Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27856 del 13/04/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 27856 Anno 2016
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: MENGONI ENRICO

SENTENZA
sul ricorso proposto dal
Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Bari
nel procedimento a carico di
Mangione Francesco, nato a Corato il 4/12/1963

avverso la sentenza del 31/10/2014 del Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Trani

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso e l’annullamento
senza rinvio della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO
1. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani, decidendo sulla
richiesta di emissione di decreto penale di condanna, con sentenza del
31/10/2014, assolveva perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, ai
sensi dell’art. 129 c.p.p., Francesco Mangione, imputato del reato di cui all’art.
256, comma 1, lett. a), d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, perché, in assenza di
autorizzazione e senza il F.I.R. (formulario identificativo dei rifiuti), conferiva alla

Data Udienza: 13/04/2016

ditta “Ecologia Figli Pellicani” di Pellicani Giovanni, con sede in Ruvo di Puglia,
rifiuti metallici, per una volta, per complessivi kg. 370.
In particolare, il Giudice riteneva che la mera attività di “conferimento” di
rifiuti, così come contestata nell’imputazione, non rientrasse tra le condotte
espressamente previste dalla fattispecie incriminatrice (“attività di raccolta,
trasporto, recupero, smaltimento ed intermediazione”), e che non fosse
consentita, in tal senso, una analogia in malam partem; inoltre, non avendo il
P.M. specificato l’autorizzazione in assenza della quale la condotta assumerebbe

qualificato come trasporto di rifiuti in assenza del formulario, che – ai sensi
dell’art. 258, comma 4, d.lgs. 152/2006, nel caso in cui il soggetto attivo siano
“le imprese che raccolgono e trasportano propri rifiuti non pericolosi”, e, ai sensi
dell’art. 260 bis, comma 7, d.lgs. 152/2006, nel caso in cui il soggetto attivo sia
il trasportatore – viene sanzionato come mero illecito amministrativo.
L’indicazione, nell’imputazione, del formulario neppure potrebbe implicare la
contestazione del trasporto – condotta per la quale ne è prevista la necessità -,
in quanto non provata.
Infine, mancando la prova di un’attività sistematica e professionale di
raccolta e trasporto dei rifiuti, va altresì esclusa l’integrazione dell’art. 256 d.lgs.
152/2006, trattandosi di attività occasionale, come desumibile dal numero
esiguo di conferimenti (nel caso di specie, uno).

2. Ha proposto ricorso il Procuratore Generale della Repubblica presso la
Corte di Appello di Bari, chiedendo l’annullamento della sentenza, e deducendo i
vizi di violazione di legge e di contraddittorietà della motivazione.
Lamenta la qualificazione attribuita alla condotta di “conferimento”,
contraddittoriamente ritenuta non rientrante nella fattispecie di cui all’art. 256
d.lgs. 152/2006, ma nondimeno attratta nel paradigma normativo del trasporto
in assenza di formulario.
Deduce che la condotta accertata consiste nell’attività di trasporto di
materiale ferroso, rientrante nelle fasi di gestione dei rifiuti indicate dall’art. 256
T.U. amb., e, sebbene occasionale, e non professionale, deve essere sottoposta
al regime autorizzativo di cui agli artt. 212 e ss. d.lgs. 152 del 2006.

3. Il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione ha
chiesto l’accoglimento del ricorso ed il conseguente annullamento senza rinvio
della sentenza impugnata, ribadendo le censure proposte, ed evidenziando,
altresì, che in caso di prova insufficiente il Gip, richiesto dell’emissione di un
decreto penale di condanna, non può emettere sentenza di proscioglimento ai

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rilevanza penale ai sensi dell’art. 256 d.lgs. 152 del 2006, il fatto contestato va

sensi dell’art. 129 c.p.p., dovendo al contrario disporre la restituzione degli atti
al P.M. .

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Giova, al riguardo, premettere che le questioni di diritto proposte
coincidono, pressochè totalmente, con quelle già affrontate da questa Corte nella
decisione di numerosi ricorsi presentati in altri procedimenti seriali originati

Va pertanto operato un espresso richiamo alle decisioni emesse, e, tra esse,
in particolare a Sez. 3, n. 5716 del 07/01/2016, Isoardi, Rv. 265836, in quanto
già oggetto di massimazione.

2.

