Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27847 del 31/03/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 27847 Anno 2016
Presidente: ROSI ELISABETTA
Relatore: MANZON ENRICO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Tombolini Fiorella nata a Urbisaglia il 10/08/1962
avverso la ordinanza del 30/09/2015 del Tribunale del riesame di Macerata
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Enrico Manzon;
letta la requisitoria del PG che chiede l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza
impugnata limitatamente al sequestro emesso nel procedimento n. 70/2014 ed il
rigetto del ricorso nel resto.

RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 30 settembre 2015 il Tribunale del riesame di
Macerata respingeva l’appello proposto da Fiorella Tombolini avverso il
provvedimento del Gip del Tribunale medesimo in data 4 settembre 2015 con il
quale era stata rigettata la sua istanza di revoca di due provvedimenti di
sequestro preventivo finalizzati alla confisca per equivalente emessi l’uno nel
procedimento n. 70/2014 fino alla concorrenza di euro 223.397,08 e l’altro nel
procedimento n. 4910/2014 fino alla concorrenza di euro 737,345,53, entrambi
per i reati di cui agli artt. 10 bis, 10 ter, d.lgs. n. 74/2000. Rilevava il Tribunale
che, infondata l’eccezione di incompetenza territoriale del Gip emittente
l’ordinanza appellata, ugualmente infondati dovessero ritenersi gli ulteriori motivi
dell’appello. Affermava in particolare anzitutto la sussistenza di un giudicato
cautelare preclusivo derivante dall’omesso esperimento dell’istanza di riesame
dei decreti di sequestro in oggetto, il che rendeva inammissibile la richiesta di

Data Udienza: 31/03/2016

rivalutare la questione della previa ricerca del “profitto diretto” presso la società
contribuente. Adduceva poi che non aveva alcun fondamento logico l’allegazione
della causa di revoca dei sequestri nell’omologa dell’accordo di ristrutturazione
della società contribuente medesima. Ancora affermava la non rilevanza della
ammissione dell’indagata/sequestrata ai benefici della legge antiusura (art. 20,
L. 44/99) e della sentenza n. 80/2014 della Corte costituzionale, trattandosi di
fatti non rientranti nella sua sfera di efficacia, in quanto posteriori al 17
settembre 2011.

per cassazione la Tombolini deducendo un unico complesso motivo, per
violazione di legge e vizio della motivazione.
2.1 Anzitutto lamenta l’erroneità della pronuncia del Tribunale in ordine alla
questione della previa escussione del patrimonio della società contribuente, in
applicazione del relativo principio di diritto espresso nella sentenza Gubert di
questa Corte a Sezioni unite, insussistente alcun giudicato cautelare al riguardo.
2.2 In secondo luogo profila l’ insussistenza dell’elemento soggettivo dei
reati contestatile, essendo la crisi di liquidità dell’Ente societario rappresentato
causata dal reato di usura commesso da soggetti terzi, come attestato dalla
ammissione ai benefici riconosciuti alle vittime di tale reato ex art. 20, L.
44/1999, che peraltro afferma inibire provvedimenti esecutivi ovvero finanche
cautelari quali quelli in esame.
2.3 In terzo luogo pone la questione delle nuove soglie di punibilità previste
dal d.lgs. 158/2015, in relazione alle imputazioni provvisorie di cui al
procedimento n. 70/2014, dovendosi comunque determinare con maggior
precisione anche gli importi di imposta evasa nel procedimento n. 4910/2015.
3. Il PG ha depositato requisitoria con la quale chiede l’annullamento senza
rinvio dell’ordinanza impugnata limitatamente al sequestro emesso nel
procedimento n. 70/2014 (euro 223.397,08), in considerazione delle nuove
soglie di punibilità retroattivamente applicabili in virtù del principio del favor rei.
Il PG peraltro ha chiesto il rigetto del ricorso nel resto, affermando l’infondatezza
degli ulteriori profili del motivo di ricorso dedotto.
4. Nelle more del procedimento di cassazione la ricorrente ha depositato
memoria difensiva con la quale ha ribadito le allegazioni di cui al ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è fondato quanto al provvedimento di sequestro emesso in data
7 luglio 2014 nel procedimento n. 70/2014, sicchè va in parte qua accolto con le
conseguenti statuizioni.
In tale procedimento infatti le imputazioni provvisorie rubricate ex artt. 10
ter, 10 bis, d.lgs. n. 74/2000 concernono rispettivamente un omesso versamento

