Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27900 del 03/05/2016

Penale Sent. Sez. 5 Num. 27900 Anno 2016
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: LAPALORCIA GRAZIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SERRA PAOLO nato il 15/06/1939 a GENOVA
A.A.
B.B.
S.S.
M.M.

avverso la sentenza del 05/12/2014 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso udito in PUBBLICA UDIENZA

er

del 03/05/2016, la relazione svolta dal Consigliere GRAZIA LAPALORCIA
Udito il Procuratore Generale ite._:1-ma..ed(e_luroNELLO ROSSI
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che ha concluso per

RITENUTO IN FATTO

I ricorsi hanno ad oggetto la sentenza della Corte di appello di Firenze 5-12-2014 che ha
confermato, rideterminando le pene, la responsabilità di tutti gli attuali ricorrenti per il reato di
bancarotta impropria da falso in bilancio (capo 1), nonché di alcuni di essi per le operazioni
distrattive/dissipative oggetto dei capi d’imputazione da 2 a 6.
A.A. ed B.B. sono stati dichiarati colpevoli anche del capo 7, relativo

fraudolenta documentale per la registrazione di fatture per operazioni inesistenti.
I fatti sono relativi al fallimento di Master Group srl (d’ora in poi MG) dichiarato il 9-1-2002.
Società in alcuni periodi amministrata da B.B., Paolo Serra e A.A.,
mentre S.S., M.M. e A.A. -nonché D.D.,
separatamente giudicata, e B.B., non ricorrente-, avevano ricoperto il ruolo di
consiglieri di amministrazione in periodi precedenti, successivi, o contemporanei, quali,
secondo i giudici di merito, persone di fiducia dei primi che avevano continuato ad
amministrare di fatto la MG (la M.M. era la compagna di Serra; A.A. il figlio di
A.A. del quale D.D., separatamente giudicata, era la compagna; Valerio
B.B., non ricorrente, il figlio di B.B.; S.S.era stato introdotto nella società da Elio
B.B.).
Ricorso B.B.
L’imputato risponde di tutti i capi d’imputazione.
1. Il primo motivo è articolato in più questioni preliminari.
1.1 Violazione art. 429, comma 1 lett. c) e comma 2, cod. proc. pen. per indeterminatezza
dei capi d’imputazione desumibile dalla comparazione del testo di essi con documenti
prodotti ed acquisiti in relazione alla gestione della fallita MG. Quanto alle cariche ricoperte,
come indicate nei capi d’imputazione (‘amministratore di fatto e successivamente delegato
dal 13-9-1999 al 25-2-2000 e presidente del Cda da quest’ultima data al 7-12-20001 si
osserva che nel primo periodo era stato esclusivamente consigliere di amministrazione,
mentre era stato presidente del Cda solo dal 25-2-2000 al 6-6-2000, dopo di che aveva
acquisito la carica di consigliere delegato mantenendola fino al 7-12-2000. Si contesta poi
la mancata precisazione del periodo nel quale sarebbe stato amministratore di fatto,
considerato che, prima del 1999, non aveva avuto alcun ruolo interno alla società
essendosi limitato a redigere, il 4-1-1999, una breve relazione sulle possibilità di
risanamento del deficit della stessa, che ammontava ad un miliardo di lire.
1.2Inutilizzabilità degli atti compiuti dopo la scadenza del termine delle indagini preliminari
(tra la prima e l’ultima iscrizione erano intercorsi sei anni), in particolare le relazioni del
curatore e dei CC.TT . Scenarelli (CT del PM) e Quagliotti (CTU nella causa civile di
responsabilità degli amministratori) poste a base della decisione, relazioni le quali non
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a bancarotta impropria societaria, per tale parte riconnpreso nel capo 1, e a bancarotta

avevano tra l’altro tenuto conto, con violazione del diritto al contraddittorio, della
documentazione prodotta dall’imputato in sede di interrogatorio delegato alla PG del 4-52009, e si erano basate su documentazione incompleta messa a disposizione dalla curatela.
1.3 In conseguenza mancata assunzione di prova decisiva per non essere stata disposta
perizia contabile.
1.4 Inammissibilità della costituzione di parte civile avendo la curatela del fallimento già
esercitato l’azione civile di responsabilità degli amministratori dinanzi al Tribunale di

2. Secondo motivo: violazione di legge sul concorso del B.B.; erronea applicazione
dell’art. 2639 cod. civ. e vizio di motivazione sulla qualifica di amministratore di fatto
attribuita all’imputato. Il motivo investe singolarmente ciascun capo d’imputazione.
2.1 In ordine al capo 2 (bancarotta fraudolenta per finanziamenti ad altre società senza
contropartita) la corte territoriale ha ritenuto dimostrati finanziamenti privi di titolo per
somme ingenti, negli anni 1997-1999, a Ellefin Finanziaria srl e a Gens srl amministrate
rispettivamente da A.A. e Paolo Serra, finanziamenti di cui avevano
beneficiato soltanto i due predetti coimputati essendo B.B.divenuto consigliere di
amministrazione solo nel 1999. Inoltre la corte fiorentina aveva ritenuto inesistente,
omettendo di valutare i documenti prodotti in dibattimento, il finanziamento alla società, in
data 10-2-1999, da parte del B.B., per 170.000 dollari versati sul conto dell’avv.
A.A.presso Monte dei Paschi di Siena (MPS) di Firenze e aveva trascurato le operazioni
promosse dall’imputato per apportare liquidità a MG (due cessioni di azioni SGF -Società
genovese finanziaria- rispett ivamente a Ugo Serra e alla società belga Global Vision,
quest’ultima con la realizzazione di una plusvalenza di 206 milioni di lire rispetto al valore
di apporto di circa un anno prima). Mentre contraddittoriamente aveva affermato che, se
anche i finanziamenti dei soci fossero stati reali, la distrazione vi sarebbe stata ugualmente
per non essere stata richiesta la restituzione dei finanziamenti nei confronti delle due
società di cui sopra, non tenendo conto che all’epoca, contrariamente a quanto affermato in
sentenza (e cioè che aveva la qualifica di amministratore), B.B.  era un semplice
consigliere. D’altro canto la qualifica di amministratore di fatto dell’imputato non era stata
dimostrata ma solo asserita, mentre non era stato esaminato il profilo evidenziato
dell’insussistenza della volontà di diminuire il patrimonio sociale per scopi estranei
all’impresa.
2.2 Sul capo 3), versamento a MPS da parte della società poi fallita della somma di 101
milioni di lire circa per coprire un debito della Gens di cui Paolo Serra era uno dei
fideiussori, la sentenza non aveva tenuto conto che A.A.(all’epoca amministratore
delegato con B.B.) aveva indicato tale pagamento come condizione indefettibilmente
posta dall’istituto di credito per erogare a MG il finanziamento che ne avrebbe risollevato le
sorti economico-finanziarie, né aveva indagato il nesso causale con il fallimento, l’elemento
soggettivo e il contributo causale dell’imputato.

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Firenze.

2.3 Sul capo 4), contestato come distrazione di 150 milioni di lire (assegni di cui era stata
beneficiaria la sua famiglia), ritenuta provata per l’importo minore di £ 49.650.000, il
ricorrente deduce mancanza e contraddittorietà della motivazione per essersi da un lato
ritenuto insussistente il finanziamento da parte del socio B.B. di 170 mila dollari (in
tesi difensiva in parte – 150 milioni di lire- prestito senza interessi, per il resto effettivo
finanziamento) per il solo fatto che, contrariamente alla documentazione prodotta, A.A.
aveva attribuito a se stesso la paternità di quel finanziamento, dall’altro, e comunque, che,
anche se si fosse trattato di finanziamento, la restituzione avrebbe ugualmente integrato

2.4 Mancanza di motivazione in ordine a tali ultimi profili è dedotta anche in relazione al
capo 5), dissipazione di risorse sociali per effetto dell’acquisto di immobili in Galatone a
prezzo molto superiore al valore di mercato (500 milioni di lire invece di 143 milioni) operazione peraltro ricompresa nel capo 1 – senza tener conto che il 20-2-1999 il Cda era
composto dalla D.D., da Paolo Serra e da B.B..
2.5 Sul capo 6), distrazione di somme per il pagamento di un mutuo acceso da Paolo Serra
per l’acquisto di un immobile di proprietà di A.A. in Prato, il ricorrente deduce mancata
motivazione sul dolo del reato in capo al B.B..
2.6 Sul capo 7), bancarotta impropria e bancarotta documentale, la prima delle quali
ritenuta compresa nel capo 1), si assume che l’affermazione di responsabilità per la
seconda, relativa a fatture per operazioni inesistenti, non tiene conto delle schede contabili
e del verbale del collegio sindacale 29-1-2001, prodotto dalla difesa, che attestava la
legittimità dell’operazione, e si basa sull’acritica adesione agli argomenti del tribunale
fondati sulle imprecise dichiarazioni del CT Scenarelli e su quelle inattendibili della teste
Gangale. Inoltre il dissesto sussisteva già precedentemente e il mero aggravamento non è
rilevante penalmente.
2.7 In ordine al capo 1), bancarotta societaria da falso in bilancio, viene denunciato vizio di
motivazione sul nesso causale tra la condotta e il dissesto, ritenuto preesistente dal CT
Quagliotti, con mero aggravio di esso per effetto della prosecuzione dell’attività d’impresa
con accumulo di ulteriori perdite. Inoltre la posizione dell’imputato, nonostante
temporalmente più limitata in ambito societario rispetto a quella dei correi, è stata
ingiustificatamente equiparata a quella di costoro attribuendogli un ruolo preminente anche
attraverso il richiamo alla sua parentela con il figlio Valerio, e alla circostanza di aver
introdotto nella MG S.S. e Napolitano.
3. Con il terzo motivo si denunciano violazione di legge per errata qualificazione tecnico
giuridica dei fatti e correlato vizio di motivazione essendo più pertinente il disposto di cui
all’art. 224, comma 1, n.2 legge fall., profilo non specificamente esaminato in sentenza che
si era solo riportata a quella di primo grado.
4. Il quarto motivo, che in rubrica deduce vizi di legittimità sul diniego di generiche,
sull’eccessività della pena, sul riconoscimento delle aggravanti di cui all’art. 219 legge fall.,
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distrazione, anche in questo caso senza indagine sul contributo causale e sul dolo.

sviluppa poi soltanto la prima questione evidenziando il corretto comportamento
processuale dell’imputato (richiesta di essere interrogato, memorie, delucidazioni) e
l’incensuratezza, di cui non si era tenuto conto.
5. Il quinto motivo sollecita un’interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente
orientata dell’art. 216 ult. comma, in tema di durata delle pene accessorie ed in subordine
chiede che sia sollevata questione di legittimità costituzionale.
6. Il 18 aprile scorso il difensore del B.B.ha depositato memoria con motivi nuovi

ordine ai capi 2, 3 e 4 per mancata riqualificazione delle condotte come bancarotta
preferenziale, esclusa in sentenza per mancata prova dell’esistenza di crediti da
finanziamenti alla società in capo al B.B. nonostante la documentazione prodotta, e
comunque sulla base della qualifica di amministratore dell’imputato che renderebbe
configurabile la bancarotta fraudolenta; 2) omessa motivazione sulla richiesta di perizia
contabile, nonostante la CT del PM avesse lasciato inesplorate macroscopiche aree
(evidenziate dalla documentazione prodotta dalla difesa dell’imputato); 3) intervenuta
abrogazione della bancarotta impropria di cui al capo 1 per effetto dell’interpretazione
dell’art. 2621 cod. civ. adottata nella pronuncia del 31 Marzo 2016 delle Sezioni Unite,
essendo tutte le poste di bilancio ivi menzionate frutto di sopravalutazioni, al più contrarie
a regole prudenziali, peraltro avallate del collegio sindacale e comunque non animate da
finalità ingannatorie.

Ricorso S.S.
Risponde della bancarotta societaria da falso in bilancio (capo 1) quale consigliere di
amministrazione di MG dal 4-9-2000 al 28-9-2001 e il suo ricorso è incentrato sulle
problematiche della responsabilità del consigliere senza deleghe
1. Con il primo motivo si deducono violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al
riconoscimento del dolo e del nesso causale del reato contestato mentre al più sarebbe
stata configurabile bancarotta semplice. Premessa la citazione testuale delle sentenze di
primo e secondo grado relative alla sua posizione, il ricorrente, richiamando giurisprudenza
di questa corte (in particolare sentenza Amato del 2007), evidenzia in punto di dolo le
differenze tra ‘essersi potuto rappresentare’ ed ‘essersi rappresentato’ e tra ‘conoscibilità’
e ‘conoscenza’, concetti -i primi- che possono dar luogo a responsabilità per colpa ma non
per dolo, sottolineando come occorreva la prova dell’effettiva conoscenza di dati dai quali
desumere almeno il rischio del verificarsi dell’evento pregiudizievole e della volontaria
omissione di attivarsi per scongiurarlo. Situazione non ricorrente nel caso di S.S. in
quanto i vizi riprodotti nel bilancio 2000 erano quelli già presenti nel bilancio 1999, quando
egli non ricopriva alcuna carica, epoca in cui erano state poste in essere le più importanti
operazioni di ingegneria contabile, come riconosciuto nella sentenza di primo grado.

