Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27893 del 28/04/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 27893 Anno 2016
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: FIDANZIA ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PALADE GURICA N. IL 04/12/1981
avverso la sentenza n. 1297/2014 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
18/05/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/04/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANDREA FIDANZIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 28/04/2016

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Mario Pinelli, ha concluso
chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Gli avv. Giancarlo Germani e aolo
Giustozzi, in sostituzione dell’avv. Carmela Grillo, per il ricorrente, hanno chiesto
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 18 maggio 2015 la Corte d’Appello di Trieste ha confermato la

reato di furto aggravato, per essersi impossessato del danaro contenuto in tre emettitrici
automatiche di biglietti ferroviari previo scardinamento degli sportelli.
2. Con atto sottoscritto dal suo difensore l’imputato ha proposto ricorso per cassazione
affidandolo ai seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 6 CEDU.
Lamenta il ricorrente che il dibattimento di primo grado è stato viziato dalla sua assenza
dato che dopo che era stato identificato ed aveva eletto domicilio presso il difensore d’ufficio
mai aveva avuto contatti con il suo legale. Inoltre, durante il periodo del processo era detenuto
presso la Casa Circondariale di Perugia e non aveva potuto partecipare al processo per motivi a
lui non imputabili, avendo poi avuto conoscenza della sentenza di condanna solo a seguito
dell’ordine di esecuzione.
Tale doglianza era stata proposta al giudice d’appello che sul punto non aveva adottato
alcuna decisione.
2.2. Con il secondo motivo è stata dedotta la contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione.
Lamenta il ricorrente la insufficiente motivazione del giudice d’appello, che si era solo
richiamato alla sentenza di primo grado, in ordine agli accertamenti eseguiti sull’impronta
papillare senza l’acquisizione di un elaborato tecnico scientifico. Non era stata rinvenuta alcuna
relazione della Polizia scientifica che descrivesse le operazioni eseguite, non evincendosi quale
fosse stato il metodo scientifico utilizzato.
La sentenza della Corte d’Appello si era limitata a correggere errori ed imprecisioni della
sentenza di primo grado.
Vi era stata una lesione delle garanzie difensive in ordine all’analisi ed alla comparazione
delle impronte digitali.
2.3. Con il terzo motivo è stata dedotta la mancata concessione delle attenuanti generiche.
Si era dato rilievo solo ai precedenti penali senza considerare la giovane età dell’imputato
e le sue condizioni disagiate di vita.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

Il primo motivo è inammissibile in quanto manifestamente infondato.

2

sentenza di primo grado con cui Palade Gurica è stato condannato alla pena di giustizia per il

Il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 6 della Convenzione Europea dei diritti
dell’uomo sul rilievo che, non avendo avuto effettiva conoscenza del procedimento, non ha
potuto predisporre un’adeguata difesa.
In realtà, emerge dalla lettura della sentenza impugnata che, prima della celebrazione
del giudizio di appello, il ricorrente aveva avviato una procedura per poter ottenere la
restituzione nel termine ex art. 175 c.p.p. e per poter proporre tempestivamente appello
contro la sentenza di primo grado, istanza che gli è stata accolta.
Il Tribunale di Gorizia lo ha, infatti, rimesso in termini ed il ricorrente ha potuto proporre

Non vi è dubbio che proprio in virtù del procedimento dallo stesso instaurato, finalizzato
alla proposizione dell’appello, il ricorrente abbia avuto congruo termine a disposizione per
preparare la difesa e per indicare le prove a discarico.
Inoltre, posto che è orientamento consolidato che l’imputato condannato in contumacia,
che sia stato restituito nel termine per impugnare la sentenza di primo grado, ha diritto di
ottenere in appello la rinnovazione della istruzione dibattimentale (Sez. 3, n. 39898 del
24/06/2014 – dep. 26/09/2014, G, Rv. 260416), nel caso di specie, il ricorrente non ha
neppure inteso avvalersi di tale prerogativa, non avendo né richiesto la rinnovazione
dell’istruttoria dibattimentale ex art. 603 c.p.p. (ad esempio una nuova audizione del teste
Mazzardis che aveva deposto sulle modalità di rilevamento delle impronte digitali e
comparazione con quelle in possesso della P.G.) – circostanza che è stata puntualmente
evidenziata dal giudice di secondo grado – né ha richiesto una perizia, nonostante che si
trattasse di accertamento ripetibile.
Nessuna violazione del diritto di difesa è quindi stata perpetrata nel corso del
procedimento.
2.