2

2. Avverso tale decisione, tramite il difensore fiduciario, ha proposto ricorso

IVA per l’anno di imposta 2010 dell’importo di euro 90.142,13 (capo A) e due
omessi versamenti di ritenute alla fonte per l’anno 2010 degli importi di euro
51.494,00 e di euro 81.760,95 (capi B e C).
Si tratta dunque all’evidenza di illeciti il cui oggetto è al di sotto delle soglie
di rilevanza penale come elevate dagli artt. 7, 8, d.lgs. 158/2015, sicuramente
applicabili in virtù del principio del favor rei ex art. 2, quarto comma, cod. pen.
2. Di contro il ricorso è infondato quanto alla parte dell’ordinanza impugnata
che riguarda il provvedimento di sequestro emesso in data 28 febbraio 2015 nel

questione di “nuove soglie”, trattandosi dell’ omesso versamento di ritenute
fiscali per l’importo di euro 629.823,32.
3. Con il primo profilo del motivo dedotto la ricorrente lamenta violazione di
legge e vizio della motivazione in relazione alla rilevata sussistenza del “giudicato
cautelare” circa la possibilità/necessità di aggredire preventivamente in forma
diretta il patrimonio dell’ente rappresentato quale percettore del profitto del
reato de quo.
La censura è infondata.
Appare infatti del tutto corretta la affermazione, ampiamente motivata, del
Tribunale del riesame della sussistenza della preclusione pro judicato, trattandosi
all’evidenza di una questione che doveva formare oggetto di un’istanza di
riesame, peraltro mai proposta ed in assenza di fatti sopravvenuti, sulla quale
evenienza in particolare il Tribunale stesso spende argomentazioni del tutto
adeguate e congrue, anche sulla scorta di consolidati indirizzi nomofilattici che
richiama.
In particolare nell’ordinanza impugnata correttamente si osserva che
riguardando la censura la “confiscabilità” dei beni sequestrati a questo fine
preventivamente, essa non poteva formare oggetto della procedura incidentale
de qua, poiché la stessa è sussumibile nella diversa previsione di cui agli artt.
321, comma 3, 322 bis, cod. proc. pen. La quale ultima disposizione peraltro
contiene una precisa “clausola di riserva” ai casi diversi da quelli appunto che
possono formare oggetto del riesame ai sensi del comma 2, dell’art. 321, stesso
codice.
Questo motivo di appello cautelare era quindi sicuramente inammissibile e
ciò rende infondata la deduzione difensiva in questa sede di legittimità.
4. Con il secondo profilo del motivo dedotto la ricorrente si duole di
violazione di legge per la mancata applicazione dell’art. 20, L. 44/1999 (c.d.
legge antiusura), in quanto disponente, tra l’altro, la sospensione di ogni
pagamento ovvero esecuzione nei confronti dei soggetti usurati ammessi ai
benefici di cui a tale legge, anche con specifico riguardo alle obbligazioni
tributarie e relativi termini di adempimento.

3

procedimento n. 4910/2014, pacifico che non si pone rispetto allo stesso

La censura è infondata.
Ferme le superiori considerazioni in punto “giudicato cautelare”, ancorchè si
trattasse di “nuovi elementi” di valutazione ed in ogni caso ad abundantiam, il
Tribunale del riesame ha comunque correttamente valutato anche tale eccezione
difensiva, in particolare rilevando l’assenza di elementi fattuali stringenti a
dimostrazione del nesso eziologico tra i fatti usurai asseritannente subiti dalla
ricorrente e le condotte illecite omissive delle quali è accusata, che fondano la
cautela reale de qua.

oggettuali del suo sindacato meritale di appello che, trattandosi della valutazione
del fumus commissi delicti, risulta essere stato compiuto in aderenza alle
indicazioni della più recente giurisprudenza di legittimità, secondo la quale «Nella
valutazione del “fumus commissi delicti”, quale presupposto del sequestro
preventivo, il giudice del riesame non può avere riguardo alla sola astratta
configurabilità del reato, ma deve tener conto, in modo puntuale e coerente,
delle concrete risultanze processuali e dell’effettiva situazione emergente dagli
elementi forniti dalle parti, indicando, sia pur sommariamente, le ragioni che
rendono sostenibile l’impostazione accusatoria, e plausibile un giudizio
prognostico negativo per l’indagato, pur senza sindacare la fondatezza
dell’accusa»

(ex pluribus, Sez. 5, n. 49596 del 16/09/2014, Armento, Rv.

261677).
Vi è comunque da soggiungere l’ ulteriore considerazione che il fatto illecito
oggetto della imputazione provvisoria è stato consumato il 30 settembre 2012,
quindi a rilevante distanza dalla richiesta/ammissione ai benefici della L.
44/1999, avvenuta nei primi mesi del 2015, e dunque, come appunto rilevato da
Tribunale del riesame, non è affatto chiaro nè soprattutto dotato di minima
certezza il collegamento causale tra tali fatti.
Ed ancora in diritto bisogna poi sul punto ricordare che la giurisprudenza
civile di questa Corte ha affermato che le sospensioni di procedure
esecutive/cautelari e relativi termini derivanti dall’art. 4 della citata “legge
antiusura”, valgono per il futuro e non per il passato ossia non trovano
applicazione rispetto a termini già scaduti ovvero ad effetti cautelari/esecutivi già
verificatisi prima della ammissione ai benefici de quibus (cfr. in questo senso
Cass. civ., sez. 3 n. 7656 del 2015).

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata limitatamente al decreto di
sequestro del 7 luglio 2014 in relazione ai reati di cui al proc. pen. n. 70/2014,
disponendo la restituzione dei beni sequestrati in forza di detto provvedimento
all’avente diritto; rigetta nel resto il ricorso.
4

Peraltro il Tribunale altrettanto correttamente ha richiamato i limiti

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 626, cod. proc. pen.

Così deciso il 31/03/2016

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