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con la quale deduce: 1) erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione in

1.2 Sul nesso causale il ricorrente, ritenuto necessario che la coscienza e volontà della
condotta si estendano anche ad esso, configurandosi quindi dolo specifico (sentenza
Tribunale di Milano 14913/2012), ritiene non integrata la relativa prova.
2. Il secondo motivo investe con la deduzione degli stessi vizi di legittimità la configurabilità
dell’aggravante dell’art. 219, primo comma, legge fall. in relazione alla bancarotta
impropria societaria (che nella specie, senza l’aggravante, sarebbe prescritta), richiamando
la giurisprudenza per la quale l’interpretazione analogica è ammissibile solo in

bonam

3. Il terzo motivo denuncia travisamento dell’elemento della durata dell’incarico dello
S.S. che sarebbe di sei mesi (7-12-2000/18-6-2001) e non di un anno come ritenuto
dai giudici di merito, con la conseguenza che il periodo in cui avrebbe dovuto percepire i
c.d. segnali di allarme, rappresentati peraltro soltanto da liti tra soci’, si ridurrebbe a poco
più di tre mesi (riunione del Cda del 28-3-2001 in cui fu votato il progetto di bilancio al 3112-2000 senza rilievi del collegio sindacale), e comunque S.S. si dimise dall’incarico
non appena apprese di possibili azioni di responsabilità.
4.

Il quarto deduce infine violazione di legge e vizio di motivazione sulla mancata

concessione dei benefici di legge essendo stato invece applicato l’indulto.

Ricorso M.M.
Risponde del capo 1) quale consigliere di amministrazione dal 6-6-2000 al 28-9-2001.
1. Con unico motivo articolato in più censure di violazione di legge (in relazione a norme
incriminatrici, norme del codice civile, norme relative alla sospensione condizionale della
pena e non menzione della condanna), deduce vizio di motivazione e mancata assunzione
di prova decisiva.
2. La corte, nonostante il ruolo marginale riconosciuto all’imputata, ha escluso che si
trattasse di un mero inconsapevole prestanome stante il mantenimento della carica pur
nell’impossibilità di verificare l’andamento della società, trascurando, con ragionamento
illogico, che il novellato art. 2381 cod. civ. è successivo alla dichiarazione di fallimento;
che la donna era residente a Roma e, al momento dell’approvazione del bilancio, era stata
cooptata da poco nella funzione; che, per quanto l’amministratore delegato le avesse
negato la verifica dei libri sociali, al cui esame essa peraltro non aveva la necessaria
competenza, gli altri organi societari l’avevano rassicurata circa la regolarità della
contabilità. In mancanza quindi della prova della sua consapevolezza dell’esistenza di
anomalie nella gestione sociale, poteva al più ricorrere l’ipotesi dei fatti di bancarotta
semplice.
3.La conferma dell’aggravante del danno di rilevante gravità era in contrasto con la
riduzione della pena, mentre la mancata concessione della sospensione condizionale, che
avrebbe coperto anche la pena accessoria, era priva di motivazione.

partem.

4.L’espletamento di perizia contabile, il cui diniego era del tutto privo di motivazione,
sarebbe stato oltremodo opportuno ed anzi determinante soprattutto ai fini
dell’accertamento dell’efficacia della sua condotta rispetto al dissesto di MG.

Ricorso A.A.
Risponde dei capi 1 e 3.
1. Con un primo motivo, riferito ad entrambe le imputazioni, si denunciano inosservanza

amministratori che, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non ne hanno impedito il
compimento, e degli artt. 216-223 legge fall., giacché la responsabilità per il capo 1) è
stata fatta discendere dalla mera partecipazione a due delibere ‘assembleari’ e quella per
la distrazione sub 3) dal solo fatto di ricoprire la carica allorché, il 12-4-2000, fu eseguito il
pagamento di £ 101.700.000 (a copertura di un debito personale del Serra), senza
considerare che l’imputato, quando ebbe la possibilità di avvedersi delle condotte illecite,
le denunciò prontamente.
2.Con il secondo, riferito al capo 1), bancarotta impropria da formazione fittizia del
capitale e falso in bilancio per le annualità 1999, 2000, si deduce mancanza assoluta di r\\
motivazione sulla responsabilità in quanto: a) il bilancio 1999 era stato approvato dopo
appena quattro mesi dall’assunzione della carica da parte sua; b) la trasformazione della
società in società per azioni, cui il fittizio aumento di capitale sarebbe stato funzionale, era
stata deliberata appena un mese dopo il suo insediamento, argomenti rimasti privi di
risposta nella sentenza impugnata.
3.11 terzo motivo, afferente al medesimo capo, assume mancanza di motivazione sul nesso
causale tra la condotta ascritta all’imputo e lo stato d’insolvenza, che risaliva, secondo la
CTU Quagliotti espletata in sede civile, agli anni 1997-1998 in conseguenza dell’inesigibilità
dei crediti per oltre un miliardo di lire nei confronti delle società Ellefin e Gens, dissesto
che non era stato aggravato dalla continuazione dell’attività per effetto delle falsificazioni
in quanto la sua prosecuzione aveva anzi determinato un utile giacché l’attivo fallimentare
era stato determinato da beni o attività successivi al 1998.
4.11 quarto motivo relativo alla distrazione sub 3) di 101 milioni di lire con cui MG aveva
coperto un debito di Gens del quale era cofideiussore personale il Serra, denuncia
violazione delle norme sulla responsabilità degli amministratori e correlato vizio di
motivazione in quanto la responsabilità di A.A. è stata ritenuta soltanto perché
all’epoca egli copriva la carica senza tener conto che, non appena venuto a conoscenza del
bonifico effettuato, lo aveva segnalato al collegio sindacale, denunziato alla Procura della
Repubblica e al Tribunale ex art. 2409 cod. civ..
5.11 quinto ed il sesto motivo investono con i vizi sub b) ed e) art. 606 cod. proc. pen. il
riconoscimento dell’aggravante del danno di rilevante gravità, che non si applica alla

ed erronea applicazione dell’art. 2392 cod. civ. relativo alla responsabilità degli

bancarotta impropria e la cui esistenza non è stata comunque accertata in concreto,
dovendo tenersi conto degli incassi avvenuti durante la procedura.
6.11 settimo deduce violazione dell’art. 183 cod. pen. che stabilisce la prevalenza della
causa estintiva del reato su quella che estingue la pena, mentre nella specie è stato
applicato l’indulto in luogo della sospensione condizionale della pena.

Secondo ricorso di A.A.

ricorrente allega sentenza della Corte di Appello di Firenze che nella causa per azione di
responsabilità nei confronti degli amministratori ha ribaltato la decisione di primo grado in
accoglimento dell’appello dell’imputato osservando che il mero occultamento di un

deficit

non determina un danno sociale potendo però essere causa di danno se la continuazione
dell’attività è pregiudizievole, danno per il quale però A.A.non era stato condannato
a differenza di altri convenuti in giudizio.

Ricorso A.A.
Risponde dei capi da 1 a 7 quest’ultimo parzialmente assorbito nel capo 1.
1. I primi due motivi riguardano il capo 1.
2. Con il primo, premessa la censura di motivazione apparente sul ruolo di amministratore
di fatto (mentre era socio e consulente della società, AD solo per un brevissimo periodo),
si denuncia mancanza assoluta di motivazione sulla responsabilità, emergente dal
provvedimento impugnato e da una serie di atti specificamente indicati. La corte
territoriale non ha motivato la sussistenza in fatto dell’unica condotta direttamente
addebitabile all’imputato -quella relativa alla sopravvalutazione degli immobili siti in
Galatone- e non ha tenuto conto dei finanziamenti alla società da parte dello stesso
(rinuncia al credito di Ellefin, società riconducibile a A.A., nei confronti della fallita per
oltre 613 milioni di lire; conferimento di 300 milioni di lire provenienti da Hong Kong,
confermato dal curatore Laganà; conferimento gratuito degli immobili di Galatone
confermato dal coimputato Serra) e delle contestazioni effettuate non appena venuto a
conoscenza delle condotte illecite poste in essere da Serra e B.B..
3. Il secondo motivo, inerente sempre al capo 1 d’imputazione, deduce, con doglianza
analoga al terzo motivo del ricorso nell’interesse di A.A.a firma dello stesso
difensore, vizio di motivazione sul nesso causale tra il falso in bilancio e il dissesto della
società, escluso dalla CTU Quagliotti.
4. Il terzo motivo investe il capo 2 (distrazione di somme per oltre 613 milioni di lire per
finanziare la Ellefin e di circa 405 milioni di lire per finanziare la Gens, in assenza di
contropartita) sempre con il vizio di motivazione, da un lato perché la prima somma
rappresentava un finanziamento da parte di Ellefin alla fallita per effetto della rinuncia ad

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Riguarda la doglianza sul nesso causale tra il falso in bilancio e il dissesto della MG. Il

un credito, dall’altro perché le sentenze di merito non avevano giustificato l’addebitabilità a
A.A. del finanziamento alla Gens.
5. Il quarto motivo sul capo 3 (distrazione di circa 101 milioni di lire versati il 12-4-2000 a
MPS a copertura di un debito di Paolo Serra) è analogo al quarto motivo del ricorso di
A.A.e ruota intorno all’estraneità dell’imputato all’operazione, da lui
denunciata in varie sedi anche tramite il figlio.
6. Il quinto motivo sul capo 4 (distrazione di 150 milioni di lire in assegni bancari -agosto

per il minor importo di circa 50 milioni di lire per effetto della restituzione da parte di
B.B.della differenza prima della dichiarazione di fallimento) lamenta vizio di
motivazione per mancata considerazione di dichiarazioni dibattimentali (D.D., Capecchi e
Gangale, allegati 1 e 9) attestanti che l’operazione era avvenuta a sua insaputa in quanto
gli assegni in bianco erano detenuti da B.B.il quale gestiva la società come cosa
propria senza consentire ingerenze altrui e che quei titoli erano stati utilizzati dallo stesso
B.B. per finalità personali, mentre da altre dichiarazioni (Gangale e Napolitano, all. 9
e 10) era emersa l’assenza di segnali delle condotte del B.B..
7. Il sesto motivo riguarda il capo 5 d’imputazione e denuncia vizio di motivazione per
mancata considerazione delle dichiarazioni dello stesso A.A., del coimputato Serra, del
curatore fallimentare e del CTU Quagliotti (all. 1, 2, 3, 10) relative alla mancata
prestazione di un corrispettivo da parte della fallita per l’acquisizione degli immobili siti in
Galatone, donde l’assenza di qualunque dissipazione/distrazione.
8.Lo stesso vizio risulta dedotto con il settimo motivo sul capo 6 d’imputazione (distrazione
di somme utilizzate per pagare il mutuo acceso di £ 170.000.000 da Serra per
l’acquisto da A.A. di un immobile in Prato, successivamente ceduto a
B.B.e poi a A.A.). Secondo il ricorrente, i due assegni emessi dalla
fallita e da lui riscossi (rispettivamente di £ 15.500.000 e di £ 10.000.000) erano il
compenso per l’attività di consulenza prestata alla fallita, come da contratto prodotto e da
testimonianza Capecchi (allegato 1 al ricorso), circostanza ignorata in sentenza.
9.0ttavo motivo sul capo 7, bancarotta impropria assorbita nel capo 1: omessa
motivazione sulla responsabilità trattandosi di fatti commessi dopo la proposizione da parte
del figlio A.A. del ricorso ex art. 2409 cod. civ. e avendo la teste Gangale riferito
(udienza 30-5-2012) che il contratto con Multigem snc era falso.
10. Il successivo motivo (numerato come ottavo, ma in realtà nono) ripropone la questione
dell’applicabilità dell’aggravante del danno di particolare gravità all’art. 223 legge fall., e il
seguente (nono, ma in realtà decimo) quello del vizio di motivazione sulla ricorrenza in
fatto dell’aggravante.
11. L’ultimo motivo (ancora nono ma in realtà undicesimo) denuncia vizio di motivazione
sul diniego di generiche e sulla pena.

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dicembre 1999- nel periodo in cui l’imputato era AD della società poi fallita, riconosciuta

Secondo ricorso di A.A.
A sostegno del vizio di motivazione sulla qualifica di amministratore di fatto dell’imputato,
si allega la sentenza civile della Corte di Appello di Firenze, richiamata pure nel secondo
ricorso di A.A., con la quale la responsabilità del ricorrente è stata limitata al periodo in
cui aveva rivestito la carica di amministratore, sentenza che ha pure escluso nei confronti
di A.A. la responsabilità per l’occultamento di un deficit preesistente che non produce
danno per la società, conclusione da estendersi anche al ricorrente.

