Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27893 del 08/05/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 27893 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: MULLIRI GUICLA

SENTENZA

2 6 rAl 2013

sul ricorso proposto da:
Caterino Giacomo, nato a Cipriano d’Aversa il 18.1.71
indagato art. 44/a D.P.R. 380/01

avverso la ordinanza del Tribunale per il Riesame di S. Maria C. V.

del 4.12.12

Sentita, in udienza, la relazione del cons. Guida Mùlliri;
Sentito il P.M. nella persona del P.G. dr. Gioacchino Izzo, che ha chiesto l’annullamento
con rinvio dell’ordinanza impugnata;
Sentito il difensore dell’indagato avv. Alessandro Barbieri, in sost. dell’avv. Alfonso
Reccia, che ha insistito per raccoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO
1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato – La vicenda, nel cui ambito si
colloca il provvedimento cautelare in discussione, riguarda la progettazione definitiva ed
esecutiva nonché la realizzazione dell’ampliamento e della gestione del cimitero di S. Maria a
Vico (Ce).
L’ipotesi criminosa formulata è quella della realizzazione di un’opera con rilevanti
difformità rispetto a quella oggetto di una convenzione tra l’autorità amministrativa e la soc.
“Le Ceneri” 5.r./. (primo contratto dell’1.6.07 ed altro, integrativo, del 14.5.08). In particolare, era
risultata espropriata un’area più vasta di quella assentita, erano state traslate di 11 metri le
cappelle gentilizie ed erano stati realizzati 528 loculi a fronte dei 432 previsti dal progetto.

Data Udienza: 08/05/2013

Dopo un primo parziale sequestro dei manufatti (disposto dalla P.G., convalidato dal G.i.p. e
confermato dal Tribunale per il Riesame) in data 30.7.12, il P.M. aveva chiesto al G.i.p. la emissione di
un decreto di sequestro preventivo dell’intera area cimiteriale (pari a circa 14.000 mq) ma aveva
ricevuto un diniego.
L’appello da lui proposto dinanzi al Tribunale per il Riesame ha, però, trovato
accoglimento con l’ordinanza oggetto del presente gravame, da parte dell’indagato.

1) violazione del _principio di correlazione tra il reato ipotizzato e auello ritenuti
nel decreto di sequestro Preventivo (art. 606 lett b) c.p.p.). Egli ricorda, infatti che, nel proprio
appello, il P.M. ha detto che “residuerebbe comunque .. la fattispecie di cui all’art. 44 lett. b)”
ipotesi che, però, non è mai stata contestata all’indagato.
Si censura, poi, il fatto che il Collegio valuti la realizzazione di 96 loculi e di 8 cappelle
gentilizie come difformità essenziali rispetto al progetto programmato senza fornire spiegazioni
a proposito e soggiunga la esistenza di un periculum in mora basato sulla semplice
affermazione di una indimostrata intenzione dell’indagato di commettere un ulteriore reato. Il
Tribunale per il Riesame dice, infatti, che la misura cautelare si rende necessaria onde evitare
ulteriori modificazioni sine titulo dell’area in oggetto.
Il ricorrente ricorda, però, che, dopo un primo sequestro di soli 4500 mq, nel corso di
un intero anno trascorso successivamente, la restante area non aveva subito modificazioni di
sorta e non vi erano lavori in corso;
2)
carenza di motivazione
(art. 606 lett e) c.p.p.) perché il provvedimento
impugnato non censura gli argomenti svolti nell’ordinanza ed, anzi, li ignora. In particolare
non considera che il G.i.p. ha sostenuto che, anche ammesso che vi sia stata omissione
nell’acquisizione dell’assenso da parte dell’autorità comunale, sulle varianti, ciò avrebbe dato
luogo solo all’applicazione delle sanzioni conseguenti all’inosservanza del codice sugli appalti. Il
Tribunale, quindi, per il ricorrente, ha solo inteso accogliere l’appello del P.M. richiamando le
conclusioni del consulente ed assumendo «un totale stravolgimento dell’opera in origine
assentita» che è basato non sulla pericolosità dell’opera ma sulla colpevolezza di chi ne ha la
disponibilità.

Il ricorrente conclude invocando l’annullamento della ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Motivi della decisione – Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
3.1. Sono sicuramente inconferenti i rilievi che il ricorrente muove con il primo
motivo dal momento che essi si fondano su una disposizione non invocabile in questa fase.
L’art. 521 c.p.p., certamente, non si applica nel corso delle indagini in cui la
contestazione è fluida e non ha, quindi, alcuna nessuna importanza l’eventualità che, in un
futuro, quella che ora è contestazione ex art. 44/a D.P.R. 380/01 possa mutare.
Il teorema dell’indagato è che, siccome il Tribunale ha accolto l’appello del P.M., ha, per
ciò stesso, avallato l’affermazione, contenuta in tale atto, secondo cui, ove non risultasse
provata la violazione dell’art. 44/a, residuerebbe quella di cui alla lett. b) stessa norma (che però
– sottolinea Il ricorrente – non mai stata contestata all’indagat0).

