Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 279 del 01/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 279 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAFAGNA GIUSEPPE N. IL 04/03/1964
DE ROSA LUCA N. IL 16/05/1951
GAROFALO SALVATORE N. IL 15/07/1960
avverso la sentenza n. 2238/2006 CORTE APPELLO di BARI, del
16/02/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 01/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 01/10/2013

CAFAGNA Giuseppe, DE ROSA Luca, GAROFALO Salvatore (imputati:
dei delitti di cui agli artt. 648, 110, 629 comma 2, 628 n. Comma 3 nn. 1 e 3;
81 cpv, 61 n. 2 cp – fatti accertati in Margherita di Savoia il 17.12.1996 -;
art. 648, 629 110, 81 cpv, 61 n. 2 cp – fatti accertati in Tiinatopoli- il
17.12.1997, essendo il DE ROSA recidivo reiterato e il GAROFALO,
recidivo, reiterato infraquinquiennaletricorrono per Cassazione avverso la
sentenza 16.2.2012 con la quale la Corte d’Appello di Bari, ritenuta
l’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 equivalente alla recidiva per DE ROSA e
GAROFALO, ha condannato: il CAFAGNA alla pena di anni sei di
reclusione e 1.100,00€ di multa, il DE ROSA e il GAROFALO alla pena di
anni cinque, mesi sei di reclusione e 800,00 £ di multa, così confermando la
decisione 22.6.2005 del Tribunale di Foggia.
Con separati atti, fra loro pienamente sovrapponibili, i ricorrenti lamentano:
§1.) Vizio di motivazione ed erronea applicazione degli artt. 533 e 192 cpp,
perché sarebbero inutilizzabili le dichiarazioni testimoniali rese dagli
appartenenti alla polizia giudiziaria con conseguente insufficienza della
prova desunta dalle dichiarazioni delle persone offese.
Il ricorrente GAROFALO sostiene inoltre di essersi limitato a svolgere la
funzione di mero intermediario nella vicenda, su sollecitazione della persona
offesa e che di conseguenza è errato il giudizio espresso dai giudici di
merito.
§2.) Inosservanza degli arti. 157, 159 e 163 cp, perché, nel respingere la
richiesta di dichiarazione del reato per prescrizione, la Corte territoriale non
ha indicato i periodi di sospensione conteggiando anche i termini concessi a
difesa. I ricorrenti sostengono che il reato di ricettazione si è prescritto alla
data del 13.12.2011, mentre quello di estorsione di cui al capo b) è da alla
data del 13.2.2012, quindi prima della pronuncia della sentenza della Corte
d’Appello del 16.2.2012. Il ricorrente DE ROSA Luca sostiene ancora che
la sospensione della decorrenza della prescrizione per esigenze difensive
del CAFAGNA non può dispiegare effetti negativi sugli altri coimputati
§3.) violazione ed erronea applicazione delle norme di cui all’art. 81 cpv.
Cp, poichè non è stata riconosciuta la continuazione fra i reati, così come
richiesto in sede di formulazione delle conclusioni né sono stati riconosciuti
i benefici di legge ed in particolare quello della sospensione condizionale
della pena.
§4.) vizio di motivazione in relazione ala reiezione della richiesta di
procedere alla riapertura dell’istruttoria dibattimentale per l’escussione del
fratello della persona offesa. Sia il DE ROSA che il CAFAGNA sostengono
che suddetto testimone, avrebbe ulteriormente chiarito lo svolgimento dei
fatti.
PREMESSA IN FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 22.6.2005 il Tribunale di Foggia ha giudicato DE ROSA
LUCA, CAFAGNA Giuseppe e GROFALO Salvatore responsabili dei reati

MOTIVI DELLA DECISIONE

RITENUTO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso, comune a tutti gli imputati, attiene alla richiesta
di declaratoria di estinzione per prescrizione allo 17.12.2011 dei reati di
ricettazione e di estorsione consumati il 17.12.1996, capi a) e b).
I ricorrenti sostengono ancora che per i restanti reati (capi c) e d), la
prescrizione sarebbe maturata in data 13.2.2012. e che la motivazione di
rigetto della relativa richiesta sarebbe erronea essendosi ritenuta la
sospensione della decorrenza della causa estintiva dal 6.12.2011 al
16.2.2012, pur trattandosi di rinvio per concessione di un termine a difesa
per l’ imputato CAFAGNA..
Il motivo di ricorso è infondato per tutti gli imputati.
Dall’esame del fascicolo processuale (consultabile in questa sede stante la
natura della violazione dedotta) emerge che il dibattimento di primo grado è
stato sospeso dal 12.1.1999 al 9.3.2000 e dal 5.11.2003 al 21.4.2004, per un
totale di sette e mesi e tre giorni che vanno aggiunti ai termini indicati dai