1. Il ricorso articola sei motivi.
2. I vizi dedotti con il primo motivo sono di violazione di legge e vizio di motivazione in
relazione al capo 2 (i finanziamenti a Ellefin e Gens senza contropartita economica). Sotto
il primo profilo per errata qualificazione giuridica del fatto, integrante al più bancarotta
preferenziale in presenza di compensazione dei debiti verso la società poi fallita con crediti
dei soci per finanziamenti alla stessa. Sul punto la sentenza ha erroneamente ritenuto
integrata la bancarotta fraudolenta anche nel caso di restituzione di finanziamenti soci
trascurando che in tal caso manca l’elemento materiale del reato realizzandosi al più una
violazione della par condicio in mancanza anche del dolo della bancarotta fraudolenta se la
somma prelevata dall’amministratore è congrua rispetto al suo credito: verifica, questa
della congruità, del tutto mancata in sentenza.
3.Sotto il profilo del vizio di motivazione, il ricorrente lamenta il salto logico tra il rilievo
della mancanza di documentazione dei finanziamenti dei soci e la conclusione del carattere
fraudolento delle operazioni di giroconto che avevano portato all’azzeramento dei crediti
della società poi fallita, poiché la confusione contabile non può costituire prova di condotta
distrattiva sostenuta dal dolo.
4.Secondo motivo, vizio di motivazione in relazione ai capi 3, 5 e 6.
5.Sul capo 3, distrazione di circa 101 milioni di lire per il pagamento di un debito di Serra
quale cofideiussore di Gens nei confronti di MPS, si lamentano il mancato esame e
l’omessa valutazione della documentazione prodotta dal B.B. relativa
all’appostazione contabile ‘socio c/finanziamento per £ 120.967.000’, idonea ad escludere
l’elemento soggettivo del reato. L’importo asseritamente distratto si inserisce nel rapporto
tra imprese collegate e risulta tra i crediti della fallita nella situazione patrimoniale al 3112-2000 nel conto ‘crediti/Serra Bozzano Solinas’.
6.Sul capo 5 (sopravvalutazione del prezzo di acquisto degli immobili di Galatone
appartenenti alla Ellefin di D.D. e A.A.) si deduce omessa ricostruzione del ruolo e
della condotta del Serra, ritenuto responsabile solo perché membro del Cda senza tener
conto degli argomenti a sostegno della sua estraneità indicati nell’atto di appello.
7.Sul capo 6 (distrazione di somme per pagare un mutuo acceso dal Serra per l’acquisto di
un immobile in Prato) il ricorrente assume motivazione apparente che non ha tenuto conto
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Ricorso PAOLO SERRA

delle doglianze formulate con il gravame di merito, né ha considerato la risalenza dell’atto
a due anni prima del fallimento (15-4-1996) e del fatto che in allora la società era in piena
attività, il che influirebbe quanto meno sull’elemento soggettivo.
8.Con il terzo motivo mancanza di motivazione è dedotta in ordine al capo 1 sia sul nesso
causale tra la condotta e il dissesto che sull’elemento soggettivo, nonché sull’offesa ai
creditori, per contro insussistente risultando ‘pacificamente’ che tutte le perdite
conseguenti alle condotte contestate al Serra erano state ‘compensate da un riequilibrio

ricorrente e dei suoi più stretti familiari’.
9.11 quarto motivo lamenta mancata motivazione del diniego di attenuanti generiche, che
ha tenuto conto solo dell’oggettività delle condotte, ma non della personalità di Serra,
parificandolo a tutti gli altri imputati.
10.Con il quinto motivo si deduce vizio di motivazione in relazione al mancato accoglimento
della richiesta di perizia contabile formulata con l’atto di appello ex art. 603 cod. proc. pen.
con riferimento a tutti i capi d’imputazione ascritti, con particolare riferimento alla loro
rilevanza nella causazione del fallimento e al ruolo svolto dall’imputato nei periodi in cui
aveva ricoperto cariche nella società.
11.Con l’ultimo motivo si denunciano violazione di legge e vizio di motivazione in relazione
alla durata decennale delle pene accessorie della bancarotta fraudolenta e in subordine si
prospetta questione di costituzionalità. Si richiama l’indirizzo giurisprudenziale minoritario
di questa corte e in particolare Cass. 30687/2011.
12.In data 18-4-2016 la difesa Serra ha depositato motivo nuovo relativo a violazione di
legge e vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per il capo 1, a
seguito della parziale abrogazione del reato di falso comunicazioni sociali quanto al falso
valutativo per effetto della legge n. 69/2015 che ha soppresso l’inciso ‘ancorché oggetto di
valutazioni’, osservando che, soprattutto le voci di bilancio sub a) e d), relative
rispettivamente agli immobili di Galatone e alle azioni SGF, sono frutto di valutazioni di
poste esistenti nella realtà. La richiesta è quindi di annullamento della sentenza senza o, in
subordine, con rinvio.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi meritano complessivamente rigetto, salvo quelli di S.S. e M.M. da
accogliere limitatamente al profilo del mancato esame della richiesta dei benefici di
legge.
2. A chiarimento del generale quadro processuale e delle ragioni a sostegno della decisione
impugnata, giova premettere, per le indubbie ricadute sulle posizioni di ciascuno dei
ricorrenti, che la corte fiorentina ha delineato, su solide basi istruttorie e senza vizi
logico giuridici, la riferibilità di MG srl a tre diverse compagini, guidate rispettivamente
11

economico raggiunto attraverso gli ingenti conferimenti di beni personali dello stesso

da A.A., ideatore del progetto delle carte di servizi poi commercializzate
dalla società, da Paolo Serra, con il quale il primo aveva preso accordi per la creazione,
nel 1996, di MG, e da B.B., affacciatosi successivamente nella vita della
società quando, essendo la stessa divenuta insolvente nel giro di pochi anni, con un
deficit che nel ricorso B.B.è indicato come pari ad un miliardo di lire, si era reso
necessario elaborare un progetto per il suo risanamento, affidato per l’appunto a
quest’ultimo.

periodi variabili, non avevano tuttavia mancato, alla stregua delle risultanze illustrate
nella sentenza impugnata, di continuare a gestirne le sorti anche quando non l’avevano
formalmente amministrata, facendosi sostanzialmente rappresentare da referenti di loro
assoluta fiducia, percepiti come prestanome dalle dipendenti della società. Si tratta del
figlio A.A. e della compagna D.D. nel caso di A.A., del figlio
e di S.S., all’uopo introdotto nella società, nel caso di B.B., della
compagna  M.M.quanto al Serra.
4.

Conclusione scevra, dunque, da automatismi derivanti dalla mera constatazione dei
rapporti familiari, sentimentali o comunque di fiducia con i coimputati, in quanto
avvalorata dal fatto che l’organo amministrativo era stato in tal modo impersonato,
senza sostanziale soluzione di continuità, da uno o più dei tre domini, e/o da uno o più
dei loro fiduciari, in tal modo avvalorandosi la conclusione che le redini della società, i
almeno dal 1999, erano state saldamente tenute, ad onta del mutamento delle
persone, dai tre gruppi di cui sopra.

5. Conseguentemente è destinato all’insuccesso il tentativo di isolare i singoli episodi
distrattivi contestati pretendendo, in caso di mancata ricostruzione dello specifico ruolo
di qualche imputato, di attribuirli soltanto al gruppo che ne aveva beneficiato
economicamente, quasi che gli altri gruppi potessero esserne all’oscuro, apparendo
invece chiaro dall’esame del complesso delle condotte distrattive, come osservato dalla
corte territoriale in piena aderenza alle risultanze, il disegno portato avanti dai
prevenuti realizzando di volta in volta operazioni in favore di ciascuno dei tre gruppi
dirigenti con l’avallo dei rappresentanti degli altri gruppi, già beneficiati o in procinto di
esserlo, in quel momento al timone dell’organo amministrativo.
6.

Né sembra giustificato il dubbio, affacciato anche dal Procuratore generale di udienza,
sulla sussistenza dell’elemento psicologico dei due A.A., padre e figlio, in ordine
all’episodio distrattivo di cui al capo 3 per il fatto che la denuncia di esso in varie sedi
contrasterebbe con la loro partecipazione all’improprio utilizzo di denaro sociale per il
pagamento del debito personale di Serra quale cofideiussore di Gens. La corte fiorentina
non ha infatti obliterato tale elemento ma ne ha sottovalutato la portata favorevole ai
due imputati sul rilievo che si era trattato di una tardiva azione di contrasto nei

12

3. I tre predetti, alternatisi alla guida formale di MG ora insieme ora separatamente, per

confronti di altri amministratori, nella fase finale della vita della società, determinata
dalla rottura degli equilibri tra i gruppi di potere.
7. In effetti tali iniziative furono attuate, come risulta anche dagli allegati ai due ricorsi,
nell’autunno del 2000 e dirette specificamente contro B.B., accusato del
tentativo, estraneo alla vicenda processuale, di acquisto per conto di MG di un bene
immobile al prezzo di 850 milioni di lire, di cui era già stato incaricato S.S. per il
minor corrispettivo di 450 milioni di lire, e di aver pagato con moneta sociale spese
nell’interesse dell’attività editoriale del figlio Valerio, nonché accusato dell’estinzione del

MG, risalente all’aprile precedente.
8. Quanto fin qui osservato riverbera significativi effetti sia sulla qualifica di amministratori
di fatto attribuita dai giudici di merito a B.B. , A.A.e Serra durante le pause
dall’amministrazione attiva, quanto su quella di consiglieri senza deleghe di cui si
vorrebbero accreditare le figure c.d. minori, cioè A.A., S.S.e
M.M.(non avendo Valerio B.B. proposto ricorso ed essendo
stati separatamente giudicati altri soggetti nella stessa posizione).
9. I primi sono stati ritenuti amministratori di fatto valorizzando le dichiarazioni della
D.D., coimputata separatamente giudicata, e dei testimoni, dalle prime delle quali si
evince come la D.D. fosse entrata in MG come socia ed amministratrice su richiesta di
A.A., con il quale aveva una relazione, continuando, ciononostante, a
svolgere la sua attività di venditrice di carte di servizi mentre la società era di fatto
amministrata da A.A., B.B. e Serra.
10. Dichiarazioni ritenute con ragione riscontrate da quelle di altri testi secondo le quali a)
A.A. aveva un ufficio nello stabile della sede di MG e si occupava degli aspetti
contrattualistici e legali della società (testi Carlo Rettori, conoscente di Zinnmitti, e
Valentina Capecchi, dipendente di MG), b) i referenti delle dipendenti erano B.B.
e A.A.(Capecchi), c) gli ordini per l’emissione della fatture erano impartiti da
B.B.e da A.A.(Teresa Gangale, dipendente della società) anche nei periodi
in cui il primo non era formalmente amministratore, mentre gli altri personaggi erano
dei prestanome di A.A., B.B.e Serra (Gangale).
11.La posizione di A.A., S.S.e  M.M.non può
dunque valutarsi alla stregua di quella di ignari consiglieri senza deleghe, ma va
qualificata come quella di amministratori di diritto consapevoli prestanome di quelli di
fatto, come ben ritenuto in sentenza, con conseguente applicazione della giurisprudenza
di questa corte sulla responsabilità dell’amministratore formale per la quale è sufficiente
la generica consapevolezza, configurandosi l’elemento soggettivo come dolo sia diretto
che eventuale, degli atti distrattivi -ma il criterio vale anche, mutatis mutandis, per la
bancarotta impropria da falso in bilancio- posti in essere dall’amministratore di fatto,
nella specie desumibile dalla circostanza di essere stati inseriti, all’occorrenza,
13

i\I

debito personale di Serra di circa 101 milioni di lire verso MPS, con bonifico da parte di

nell’organo amministrativo, allo scopo di mantenere inalterati gli equilibri fra i tre gruppi
dominanti. Come risulta dall’alternanza nelle cariche amministrative, A.A.
era entrato in Cda un mese prima delle dimissioni del padre, la M.M.qualche mese
dopo quelle del compagno Serra, S.S., persona di fiducia di B.B.che lo
aveva introdotto in MG, pochi giorni dopo le dimissioni di B.B..

Saranno trattati per primi i ricorsi dei tre imputati maggiori e successivamente quelli

Posizione B.B.
1. Le questioni preliminari proposte dalla difesa B.B., ripetitive di questioni già poste
in appello, puntualmente esaminate e risolte in sentenza, sono infondate.
2. A quella di indeterminatezza dei capi d’imputazione la corte territoriale ha già
correttamente opposto che, al contrario, essi contengono la precisa descrizione dei fatti,
del titolo attributivo di essi, delle qualifiche e dei periodi in cui le stesse erano state
ricoperte, peraltro ricostruiti nel ricorso senza significative differenze rispetto ai capi
d’imputazione (anche se eventuali difformità nulla avrebbero a che vedere con
l’indeterminatezza dell’imputazione), essendo dunque ultronea l’insistenza del ricorrente
nel contestare la mancata specificazione del periodo temporale di esercizio delle
funzioni di fatto, che, come si evince da tutte le imputazioni, è comunque
sufficientemente individuato in quello precedente l’esercizio delle funzioni di diritto pur
non essendone precisato il

dies a quo,

peraltro ricostruibile dallo svolgimento

dell’istruttoria dibattimentale con parallelo pieno dispiegarsi dell’esercizio del diritto di
difesa di cui non è pertanto configurabile alcuna violazione, come a ragione già
osservato in sentenza.
3. Non senza comunque evidenziare che l’assenza di ruoli interni alla società prima del
1999, su cui fa leva la doglianza, è tutt’altro che incompatibile con l’esercizio del ruolo
di amministratore di fatto dovendo anche considerarsi che l’imputato, il quale, il 13-91999, avrebbe assunto il ruolo di consigliere delegato, già in precedenza era stato
interessato alle precarie sorti della società avendo il 4-1-1999 redatto una relazione
sulle possibilità di risanamento del deficit di MG.
4. Non maggiormente fondata l’eccezione di inutilizzabilità degli atti compiuti dopo la
scadenza del termine delle indagini preliminari. La questione ha trovato adeguata
risposta nella sentenza nella quale è stato osservato che la prima iscrizione del
procedimento non era stata nel registro notizie di reato, mentre, dopo quella in tale
registro al numero 3241/03, l’incarico al CT del PM era stato conferito il 13-2-2004 e
l’elaborato depositato il 27-10-2004, dunque nei due anni dall’avvio delle indagini. Dati
che il ricorrente non ha contestato con idonee produzioni o allegazioni, risultando così il
motivo anche aspecifico.
14

delle figure minori.