Il secondo motivo è inammissibile in quanto generico.
Il ricorrente ha reiterato pedissequamente la doglianza, già dedotta in appello,

secondo cui la Corte territoriale avrebbe fondato il giudizio di colpevolezza sugli accertamenti
dell’impronta papillare senza che tale valutazione fosse suffragata dall’acquisizione del relativo
elaborato scientifico.
Va, in proposito, rammentato il principio di diritto secondo il quale la mancanza di specificità
del motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma
anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate della decisione impugnata e
quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del
giudice censurato, senza cadere nel vizio di mancanza di specificità, che comporta, a norma
dell’art. 591, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., l’inammissibilità (Sez. 5, n. 28011 del
15/02/2013 – dep. 26/06/2013, Sammarco, Rv. 255568; Sez. 4, 18.9.1997 – 13.1.1998, n.
256, rv. 210157; Sez. 5, 27.1.2005 -25.3.2005, n. 11933, rv. 231708; Sez. 5, 12.12.1996, n.
3608, p.m. in proc. Tizzani e altri, rv. 207389).

3

gravame avverso la sentenza di condanna.

E’ evidente che se il motivo di ricorso si limita – come nel caso in esame- a riprodurre il
motivo d’appello, viene meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la
critica argomentata al provvedimento), posto che con siffatta mera riproduzione il
provvedimento impugnato, invece di essere destinatario di specifica critica argomentata, è di
fatto del tutto ignorato (tra le tante, Sez. 5 n. 25559 del 15 giugno 2012, Pierantoni; Sez. 6 n.
22445 del 8 maggio 2009, p.m. in proc. Candita, rv 244181; Sez. 5 n. 11933 del 27 gennaio
2005, Giagnorio, rv. 231708).

esaustive gli elementi in base ai quali l’imputato è stato individuato come l’autore del furto per
cui è processo, avendo ricostruito sulla base della deposizione del teste Mazzardis – che aveva
eseguito personalmente l’analisi dei frammenti di impronta – che dal data base AFIS era
risultata con un punteggio altissimo la corrispondenza tra le impronte rilevate in occasione del
delitto in oggetto e le impronte dell’imputato già foto segnalato dai Carabinieri di Portogruaro il
25 novembre 2006 per furto.
Né può incidere sulla correttezza dell’operato della Corte territoriale la circostanza che non
sia stato acquisito agli atti processuali un elaborato tecnico.
Questa Corte ha più volte affermato che la comparazione delle impronte prelevate con
quelle già in possesso della polizia giudiziaria non richiede particolari cognizioni tecnicoscientifiche, risolvendosi in un mero accertamento di dati obiettivi, ai sensi dell’art. 354 cod.
proc. pen., con la conseguenza che, qualora colui che abbia svolto attività di comparazione sia
sentito in dibattimento e riferisca in ordine alla medesima, il giudice non è tenuto a disporre
perizia, potendosi attenere alle emergenze esposte dal dichiarante. (Sez. 5, n. 16959 del
09/02/2010 – dep. 04/05/2010, Costache, Rv. 246872).
Il ricorrente si è limitato a dedurre una asserita generica violazione delle garanzie difensive
senza neppure richiedere in fase di appello una perizia sulle impronte rilevate, incombente che
avrebbe potuto essere espletato trattandosi, come detto, di accertamento ripetibile.
Peraltro, coerentemente i giudici di merito hanno ritenuto alla luce dei risultati dei rilievi di
dattiloscopici di individuare nell’imputato l’autore del furto.
Posto che, secondo il costante orientamento di questa Corte, nella interpretazione della
valenza indiziaria delle impronte digitali, il risultato delle indagini dattiloscopiche offre piena
garanzia di attendibilità e può costituire fonte di prova, senza elementi sussidiari di conferma,
anche nel caso in cui tali indagini siano relative all’impronta di un solo dito, purché abbiano
evidenziato almeno sedici o diciassette punti caratteristici uguali per forma e posizione (Sez. 5,
n. 48734 del 13/10/2014, Rv. 261296), nel caso di specie, la Corte territoriale ha evidenziato
che l’impronta è risultata appartenere al dito medio della mano sinistra del ricorrente con
addirittura 29 punti uguali per forma e posizione.
3. Il terzo motivo è inammissibile.
Va osservato che la concessione o meno delle attenuanti generiche, o il bilanciamento delle
circostanze rientrano nell’ambito di un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice,
4

Orbene, la sentenza impugnata aveva evidenziato con argomentazioni coerenti ed

il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la
sua valutazione circa l’adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato ed alla
personalità del reo (Sez. 6 n. 41365 del 28 ottobre 2010, Straface, rv 248737).
Nel caso di specie, la Corte di merito ha congruamente motivato la mancata concessione
di tali attenuanti facendo riferimento ai precedenti penali del ricorrente.
D’altra parte, non è necessario nella motivazione che il giudice prenda in considerazione
tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è
sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo

Giovane, rv 248244).
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, ” 28 aprile 2016
Il consigliere

sore

disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 6 n. 34364 del 16 giugno 2010,

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