loro rispettivamente ascritti. Dalla lettura della sentenza impugnata si
evince quanto segue.
Il primo febbraio del 1997 tale RIZZI Michele, subiva la rapina di un
autocarro e di un trattore. Questi, al fine di recuperare i mezzi si recava a
Trinitaoli (come suggeritogli dagli stessi rapinatori) ed avvicinava
l’imputato CAFAGNA (persona nota al RIZZI), il quale accettava di aiutarlo
al recupero del mezzo sottratogli, invitandolo a recarsi a Margherita di
Savoia, ove su indicazione dello stesso RIZZI prendeva contatto con il DE
ROSA che lo informava circa le richieste economiche dei rapinatori. Il
giorno successivo il RIZZI consegnava la somma di 13 milioni al DE
ROSA, il quale dopo avere rassicurato per telefono tale “Peppino”
sull’esito dell’operazione, si incontrava con il CAFAGNA, provvedendo
successivamente ad accompagnare il RIZZI a recuperare gli automezzi.
In data 17.12.1996 tale PALMATESSA Angelo avendo subito il furto di un
escavatore, si rivolgeva all’imputato GAROFALO che gli era stato indicato
come persona alla quale fare riferimento per ottenere la restituzione del
mezzo; questi, dopo alcuni iniziali riluttanze accogliendo le richiese del
PALMATESSA, riferiva che il mezzo era stato sottratto da albanesi i quali
richiedevano per la restituzione dei veicolo la somma di venticinque milioni
di lire, successivamente ridotta a sei milioni che venivano consegnati con
conseguente restituzione del mezzo.
Condannati in primo grado gli imputati proponevano appello deducendo di
avere svolto attività di semplice intermediazione indifferente su
sollecitazione delle persone offese. DE ROSA e GARAFONO, in subordine
sollecitavano il riconoscimento delle attenuanti generiche e la diminuente
del rito ex art. 444 cpp, che non era stato accordato.
In sede di conclusioni, le difese di DE ROSA e GAROFALO chiedevano
riconoscimento della continuazione tra i fatti giudicati in questa sede e
quelli di cui alla sentenza 15.1.1998 del Tribunale di Trani (irrevocabile il
25.9.2009).
La Corte d’Appello confermava la decisione impugnata.

ricorrenti. I reati pertanto sarebbero prescritti rispettivamente alle date del
17.7.2012 e 16.9.2012, quindi successivamente a quella della sentenza di
appello che sul punto è corretta.
La doglianza formulata dai ricorrenti, pertanto è manifestamente infondata,
perché del tutto erronea in punto accertamento del fatto estintivo, e generica
nella sua deduzione, perchè sarebbe stata onere della parte ricorrente
prendere in considerazione tutte le ordinanze con le quali erano stati disposti
rinvii del dibattimento e indicare in modo specifico le ragioni per le quali
non erano state causa di di sospensione della prescrizione.
Parimenti sono manifestamente infondati ed inammissibili il secondo e il
quarto motivo di ricorso. In particolare: il secondo motivo è generico,
inducente ad una rivalutazione di merito delle dichiarazioni delle persone
offese. Dalla motivazione della sentenza risulta evidente che la Corte
d’Appello non ha tenuto in alcuna considerazione le dichiarazioni rese dalla
Polizia giudiziaria ex art. 195 IV comma cpp, con la conseguenza che la
decisioni non è inficiata da prove inutilizzabili. Le ulteriori censure
attengono alla valutazione della prova, che è questione di mero fatto che
sfugge alla cognizione del giudizio di legittimità. Parimenti sono
inammissibili le doglianze relative al mancato accoglimento dell’istanza di
audizione testimoniale del fratello della persona offesa RIZZI: nessuno dei
ricorrenti ha fornito specificazioni in merito al requisito della decisività
della prova richiesta (peraltro già richiesta ed esclusa nel giudizio primo)
sotto il profilo della sua idoneità a ribaltare del tutto il giudizio al quale è
pervenuta la Corte d’Appello; la mancanza di qualsivoglia indicazione del
sul punto è conducente ad una dichiarazione di inammissibilità del motivo.
Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
In sede di formulazione delle conclusioni la difesa dell’imputato DE ROSA
ha richiesto il riconoscimento della continuazione fra i fatti di cui al presente
giudizio e quelli già giudicati con la sentenza 15.1.1998 del Tribunale di
Trani. La Corte d’Appello ha rigettato la richiesta spiegando che la richiesta
non era stata oggetto di uno specifico motivo di appello.
In questa sede il ricorrente lamenta l’erroneità della decisione sostenendo
che la richiesta di applicazione della “continuazione” non necessariamente
deve costituire uno specifico motivo di impugnazione potendo essere
formulata nel corso del giudizio anche in sede di precisazione della
conclusioni.
La censura è manifestamente infondata. E’ già stato affermato da questa
Corte con decisione qui condivisa alla cui motivazione si fa rinvio, che è
conforme all’effetto devolutivo dell’appello, la sentenza che non si
pronuncia in ordine al nesso di continuazione con altro reato già oggetto di
condanna irrevocabile, per essere stata la questione prospettata non già con i
motivi di appello, ma soltanto con la formulazione delle conclusioni [v.
Cass. Sez. 11 8.2.2011 n. 17077]
I ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili per le sovresposte
ragioni e i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese
processuali e ciascuno della somma di £ 1.000,00 alla Cassa delle ammende,
così determinata in via equitativa la sanzione prevista dall’art. 616 cpp,
ravvisandosi nella condotta processuale estremi di responsabilità

P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno della somma di £ 1.000,00 alla Cassa delle
Ammende.

Così deciso in Roma il 1.10.2013

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