5. Senza contare, comunque, che il termine per lo svolgimento delle indagini preliminari
riguarda l’attività di indagine, e quindi anche l’espletamento di un accertamento
tecnico, ma non la redazione e/o il deposito del conclusivo elaborato riepilogativo degli
esiti di detto accertamento, che, se successivi alla scadenza, non rendono inutilizzabile
l’atto (Sez. 2, n. 38914 del 17/10/2007 – dep. 19/10/2007, Camilli, Rv. 238437).
6. Correttamente, poi, la corte di merito ha osservato che l’acquisizione della CTU
Quagliotti espletata nel processo civile per responsabilità degli amministratori, non era

trattandosi di documento. E’ infatti legittima l’acquisizione, nel processo penale, della
consulenza tecnica d’ufficio resa nel giudizio civile non ancora definito con sentenza
passata in giudicato, dovendo la stessa considerarsi prova documentale in quanto
formata fuori del procedimento penale e rappresentativa di situazioni e cose (Sez. 3, n.
5863 del 23/11/2011 – dep. 15/02/2012, G. e altro, Rv. 252127).
7. L’assunto che entrambe le relazioni da un lato non avrebbero tenuto conto, con
violazione del diritto al contraddittorio, della documentazione prodotta dall’imputato in
sede di interrogatorio delegato alla PG del 4-5-2009, dall’altro si sarebbero basate su
documentazione incompleta messa a disposizione dalla curatela, è affetta da genericità
non essendo accompagnata dalla precisa indicazione di quali dei documenti prodotti
dalla difesa o non esibiti dalla curatela avrebbero, e per quali ragioni, determinato
diverse conclusioni dei consulenti.
8. Con la conseguenza che anche la doglianza relativa alla mancata ammissione di perizia,
che fa leva per l’appunto sull’incompletezza delle consulenze Scenarelli e Quagliotti, non
ha fondamento, senza contare che la perizia è mezzo di prova neutro di cui il giudice
può avvalersi quando ritenga il quadro probatorio non chiaro o incompleto, caso non
ricorrente nella specie.
9. Inammissibile, da ultimo, la doglianza relativa all’inammissibilità della costituzione di
parte civile, genericamente ripetitiva, nei medesimi termini, di questione già sottoposta
al giudice di appello che l’ha ritenuta infondata ineccepibilmente osservando che nella
causa civile la curatela aveva chiesto i danni patrimoniali, nella presente quelli non
patrimoniali, in assenza dunque di duplicazione del petitum. Argomentazione con cui il
ricorrente ha evitato di confrontarsi.
10.La formulazione delle censure di violazione di legge e vizio di motivazione in ordine ai
singoli capi, compendiate nel secondo motivo di ricorso, è ispirata alla tecnica della
frammentazione delle operazioni distrattive con il duplice scopo, da un lato, di
prendere le distanze da quelle messe a segno quando B.B. non faceva parte
dell’organo amministrativo della società, dall’altro di invocarne, quanto a quelle
deliberate con il suo apporto, la compensazione con suoi finanziamenti alla società o
addirittura con operazioni economico-finanziarie da lui promosse, asseritamente
produttive di utili per la società.

15

soggetta al limite temporale della scadenza della fase delle indagini preliminari,

11.Così, in ordine al capo 2 (bancarotta fraudolenta per finanziamenti senza contropartita
ad altre società) il ricorrente addebita alla corte territoriale di non aver tenuto conto che
gli ingenti finanziamenti a Ellefin Finanziaria srl e a Gens srl, amministrate
rispettivamente da A.A. e Paolo Serra, risalivano agli anni 1997-1999,
mentre B.B.era divenuto amministratore soltanto nel 1999.
12. La censura è infondata giacché trascura che la corte fiorentina ha evidenziato come gli
storni di quei finanziamenti ad altre voci, sì da occultare il debito delle finanziate
sostanzialmente annullandolo, fossero avvenuti in epoca successiva e che, in

solo genericamente accusato di travisamento dal ricorrente), data dello storno Ellefin,
quando cioè gli importi dei relativi finanziamenti erano stati stornati, quanto alla somma
di 400 milioni di lire, mediante giro conto a Immobile Barberino c/impegni, quanto alle
somme di 71 milioni di lire l’una, rispettivamente al conto SMC c/ finanziamento Paolo
Serra e conto B.B.c/finanziamento, e quella di 95 milioni e mezzo di lire circa al
conto D.D.c/finanziamento.
13.A pag. 17 della decisione impugnata è plasticamente descritta la fittizietà del giroconto
a Immobile Barberino c/impegni sottolineandosi che l’immobile sito a Barberino del
Mugello, di cui Ellefin avrebbe dovuto pagare il prezzo in luogo di MG per compensare il
suo debito verso quest’ultima, non era stato di fatto acquistato, e proprio B.B.
aveva condotto le trattative per l’acquisto con Carlesi, marito della proprietaria,
soggetto quindi non legittimato, le cui quietanze di ricezione di acconti -che non gli
erano stati corrisposti- erano state redatte, su fogli da lui firmati in bianco, dalla
dipendente Gangale su richiesta proprio di B.B.(pag. 17 sentenza). Del pari
fraudolenti sono stati ritenuti gli storni sugli altri conti in mancanza di documentazione
relativa ai finanziamenti soci.
14. Non dissimile la ricostruzione dei finanziamenti a Gens, del pari imputati a finanziamenti
soci Serra, D.D.e B.B., pure non contabilmente documentati.
15.È in conseguenza innegabile il contributo di B.B. alla fase cruciale delle
distrazioni, come del resto configurato nell’imputazione

sub 2: ‘con il successivo

concorso di B.B. , le poste iscritte nella contabilità della società fallita
venivano azzerate attraverso artifici contabili, anziché richiedere il pagamento e/o la
restituzione dei suddetti crediti’.
16. Né il ricorso contrasta in modo efficace la conclusione della Corte di Firenze circa la
mancata prova del finanziamento a MG da parte del socio B.B.per essere la
relativa somma proveniente da un conto MPS intestato a A.A.. Infatti
l’assunto che l’importo di 170.00 dollari originasse da un conto di Hong Kong riferibile a
B.B.(ma comunque non si spiegherebbe perché, se si trattava di un
finanziamento alla società, la somma sarebbe approdata sul conto di A.A. invece
che su quello di MG) è supportato soltanto dal generico richiamo a documenti prodotti,
16

particolare, l’imputato faceva parte del consiglio di amministrazione 1’8-11-1999 (profilo

non solo non allegati al ricorso, ma non oggetto né di specifica indicazione né della
precisazione delle ragioni per le quali essi dimostrerebbero che la somma era un
finanziamento di B.B. alla società, per di più intervenuto, secondo lo stesso
ricorrente, il 10-2-1999, allorché, secondo la prospettazione difensiva, l’imputato
sarebbe stato del tutto estraneo a MG: il che la sentenza non ha mancato di
sottolineare. Né l’eventuale attivazione da parte sua, pure invocata, di operazioni fonte
di profitto per MG potrebbe essere idonea a neutralizzare operazioni distrattive a lui

nel ricorso.
17. L’impugnazione non coglie nel segno neppure laddove, al fine di contrastare la portata
depauperativa dei finanziamenti a Ellefin e a Gens, assume che la mancata richiesta di
restituzione degli stessi non sarebbe addebitabile a B.B., all’epoca semplice
consigliere. L’assunto è infatti smentito dalla puntuale ricostruzione, all’inizio della
sentenza di primo grado, dell’organigramma delle cariche amministrative di MG,
secondo il quale l’imputato era stato rispettivamente consigliere delegato, presidente
del consiglio di amministrazione e nuovamente consigliere delegato in tre successive
fasi comprese nel periodo tra il 13-9-1999 e il 6-12-2000.
18. Né sembra seriamente contestabile che gli artifici contabili di cui sopra fossero ispirati
alla volontà di diminuire il patrimonio sociale per scopi estranei all’impresa, mentre la
qualità di amministratore di fatto dell’imputato, inutilmente contestata nell’ambito del
motivo in esame a proposito di questo capo d’imputazione, è comunque tutt’altro che
oggetto di mera asserzione dei giudici di merito, risultando invece, come ricordato in
sentenza, dalle dichiarazioni delle dipendenti che hanno riferito di aver ricevuto direttive
da B.B. anche quando egli non era formalmente in carica.
19.Sono manifestamente infondate le censure relative al capo 3), che riguarda il
pagamento in moneta sociale, il 12-4-2000, del debito personale di Serra verso MPS,
per l’importo di 101 milioni di lire, quale cofideiussore di Gens, frattanto dichiarata
fallita.
20. Esse reiterano identiche doglianze già prospettate con il gravame di merito, restituite al
mittente in sentenza osservando (pag. 18) che non vi era traccia probatoria del fatto
che quel pagamento costituisse condizione, indicata da A.A., posta dal Monte Paschi
per concedere a MG il finanziamento che avrebbe dovuto risollevarne le sorti
economico-finanziare, finanziamento del resto mai erogato. Senza contare, poi, che
all’epoca A.A. non era, contrariamente a quanto affermato nel ricorso,
amministratore delegato con B.B., essendosi dimesso il 22-3-2000, mentre in
precedenza era stato consigliere di amministrazione (e B.B.presidente del Cda).
21 Da ultimo, ancora sul capo in esame, va rimarcata la superfluità dell’indagine sul nesso
causale tra l’atto distrattivo ed il fallimento, elemento non richiesto dalla fattispecie
incriminatrice secondo giurisprudenza pressoché unanime di questa corte, mentre
17

ascrivibili esulando dalla figura della ‘bancarotta riparata’, del resto neppure prospettata

l’elemento soggettivo e il contributo causale dell’imputato non richiedevano verifiche
ulteriori a fronte di un atto estraneo agli interessi sociali posto in essere da un consiglio
di amministrazione da lui presieduto.
22.Non sussistono i vizi di mancanza e contraddittorietà della motivazione in ordine
all’affermazione di responsabilità per il capo 4), relativo alla distrazione di assegni per il
minor importo -rispetto a quello contestato- di £ 49.650.00, somma della quale era
stata beneficiaria la famiglia di B.B..
23.Si sono già evidenziate le condivisibili ragioni per le quali l’asserito finanziamento in

ravvisabile contraddittorietà della motivazione laddove la corte ha ritenuto, in seconda
battuta, che, ammettendo il finanziamento del socio, la restituzione avrebbe
ugualmente integrato distrazione.
24. Non solo, infatti, la sentenza ha affrontato la questione giuridica del nomen iuris del
reato soltanto con un obiter dictum, comunque subordinato alla motivazione -principale
ed assorbente- relativa alla mancata prova della sussistenza del credito da
finanziamento di B.B., ma va anche tenuto conto che sul tema del reato
configurabile quando l’amministratore di ripaghi di propri crediti verso la società in stato
di decozione, si registra un certo ritorno, nella giurisprudenza di questa corte, sulle
ragioni del quale non pare opportuno soffermarsi, all’indirizzo secondo il quale in tal
caso ricorre bancarotta fraudolenta, non preferenziale (Cass. 41143/2014;
34505/2014).
25.Anche riguardo a tale capo la censura di omessa indagine sul contributo causale e sul
dolo è del tutto infondata a fronte del fatto che beneficiaria delle distrazioni è stata la
famiglia del prevenuto.
26.La sentenza si sottrae anche ad analoga censura dedotta in relazione al capo 5),
relativo alla dissipazione di risorse sociali per effetto dell’acquisto di immobili in
Galatone -di proprietà di Fim srl, già Ellefin srl, riferibile a A.A. e a
D.D.- a prezzo molto superiore al valore di mercato (500 milioni di lire invece
di 143 milioni).
27.Pur essendo vero che il 20-2-1999, data in cui la D.D., ritenuta prestanome di
A.A., era stata autorizzata dal Cda all’acquisto immobiliare, l’organo era
composto, oltre che dalla stessa D.D., da Serra e da B.B., sta di
fatto che, da un lato, si trattava di una delle operazioni proposte proprio da Elio
B.B. nella sua relazione finalizzata al risanamento del

deficit di MG, dall’altro,

come la corte non ha mancato di evidenziare, in quel periodo sedeva in Cda il figlio
dell’imputato, Valerio, con la conseguenza che, stante l’alternanza non casuale al
vertice dell’amministrazione degli appartenenti ai tre gruppi, l’avallo di Valerio
B.B. all’operazione rientrava nel disegno comune ai tre gruppi coinvolti nella
gestione di MG.
18

dollari alla società da parte del prevenuto è stato ritenuto non provato, mentre non è

