Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27847 del 23/04/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 27847 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SANTOLLA ANGELO N. IL 01/03/1961
avverso il decreto n. 8106/2011 GIUD. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 07/09/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI PIETRO
CAIAZZO;
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lette/m:gite le conclusioni del PG Dott. Mk,00
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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 23/04/2013

RILEVATO IN FATTO
Con decreto in data 7.9.2012 il Magistrato di sorveglianza di Roma dichiarava inammissibile
l’istanza di remissione del debito presentata da SANTOLLA ANGELO, considerato che il fine
pena era fissato al 23.9.2015, e quindi non consentiva una corretta valutazione del
comportamento del condannato.

Avverso il decreto ha proposto ricorso per cassazione il difensore, chiedendone l’annullamento

motivazione.
Il ricorrente aveva iniziato a collaborare con la giustizia nel 1997 ed era stata riconosciuta in
tutte le sedi la rilevanza della collaborazione prestata, così come gli erano stati riconosciuti
tutti i benefici penitenziari possibili per la buona condotta tenuta in tutto il lungo periodo di
detenzione.
Al ricorrente era stato chiesto di pagare un ingentissimo debito accumulato di circa
cinquantamila euro per spese di giustizia, ma il Magistrato di sorveglianza aveva respinto la
sua istanza per il solo fatto che, nonostante un periodo di detenzione di circa quindici anni, non
era possibile valutare la condotta serbata nel suddetto periodo di detenzione.
Nessuna norma, peraltro, prevede che per valutare la condotta del condannato bisogna
attendere l’espiazione dell’intera pena in esecuzione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
L’art. 212 del DPR 115/2002 prevede che, passato in giudicato o divenuto definitivo il
provvedimento da cui sorge l’obbligo, l’ufficio notifica al debitore l’invito al pagamento
dell’importo dovuto, con espressa avvertenza che si procederà ad iscrizione a ruolo, in caso di
mancato pagamento entro i termini stabiliti. Entro un mese dal passaggio in giudicato della
sentenza, l’ufficio chiede la notifica, ai sensi dell’articolo 137 e seguenti del codice di procedura
civile, dell’invito al pagamento cui e’ allegato il modello di pagamento. Nell’invito e’ fissato il
termine di un mese per il pagamento ed e’ richiesto al debitore di depositare la ricevuta di
versamento entro dieci giorni dall’avvenuto pagamento.
L’art. 6 del citato decreto, sulla remissione del debito, prevede che:
1. Se l’interessato non e stato detenuto o internato, il debito per le spese del processo e’
rimesso nei confronti di chi si trova in disagiate condizioni economiche e ha tenuto una
regolare condotta in liberta’.
2. Se l’interessato e’ stato detenuto o internato, il debito per le spese del processo e per quelle
di mantenimento e’ rimesso nei confronti di chi si trova in disagiate condizioni economiche e ha
tenuto in istituto una regolare condotta, ai sensi del comma 8 dell’articolo 30 ter, della legge
26 luglio 1975, n. 354.

1

per erronea applicazione dell’art. 6 DPR 115/2002 nonché per manifesta illogicità della

3. La domanda, corredata da idonea documentazione, e’ presentata dall’interessato o dai
prossimi congiunti, o proposta dal consiglio di disciplina, di cui alla legge 26 luglio 1975, n.
354, al magistrato competente, fino a che non e’ conclusa la procedura per il recupero, che e’
sospesa se in corso.
Quindi la normativa non prevede che, per applicare l’istituto della rimessione del debito, il
condannato debba avere interamente espiato la pena.
Al fine, però, di valutare se il condannato ha tenuto una regolare condotta nel periodo di

In questo senso si è espressa più volte la giurisprudenza di questa Corte, precisando che la
decisione sulla domanda di rimessione del debito per le spese del processo e per quelle di
mantenimento è condizionata all’avvenuta espiazione di un congruo periodo d’espiazione, tale
da consentire la valutazione ai sensi dell’art. 30 ter, comma ottavo, ord. pen.(V. Sez. 1
sentenza n. 23588 del 27.5.2008, Rv. 240204).
Il decreto, pertanto, deve essere annullato con rinvio al Magistrato di sorveglianza di Roma che
dovrà valutare sia la congruità del periodo trascorso in espiazione pena, sia la condotta serbata
dal ricorrente nel suddetto periodo.
P.Q.M.
Annulla il decreto impugnato e rinvia per nuovo esame al Magistrato di sorveglianza di Roma.
Così deciso in Roma in data 23 aprile 2013
Il Consigliere estensore

Il Presidente

detenzione, è necessario che lo stesso abbia scontato un congruo periodo di pena.

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