Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27844 del 12/04/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 27844 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: ROCCHI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
NOCITA GRAZIANO N. IL 24/11/1972
avverso l’ordinanza n. 821/2012 TRIB. LIBERTA’ di CATANIA, del
18/06/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. G ACQMO ROCCH I;
)/sentite le onclu ioni del PG D t N\
Prr:VIre,

Uditi difens Avv.;

Data Udienza: 12/04/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale del riesame di Catania, con ordinanza del 18/6/2012,
rigettava la richiesta di riesame proposta da Nocita Graziano avverso l’ordinanza
applicativa della custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. dello stesso
Tribunale in relazione al reato di cui all’art. 74 d.P.R. 309 del 1990.
L’ordinanza ripercorreva l’andamento delle indagini, giungendo alla
conclusione dell’esistenza di un consesso organizzato stabilmente dedito al

consolidata esperienza nel traffico di stupefacenti maturata da Alberghina
Marcello e Nocita Graziano.
Il Tribunale valutava la versione addotta a discolpa dal ricorrente
inverosimile e il materiale a suo carico copioso, così da ritenere che egli, insieme
ad Alberghina Marcello, avesse promosso e diretto l’associazione, organizzando e
sovraintendendo alle periodiche operazioni di approvvigionamento di
stupefacente, gestendo i rapporti con i fornitori e provvedendo alla cura e
all’occultamento delle armi in disponibilità del gruppo.
Il Tribunale respingeva l’eccezione di ne bis in idem sollevata con riferimento
alla sentenza del G.I.P. di Siracusa riguardante alcuni episodi, atteso che essi
non comprendevano la condotta associativa; riteneva infondata l’eccezione
fondata sull’art. 297, comma 3, cod. proc. pen., in quanto i reati oggetto delle
due ordinanze afferivano a procedimenti istruiti da diversi uffici requirenti ed
approdati a due diversi G.I.P..
Con riferimento alla sproporzione della misura rispetto alle esigenze
cautelari, la estrema gravità del fatto, le modalità professionali della gestione
delle sostanze stupefacenti e i precedenti penali anche specifici dimostravano
una spiccata capacità a delinquere, una significativa pericolosità per l’ordine
pubblico e un’inaffidabilità rispetto a regime cautelare meno gravoso.
2. Ricorre per cassazione Graziano Nocita, deducendo la violazione dell’art.
273 cod. proc. pen. in relazione all’art. 74 d.P.R. 309 del 1990 per l’insussistenza
di gravi indizi di colpevolezza in ordine all’esistenza della contestata associazione
criminosa e alla partecipazione ad essa del ricorrente.
L’ordinanza cautelare e quella del Tribunale avevano accomunato condotte
di spaccio autonome e distinte al solo fine di ritenere l’esistenza di
un’associazione. In realtà, Alberghina Marcello e Alberghina Vincenzo non
avevano mai collaborato tra loro nell’attività di commercio di sostanze
stupefacenti; inoltre, l’arresto di Pastore Giuseppe ad Arezzo non poteva essere
addebitato a Nocita e compreso nell’attività dell’associazione: Nocita e Pastore

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commercio di sostanze stupefacenti, con disponibilità di armi, sorto dalla

solo casualmente avevano preso lo stesso aereo e, atterrati a Milano, ciascuno
aveva preso la sua strada.

In un secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 297, comma 3, cod.
proc. pen. e la mancanza di motivazione.
La seconda ordinanza era fondata sui medesimi fatti e, al momento della
emissione della prima, tutti gli elementi di accusa erano a disposizione dell’Ufficio
di Procura, come aveva dato atto lo stesso G.I.P. nella sua ordinanza. Gli

richiesta di rinvio a giudizio e, al momento dell’emissione dell’ordinanza, i termini
di custodia cautelare erano già ampiamente decorsi.

