Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27891 del 28/04/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 27891 Anno 2016
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: FIDANZIA ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MERONI GIULIANA N. IL 02/03/1969
avverso la sentenza n. 7588/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del
27/03/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/04/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANDREA FIDANZIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Data Udienza: 28/04/2016

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Mario Pinelli, ha concluso chiedendo la
declaratoria di inammissibilità del ricorso e, in subordine, l’annullamento senza rinvio per
prescrizione.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 27.3.2015 la Corte d’Appello di Milano ha confermato la sentenza di
primo grado con cui Meroni Giuliana è stata condannata alla pena di giustizia per due falsi
materiali commessi in relazione ad una domanda di cancellazione dal Registro Informatico dei
Protesti per avvenuta riabilitazione presentata presso la Camera cl; Commercio di Milano.

affidandolo a tre motivi.
2.1. Con il primo motivo viene dedotta la mancanza, contraddittorietà ed illogicità della
motivazione in ordine alla diversa versione sul reale svolgimento dei fatti fornita dall’imputata
con i motivi d’appello.
Ad avviso della ricorrente, la sentenza impugnata non ha fornito alcuna argomentazione di
natura logico-giuridica idonea a disattendere la tesi difensiva dell’appellante che non è stata
neppure presa in considerazione.
2.2. Con il secondo motivo viene dedotta l’inosservanza di norme processuali in relazione
all’art. 192 c.p.p..
La Corte Territoriale non ha indicato le ragioni della ritenuta infondatezza dei motivi d’appello
né quelle idonee a sostenere la colpevolezza dell’imputata, ritenendo esaustivo quanto
argomentato dal giudice di primo grado.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Entrambi i motivi di ricorso, che per l’omogeneità delle questioni trattate possono
essere esaminati congiuntamente, sono inammissibili.
La ricorrente lamenta che la sentenza impugnata non avrebbe considerato la diversa
versione dei fatti dalla stessa fornita con i motivi d’appello.
Tale assunto non può essere condiviso.
La sentenza della Corte territoriale si è richiamata per relationem alla sentenza di primo
grado in punto di ricostruzione del fatto ed in ordine alla colpevolezza dell’imputata, citando il
principio consolidato di questa Corte della vicendevole integrazione delle sentenze di primo
grado e secondo grado in caso di “doppia conforme”, e dando atto che il giudice di primo grado
aveva già affrontato e risolto la questione nodale della versione difensiva fornita dalla Meroni.
Il richiamo fatto dalla Corte territoriale alla motivazione del giudice di primo grado deve
ritenersi coretto ed immune da censure. Questa Corte ha più volte affermato che, in tema di
motivazione della sentenza di appello, è consentita quella “per relationem”, con riferimento alla
pronuncia di primo grado, nel caso in cui le censure formulate a carico della sentenza del primo
giudice non contengano elementi di novità rispetto a quelli già esaminati e disattesi dallo
stesso: il giudice del gravame non è infatti tenuto a riesaminare una questione formula
genericamente nei motivi di appello che sia stata già risolta dal giudice di primo grado con
2

2. Con atto sottoscritto dal suo difensore l’imputata ha proposto ricorso per cassazione

argomentazioni corrette ed immuni da vizi logici. (Sez. 6, n. 31080 del 14/06/2004 – dep.
15/07/2004, Cerrone, Rv. 229299; conformi Sez. 4, n. 38824 del 17/09/2008 – dep.
14/10/2008, Raso e altri, Rv. 241062 e Sez. 2, n. 30838 del 19/03/2013 – dep. 18/07/2013,
Autieri e altri, Rv. 257056).
Orbene, è proprio quello che è successo nel caso di specie.
Nonostante il giudice di primo grado avesse preso in seria considerazione la versione
alternativa dei fatti prospettata dalla ricorrente, confutandola con un’argomentazione articolata

a reiterare genericamente la propria ricostruzione.
In particolare, il giudice di primo grado aveva affermato che la domanda di cancellazione
dal registro dei protesti – contenente, in allegato, il falso certificato di riabilitazione ai protesti
apparentemente rilasciato dal Tribunale di Roma, sezione Fallimentare – era stata senz’altro
presentata dall’imputata in quanto, ove la domanda in questione fosse stata inoltrata da un
soggetto diverso dall’interessato, il presentatore avrebbe dovuto apporre la sua firma ed
allegare una fotocopia del proprio documento di identità, come richiesto dalla procedura. In
realtà, dalla documentazione in atti, era emerso che era stata apposta sulla domanda di
cancellazione la sola firma della ricorrente e prodotta la sola fotocopia della carta d’identità
della stessa.
L’odierna imputata, nei motivi d’appello, non ha contestato la procedura indicata dal
giudice di primo grado e richiesta per la presentazione della domanda di cancellazione dal
Registro dei protesti né ha ritenuto di spendere una parola in ordine alla precisa considerazione
svolta dallo stesso giudice di primo grado a confutazione della sua tesi difensiva.
E’ quindi evidente che, nel contesto per cui è processo, il richiamo che il giudice
d’appello ha fatto alla sentenza di primo grado è stato assolutamente corretto ai fini
dell’assolvimento dell’obbligo motivazionale. Ciò per il rilievo che le censure svolte nei motivi
d’appello a carico della sentenza del primo giudice non contenevano in alcun modo elementi di
novità rispetto a quelli già esaminati e disattesi dallo stesso, con la conseguenza che il giudice
del gravame non era tenuto a riesaminare questioni già risolte dal giudice di primo grado con
argomentazioni corrette ed immuni da vizi logici.
La Corte territoriale ha, peraltro, esaustivamente motivato con argomentazioni immuni da
vizi logici l’estrema inverosimiglianza della tesi difensiva della ricorrente secondo cui altro
soggetto, a fronte di un futuro quanto aleatorio beneficio in danaro, avesse presentato la
domanda di riabilitazione.
Va, infine, osservato che anche se il termine di prescrizione doveva maturare in data 24
marzo 2016, per effetto dell’adesione del difensore della ricorrente all’udienza presso questa
Corte del 1.12.2015, tale termine è stato sospeso fino all’odierna udienza del 28 aprile 2016.
A tal proposito, è consolidato l’orientamento di questa Corte secondo cui, in te

di

sospensione della prescrizione, il limite di sessanta giorni previsto dall’art. 159, comma primo,
3

ed esaustiva, la ricorrente non si è confrontata minimamente con tale motivazione limitandosi

,

..,

n. 3, cod. pen., non si applica nel caso in cui il differimento dell’udienza sia determinato dalla
scelta del difensore di aderire alla manifestazione di protesta indetta dalle Camere penali, con
la conseguenza che, in tal caso, il corso della prescrizione può essere sospeso per il tempo,
anche maggiore di sessanta giorni, ritenuto adeguato in relazione alle esigenze organizzative
dell’Ufficio procedente. (Sez. 3, n. 11671 del 24/02/2015 – dep. 20/03/2015, Spignoli, Rv.
263052).
In ogni caso, l’inammissibilità del ricorso, implicando il mancato perfezionamento del

la possibilità di rilevare di ufficio l’eventuale estinzione del reato per prescrizione intervenuta
successivamente alla pronuncia in grado di appello (Cfr., tra le altre, Sez. U, n. 21
dell’11/11/1994, Cresci, Rv. 199903; Sez. 3, n. 18046 del 09/02/2011, Morra, Rv. 250328, in
motivazione).
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ?.ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma
Il consigliere

28 aprile 2016
nsore

Il residente

rapporto processuale, cristallizza in via definitiva la sentenza impugnata, precludendo in radice

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