degli atti di interesse fosse concretamente avvenuta.

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ritenuta ammissibile la relativa dichiarazione» (Cass., Sez. VI, n. 2949/2010 del

2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. peri., segue la condanna del Montanari al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento in favore
della Cassa delle Ammende della somma di C 1.500,00, così equitativamente
stabilita in ragione dei motivi dedotti.

P. Q. M.

spese processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 26/10/2015.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

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