Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2790 del 09/12/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 2790 Anno 2016
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: PARDO IGNAZIO

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. IGNAZIO PARDO
sentite le conclusioni del Procuratore Generale Dott. Delia Cardia che ha concluso
chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso
udito il difensore Avv.to Carmelo Peluso del foro di Catania che si riporta ai motivi.
RITENUTO IN FATTO
1.1 Con ordinanza in data 3 agosto 2015 il Tribunale del riesame di Catania accoglieva l’appello
proposto dal Procuratore della Repubblica avverso il provvedimento di rigetto dell’istanza di
sequestro adottata dal G.I.P. dello stesso Tribunale il 25-2-2015 e disponeva il sequestro
preventivo della somma di C 1.599.090,00 nei confronti dei germani Russo Pietro, Russo
Elisabetta e Russo Damiano tutti indagati del reato di riciclaggio.
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Data Udienza: 09/12/2015

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1.2 Ad avviso del giudice del riesame la somma in parola doveva ritenersi provento dei delitti
tributari e di bancarotta fraudolenta commessi dal padre degli indagati, Russo Placido,
antecedentemente il fallimento della Vigilnot Trinacria dichiarato nell’anno 2001; detto importo
in denaro risultava trasferito in Svizzera presso la Fideurarn Bank Suisse negli anni
immediatamente precedenti il 2001 e, successivamente, risultava rientrato in Italia su un c/c
cointestato agli indagati presso la Banca Fideuram, avvalendosi dello scudo fiscale di cui al
decreto legge n. 78 del 2009, con quattro distinti bonifici ricevuti, due, nel dicembre del 2009

“coerenza logica e consequenzialità temporale tra i cospicui importi non versati dalla Vigilnot
Trinacria all’Erario negli anni 1993-1997 (oggetto delle contestazioni definite con
patteggiamento), la mancata rilevazione di consistenti ricavi e altre poste attive al momento
della dichiarazione di fallimento nel 2001, l’apertura di diversi conti correnti presso la Banca
Fideuram nel 2000 da parte di Russo Placido e l’importo delle somme oggetto di rientro di
capitali dalla Svizzera”. Escluso che gli imputati avessero concorso poi nei delitti-presupposto,
ed evidenziate le operazioni bancarie compiute a seguito del rientro dei capitali, il giudice del
riesame riteneva che gli imputati avessero compiuto chiare operazioni dissimulatorie finalizzate
ad impedire l’accertamento dell’origine delittuosa del denaro.
1.3 Contro la suddetta ordinanza proponevano ricorso per cassazione i difensori degli indagati
deducendo, come unico motivo, la violazione dell’art. 606 lett. B) cod. proc. pen., in ragione
della omessa motivazione in ordine alla consapevolezza della provenienza illecita delle somme
e, dunque, con riguardo all’elemento soggettivo del delitto di riciclaggio. Sottolineavano i
difensori mancare qualsiasi riferimento a elementi concreti dai quali dedurre tale
consapevolezza, avuto anche riguardo alla data remota di consumazione dei reati presupposto,
sicchè doveva ritenersi essere assente anche il fumus commissi delicti, elemento necessario
per l’emissione di un provvedimento cautelare reale. Avuto pertanto riguardo alla ricostruzione
dei fatti, non poteva escludersi che il padre avesse agito sfruttando i figli inconsapevoli per
ottenere il rientro delle somme di denaro trasferite prima nei conti correnti in Svizzera.
All’udienza del 9 dicembre 2015 le parti concludevano come in epigrafe.

CONSIDERATO IN DIRITTO
2.1 n ricorso è manifestamente infondato e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile
avendo carattere reiterativo ed aspecifico poiché, a fronte delle argomentate deduzioni del
Tribunale della Libertà di Catania, si limita a riproporre questioni già adeguatamente valutate
senza individuare reali vizi del provvedimento impugnato.
Deve infatti essere premesso che in tema di provvedimenti cautelari reali il ricorso per
cassazione è consentito solo per violazione di legge ex art. 325 cod. proc. pen. e che tale vizio
ricomprende, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, sia gli “errores in
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ed altri due, nel maggio 2010. Tale conclusione era fondata dal Tribunale in forza della

iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato
argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti
minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile
l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U. n. 25932 del 29/05/2008 Rv. 239692).
2.2 Orbene, nel caso in esame, non ricorre alcuno dei vizi radicali della motivazione
denunciabili con ricorso poiché, quanto al contestato elemento della consapevolezza dell’origine
illecita del denaro fatto rientrare nel conto corrente del quale risultano cointestatari gli odierni

