Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27885 del 10/02/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 27885 Anno 2016
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: SCARLINI ENRICO VITTORIO STANISLAO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ROBBA FAUSTO N. IL 19/09/1950
CASTELLANI FULVIO N. IL 02/09/1961
RAIMONDI GIANLUCA N. IL 26/05/1969
avverso la sentenza n. 707/2013 CORTE APPELLO di TORINO, del
12/02/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/02/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ENRICO VITTORIO STANISLAO. SCWINI
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Data Udienza: 10/02/2016

RITENUTO IN FATTO
1 – Con sentenza del 12 febbraio 2014 la Corte di appello di Torino
confermava la sentenza del locale Tribunale, del 21 luglio 2011, limitatamente
alla condanna di Fausto Robba per il capo E, in riferimento al solo episodio del
settembre 2006 in piazza Massaua, di Fulvio Castellani, per il capo E, sempre in
riferimento al solo episodio di settembre 2006 in piazza Massaua, e per i capi N,
P e Q, di Raimondi Gianluca per il capo I.
Fissando le pene come da dispositivo.

P), di porto ingiustificato di strumenti atti ad offendere (il capo Q), commessi da
un gruppo di tassisti nell’ambito dei dissidi interni alla categoria a seguito
dell’annuncio e’dell’emanazione del decreto cosiddetto Bersani.
I fatti erano stati commessi dall’aprile 2006 al luglio 2007, ad eccezione
delle condotte descritte ai capi P e Q, che erano, rispettivamente, del gennaio
2009 e del marzo 2009.
In riferimento ai predetti reati residua la sola parte civile Silvano Cavedoni,
per il capo I, costituita nei confronti di Gianluca Raimondi.
Il compendio probatorio è sostanzialmente formato dalle dichiarazioni delle
persone offese che avevano ricostruito il clima creatosi a seguito dell’annuncio e
dell’approvazione del decreto Bersani, della spaccatura che esso aveva
determinato all’interno della categoria dei tassisti e delle condotte violente e
minacciose che ne erano derivate, a danno in particolare dei colleghi e
sindacalisti della CGIL (ritenuta politicamente vicina al governo che aveva
emanato il decreto) Guido Quaglia e Fabio Papantonio (per il Raimondi ai danni
di Silvano Cavedoni).
2 – Fausto Robba, Fulvio Castellani e Gianluca Raimondi propongono ricorso
con unico atto a mezzo del comune difensore.
2 – 1 – Con il primo motivo deducono la violazione di legge, ed in particolare
dell’art. 16 cod. proc. pen., posto che il Tribunale di Torino era incompetente a
decidere.
I precedenti giudici avevano respinto l’eccezione considerando che, dei
delitti più gravi, quelli descritti ai capi B e G, il capo B era il delitto per primo
consumato posto che lo si era collocato nel corso del 2006.
L’errore era palese visto che il delitto sub G risultava essere stato
consumato nel maggio 2006.
La competenza per territorio sarebbe pertanto stata quella del Tribunale di
Torino, sezione distaccata di Ciriè.
Irrilevante era il successivo accorpamento della sezione distaccata.

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Si trattava di una serie di reati di violenza privata e minaccia (i capi E, I, N e

2 – 2 – Con il secondo motivo lamentano violazione di legge, ed in
particolare degli artt. 521 e 522 cod. proc pen., posto che i capi di imputazione
erano imprecisi ed indeterminati.
In particolare nel capo E non si dettagliava la specifica condotta ascritta ad
ognuno degli imputati. Si erano contestati una pluralità indeterminata di
comportamenti posti in essere in Caselle Torinese ed in Torino, dall’aprile 2006
al luglio 2007, per poi enucleare un solo episodio di violenza consumato in via
Massaua nel settembre 2006.