28.La doglianza sul capo 6) -distrazione di somme per il pagamento del mutuo acceso da
Paolo Serra per l’acquisto di un immobile di proprietà di A.A. in Prato- che denuncia
mancata motivazione sul dolo del reato in capo al B.B., è generica e comunque
manifestamente infondata. Per quanto infatti la compravendita risalga ad epoca in cui
B.B.  non sedeva nel Cda, la sentenza ha evidenziato (pag. 20) che lo era nel
2000, quando furono emessi due assegni ed eseguito un bonifico, tutti in moneta
sociale, a copertura di quel mutuo, mentre in occasione dei versamenti precedenti

29.La censura di omesso esame di documenti prodotti, formulata in relazione al capo 7) bancarotta fraudolenta documentale, essendo stata quella impropria riconnpresa nel
capo 1)-, per quanto non del tutto generica in quanto assistita dall’indicazione specifica
di almeno uno dei documenti (verbale del collegio sindacale in data 29-1-2001) che
militerebbero in senso contrario all’affermazione di responsabilità, pecca tuttavia di
soggettiva interpretazione del contenuto di quell’atto che, presente in effetti tra le
produzioni della difesa dell’imputato nel corso del processo, non rappresenta un viatico
alla legittimità della tenuta delle scritture contabili in cui figuravano fatture per
operazioni inesistenti.
30.1 sindaci, allora di recente nomina, si erano infatti limitati, a seguito di notifica di ricorso
ex art. 2409 cod. civ., a documentare in quel verbale lo svolgimento di un’analisi
formale di fatti anteriori alla loro nomina, non senza prendere le distanze da essi,
soffermandosi in primo luogo su vicende immobiliari estranee alla vicenda processuale
ed evidenziando, per quanto qui interessa, alcuni storni parziali di fatture nei confronti
di Multigem snc e New Deal srl.. Se allora si ricorda che le fatture relative ad operazioni
inesistenti, emesse nei confronti di queste e di altre società allorché si rendeva
necessario far ricorso al credito bancario, come riferito dalla teste Gangale, addetta alla
contabilità di MG, erano spesso in tutto o in parte stornate con varie causali onde
giustificarne il mancato pagamento, non potrà che concludersi per l’irrilevanza in chiave
difensiva del verbale in questione e, anzi, per la sua indiretta potenzialità confermativa
dell’assunto accusatorio.
31.Sotto altro versante, la tesi della preesistenza del dissesto che renderebbe il semplice
aggravamento di esso penalmente irrilevante, è, da un lato, eccentrica rispetto alla
bancarotta documentale, dall’altro, e comunque, non condivisa dalla giurisprudenza di
questa corte, come subito si dirà.
32.La censura di vizio di motivazione sul nesso causale tra la condotta e il dissesto relativa
al capo 1 (bancarotta societaria da false comunicazioni sociali), condotta la cui
sussistenza, sotto il profilo delle false comunicazioni, non risulta quindi contestata, è
infatti priva di fondamento facendo leva per l’appunto sulla preesistenza del dissesto,
ritenuta dal CTU Quagliotti.

19

faceva parte del Cda il figlio Valerio.

33. Per contro anche l’aggravamento del dissesto conseguente alla prosecuzione dell’attività
d’impresa con accumulo di ulteriori perdite integra, contrariamente a quanto sembra
ritenere il ricorrente, il reato contestato secondo l’ormai consolidata giurisprudenza di
questa corte, su cui non pare necessario soffermarsi, basata sul principio generale
dell’equivalenza delle concause dell’evento (Cass. 15613/2015, Geronzi; 42811/2014,
Ferrante; 40998/2014, Concu; 28508/2013, Mannino; 17021/2013, Garuti).
34.Ineccepibile risulta poi l’equiparazione della posizione dell’imputato a quella dei due

durata temporale del suo ruolo non è temporalmente più limitata rispetto a quello degli
altri, sia perché comunque l’importanza del ruolo di B.B. risulta adeguatamente
giustificata alla stregua tanto delle dichiarazioni della teste Gangale e della coimputata
separatamente giudicata D.D., quanto della parentela con B.B., suo
figlio, che lo aveva rispettivamente preceduto, affiancato e seguito nel ruolo di
amministratore di MG, quanto -ancora- dell’introduzione nella società di due persone di
sua fiducia, S.S. e Napolitano, quest’ultimo separatamente giudicato.
35.Consegue a quanto sopra la manifesta infondatezza del terzo motivo del ricorso
B.B.che lamenta, anche sotto il profilo correlato del vizio di motivazione, la
mancata riqualificazione dei fatti (in realtà solo del capo 1 essendo gli altri capi relativi
ad ipotesi distrattive) ai sensi dell’art. 224 n.2 legge fall., giacché tale qualificazione,
che presuppone la mera inosservanza degli obblighi imposti dalla legge agli
amministratori, è incompatibile con l’aggravamento del dissesto per effetto di un reato
societario.
36.11 quarto motivo, che, sotto la rubrica dei vizi di legittimità sul diniego di generiche,
eccessività della pena e riconoscimento delle aggravanti di cui all’art. 219 legge fall.,
sviluppa poi soltanto la prima questione, trascura che, al riguardo, è sufficiente che il
giudice di merito giustifichi l’uso del potere discrezionale conferitogli dalla legge con
l’indicazione delle ragioni ostative alla concessione delle generiche, non essendo tenuto
ad esaminare tutte le circostanze prospettate o prospettabili dalla difesa. Principio cui la
sentenza impugnata si è attenuta perché

ha valorizzato il ruolo preminente di

B.B., la gravità e sistematicità delle

distrazioni e falsificazioni, gli interessi

personali perseguiti.
37.Neppure il quinto motivo, che sollecita un’interpretazione

costituzionalmente e

convenzionalmente orientata dell’art. 216 ult. comma, legge fall., in tema di durata
delle pene accessorie, ed in subordine chiede che sia sollevata questione di legittimità
costituzionale della norma in questione, merita accoglimento.
38.La questione è manifestamente infondata a fronte della già dichiarata inammissibilità di
essa da parte della Consulta (n. 134/2012) sul rilievo che la predeterminazione in
misura fissa della durata della pena accessoria non viola alcun principio costituzionale
(del resto anche la durata dell’interdizione perpetua e temporanea dai PPUU è fissa e
20

correi ritenuti aver ricoperto, come lui, un ruolo preminente nella società, sia perché la

non commisurata alla pena principale), mentre all’interpretazione di questa corte,
espressa in poche pronunce peraltro rimaste isolate (Cass. 9672/2010, 23720/2010),
nel senso che quella di dieci anni rappresenterebbe la durata massima delle pene
accessorie, da commisurarsi di volta in volta a quella della pena principale, è seguito il
consolidarsi del contrario orientamento.
39.Infatti, a parte le due pronunce di cui sopra (mentre una terza, la n. 23606/2012,
erroneamente massimata, si riferisce invece alla bancarotta semplice), tutte le altre in

17690/2010; 269/2011; 39337/2007) sono orientate in modo compatto nel senso della
durata fissa ed inderogabile di dieci anni delle pene accessorie previste per la
bancarotta fraudolenta. Mentre la n. 697/2014 della sesta sezione di questa corte non è
attinente al tema riferendosi alle pene accessorie temporanee previste per i reati in
materia di stupefacenti dall’art. 85 del d.P.R. n. 309/1990, di durata determinata dalla
legge solo nella misura massima.
40.La memoria con motivi nuovi depositata il 18 aprile 2016 dal difensore di B.B. è
tardiva non essendo stato rispettato il termine di quindici giorni di cui all’art. 585,
comma 4, cod. proc. pen., il che esime il collegio dall’esaminarla.
41.Invero la regola di cui all’art. 172, comma quinto, cod. proc. pen. secondo la quale
“quando è stabilito soltanto il momento finale, le unità di tempo stabilite per il termine
si computano intere e libere”, implica che vanno esclusi dal computo il dies a quo ed il
dies ad quem (In applicazione del principio, è stato ha ritenuto tardivo, in un caso

identico al presente, il deposito di motivi nuovi presentati in cancelleria in data 5 marzo
con riferimento ad udienza fissata per il 20 marzo, avendo riguardo al termine stabilito
dall’art. 585, comma quarto, cod. proc. pen. di “fino a quindici giorni prima
dell’udienza”) (Sez. 1, n. 16356 del 20/03/2015 – dep. 20/04/2015, Piras, Rv. 263322).
42.Vale la pena peraltro osservare che i primi due motivi nuovi ripropongono, senza
l’aggiunta di elementi di novità, questioni già prospettate con il ricorso principale,
mentre il terzo, che mette in dubbio la sussistenza della bancarotta impropria di cui al
capo 1) sul rilievo dell’abrogazione del falso valutativo, secondo l’interpretazione della
modifica all’art. 2621 cod. civ. asseritamente condivisa dalle Sezioni Unite di questa
corte con la pronuncia del 31-3-2016, non ancora pubblicata, è inammissibile non
presentando alcun collegamento con il ricorso principale che attaccava il relativo capo
della sentenza impugnata solo sul punto della sussistenza del nesso causale tra
condotta ed evento.

Posizione SERRA
1. Il primo motivo di ricorso, afferente a violazione di legge e vizio di motivazione in
relazione al capo 2 (la bancarotta per distrazione dei finanziamenti a Ellefin e Gens
senza contropartita economica), è manifestamente infondato giacché assume la

21

materia (15638/2015; 51526/2013; 11257/2013; 628/2013; 30341/2012;

configurabilità della bancarotta preferenziale, tra l’altro senza considerare che la
giurisprudenza di legittimità, come già ricordato, non è univoca al riguardo, dando per
accertata l’avvenuta compensazione, nella specie, tra debiti verso la società poi fallita e
crediti dei soci per finanziamenti alla stessa. Compensazione, per contro, oggetto di
mera asserzione dell’impugnante ma esclusa dalla corte di appello motivando
ampiamente sull’assenza di qualunque traccia documentale dei finanziamenti soci e
sulla finalizzazione dei giroconti su soci c/finanziamenti al sostanziale azzeramento

D.D./A.A. e a Serra, con capitali minimi, vissute solo qualche anno e poi fallite.
Né la sentenza ha mancato di congruamente evidenziare la fittizietà del giroconto a
Immobile Barberino c/impegni, come già ricordato trattando il ricorso B.B..
2. Su tale presupposto in fatto la corte fiorentina ha affrontato la questione giuridica del
nomen iuris d el reato -lo si ribadisce- soltanto con un

obiter dictum, peraltro in

conformità ai più recenti arresti giurisprudenziali, già evocati a proposito di analogo
motivo del ricorso B.B..
3. Vale la pena comunque soggiungere che la tesi della compensazione è nella specie
impraticabile anche sotto un ulteriore profilo, quello della diversità delle parti del
rapporto debito credito, in quanto Ellefin e Gens erano debitrici di MG mentre creditori
della società sarebbero stati, in ipotesi difensiva, i soci persone fisiche.
4.

Non è quindi comunque ravvisabile alcun salto logico tra il rilievo della mancanza di
documentazione dei finanziamenti dei soci e la conclusione del carattere fraudolento
delle operazioni di giroconto che avevano portato all’azzeramento dei crediti di MG,
tenuto conto che, nel caso del giroconto Immobile Barberino c/impegni, cui il ricorrente
evita di far riferimento, la fittizietà è conclamata, mentre per il resto, a fronte di uscite
di risorse sociali senza corrispettivo, la prova documentale dei finanziamenti sarebbe
stata onere di chi li invocava.