Quanto alla ritenuta lacunosità del compendio probatorio posto a

fondamento della richiesta di emissione di decreto penale di condanna, con
particolare riferimento alla integrazione della condotta di “trasporto”, è pacifico
che il giudice per le indagini preliminari può prosciogliere la persona nei cui
confronti

il

Pubblico

Ministero

abbia

richiesto

l’emissione

di decreto penale di condanna solo per una delle ipotesi tassativamente indicate
nell’art. 129 cod. proc. pen., e non anche perchè la prova risulti mancante,
insufficiente o contraddittoria ai sensi dell’art. 530, comma secondo, stesso
codice, posto che queste categorie, in quanto non richiamate dall’art. 129 citato,
possono acquisire rilievo soltanto quando le parti, compreso il P.M., abbiano
potuto esercitare compiutamente, nella sede a ciò destinata, il diritto alla prova
(Sez. 3, n. 45934 del 09/10/2014, Fusco, Rv. 260941; ex multis, Sez. U, n. 18
del 9.6.1995, Cardoni, rv. 202375, che a loro volta richiamavano le sentenze nn.
19, 20, 21, 22, emesse in pari data, rispettivamente, nei proc. Omenetti, Valeri,
Solustri e Tupputi; conf. sez. 5, n. 18059 del 25.3.2003, Bortolotti, rv. 224849).
2.1. Nel caso in esame non soltanto non ricorre la mancanza assoluta della
prova non integrabile nelle fasi successive, cui pure fa riferimento la citata
pronuncia delle S.U. n. 18 del 1995, unico requisito legittimante un
proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. dal G.i.p. investito della richiesta ex
art. 459 cod. proc. pen., ma in realtà la decisione fonda sulla ritenuta carenza
probatoria concernente l’attività di trasporto del materiale conferito un
ragionamento congetturale, per desumerne una carenza di professionalità ed una
occasionalità della condotta dalla quale trarre, a sua volta, elemento per
affermare la carenza di tipicità.

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presso il Tribunale di Cuneo, e decisi all’udienza del 07/01/2016.

Tuttavia, la pretesa incompletezza probatoria avrebbe dovuto imporre,
nell’ambito del procedimento ‘monitorio’ attivato, la restituzione degli atti al
pubblico ministero procedente.

3. La ratio decidendi della sentenza impugnata è incentrata sulla pretesa
mancanza di tipicità della condotta accertata e contestata.
Al riguardo, va innanzitutto rilevata l’erroneità dell’affermazione di diritto
contenuta nella sentenza impugnata, secondo la quale il “conferimento” di rifiuti

comma 1, lett. a, d.lgs. 152 del 2006; sia sufficiente osservare che il
“conferimento” allude, con linguaggio `gergale’ (sebbene recepito anche dalla
legislazione settoriale, ad es. nell’art. 188, comma 3, T.U. amb.), alla condotta di
commercio di rifiuti, che ne presuppone, peraltro, logicamente il trasporto; è
altresì evidente che la formulazione dell’imputazione è funzionale alla descrizione
del

fatto storico, la

cui qualificazione giuridica è rimessa, nel solco

dell’indicazione delle norme di legge violate, al giudice; escludere la condotta di
“conferimento” dall’area di tipicità della fattispecie di cui all’art. 256, comma 1,
lett. a, d.lgs. 152/2006, sol perché non riproduce

lessicalmente una delle

condotte – pur materialmente integrate – descritte dalla classica ‘norma a più
fattispecie’, la cui latitudine ermeneutica ed applicativa si estende pacificamente
a tutte le fasi di gestione dei rifiuti, sarebbe analogo all’esito ermeneutico di un
proscioglimento dal reato di omicidio, sol perché l’imputazione descrive il fatto
storico di “ammazzare” un uomo, anziché “cagionare la morte” di un uomo.
Altrettanto erronea appare la qualificazione della condotta accertata in
termini di mero trasporto senza il formulario identificativo dei rifiuti, in ragione
del richiamo contenuto nell’imputazione; trattandosi di fatto diverso, ed ulteriore
rispetto al trasporto e commercio abusivo, il relativo illecito può essere
suscettibile di autonoma sanzione amministrativa, ma non può ritenersi
assorbente del disvalore penale della gestione abusiva.
Anche il rilievo attribuito dalla sentenza alla omessa specificazione delle
“prescritte autorizzazioni” è erroneo, in quanto, all’evidenza, l’autorizzazione
necessaria per la gestione di rifiuti è quella, richiamata dalla norma
incriminatrice di cui all’art. 256, comma 1, lett. a, disciplinata dall’art. 212 d.lgs.
152 del 2006.

4. In ordine alla pretesa irrilevanza penale della condotta in ragione della
occasionalità, va ribadito che, trattandosi di illecito istantaneo, ai fini della
configurabilità del reato di cui all’art. 256, comma 1, lett. a), d.lgs 152 del 2006,
è sufficiente anche una sola condotta integrante una delle ipotesi alternative