2 – 3 – Con il terzo motivo eccepiscono la nullità della motivazione della
sentenza per il mancato rilievo dato alle prove offerte dalla difesa e per l’errata
valutazione delle dichiarazioni rilasciate dalla persone offese.
La Corte aveva preso in esame le dichiarazioni delle persone offese per
quanto avevano riferito rispondendo alle domande del pubblico ministero senza
dare conto delle contraddizioni emerse durante il controesame della difesa. Non
valutando neppure che le stesse, costituitesi parti civili, erano portatrici di un
interesse economico alla condanna degli imputati.
Né era stato acquisito alcun riscontro esterno che potesse confermarne
l’attendibilità.
Il teste Quaglia aveva poi ammesso di aver cercato di cambiare i turni e che,
come delegato della CGIL, aveva un rapporto privilegiato con gli agenti della
DIGOS. Rapporto confermato anche dal Papantonio.
2 – 4 – Con il quarto motivo censurano la manifesta illogicità della
motivazione laddove si era ritenuta la responsabilità di Robba e Castellani in
ordine al delitto sub E.
Il teste Quaglia aveva riferito di un generalizzato clima di ostilità nei suoi
confronti come delegato CGIL, non era quindi possibile attribuire le sue
dimissioni ai due odierni imputati.
Quanto all’episodio di via Massaua occorreva tenere conto che tutti i soggetti
coinvolti erano delegati sindacali ed era normale che le discussioni fra di loro
avvenissero con toni accesi, ma questi non erano mai trascesi nella minaccia; la
discussione riguardava i turni di lavoro e non le dimissioni dell’imputato; le
proposte della CGIL, di cui era portatore l’imputato, dovevano in ogni caso
essere approvate dall’assemblea intersindacale e quindi gli imputati non avevano
interesse alle dimissioni del Quaglia.
2 – 5 – Con il quinto motivo eccepiscono la manifesta illogicità della
motivazione in riferimento ai capi N e P ascritti al Castellani.
Quanto al capo N.

Si riteneva che questo costituisse un fatto diverso da quello contestato.

Non vi è alcuna prova certa che le telefonate anonime giunte al Papantonio,
la cui azione sindacale era avversata da molti colleghi, provenissero dal
Castellani; una delle sere in cui alla persona offesa era pervenuta una telefonata
l’imputato era in compagnia della moglie che aveva riferito di non averlo mai
visto telefonare.
Non erano stati acquisiti i tabulati.
Quanto al capo P.
Castellani aveva telefonato al Papantonio ma senza usare toni ed espressioni

Il padre del Papantonio non aveva poi confermato di avere ricevuto le
minacce.
2 – 6 – Con il sesto motivo lamentano la manifesta illogicità della sentenza
in riferimento al delitto contestato al capo O (ma deve intendersi I, l’unico del
quale l’imputato è stato ritenuto responsabile) al Rainnondi.
L’espressione “sei nel mirino” (indicata, appunta, al capo I) era priva di
qualsiasi rilievo penale. Era solo un deciso invito ad unirsi alle azioni di categoria
contro il decreto Bersani.
Doveva ricordarsi che Cavedoni (la persona offesa del capo I) aveva tenuto
comportamenti scorretti verso l’intera categoria e doveva pertanto ritenersi, in
tal senso, “persona nota” ed era questo che si intendeva affermare con
l’espressione prima riportata.
In ogni caso vi sarebbe la scriminante dell’esercizio del diritto.
2 – 7 – Con il settimo motivo deducono violazione di legge, ed in particolare
dell’art. 4 legge n. 119 del 1975, in riferimento al capo Q contestato al
Castellani.
Questi aveva portato fuori dalla propria abitazione degli attrezzi indicati in
imputazione per validi motivi: l’attrezzo trovato nel taxi serviva per sbrinare i
vetri ed il coltello trovatogli addosso per liberarsi dalle cinture di sicurezza in
caso di incidente.
Sul punto la sentenza è priva di motivazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi dei tre imputati sono tutti inammissibili perché manifestamente
infondati con l’eccezione del ricorso dell’imputato Castellani, in relazione al solo
capo Q dell’imputazione, per il quale la sentenza va annullata senza rinvio
essendo il reato estinto per prescrizione e va eliminata la relativa pena.
1 – La difesa assume che la competenza per territorio a conoscere i reati
contestati agli imputati non era del Tribunale di Torino ma della sezione di Ciriè
del medesimo Tribunale, ma questa Corte ha già avuto modo di osservare che le
disposizioni relative all’assegnazione dei processi tra le sezioni (comprese quelle
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minacciose.

