Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27843 del 30/03/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 27843 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: ACETO ALDO

ORDINANZA

sul ricorso straordinario proposto, ai sensi dell’art. 625-bis, cod. proc. pen., da
Izzo Angelo, nato a Viterbo il 12/10/2014,

avverso l’ordinanza del 15/07/2015 della Sezione settima penale di questa Corte
di cassazione;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Aldo Aceto;

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1.II sig. Angelo Izzo ricorre per l’annullamento dell’ordinanza di cui in
epigrafe che ha dichiarato inammissibile il ricorso da lui proposto avverso la
sentenza del 21/09/2012 della Corte di appello di Roma che lo aveva
definitivamente condannato alla minor pena di sei mesi e dieci giorni di
reclusione per il reato di cui all’art. 186, commi 6 e 7, Cod. Str. commesso in
Viterbo il 08/11/2008.
1.1.Allega a sostegno che la Corte di cassazione ha escluso la sussistenza
dei presupposti di applicabilità della causa di non punibilità di cui art. 131-bis,

Data Udienza: 30/03/2016

cod. pen., sull’erroneo presupposto della condizione di recidivo, invece escluso
dai Giudici di merito.

2.11 ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.

3.In primo luogo, in violazione del principio di autosufficienza, il ricorrente
non allega la copia integrale della sentenza del 07/06/2010 del Tribunale di
Viterbo così che non è dato sapere per quale ragione la recidiva, pur contestata,

sostenuto) ovvero perché la nuova condotta non è stata ritenuta espressiva di
una sua particolare pericolosità. Nè tale dato è ricavabile dalla motivazione della
sentenza di appello.
3.1.In ogni caso, l’eccezione non è decisiva.
3.2.E’ necessario a tal fine ricordare che l’errore di fatto oggetto del rimedio
previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen. consiste in un errore percettivo causato
da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella
lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul
processo formativo della volontà, che abbia condotto a una decisione diversa da
quella che sarebbe stata adottata senza di esso (Sez. U, n. 16103 del
27/03/2002, Basile, Rv. 221280; da ultimo Sez. 2, n. 41782 del 30/09/2015,
Cofano, Rv. 265248).
3.3.0rbene, sul presupposto che l’esclusione della punibilità per particolare
tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis cod. pen., ha natura sostanziale ed è
certamente applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del
d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28, ivi compresi quelli pendenti in sede di legittimità,
nei quali la Suprema Corte può rilevare di ufficio ex art. 609, comma secondo,
cod. proc. pen. la sussistenza delle condizioni di applicabilità del predetto
istituto, e che la relativa valutazione si deve pur sempre fondare su quanto
emerge dalle risultanze processuali e dalla motivazione della decisione
impugnata e solo in caso di valutazione positiva la Corte deve annullare la
sentenza con rinvio al giudice di merito (così, da subito, Sez. 3, n. 15449 del
08/04/2015, Mazzarotto, Rv. 263308), osserva il Collegio che nel caso in esame
non emerge in alcun modo la particolare tenuità del fatto, che anzi deve essere
positivamente esclusa.
3.4.Ciò sul duplice rilievo che la “modesta gravità del reato” (ritenuta dai
Giudici distrettuali in base ad una valutazione globale del fatto) non è concetto
sovrapponibile alla esiguità del danno (che nel caso in esame deve essere
esclusa in considerazione sia dall’entità dei danni riportati dai veicoli, che delle
rilevanti lesioni riportate da una delle vittime) e che la condotta concretamente
tenuta dall’imputato dimostra, piuttosto, la necessità della reazione sanzionatoria
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non è stata ritenuta, se cioè per l’incensuratezza dell’imputato (come da questi

b

(e con essa della finalità rieducativa della pena) posto che è fuggito dopo il
sinistro senza chiedere l’intervento delle Forze dell’Ordine, si è fatto sostituire dal
padre che si è falsamente assunto la paternità dell’incidente, ha sempre
mantenuto un atteggiamento di distacco da una reale e consapevole presa d’atto
dei propri errori.
3.5.A prescindere, dunque, dalla sua effettiva incensuratezza, la richiesta
dell’imputato di applicazione dell’istituto della non punibilità per particolare
tenuità del fatto è palesemente infondata per l’assenza, “ictu ()culi”, dei relativi

3.6.Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
3.7.Alla declaratoria di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc.
pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (C.
Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento
nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che
si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di C 1500,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.500,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 30/03/2016.

presupposti

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