pregnanti sulla base dei quali ricavare il dolo, costituiti: dal rapporto di parentela tra i Russo ed
il padre, autore del delitto presupposto di bancarotta fraudolenta, dalla avvenuta condanna del
padre Russo Placido per reati tributari, dalla declaratoria di fallimento della società di cui questi
era amministratore la Vigilnot Trinacria s.r.I., dalla avvenuta transazione per ben 200.000 € con
la curatela fallimentare finalizzata ad arrestare l’azione di responsabilità nei confronti del socio
amministratore.
2.3 Si tratta di plurimi elementi dai quali risulta che i familiari del Russo, e cioè gli odierni
ricorrenti, erano ben consapevoli dell’origine delle ingenti somme di denaro versate nei conti
svizzeri posto che il fallimento dell’azienda amministrata dal padre, la condanna dello stesso
per reati tributari e la transazione con il versamento di un considerevole importo alla curatela
fallimentare, rendeva gli stessi consapevoli della circostanza che il denaro era stato, prima,
stornato dai conti della Vigilnot Trinacria, poi, occultato in Svizzera al fine di impedirne
l’acquisizione all’attivo fallimentare ed infine, fatto rientrare in Italia sul loro conto corrente.
Basta infatti rilevare che l’avvenuto versamento di quella ingente somma alla curatela
fallimentare rendeva i germani Russo consapevoli della avvenuta consumazione da parte del
padre di condotte distrattive le cui conseguenze quella transazione intendeva proprio arrestare
poiché la prosecuzione del giudizio di responsabilità nei confronti di Russo Placido avrebbe
esposto lo stesso a responsabilità patrimoniali ancora più rilevanti. Inoltre, lo stesso Tribunale
di Catania, evidenziava come il procedimento per reati tributari a carico di Placido Russo,
aveva permesso di accertare che gli elementi attivi sottratti all’imposizione fiscale erano pari a
circa 3 miliardi di lire e cioè quello stesso importo prima versato nella banca svizzera e poi
rientrato grazie alle operazioni compite dagli indagati, elemento ulteriore per affermare che i
Russo avevano piena contezza dell’origine del denaro. A fronte di tale ricostruzione si osserva
che le ulteriori censure riproposte con il presente ricorso, non profilano alcuna violazione di
legge e vanno ritenute null’altro che un modo surrettizio di introdurre, in questa sede di
legittimità, una nuova valutazione di quegli elementi fattuali già ampiamente presi in esame
dal giudice del riesame il quale, con motivazione logica, priva di aporie e del tutto coerente con
gli indicati elementi probatori, ha puntualmente disatteso la tesi difensiva.
2.4 Quanto alla natura dell’operazione che veniva compiuta con il rientro delle somme nel
conto cointestato, avvalendosi dello scudo fiscale, va ricordato come in tema di sequestro il

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ricorrenti, il Tribunale del riesame di Catania ha indicato una serie di elementi specifici e

giudice del riesame è tenuto ad indicare sommariamente, le ragioni che rendono sostenibile
l’impostazione accusatoria, e plausibile un giudizio prognostico negativo per l’indagato, pur
senza sindacare la fondatezza dell’accusa (Sez. 5, n. 49596 del 16/09/2014 Rv. 261677); e nel
caso in esame il trasferimento tramite plurime operazioni di bonifico di somme di denaro di
origine illecita, in un conto cointestato ed il successivo reinvestimento, integra operazioni
dissimulatorie puntualmente sottolineate dal Tribunale di Catania il quale affermava che “così
operando, si è strumentalizzato il meccanismo dello scudo fiscale, piegandolo a fattispecie da

capitali, quali erano certamente le somme rientrate in Italia, provenienti da riserve illecite
formate all’interno della società Vigilnot Trinacria s.r.I., e costituite attraverso ì descritti reati
tributari e fallimentari commessi da Russo Pietro…”.
2.5 In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606 comma
terzo cod.proc.pen., per manifesta infondatezza; alla relativa declaratoria consegue, per il
disposto dell’art. 616 cod.proc.pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che,
ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in €
1.000,00 ciascuno.
P.Q.M.
DICHIARA
Inammissibile il ricorso e
CONDANNA
i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di € 1.000,00 alla
Cassa delle ammende.
Roma, 9 dicembre 2015
IL CONSIGLIERE EST.

(Dott. A

esso escluse, posto che la disciplina in parola non si applica…alle somme imputabili a società di

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