distaccate) di un medesimo Ufficio giudiziario, in quanto le stesse ne
compongono un’articolazione organizzativa interna, non attengono alla capacità
del giudice e non sono riconducibili alla previsione di cui all’art. 178 lett. a) cod.
proc. pen., nè hanno alcun rilievo ai fini della competenza per territorio (Sez. 2,
n. 27948 del 18/06/2008, Rv. 240697, imp. Impalà).
Non poteva pertanto sussistere alcuna questione di competenza fra l’allora
sezione di Ciriè (irrilevanti essendo le vicende successive dovute ad
accorpamenti e successivi distacchi) ed il Tribunale di Torino.

argomentata in relazione al solo capo E della rubrica, lamentando il fatto che gli
imputati Robba e Castellani fossero venuti a conoscenza solo con la sentenza di
prime cure che erano accusati, anche, del fatto commesso in piazza Massaua nel
settembre 2006.
Così però non era, come aveva già osservato la Corte territoriale, perché
riportando il capo E le varie condotte consumate dagli imputati ivi indicati, fra i
quali Robba e Castellani, a danno di Guido Quaglia era del tutto conseguente
ritenere che vi rientrasse anche quella dal medesimo riferita e collocata
esattamente a fine settembre 2006, in piazza Massaua, ove era stato oggetto di
minacce volte al fine di impedirgli l’ordinato espletamento delle funzioni e
compiti di sindacalista.
Agli imputati Robba e Castellani era pertanto perfettamente nota l’accusa e
da essa avevano potuto difendersi.
Così che non si può ritenere affetto da genericità un capo di imputazione in
cui siano riportate una pluralità di condotte, tutte orientate al medesimo
esplicitato fine (nel caso concreto, impedire alla persona offesa di esercitare le
funzioni di sindacalista nel modo da lui ritenuto più opportuno), solo perché le
singole condotte non sono state individualmente descritte, quando la loro
identificazione è perfettamente consentita dal racconto fatto, fin dai primi
momenti del processo, dall’unica persona offesa.
La redazione del capo di imputazione non aveva pertanto peccato di alcuna
indeterminatezza.
Ed, inoltre, per rispondere alla seconda argomentazione della difesa sul
punto, h:133 la condotta infine ritenuta sussistente (nel caso concreto, l’azione
contro il Quaglia, a fine settembre, in piazza Massaua) rientra in quel narrato e,
quindi, nell’originaria imputazione; ne discende che non si è avuta immutazione
dell’accusa quando di essa l’imputato è stato ritenuto colpevole.
3 – Manifestamente infondato è anche il terzo motivo di ricorso, posto che
non si indicano i passi delle deposizioni che la Corte, ed il Tribunale prima,

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2 – La censura di indeterminatezza dei capi di imputazione viene

avrebbero travisato e non si valuta nemmeno la loro decisività, né li si citano o
allegano, così che il motivo difetta anche di specificità.
Inconferente è l’osservazione circa l’assenza di riscontri esterni, essendo
noto l’orientamento di questa Corte (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Rv.
253214, imp. Bell’Arte), secondo il quale anche la mera ricostruzione della
persona offesa può essere posta a base della condanna.
L’opportunità segnalata dal Supremo collegio, nella sentenza citata, di
individuare riscontri esterni quando la persona offesa si sia anche costituita parte