5. Alla stregua di quanto sopra, la verifica, di cui si critica la mancanza, della congruità
rispetto al credito dell’amministratore della somma portata in compensazione non era
affatto necessaria essendo carente la prova stessa della compensazione.
6. Il secondo motivo, che denuncia vizio di motivazione dell’affermazione di responsabilità
per i capi 3, 5 e 6, è inammissibile.
7. Quanto al capo 3 (distrazione di circa 101 milioni di lire per il pagamento di un debito
personale di Serra nei confronti di MPS, quale cofideiussore di Gens), esso è generico
sia laddove lamenta il mancato esame della documentazione prodotta da B.B.
relativamente all’appostazione contabile ‘socio c/finanziamento per £ 120.967.000’, che
escluderebbe l’elemento soggettivo del reato, sia laddove, a fronte di adeguata risposta
in sentenza con la quale non si misura, ribadisce che l’importo asseritamente distratto
si inserirebbe nel rapporto tra imprese collegate (ma il debito era personale di Serra)
risultando tra i crediti della fallita nella situazione patrimoniale al 31-12-2000 nel conto

22

contabile dei crediti di MG verso Ellefin e Gens, società riferibili rispettivamente a

‘crediti/Serra Bozzano Solinas’. La corte territoriale, a pag. 18 della sentenza, ha invero
dato atto che il pagamento veniva iscritto per l’appunto in quel conto, ma ha
ineccepibilmente concluso per l’infondatezza dell’assunto che si tratterebbe di
erogazioni eseguite nell’ambito della collaborazione tra collegate finalizzate
all’emissione e commercializzazione di carte servizi.
8. Quanto al capo 5 (sopravvalutazione del prezzo di acquisto degli immobili di Galatone
appartenenti alla Ellefin di D.D.e A.A.), la doglianza è generica laddove deduce

incorrendo nel difetto di specificità delle doglianze sulle quali si sollecita il sindacato di
legittimità, gli elementi che, evidenziati nell’appello, ne indicherebbero l’estraneità
all’operazione, a fronte della ritenuta responsabilità quale membro del Cda.
9. Se a ciò si aggiunge che, come evidenziato dalla sentenza di primo grado, il cui
contenuto -in caso di doppia conforme- integra la pronuncia di appello, gli immobili
acquistati non erano funzionali all’esercizio dell’attività sociale (che si svolgeva a
Firenze senza alcun interesse al settore turistico pugliese), e che, come risulta dalla
decisione impugnata (pag. 25), la sopravvalutazione di quei cespiti immobiliari (che il
ricorso Serra non mostra di contestare) era funzionale al mascheramento del dissesto e
all’ottenimento di finanziamenti bancari, la censura risulta comunque anche
manifestamente infondata.
10.La doglianza di motivazione apparente sul capo 6 (distrazione di somme a copertura del
mutuo personale acceso dal Serra per l’acquisto di un immobile in Prato) è generica
giacché, come nel caso precedente, non specifica le doglianze formulate con il gravame
di merito di cui la sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto, è manifestamente
infondata quando valorizza, per escludere la sussistenza del dolo, la risalenza dell’atto
rispetto alla dichiarazione di fallimento e la circostanza che in allora MG fosse in piena
attività. Invero l’implicito riferimento ad una isolata pronuncia di questa corte non basta
a scalfire il tradizionale, costante orientamento di legittimità, anche successivo a tale
decisione, che la corte territoriale mostra di condividere, nel senso che la diminuzione
ingiustificata dell’attivo, idonea a mettere in pericolo le ragioni dei creditori, integra, in
qualunque tempo verificatasi, il reato di bancarotta fraudolenta una volta intervenuta la
dichiarazione di fallimento, non essendo richiesto né che la condotta sia causalmente
collegata al fallimento, né che l’elemento psicologico investa anche l’evento fallimentare
(tra le più recenti: Cass. 11095/2014, 32352/2014)
11 Il terzo motivo, afferente a mancanza di motivazione in ordine al capo 1 tanto sul nesso
causale tra la condotta e il dissesto quanto sull’elemento soggettivo, nonché sull’offesa
ai creditori, è visibilmente assertivo, ma anche generico, quando assume che
risulterebbe ‘pacificamente’ la compensazione di tutte le perdite conseguenti alle
condotte contestate al Serra per effetto di ‘un riequilibrio economico raggiunto
attraverso gli ingenti conferimenti di beni personali dello stesso ricorrente e dei suoi più

23

omessa ricostruzione del ruolo e della condotta del Serra senza precisare, così

stretti familiari’, peraltro non precisati. Mentre il possibile sottinteso richiamo all’istituto
di creazione giurisprudenziale della bancarotta ‘riparata’ (comunque irrilevante in tema
di falso in bilancio se produttivo del dissesto della società) richiederebbe ben altra
specificità di prova, qui insussistente, sul punto dell’annullamento, prima della soglia del
fallimento, degli effetti delle distrazioni.
12.Quanto al nesso causale, la corte, rispondendo ad una doglianza di B.B.(giacché
Serra non ne aveva neppure fatto specifico motivo di appello), argomenta
correttamente a pag. 23 che l’esposizione fraudolenta di un consistente capitale nonché

liquidazione, consente la prosecuzione dell’attività con aggravio del dissesto derivante
dall’accumulo di ulteriori perdite. Sicché la doglianza è priva di fondamento.
13.La censura di vizio di motivazione del diniego di attenuanti generiche, di cui al quarto
motivo, non tiene conto, come l’analogo motivo del ricorso B.B., che il giudice di
merito soddisfa l’onere motivazionale collegato al suo potere discrezionale indicando
uno o più elementi ostativi alla concessione di quelle attenuanti, il che nella specie è
avvenuto mediante il richiamo alla posizione preminente, alla gravità e sistematicità
delle condotte, agli interessi personali perseguiti, mentre il ricorrente non allega ragioni
per le quali la sua posizione avrebbe dovuto essere diversamente valutata rispetto a
quelle di B.B.e di A.A.
14. Manifestamente infondato il quinto motivo sul mancato accoglimento della richiesta di
perizia contabile formulata con l’atto di appello

ex art. 603 cod. proc. pen.,

implicitamente disattesa in sentenza giacché la sussistenza del nesso causale tra le
condotte e il fallimento, rilevante soltanto in relazione al capo 1) e non, come sembra
ritenere il ricorrente, con riferimento a tutti i capi d’imputazione ascritti al Serra,
risultava già accertata sotto il profilo dell’aggravamento del dissesto, mentre
l’individuazione del ruolo svolto dall’imputato nei periodi in cui aveva ricoperto cariche
nella società non avrebbe comunque potuto essere oggetto di perizia contabile.
15.Quanto all’ultimo motivo, in tema di durata delle pene accessorie, si richiamano
integralmente le osservazioni svolte trattando l’analogo motivo del ricorso B.B.,
solo aggiungendo che la sentenza di questa corte richiamata dal ricorrente come
espressione dell’indirizzo giurisprudenziale minoritario favorevole alla commisurazione
della durata delle pene accessorie a quella principale (Cass. 30687/2011, non
massimata), pur fornendo al giudice del rinvio il principio evocato ed auspicato dallo
stesso ricorrente, lo ha fatto traendolo da una sentenza (Cass. 13579/2010) che lo
aveva enunciato con riferimento alla diversa ipotesi della bancarotta semplice.
16.11 motivo nuovo che la difesa Serra ha depositato in data 18-4-2016 è tardivo per le
stesse ragioni precisate con riferimento ai motivi nuovi di B.B., essendo
comunque inammissibile anche perché non collegato al ricorso principale nel quale la
sussistenza dell’elemento oggettivo del reato di bancarotta impropria societaria era
24

di poste attive inesistenti, occultando la necessità di rifinanziamento o di messa in

stata contestata con riferimento soltanto all’eziologia tra le false comunicazioni ed il
dissesto e non anche alla falsità intrinseca delle poste di bilancio.

Posizione A.A.
1. I primi due motivi di ricorso sono privi di fondamento.
2. Allo scopo di censurare l’affermazione di responsabilità per la bancarotta impropria di
cui al capo 1, l’impugnazione muove dalla doglianza di motivazione apparente sul ruolo

solo per un brevissimo periodo di tempo, era stato amministratore delegato della
stessa.
3. Di tale prospettazione hanno però fatto motivatamente giustizia i giudici di merito
osservando che, non solo l’imputato era stato l’ideatore del progetto della
commercializzazione delle carte servizi gestito inizialmente tramite Ellefin di Serra, ma,
dopo la creazione con quest’ultimo di MG, ne aveva assunto il ruolo di AD dal 13-91999 al febbraio 2000 per poi ricoprire la carica di consigliere dal 25-2-2000 al 23-32000, mentre dal 15-9-1998 al 13-9-1999, e quindi immediatamente prima,
amministratore della società era stata la sua compagna D.D.la quale aveva ,
ammesso di aver assunto la carica su richiesta dell’imputato pur continuando a svolgere
il suo lavoro di venditrice. Circa un mese prima delle dimissioni di A.A.,
poi, era entrato a far parte del Cda il, ma MG era stata sempre
amministrata, a detta della D.D. riscontrata dalle dipendenti, dal trio A.A., Serra,
B.B., anche quando costoro non facevano non formalmente parte dell’organo
amministrativo nel quale erano rappresentati da familiari o comunque persone di
fiducia.
4. Infatti, secondo il testimoniale assunto, A.A.aveva un ufficio nello stabile della sede
di MG e si occupava in particolare degli aspetti contrattualistici e legali della società
(testi Carlo Rettori, conoscente di A.A., e Valentina Capecchi, dipendente di MG); i
referenti delle dipendenti erano B.B.e A.A.(Capecchi); gli ordini per
l’emissione della fatture erano impartiti da B.B.e da A.A.(Teresa Gangale,
dipendente di MG) i quali tenevano i rapporti con gli istituti di credito, mentre gli altri
personaggi erano dei prestanome di A.A., B.B.e Serra (Gangale).
5. Alla pretesa dell’imputato, per quanto detto infondata, di aver gestito la società soltanto
nel breve spazio in cui aveva formalmente ricoperto la carica di amministratore, si lega
la censura di vizio di motivazione circa la sussistenza in fatto della condotta a lui
direttamente addebitabile, inglobata nel capo 1 e contestata al capo 5 come distrattiva,
relativa alla sopravvalutazione degli immobili siti in Galatone, acquistati da MG
rappresentata dalla D.D. (manovrata, per quanto osservato, dallo stesso A.A. )
dalla proprietaria FIM, già Ellefin, riferibile -non a caso- ai medesimi D.D. e A.A. ,
al prezzo di 500 milioni di lire, mentre gli immobili, come da consulenza svolta in sede

25

di amministratore di fatto, essendo invece A.A. socio e consulente della società che,

civile, valevano all’epoca 143 milioni di lire circa ed erano stati acquistati nel 1993 per
80 milioni di lire.
6. Quadro che, se completato con il rilievo, già ricordato trattando il ricorso Serra, che
quegli immobili erano tutt’altro che funzionali all’attività di MG, la quale comunque non
aveva il benché minimo interesse al settore turistico in Puglia, non può che rimandare
l’immagine della dissipazione di denaro sociale in danno dei creditori ed a vantaggio del
gruppo facente capo all’imputato, risoltasi poi anche in una voce di bilancio non vera,

7.

A fronte di ciò, il richiamo ad asseriti finanziamenti alla società da parte dell’imputato,
vero e proprio leit motiv delle strategie difensive dei tre imputati principali, di cui si
parlerà ancora trattando il capo 2) oggetto del terzo motivo del ricorso in esame, è
comunque eccentrico rispetto alla configurabilità dei reati di bancarotta impropria e di
bancarotta fraudolenta patrimoniale.

8.

L’assunto, poi, che gli immobili di Galatone sarebbero stati oggetto di conferimento
gratuito a MG, come sarebbe confermato dal coimputato Serra e dal curatore Laganà, le
cui dichiarazioni dibattimentali sono state allegate al ricorso, è frutto di
un’interpretazione soggettiva dell’esame tanto di Serra quanto del curatore, il primo dei
quali si era limitato ad affermare che non gli risultava che gli immobili fossero stati
pagati da MG, il secondo che la contabilità della società era confusa, caotica ed
insufficiente.

9. Si è già detto nella parte generale del valore non decisivo a fini difensivi delle denunce
effettuate da A.A.tramite il figlio di talune condotte di altri amministratori,
conseguenti alla rottura dei rapporti con B.B..
10.11 secondo motivo ripropone la censura, comune ai due ricorsi già trattati e a quello di
A.A., di vizio di motivazione sul nesso causale tra il falso in bilancio e il
dissesto della società. Ad evidenziarne l’infondatezza basterà qui ribadire che la
circostanza che la CTU Quagliotti abbia fatto risalire agli anni 1997-1998 l’insolvenza
della società, non comporta affatto l’indifferenza dal punto di vista penale delle
successive condotte degli amministratori di fatto e di diritto. Tali condotte, infatti, come
ritenuto in sentenza, hanno consentito, occultando la necessità di rifinanziamento o di
messa in liquidazione, la prosecuzione dell’attività con accumulo di ulteriori perdite ed
aggravio del dissesto, simulando una inesistente situazione di solidità della società da
un lato per continuare ad accedere al credito bancario, dall’altro per procedere
all’aumento di capitale e trasformare MG da società a responsabilità limitata in società
per azioni. E anche l’aggravamento del dissesto, per giurisprudenza di questa corte già
ricordata, configura il reato per il principio dell’equivalenza delle concause dell’evento.
11.1 successivi motivi, non diversamente da quelli del ricorso B.B., ruotano in gran
parte intorno alla frammentazione dell’esame degli episodi distrattivi con l’obiettivo di
allontanare A.A. da quelli che non lo vedono coinvolto in prima persona,

26

atta a contribuire a mascherare lo stato d’insolvenza della società.