Il ricorrente conclude per l’annullamento dell’ordinanza impugnata o,
comunque, per la declaratoria di inefficacia della misura cautelare.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è infondato e si risolve, sostanzialmente, in una
censura in fatto.
Il Tribunale, con ordinanza ampia e niente affatto illogica, collega i vari
episodi di trasporto e commercio di sostanze stupefacenti e di detenzione di armi
per giungere a ritenere che Nocita Graziano e Alberghina Marcello, oltre a
svolgere professionalmente attività di commercio di sostanze stupefacenti,
avevano coinvolto anche altre persone, tra cui Alberghina Vincenzo, fratello di
Marcello, e Pastore Giuseppe, così da creare una vera e propria associazione per
delinquere dedita all’illecito traffico.
Le obiezioni a questa ricostruzione sono, appunto, in fatto e, comunque non
sembrano avere particolare forza: il ricorrente sostiene che i due fratelli
Alberghina gestivano separatamente i propri traffici di droga, senza fare cenno ai
colloqui in cui Vincenzo commenta la vicenda delle armi di cui si è occupato il
fratello o si preoccupa per l’arresto di Pastore Giuseppe, che sarebbe stato
inviato a Milano per approvvigionarsi di droga da Marcello; afferma, poi, che del
tutto casualmente lui e Pastore avevano viaggiato insieme sul volo aereo Catania
Milano Linate del 24/9/2008, tralasciando l’osservazione presente
nell’ordinanza secondo cui, prima di tale viaggio, tra Alberghina Marcello, Pastore
e Nocita vi era stata una serie di contatti telefonici.
2. Il tema della retrodatazione della misura cautelare ai sensi dell’art. 297,
comma 3, cod. proc. pen deve, invece, essere rivisto, risultando la motivazione

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elementi erano, comunque, a disposizione al momento della presentazione della

sostanzialmente mancante su punti essenziali della questione.

Come è noto, in conseguenza della sentenza della Corte Costituzionale n.
408 del 1995, la regola della retrodatazione disposta dall’art. 297, comma 3,
cod. proc. pen. opera anche per fatti diversi non connessi, quando risulti che gli
elementi per emettere la nuova ordinanza erano già desumibili dagli atti al
momento della emissione della precedente ordinanza; con riferimento ai fatti
diversi, la regola vale anche se l’imputato è stato condannato con sentenza

Costituzionale n. 233 del 2011).

Nel caso in oggetto, il Tribunale dà atto che il reato oggetto della seconda
ordinanza (associazione per delinquere ex art. 74 T.U. stup.) è anteriore a quelli
oggetto della prima, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Siracusa, non essendo
stata ipotizzata la permanenza del reato associativo successivamente all’arresto
di Nocita; inoltre, il Tribunale non sembra negare che i fatti descritti dalla
seconda ordinanza e posti a base del giudizio di sussistenza di gravi indizi di
colpevolezza fossero già desumibili al momento della prima ordinanza: del resto
l’intera esposizione degli indizi contenuta nell’ordinanza oggi impugnata sembra
derivare dall’indagine della Procura di Siracusa (le dichiarazioni dei collaboratori
di giustizia raccolte successivamente dalla D.D.A. di Catania paiono non avere
per oggetto il reato associativo, ma le condotte precedenti o successive alla sua
consumazione).
Il Tribunale, tuttavia, risolve negativamente la questione posta dal
ricorrente, osservando che i reati afferiscono a procedimenti istruiti da diversi
uffici requirenti e approdati a uffici giudiziari diversi, ritenendo, quindi, mancante
il basilare requisito della pendenza dei due procedimenti davanti alla stessa
Autorità Giudiziaria.

Effettivamente questa Corte ha stabilito il principio invocato dal Tribunale,
ma con una precisazione assai rilevante: si è infatti affermato che non è
applicabile la retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare,
ex art. 297, comma 3, cod. proc. pen., nel caso di pluralità di ordinanze
applicative di misure cautelari disposte in procedimenti diversi, pendenti davanti
ad Autorità giudiziarie diverse, per fatti differenti, tra i quali non sussista
connessione qualificata, ex art. 12 comma 1, lett. b) e c), cod. proc. pen., ove si
tratti di procedimenti originati da distinte e autonome notizie di reato, la cui
separazione, pertanto, non consegua ad una scelta strategica del P.M., e non sia
configurabile il vincolo della continuazione tra i singoli fatti sia pure omogenei

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passata in giudicato anteriormente all’adozione della seconda misura (sent. Corte

(Sez. 2, n. 44381 del 25/11/2010 – dep. 16/12/2010, Noci, Rv. 248895); la
rilevanza, per escludere la retrodatazione, dell’origine da diverse notizie di reato
pervenute al pubblico ministero a distanza di tempo è sottolineata anche da Sez.
6, n. 17943 del 16/01/2007 – dep. 10/05/2007, P.M. in proc. Tomaselli, Rv.
236418.