In realtà, le censure del ricorrente sono viziate anche per l’ulteriore considerazione che
il provvedimento impugnato non fa mai riferimento alla violazione dell’art. 44/b ed, anzi,
l’unica norma che vi si invoca è quella della lettera a). Di fatto, quindi, la critica viene rivolta
verso l’atto di impugnazione svolto dal P.M. dinanzi al Tribunale per il Riesame, e non certo
all’ordinanza del Tribunale (unico atto qui impugnabile).
Al massimo, la critica può essere letta come affermazione dell’assenza del fumus ma,
sul punto – come si dirà nel paragrafo che esegue il Tribunale per il Riesame fornisce una
motivazione sostanzialmente valida.

2

2. Motivi del ricorso – Nel citato ricorso si deduce:

44/a D.P.R. 380/01).

In particolare, i giudici di merito osservano poi che, ferme restando le valutazioni
proprie della fase cognitoria, è indiscutibile che, allo stato, siano state accertate variazioni di
natura ed entità tali da doversi considerare “essenziali” ed impedire, quindi, anche che le
stesse potessero essere decise solo dal direttore dei lavori dal momento che avrebbero dovuto,
invece, formare oggetto di richiesta di assenso ai competenti organi comunali come imposto
dalla norma sugli appalti pubblici (artt. 132 d.lgs 163/06 e 162 D.P.R. 207/10).
A fronte del predetto argomentare, basato su precise emergenze investigative che sono
state apprezzate congruamente e logicamente dal Tribunale, le considerazioni del ricorrente si
risolvono solo in un chiaro tentativo di coinvolgere questa S.C. in un riesame degli elementi di
fatto, come, ad esempio, quando richiama l’attenzione sul fatto che nulla sarebbe cambiato
nell’anno trascorso, rispetto al precedente sequestro parziale, e sostiene che nessun lavoro
sarebbe in corso nell’area restante.
Si tratta, all’evidenza, di profili di merito sui quali questi giudici di legittimità non
possono interloquire dal momento che l’accesso agli atti, in questa fase, è rigorosamente
circoscritto e veicolato da censure che non possono essere quelle di merito mentre il controllo
sulla motivazione non può consistere nella verifica chi una lettura alternativa dei medesimi dati
bensì, solo, nell’accertamento che i giudici di merito abbiano giustificato il proprio operato,
fondandosi su dati risultanti dagli atti e che li abbiano commentati in modo non
manifestamente illogico. Questo è quanto, per l’appunto, avvenuto nella specie.
Altrettanto infondata, infine, è la critica del ricorrente secondo cui il provvedimento
impugnato, nel riformarla, non censura, ed ignora, gli argomenti svolti nell’ordinanza del
G. i. p..
L’asserto è inesatto perché, sia pure sinteticamente, i giudici del Tribunale per il
Riesame danno conto di avere esaminato quanto di diverso sostenuto dal G.i.p.
disattendendone le conclusioni sul rilievo che la sua ordinanza avrebbe operato un’analisi
«frammentaria» e come tale «non convincente» (i’. 5).
Nel respingere il ricorso, segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali
P.Q.M.

Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso 1’8 maggio 2013

3.2. Venendo, pertanto, al secondo motivo, il punto di forza del ragionamento
motivazionale del Tribunale va rinvenuto nel rilievo che la richiesta del P.M. è stata formulata
sulla base di una nuova prospettazione di fatto (quella risultante dalla consulenza da lui espletata).
A propria volta, quindi, il Tribunale osserva, in primo luogo, che il compendio su cui si
basa la richiesta del P.M. è più ampio rispetto a quello valutato in precedenza ed, in
particolare, che, per l’appunto, l’elemento di novità è rappresentato da una consulenza tecnica
che ha raggiunto una serie di conclusioni i cui punti fondamentali sono: a) che il progetto in
corso di realizzazione è completamente diverso da quello approvato, essendovi 96 loculi in più
«rispetto al numero approvato» ed essendo essi anche «di impossibile individuazione fisica
attesa la complessiva difformità delle opere in corso rispetto a quelle approvate» (f. 5); b) il
valore delle opere non corrisponde a quello posto originariamente alla base della gara; e) non
sono state rispettate le procedure di approvazione delle modifiche al progetto.
Si tratta di aspetti che il Tribunale giudica sufficientemente documentati sì da
giustificare la conclusione che, allo stato, vi sia il necessario fumus del reato ipotizzato (art.

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