trascurando che, come evidenziato in sentenza, la visione globale delle condotte
depauperative ne dimostra la finalizzazione a beneficiare ora uno ora l’altro gruppo
dirigente, secondo un piano che assicurava l’alternanza alla guida dell’amministrazione
dei tre domini o di loro rappresentanti, la cui qualifica era giustificata soltanto da legami
familiari, sentimentali o fiduciari (per quanto riguarda in particolare A.A., prima la
compagna D.D., poi il figlio A.A.).
12.11 terzo motivo, che investe con la censura di vizio di motivazione il capo 2 (distrazione

per finanziare la Gens, in assenza di contropartita), è però del tutto originale, in quanto
non condiviso da nessuno degli altri ricorrenti, nella parte cui fa leva sull’assunto che la
prima somma rappresenterebbe un finanziamento alla fallita da parte di Ellefin
(amministrata da A.A.) per effetto della rinuncia da parte dì questa ad un credito da
forniture verso MG.
13. L’assunto capovolge, senza alcuna base probatoria, la ricostruzione in fatto della corte
territoriale secondo la quale era stata invece MG a finanziare Ellefin per tale importo, e
non il contrario, senza alcuna richiesta dì restituzione e con successivo annullamento di
quel finanziamento -come di quello a Gens- attraverso operazioni di storno sulle voci
Immobile Barberino c/impegni, della cui fittizietà ritenuta in sentenza si è già dato atto,
e conti finanziamento soci (S.S., D.D.e B.B.), senza che di tali presunti
finanziamenti soci (con cui il credito della fallita sarebbe stato posto in compensazione)
vi fosse alcuna documentazione.
14.11 motivo si ispira invece alla strategia della dissociazione dagli episodi apparentemente
ascrivibili ad altri correi, laddove lamenta che le sentenze di merito non avrebbero
giustificato l’addebitabilità a A.A. del finanziamento alla Gens (amministrata da
Serra). Per contro la corte territoriale non ha mancato di evidenziare, oltre all’unicità
del piano di depauperamento della società, che al momento topico della distrazione,
rappresentato dall’occultamento del credito da finanziamento mediante storno del
credito verso Gens, in Cda sedeva la D.D., compagna di A.A. , con conseguente
condivisione da parte di questi, per le ragioni già indicate, di tale operazione.
15.Quanto al quarto motivo che investe il capo 3 (distrazione di circa 101 milioni di lire
versati il 12-4-2000 al MPS a copertura di un debito di Paolo Serra) si è già detto della
tardività, e della strumentalità, delle denunce effettuate da A.A. tramite il figlio
A.A., che in quel momento era componente del Cda, di talune condotte di B.B.,
collegate nella sentenza di primo grado al contrasto insorto con costui dopo la scoperta
di alcune irregolarità da parte sua.
16.Anche il quinto motivo, riguardante il capo 4 (distrazione di circa 50 milioni di lire in
assegni bancari -agosto dicembre 1999- nel periodo in cui l’imputato era, come
ammesso nel ricorso, AD della società poi fallita), lamenta vizio di motivazione per
mancata considerazione dì dichiarazioni dibattimentali, quelle della D.D. e delle
27

di somme per oltre 613 milioni di lire per finanziare la Ellefin e di circa 405 milioni di lire

dipendenti Capecchi e Gangale, dalle quali risulterebbe che l’operazione era avvenuta
ad insaputa di A.A. a causa delle modalità accentratrici della gestione dei poteri di
amministrazione da parte di B.B.il quale aveva utilizzato gli assegni per finalità
personali.
17.Anche se quest’ultimo fatto è vero giacché i titoli erano andati a beneficio della famiglia
B.B., non solo esso non è decisivo posto che le operazioni distrattive
beneficiavano alternativamente, come si è detto, i tre gruppi di potere, ma, anche in

sono frutto di un’interpretazione soggettiva di esse, che ne privilegia dei brani a
discapito delle parti valorizzate in sentenza, senza contare che la D.D., ad evidenziare
la posizione paritaria, anche se potenzialmente antagonistica, di B.B.e A.A.
nella gestione societaria, li ha definiti ‘due galli in un pollaio’. E senza contare, ancora,
che, se davvero B.B. avesse precluso l’accesso a chiunque alla cassaforte dove
custodiva gelosamente gli assegni sottoscritti in bianco da D.D.,
amministratrice formale della società fino a settembre 1999, sarebbe insostenibile
l’ulteriore assunto del ricorrente, divenuto da allora amministratore delegato, secondo
cui in precedenza non erano emersi segnali sintomatici di condotte illecite di B.B..
18.11 sesto motivo, con riguardo specifico al capo 5 d’imputazione, reitera la prospettazione
del conferimento gratuito degli immobili siti in Galatone, desumendone l’assenza di
qualunque dissipazione/distrazione. Sta di fatto che essa è ancorata al sottile filo delle
dichiarazioni rese in sede di controesame dal curatore fallimentare e dal CTU Quagliotti
(testimonianze pure allegate al ricorso), tuttavia non univoche nel senso prospettato
dalla difesa (Quagliotti ha riferito di non aver visionato documentazione bancaria
dell’esborso del prezzo da parte di MG, ma che tuttavia la contabilità collimava con una
‘ricevuta’, aggiungendo che i consulenti delle parti nella causa civile non avevano
contestato l’avvenuto pagamento del prezzo degli immobili), che ne dà
un’interpretazione soggettiva, in linea con frasi e commenti manoscritti a penna a
margine della trascrizione del verbale stenotipico.
19.E’ infondata la censura di vizio di motivazione dedotta con il settimo motivo sul capo 6
d’imputazione (distrazione di somme utilizzate per pagare il mutuo di £ 170.000.000
acceso da Paolo Serra per l’acquisto dallo A.A. di un immobile in Prato,
successivamente ceduto a B.B.e poi a A.A.). Gli argomenti
del ricorrente attaccano solo in parte la ricostruzione della vicenda condivisa in
sentenza. Egli si preoccupa infatti soltanto di giustificare la causale dei due assegni
emessi dalla fallita da lui riscossi (rispettivamente di £ 15.500.000 e di £ 10.000.000,
quest’ultimo in realtà di £ 12.972.880) allegandone la natura di compenso per l’attività
di consulenza prestata alla fallita e lamentando l’omessa considerazione di tale
circostanza da parte del giudice di appello.

28

questo caso, l’analisi delle deposizioni allegate al ricorso rivela che le conclusioni tratte

20.11 ricorrente oblitera però del tutto altri due assegni, di 13 milioni di lire l’uno e di 10
milioni di lire l’altro, nonché un bonifico di oltre 6 milioni di lire, non sfuggiti ai giudici di
merito, tutti riferiti per tabulas a versamenti da parte di MG per il pagamento del mutuo
in questione, in epoca in cui erano amministratori A.A..
21.L’ottavo motivo, che investe il capo 7 solo quanto alla bancarotta impropria assorbita
nel capo 1 (non anche quanto alla bancarotta fraudolenta documentale contestata nel
medesimo capo), denuncia omessa motivazione sulla responsabilità in quanto si
tratterebbe di fatti avvenuti dopo la proposizione da parte di A.A. del ricorso

che l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, che integra le operazioni dolose
configuranti il reato di cui all’art. 223, secondo comma, n.2, legge fall., risale agli anni
1999 e 2000, nulla dunque autorizzando la generica asserzione del ricorrente.
22.1 successivi due motivi (indicati come ottavo e nono, ma in realtà nono e decimo) sono
infondati laddove lamentano tanto violazione di legge in punto applicabilità
dell’aggravante del danno di particolare gravità ai fatti di bancarotta fraudolenta ex art.
223 legge fall., quanto vizio di motivazione sulla ricorrenza in fatto dell’aggravante.
23.La questione in diritto prospettata, allo stato dell’evoluzione giurisprudenziale di (
legittimità, si appalesa infondata.
24.E’ pur vero che, secondo un indirizzo giurisprudenziale (Sez. 5, n. 8829 del 18/12/2009
– dep. 05/03/2010, Truzzi e altri, Rv. 246154), la circostanza aggravante ad effetto
speciale del danno patrimoniale di rilevante gravità di cui all’art. 219, comma primo,
legge fall., non si applicherebbe all’ipotesi di bancarotta fraudolenta impropria essendo
il richiamo letterale dell’art. 219, comma primo, legge fall. -circoscritto agli artt. 216,
217 e 218 I. fall.- determinato dalla diversità strutturale ed ontologica sussistente tra la
bancarotta fraudolenta impropria e quella ordinaria che ne precluderebbe l’estensione in
via analogica, vietata in materia penale.
25.Ma le successive decisioni in materia esprimono in modo convergente l’opposto
orientamento, cui si ritiene di dare continuità, per il quale l’interpretazione ragionevole
dell’integrale richiamo operato dall’art. 223 legge fall. all’art. 216 stessa legge non
possa che intendersi riferito, sia pure implicitamente -pena, a diversamente ritenere,
l’ingiustificabile sottoposizione dell’imprenditore individuale ad un trattamento
sanzionatorio astrattamente più afflittivo-, anche all’elemento accidentale della seconda
norma, e cioè alla circostanza aggravante della rilevante gravità del danno, applicabile
a detta fattispecie in virtù del rinvio operato dall’art. 219, comma 1, da ritenersi quindi
anch’esso indirettamente richiamato dall’art. 223, comma 1, e dunque applicabile al
reato di bancarotta impropria ivi previsto senza incorrere nel divieto di interpretazione
analogica in malam partem (Cass. 17690/2010, 30932/2010, 44933/2011, 127/2012,
10791/2012, 18695/2013, 38978/2013, 2903/2013, 12426/2013).

29

ex art. 2409 cod. civ.. Senonché la semplice lettura del capo d’imputazione evidenzia

26.Sulla sussistenza in fatto dell’aggravante, peraltro in re ipsa nella formulazione del capo
1, non vi era motivo di appello, essendo quindi la relativa doglianza inammissibile.
27. L’ultimo motivo (qualificato nono ma in realtà undicesimo), in tema di generiche e
trattamento sanzionatorio, è infondato per le ragioni già indicate trattando l’analogo
motivo dei ricorsi B.B.e Serra.
28. Del pari infondato il secondo ricorso nell’interesse di A.A.
29.L’impugnante pretenderebbe di estendere alla presente sede gli effetti della sentenza di
secondo grado emessa dalla Corte di appello di Firenze sull’azione di responsabilità nei

un lato, che le diverse sedi giurisdizionali e i diversi regimi probatori (oltre che il
possibile diverso patrimonio probatorio nei due procedimenti) precludono l’applicazione
nel presente delle conclusioni tratte in ambito civilistico circa l’esercizio da parte
dell’imputato di funzioni di amministratore di fatto, dall’altro che l’esclusione nei
confronti di A.A., in sede civile, della responsabilità per l’occultamento del

deficit preesistente al suo ingresso nella società, che il ricorrente chiede di estendere
alla sua posizione, non esclude, a quanto risulta dalla stessa sentenza allegata al ricorso
acquisita agli atti all’odierna udienza, la responsabilità dell’amministratore se la
prosecuzione dell’attività d’impresa sia stata produttiva, come risulta nella specie per
quanto sopra osservato, di un danno per la società conseguente all’aggravamento del
dissesto.

Prima di passare alla trattazione delle posizioni minori (S.S., A.A. e M.M.),
va ricordato che costoro, formalmente consiglieri senza deleghe, avevano preso parte, con
B.B., non ricorrente, e D.D., separatamente giudicata, ad onta della
brevità del mandato di taluno di essi, a decisioni del Cda e a delibere assembleari
determinanti per la vita della società poi dichiarata fallita in quanto intese a creare agli occhi
dei terzi una situazione di apparente solidità economico-finanziaria di MG allo scopo di
aumentarne il capitale per trasformarla in Spa. Va pure sottolineato che nessuno di essi
avrebbe avuto ragione di ricoprire la carica se non fosse stato familiare o comunque persona
vicina a uno dei tre domini della società.

Posizione S.S.
1. Il ricorrente, che risponde solo della bancarotta impropria societaria da falso in bilancio
(capo 1 lett. b) quale consigliere di amministrazione di MG dal 4-9-2000 al 28-9-2001,
deduce con il primo motivo violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al
riconoscimento del dolo e del nesso causale del reato contestato ritenendo al più
configurabile bancarotta semplice.
2. E’ però proprio la citazione testuale, contenuta nel ricorso, delle sentenze di primo e
secondo grado nelle parti relative alla sua posizione, ad evidenziare le condivisibili
30

confronti degli amministratori proposta dal curatore fallimentare di MG, trascurando, da

ragioni per le quali gli è stata riconosciuta una responsabilità da concorso omissivo con
dolo eventuale con gli amministratori operativi per aver quanto meno accettato il rischio
che il bilancio proposto all’assemblea dal Cda non corrispondesse alla reale situazione
societaria.
3. Ragioni sintetizzabili nelle seguenti: a) aveva ottenuto l’incarico di amministratore,
quale persona di fiducia di B.B., nella prospettiva di non dover
concretamente amministrare (il che dimostra che chi glielo aveva conferito intendeva

periodo non sedeva nel Cda (come sottolineato nella sentenza di primo grado); c) il suo
incarico risulta compreso tra settembre 2000 e settembre 2001, periodo nel quale fu
approvato il bilancio al 31-12-2000 le cui falsificazioni erano alla base della
trasformazione di MG in spa; d) era assiduamente presente presso la sede sociale di MG
e amministratore di New Deal srl, una delle società destinatarie delle fatture fittizie
emesse da MG, avente sede nei locali di quest’ultima alla quale non corrispondeva alcun
canone locatizio; e) aveva costituito con B.B. la Master Consulting di S.S.
Ernesto & C sas cui MG aveva conferito l’incarico dell’organizzazione amministrativa per
tre anni per il corrispettivo mensile di £ 1.500.000.
4.