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non rientra nella fattispecie di gestione abusiva di rifiuti di cui all’art. 256,

tipizzate dalla fattispecie penale (Sez. 3, n. 8979 del 2/10/2014, dep. 2015,
Cristinzio, Rv. 262514; Sez. 3, n. 45306 del 17/10/2013, Carlino, Rv. 257631;
Sez. 3, n. 24428 del 25/05/2011, D’Andrea, Rv. 250674; Sez. 3, n. 21655 del
13/04/2010, Hrustic, Rv. 247605), purchè costituisca una “attività” e non sia
assolutamente occasionale.
La nozione di assoluta occasionalità è stata al riguardo approfondita da Sez.
3, n. 29992 del 24/06/2014, Lazzaro, Rv. 260266, che ha chiarito che la
fattispecie di cui all’art. 256, comma primo, D.Lgs. n. 152 del 2006, la quale

autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli artt. 208, 209, 210, 211,
212, 214, 215 e 216 del medesimo D.Lgs., è configurabile anche con riferimento
alle condotte di raccolta e di trasporto esercitate in forma ambulante e con una
minima organizzazione, salva l’applicabilità della deroga di cui al comma quinto
dell’art. 266 del D.Lgs. 152 del 2006, per la cui operatività occorre che il
soggetto sia in possesso del titolo abilitativo per l’esercizio di attività
commerciale in forma ambulante ai sensi del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114 e
che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio.
Al riguardo, l’orientamento è stato ribadito dalla già richiamata Sez. 3, n.
5716 del 07/01/2016, Isoardi, Rv. 265836, alla quale è possibile rinviare quanto
all’apparato argomentativo, che ha, altresì, affermato:

“Ai fini della

configurabilità del reato di gestione abusiva di rifiuti, non rileva la qualifica
soggettiva del soggetto agente bensì la concreta attività posta in essere in
assenza dei prescritti titoli abilitativi, che può essere svolta anche di fatto o in
modo secondario, purché non sia caratterizzata da assoluta occasionalista (Nella
specie il carattere non occasionale della condotta è stato desunto dall’esistenza
di una minima organizzazione dell’attività, dal quantitativo dei rifiuti gestiti, dalla
predisposizione di un veicolo adeguato e funzionale al loro trasporto, dallo
svolgimento in tre distinte occasioni delle operazioni preliminari di raccolta,
raggruppamento e cernita dei soli metalli, dalla successiva vendita e dal fine di
profitto perseguito dall’imputato)”).
Pertanto, l’assoluta occasionalità non può essere desunta esclusivamente
dalla natura giuridica del soggetto agente (privato, imprenditore, ecc.), dovendo
invece ritenersi non integrata in presenza di una serie di indici dai quali poter
desumere un minimum di organizzazione che escluda la natura esclusivamente
solipsistica della condotta (ad es., dato ponderale dei rifiuti oggetto di gestione,
necessità di un veicolo adeguato e funzionale al trasporto di rifiuti, fine di profitto
perseguito). In altri termini, se un soggetto – anche, come nel caso di specie,
mero “detentore” di rifiuti – appresta una serie di condotte finalizzate alla
gestione di rifiuti, mediante preliminare raccolta, raggruppamento, trasporto e

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sanziona le attività di gestione compiute in mancanza della prescritta

vendita di rifiuti, pur non esercitando in forma imprenditoriale, pone in essere
una “attività” di gestione di rifiuti per la quale occorre preliminarmente ottenere i
necessari titoli abilitativi.
Evidentemente il profilo della assoluta occasionalità sarà oggetto precipuo
della valutazione di fatto rimessa al giudice del merito, e dunque questione
essenzialmente probatoria, e, ove congruamente motivata, non sarà suscettibile
di censura in sede di legittimità.
Va, infine, evidenziato che l’art. 30 della I. 28/12/2015, n. 221 (c.d. legge

2006, secondo cui: “Il produttore iniziale o altro detentore dei rifiuti di rame o di
metalli ferrosi e non ferrosi che non provvede direttamente al loro trattamento
deve consegnarli unicamente ad imprese autorizzate alle attività di trasporto e
raccolta di rifiuti o di bonifica dei siti o alle attività di commercio o di
intermediazione senza detenzione dei rifiuti, ovvero a un ente o impresa che
effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti o ad un soggetto pubblico o
privato addetto alla raccolta dei rifiuti, in conformità all’art. 212, comma 5,
ovvero al recupero o smaltimento dei rifiuti, autorizzati ai sensi delle disposizioni
della parte quarta del presente decreto. Alla raccolta e al trasporto dei rifiuti di
rame e di metalli ferrosi e non ferrosi non si applica la disciplina di cui all’art.
266, comma 5”.
4.2. Nel caso di specie, e limitandosi alle condotte che risultano contestate
nell’imputazione, risulta che il trasporto ed il conseguente commercio di rifiuti
ferrosi siano stati effettuati in una circostanza; tale condotta, lungi dall’essere
connotata da assoluta occasionalità, denota un minimum di organizzazione,
atteso che la raccolta di ben 370 kg. di rifiuti metallici implica una preliminare
fase di raggruppamento e cernita dei soli metalli, il trasporto di un tale
consistente quantitativo di rifiuti necessita di un apposito veicolo, adeguato e
funzionale al contenimento degli stessi, ed il commercio è evidentemente
finalizzato all’ottenimento di un profitto.
5. La sentenza impugnata va dunque annullata con trasmissione al Tribunale
di Trani, per l’ulteriore corso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata ed ordina la trasmissione degli
atti al Tribunale di Trani.

Così deciso in Roma il 13/04/2016

sulla Green Economy) ha introdotto il comma 1-bis dell’art. 188 d.lgs. 152 del

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