Anche l’insegnamento delle Sezioni Unite richiamato dal Tribunale contiene
una riserva specifica: si è infatti stabilito che, in tema di “contestazione a

diversi più ordinanze cautelari per fatti diversi in relazione ai quali esiste una
connessione qualificata, la retrodatazione prevista dall’art. 297, comma 3, cod.
proc. pen. opera per i fatti desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio nel
procedimento in cui è stata emessa la prima ordinanza. Nel caso in cui le
ordinanze cautelari adottate in procedimenti diversi riguardino invece fatti tra i
quali non sussiste la suddetta connessione e gli elementi giustificativi della
seconda erano già desumibili dagli atti al momento della emissione della prima, i
termini della seconda ordinanza decorrono dal giorno in cui è stata eseguita o
notificata la prima, solo se i due procedimenti sono in corso davanti alla stessa
autorità giudiziaria e la loro separazione può essere frutto di una scelta del
pubblico ministero. (Sez. U, n. 14535 del 19/12/2006 – dep. 10/04/2007,
Librato, Rv. 235909)

La necessità di una rigorosa motivazione sul punto è sottolineata da Sez. 5,
n. 39931 del 18/09/2009 – dep. 13/10/2009, Froncillo, Rv. 245380, che ha
sottolineato la necessità di non frustrare le finalità dell’istituto preordinate ad
evitare contestazioni a catena atte a prolungare artificiosamente i termini di
custodia cautelare.

Il caso in esame coinvolge la questione del rapporto tra il reato associativo e
i reati fine posti in essere dall’associazione; ma – anche senza entrare nel tema
del legame giuridico tra le fattispecie – l’affermazione del Tribunale secondo cui
l’istituto non può operare per la pendenza dei procedimenti davanti a Uffici
diversi merita di essere approfondita.
La Procura e il G.I.P. di Siracusa non potevano chiedere ed emettere
ordinanza applicativa di misura cautelare per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. 309
del 1990, trattandosi di reato di competenza distrettuale ai sensi dell’art. 51,
comma 3 bis, cod. proc. pen.. Ben potrebbe essere accaduto, quindi, che l’intero
fascicolo delle indagini preliminari pendente presso la Procura di Siracusa sia
stato trasmesso alla D.D.A. di Catania dopo l’emissione della prima ordinanza,

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catena”, quando nei confronti di un imputato sono emesse in procedimenti

così permettendo l’emissione della seconda. Una traccia di tale passaggio
successivo è costituita dal numero del registro delle notizie di reato della D.D.A.
della Procura di Catania, che indica che l’iscrizione del reato è stata operata nel
2009.
La scelta della Procura di Siracusa avrebbe potuto essere differente: il
fascicolo delle indagini preliminari avrebbe potuto essere trasmesso alla D.D.A.
di Catania, ravvisandosi gli indizi del reato associativo, e quest’ultimo Ufficio
avrebbe potuto chiedere la misura cautelare sia per il reato associativo che per i

In ogni caso, nel caso i passaggi fossero quelli appena ipotizzati, se le
indagini compiute dalla D.D.A. di Catania prima di chiedere la misura cautelare al
proprio G.I.P. non avessero apportato elementi ulteriori significativi di
conoscenza in ordine all’esistenza dell’associazione diversi da quelli già contenuti
nel fascicolo delle indagini inviato dalla Procura di Siracusa, si dovrebbe negare
l’origine dei due procedimenti da “distinte e autonome notizie di reato”; di fatto,
l’apertura di una nuova indagine preliminare sarebbe pur sempre conseguenza di
una scelta del P.M. che, seppure non certo diretta a nuocere all’imputato,
risulterebbe oggettivamente dannosa per l’interesse dell’indagato al rispetto di
un unico termine di custodia cautelare.

L’ordinanza deve, quindi, essere annullata con rinvio al Tribunale di Catania,
che verificherà tempi, modi e contenuti della notizia di reato, l’esistenza di
eventuali nuove sopravvenienze probatorie ovvero la medesimezza dei dati presi
in esame nelle due sedi, applicando la retrodatazione di cui all’art. 297, comma
3, cod. proc. pen. dopo tale analisi.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di
Catania.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al
direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att.
cod. proc. pen.

Così deciso il 12 aprile 2013

IMPOSITAWAL

reati fine.

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