Elementi, quelli indicati, ritenuti con ragione dai giudici di merito indicativi dell’effettiva
conoscenza, e non mera conoscibilità, di dati dai quali era desumibile

almeno

l’accettazione del rischio del verificarsi dell’evento pregiudizievole accompagnata dalla
volontaria omissione di attivarsi per scongiurarlo (elemento peraltro richiesto dalla
giurisprudenza di legittimità con riguardo al caso, non del tutto omogeneo a quello in
esame, degli amministratori senza deleghe non sospetti di legami con quelli operativi),
poco contando che i vizi riprodotti nel bilancio 2000 fossero quelli presenti nel bilancio
1999, quando S.S. non ricopriva alcuna carica, giacché la prassi dell’emissione di
fatture per operazioni inesistenti era proseguita anche nel periodo in cui egli era stato
consigliere di amministrazione, con il suo fattivo contributo tramite New Deal, società
da lui amministrata.
5. Infondate, quindi, le doglianze sulla sussistenza dell’elemento psicologico che non
richiede, contrariamente a quanto sembra ritenere il ricorrente, l’intenzionalità
dell’insolvenza, bensì soltanto la consapevole rappresentazione, e l’accettazione del
relativo rischio, della probabile diminuzione della garanzia dei creditori e del connesso
squilibrio economico (Cass. 42257/2014, Solignani; 23091/2012, Baraldi).
6. Quanto al secondo motivo, che investe la configurabilità dell’aggravante dell’art. 219,
primo comma, legge fall. in relazione alla bancarotta impropria societaria, valgono, per
giustificarne l’infondatezza, le stesse argomentazioni esposte a proposito dell’ottavo
motivo del ricorso A.A., da intendersi qui integralmente richiamate.
7. Inammissibile il terzo motivo, generico sul travisamento della durata dell’incarico dello
S.S. , indicata assertivamente in sei mesi (7-12-2000/18-6-2001), e comunque
31

agire indisturbato); b) si era interamente affidato al B.B., che però in quel

manifestamente infondato laddove riduce i c.d. segnali di allarme a semplici liti tra
soci’, invece rappresentati dalle plurime circostanze evidenziate nelle sentenze di merito
(tra le quali la sua sostanziale dipendenza da un amministratore di fatto), sopra
ricordate, a fronte delle quali poco rilevano le dimissioni dall’incarico quando si
profilarono all’orizzonte possibili azioni di responsabilità.
8. E’ invece fondato il quarto motivo in quanto la concessione dei benefici di legge era
stata chiesta con i motivi di appello in correlazione alla richiesta di riduzione della pena
nei limiti della relativa concedibilità. L’accoglimento di quest’ultima è stato invece

circa la mancata applicazione dei benefici. Per tale limitato profilo la sentenza merita
annullamento con rinvio al giudice a quo (altra sezione) per nuovo esame sul punto.

Posizione A.A.
1. Il ricorso è nel complesso da rigettare, essendo alcune doglianze inammissibili.
2.

Il primo motivo, riferito ad entrambe le imputazioni (capi 1 e 3), non è congruente con
la motivazione della sentenza impugnata giacché denuncia inosservanza ed erronea
applicazione dell’art. 2392 cod. civ. (relativo alla responsabilità degli amministratori
che, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non ne hanno impedito il t
compimento), e degli artt. 216-223 legge fall., senza considerare, da un lato, che la
responsabilità per il capo 1) non è stata fatta discendere dalla mera partecipazione a
due delibere assembleari, dall’altro che quella per la distrazione sub 3) -in tal modo
affrontando anche il quarto motivo di ricorso- non è stata ancorata al solo fatto di
ricoprire la carica allorché, il 12-4-2000, fu eseguito il pagamento in moneta sociale del
debito personale di Serra per £ 101.700.000.

3.

Infatti i giudici di merito hanno giustificato la responsabilità dell’imputato, non
diversamente da quella di B.B., non ricorrente, considerando entrambi,
piuttosto che come consiglieri non operativi, alla stregua di amministratori di diritto
consapevoli prestanome di quelli di fatto, tali essendo in quel periodo i loro rispettivi
padri, con conseguente applicazione della giurisprudenza sulla responsabilità
dell’amministratore di fatto. Profilo con il quale il ricorso non si confronta. Mentre si è
già detto della tardività, e comunque della strumentalità al contrasto insorto con
B.B., ritenute in sentenza, delle iniziative assunte a vari livelli dall’imputato alcuni
mesi dopo il fatto di cui al capo 3).

4.

Le argomentazioni a sostegno della mancanza assoluta di motivazione sulla
responsabilità in relazione al capo 1) (bancarotta impropria da formazione fittizia del
capitale e falso in bilancio per l’annualità 1999), di cui al secondo motivo, che fanno
leva sull’approvazione del bilancio 1999 dopo appena quattro mesi dall’assunzione della
carica da parte dell’imputato e sulla trasformazione della società in spa, cui il fittizio
aumento di capitale era funzionale, appena un mese dopo il suo insediamento,

32

accompagnato dalla conferma dell’applicazione dell’indulto senza alcuna motivazione

\vj

potrebbero attagliarsi alla figura di un consigliere non operativo estraneo ai centri di
potere della società, ma sono invece eccentriche rispetto alla ricostruzione della
posizione di A.A., effettuata nelle sentenze di merito, quale giovane figlio di un
amministratore -A.A.- i I quale si era dimesso solo un mese dopo
l’ingresso del figlio nel Cda, a conferma del passaggio del testimone dall’uno all’altro dei
due nel perseguimento degli obiettivi del trio Serra, A.A., B.B..
5. Il terzo motivo, riferito allo stesso capo, riecheggia superfluamente la censura di

d’insolvenza, risalente agli anni 1997-1998, che si assume non aggravato dalla
continuazione dell’attività per effetto delle falsificazioni in quanto la prosecuzione
avrebbe anzi determinato un utile giacché l’attivo fallimentare sarebbe stato
determinato da beni o attività successivi al 1998. Conclusione quest’ultima non solo
meramente assertiva ma smentita dal fatto che intanto le perdite erano comunque
aumentate di poco meno di mezzo miliardo di lire, come ammesso nel ricorso.
6. Il quinto ed il sesto motivo, investendo con i vizi sub b) ed e) art. 606 cod. proc. pen. il
riconoscimento dell’aggravante del danno di rilevante gravità, ricalcano analoghe
doglianze del ricorso di A.A. alla cui trattazione si rinvia.
7. Il settimo motivo, pur rilevando correttamente che la causa estintiva del reato prevale
su quella che estingue la pena (art. 183, secondo comma, cod. pen.), trascura che, a
fronte dell’applicazione in primo grado dell’indulto, la sospensione condizionale della
pena non era stata chiesta con i motivi di appello né comunque sollecitata in quel
giudizio sì da rendere operante l’art. 597, comma 5, cod. proc. pen., essendo quindi il
motivo inammissibile.
8. Il secondo ricorso nell’interesse di A.A., analogo al secondo ricorso del padre
A.A., richiama anch’esso, ed allega, la sentenza della Corte di appello di Firenze,
acquisita all’odierna udienza, che nella causa per azione di responsabilità nei confronti
degli amministratori ha ribaltato la decisione di primo grado in accoglimento dell’appello
dell’imputato osservando che il mero occultamento di un

deficit non determina un

danno sociale potendo però essere causa di un danno se la continuazione dell’attività è
pregiudizievole, danno al risarcimento del quale A.A.  non era stato condannato
neppure in primo grado, a differenza di altri convenuti in giudizio.
9. Al di là di quanto già osservato riguardo al secondo ricorso nell’interesse del padre
dell’imputato circa la diversità delle sedi giurisdizionali e dei regimi probatori (oltre che
circa il possibile diverso patrimonio probatorio nei due procedimenti) preclusiva
dell’automatica applicazione nel presente delle conclusioni raggiunte in ambito
civilistico, si sottolinea che l’esclusione nei confronti di A.A., in sede civile,
della responsabilità per l’occultamento del deficit preesistente al suo ingresso nella
società, non è in astratto incompatibile, secondo quanto riconosciuto anche in quella
sede, con il riconoscimento della responsabilità dell’amministratore se la prosecuzione

33

mancanza di motivazione sul nesso causale tra la condotta ascritta all’imputo e lo stato

dell’attività d’impresa sia stata produttiva, come risulta in fatto nella specie per quanto
sopra osservato (senza che ciò possa essere contraddetto dalla decisione assunta in
sede civile), di un danno per la società per effetto di aggravamento del dissesto.

Posizione M.M.
1. Il ricorso merita rigetto salvo che sotto il profilo del mancato esame della richiesta di
sospensione condizionale della pena.

vicendevolmente, hanno delineato la figura dell’imputata come di colei che, succeduta
nel consiglio di amministrazione di MG al compagno Serra (dimessosi per evitare le
ripercussioni del fallimento di Gens, società a lui riferibile, sull’immagine di MG nei
confronti degli istituti di credito finanziatori), aveva preso parte a due momenti decisivi
per la vita della società contribuendo tanto alla presentazione dei bilanci 1999 e 2000,
quanto alla loro approvazione in assemblea, rispondendo quindi dei reati di cui al capo 1
lettere a) e b).
3. A fronte di ciò, e contrariamente a quanto assunto dalla ricorrente nell’unico articolato
motivo di impugnazione, i giudici di merito hanno correttamente escluso, a prescindere
dal novellato art. 2381 cod. civ. successivo alla dichiarazione di fallimento di MG, che
essa fosse un mero inconsapevole prestanome, evidenziando, con motivazione che si
sottrae a vizi di legittimità, che aveva mantenuto la carica, uniformandosi alle
indicazioni del compagno, nonostante l’impossibilità di verificare l’andamento della
società, a nulla rilevando il suo luogo di residenza o la sua recente cooptazione nel Cda.
4. Infatti la circostanza che le fosse stato negato l’accesso al controllo dei libri sociali,
anche ove incompetente al loro esame, è stata logicamente valorizzata dai giudici di
merito non già in chiave sintomatica di buona fede, come auspicato nel ricorso, ma
piuttosto come significativo campanello di allarme, nella migliore delle ipotesi
volutamente trascurato, di anomalie nella gestione, con accettazione del rischio del
verificarsi dei fatti di bancarotta fraudolenta, essendo quindi da escludere la ricorrenza
di quelli di bancarotta semplice.
5. Conclusione in linea con il principio giurisprudenziale di legittimità secondo cui, ai fini
della configurabilità del concorso per omesso impedimento dell’amministratore privo di
delega, è necessaria la prova della sua concreta conoscenza del fatto pregiudizievole
per la società o, quanto meno, di “segnali di allarme” inequivocabili, dai quali è
desumibile l’accettazione del rischio del verificarsi dell’evento illecito, nonché della
volontaria omissione di attivarsi per scongiurarlo (Sez. 5, n. 32352 del 07/03/2014 dep. 22/07/2014, Tanzi e altri, Rv. 261938).
6. La censura sulla sussistenza delle aggravanti è poi infondatamente ancorata alla
marginalità della posizione della M.M. e alla riduzione della pena in secondo grado,
profili che nulla hanno a che vedere con la configurabilità del danno di rilevante gravità.
34

2. Va premesso che le sentenze di primo e secondo grado, le cui motivazioni si integrano

7. Fondata invece la doglianza di difetto di motivazione del diniego di concessione della
sospensione condizionale della pena, per le ragioni già indicate trattando l’analogo
motivo del ricorso S.S., che qui si richiamano.
8. Da ultimo va ritenuta manifestamente infondata la censura inerente la mancata
ammissione di perizia contabile, ancorata, per quanto implicitamente, in sentenza alla
possibilità di decisione allo stato degli atti a fronte dell’eccezionalità dell’istituto della
rinnovazione del dibattimento. Senza contare che la manifesta finalità della ricorrente

condotta rispetto al dissesto di MG, nell’erroneo presupposto che la valutazione della
portata causale di tale condotta debba essere effettuata isolatamente anziché come
fatto concorrente con le condotte dei coimputati.

Quanto sopra giustifica l’annullamento della sentenza impugnata nei confronti di S.S. e
M.M. limitatamente all’omessa pronuncia in relazione ai benefici di legge con rinvio per
nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte di Appello di Firenze, e rigetto nel resto
dei ricorsi dei predetti, e il rigetto dei ricorsi di Serra, B.B., A.A. e
A.A. con condanna di ciascuno di costoro al pagamento delle spese del
procedimento.
Segue altresì la condanna solidale dei ricorrenti, ad eccezione di M.M., nei cui confronti
la parte civile non ha concluso, al rimborso della spese sostenute nel grado dalla parte
civile, liquidate in dispositivo.

P. Q. M.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di S.S. e M.M.
limitatamente all’omessa pronuncia in relazione ai chiesti benefici con rinvio per nuovo
esame sul punto ad altra sezione della Corte di Appello di Firenze.
Rigetta nel resto i ricorsi dei predetti.
Rigetta i ricorsi di Serra, B.B., A.A.  e condanna
ciascuno dei predetti quattro al pagamento delle spese del procedimento.
Condanna altresì in solido tutti i ricorrenti, ad eccezione di M..M, al
rimborso della spese sostenute nel grado dalla parte civile che liquida in complessivi C 4000
oltre accessori di legge.
Così deciso il 3-5-2016

sarebbe quella, in particolare, dell’accertamento, tramite perizia, dell’efficacia della sua

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