dalla singole persone offese trovano la loro congrua e logica spiegazione nel
clima assai teso che si era creato fra diverse gruppi di tassisti a seconda
dell’opinione che i singoli si erano fatti del decreto Bersani che incideva sulle
prerogative e sulla disciplina della categoria.
4 – Manifestamente infondato è anche il quarto motivo posto che il primo
giudice (con motivazione integralmente richiamata dalla Corte territoriale,
trattandosi comunque di “doppia conforme”) aveva osservato come le frasi
pronunciate, a fine settembre 2006, in piazza Massaua fossero certamente
intimidatorie posto che gli imputati, lamentandosi dei turni di lavoro che insieme
ad altri delegati sindacali la persona offesa aveva inteso proporre, finivano per
apostrofarlo con la frase: “Ti spacchiamo la testa prima o poi, ti tiro un colpo in
testa, ti tagliamo le gomme”, così intendendo negargli, con la minaccia, ogni
spazio per svolgere liberamente la sua attività di sindacalista.
E mentre si allontanava a causa della minacce ricevute, gli imputati le
rinnovavano, dicendogli :”Scappa, scappa, tanto sappiamo dove abiti”.
Il motivo difetta anche di specificità visto che non sono riportate le integrali
deposizioni di chi l’aveva riferito. Nel l’argomentazione dei giudici del merito
appare, a tal proposito, viziata da alcuna illogicità.
5 – E’ inammissibile anche il quinto motivo, posto che si afferma che non
sussistono elementi di prova a fondamento della ritenuta colpevolezza del
Castellani per le condotte descritte ai capi N e P perché, rispettivamente, non vi
era prova che fosse stato l’imputato a chiamare al telefono Papantonio e perché
le frasi dette al Quaglia non erano minacciose.
Al contrario, dalle motivazione dei giudici del merito, emerge che
Papantonio, anch’egli come Quaglia sindacalista della CGIL, si era detto certo che
la voce che gli aveva intimato di “non fare il pagliaccio, testa di cazzo, lo sai poi
come ti va a finire, stai attento alla macchina ed al tuo lavoro” fosse proprie’
quella del Castellani. Ed era sempre la voce del Castellani che aveva proferito
minacce varie, indicate in imputazione, anche il giorno appresso.

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civile, è, nel caso concreto, assolta dalla prova che tutte le condotte denunciate

Ed altrettanto, seppure più allusivamente, minacciosa era stata la frase
pronunciata dall’imputato quando aveva ricevuto l’avviso di garanzia a seguito
della denuncia sporta dal Papantonio a cui aveva intimato di ritirarla.
Peraltro il motivo difetta anche di specificità posto che non sono state
allegate le integrali dichiarazioni dei testi dalle quali si dovrebbero ricavare le
conclusioni auspicate dalla difesa. Che, comunque, chiede alla Corte di rivalutare
un quadro probatorio senza dedurre la manifesta illogicità delle motivazioni dei
giudici del merito.

al capo I, è manifestamente infondato posto che la Corte territoriale aveva
ritenuto, con motivazione congrua e priva di vizi logici che l’espressione “sei nel

mirino” concretasse la contestata ipotesi di minaccia grave, trattandosi di
minaccia alla incolumità personale, tanto più credibile in considerazione del
contesto in cui si era manifestata.
Insussistente è l’invocata causa di giustificazione posto che non concreta
l’esercizio di alcun diritto la minaccia all’incolumità del proprio interlocutore in
caso di dissenso su particolari posizioni o strategie sindacali.
l
7 – La giustificazione addotta da l’imputato Castellani circa il porto del
coltello, inserito negli stivaletti, fuori dalla propria abitazione, la necessità di
tagliare le cinture di sicurezza in caso di incidente, non appare dotata di
stringente logicità. Resta però che entrambi i giudici del merito hanno omesso
qualsivoglia motivazione al riguardo. Dovrebbe pertanto annullarsi la sentenza
impugnata con rinvio affinchè la Corte territoriale valuti la fondatezza di tale
motivo, ma, nel frattempo, la contravvenzione in questione si è estinta per
prescrizione, per la quale ragione si provvede all’annullamento senza rinvio con
eliminazione della pena che era stata fissata (solo) per tale capo.
8 – Alla totale inammissibilità dei ricorsi proposti da Robba e Raimondi
segue la loro condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma,
ritenuta equa nella misura indicata in dispositivo, a favore della Cassa delle
ammende.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Castellani Fulvio
limitatamente al reato di cui capo Q perché estinto per prescrizione ed elimina la
relativa pena di giorni venti di arresto ed euro 80 di ammenda.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso di Castellani.
Dichiara inammissibili i ricorsi di Robba Fausto e Rainnondi Gianluca che
condanna singolarmente al pagamento delle spese del procedimento ed al
versamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro 1.000,00.
Così deciso in Roma il 10/02/2016.

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6 – Il sesto motivo, argomentato a favore del ricorrente Eirriardi e relativo

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