Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27840 del 23/03/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 27840 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto dal
Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Nuoro
nei confronti di
Calvisi Michela, nata a Ozieri il 03-10-1985
avverso la ordinanza del 07-09-2015 del tribunale della libertà di Nuoro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
Lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale che ha chiesto dichiararsi
l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata limitatamente
all’autorizzazione concessa a Michela Calvisi ad usufruire dell’abitazione in
sequestro;

Data Udienza: 23/03/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Il Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Nuoro ricorre per
cassazione impugnando l’ordinanza indicata in epigrafe con la quale il tribunale
del riesame ha confermato il decreto di sequestro preventivo autorizzando
l’interessata ad usufruire dell’abitazione di cui all’area in sequestro, accogliendo
la richiesta con la quale, in via subordinata, ne era stata chiesta l’utilizzazione
per finalità rieducative e riabilitative dell’interessata al fine di continuare a

l’uso del fabbricato, in attesa della definizione del procedimento in corso, non
risultando in contrasto con le finalità del provvedimento di sequestro l’uso
temporaneo dell’immobile per i motivi suindicati.

2. Per la cassazione dell’impugnata ordinanza il ricorrente articola un unico
complesso motivo con il quale deduce l’erronea applicazione della legge penale
(articolo 606, comma 1, lettera b), del codice di procedura penale in relazione
agli articoli 321,655 e 656 stesso codice nonché agli articoli 30 e 44, lettera c),
d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380) sul rilievo che, in materia edilizia ed urbanistica,
l’esigenza cautelare di evitare che la libera disponibilità di una cosa pertinente al
reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la
commissione di altri reati è incompatibile con l’autorizzazione all’uso, in tutto o in
parte, nell’immobile sequestrato. La possibilità di utilizzazione residenziale
privata di un manufatto sottoposto sotto sequestro preventivo sarebbe in
evidente contrasto con le stesse finalità della misura cautelare in concreto
ravvisate, contraddicendole e vanificandole.
Peraltro, l’ordinanza impugnata avrebbe disatteso il consolidato principio
affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo il quale le modalità di
esecuzione della misura cautelare reale rientrano, a norma dell’articolo 655 del
codice di procedura penale, nella competenza esclusiva del pubblico ministero.

3. L’interessata ha presentato memoria con la quale chiede il rigetto del
ricorso del pubblico ministero.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato nei limiti e sulla base delle ragioni che seguono.

2. E’ fuori discussione il principio di diritto più volte ribadito dalla Corte
secondo il quale è abnorme il provvedimento con cui il giudice autorizza l’uso
residenziale di un immobile sottoposto a sequestro preventivo cosiddetto

2

svolgere le attività necessarie al suo percorso terapeutico e consentirle anche

impeditivo, essendo il potere di determinare le modalità di esecuzione di una
misura cautelare reale di competenza esclusiva del pubblico ministero ed
essendo il giudice legittimato ad intervenire solo se adito con incidente di
esecuzione e all’esito di procedimento rispettoso delle forme prescritte dall’art.
666 cod. proc. pen. (tra le più recenti, Sez. 3, n. 43615 del 18/02/2015,
Manconi, Rv. 265152; Sez. 3, n. 16689 del 26/02/2014, Squillaci, Rv. 259541).
Tuttavia il ricorrente non considera che i provvedimenti emessi dal Gip
,
(neppure impugnati) e dal Tribunale del riesame sono stati adottati dai giudici

al profilo della proporzionalità della misura.
Sul punto, vale la pena ricordare che, secondo la consolidata giurisprudenza
di legittimità, i principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità – dettati
dall’art. 275 cod. proc. pen. per le misure cautelari personali – sono applicabili
anche al sequestro preventivo, dovendo il giudice motivare adeguatamente sulla
impossibilità di conseguire il medesimo risultato attraverso una cautela
alternativa meno invasiva (per tutte, Sez. 3, n. 21271 del 07/05/2014,
Konovalov, Rv. 261509).

3. Ciò precisato, con accertamento di fatto, adeguatamente e logicamente
motivato, e perciò sottratto al sindacato di legittimità, non contestato dallo
stesso ricorrente, i giudici cautelari, sostanzialmente uniformandosi al principio di
diritto in precedenza enunciato e quindi senza alcuna invasione di competenze di
fase, hanno dapprima (il Gip) consentito alla Calvisi di accedere al giardino
esterno all’abitazione sequestrata per finalità terapeutiche e successivamente (il
Tribunale del riesame) di usufruire anche dell’abitazione sul rilievo, secondo
quando affermato nell’ordinanza impugnata, delle accertate condizioni di salute e
della patologia da cui è risultata affetta l’interessata, nella prospettiva delle
finalità rieducative e di riabilitazione della stessa, e della necessità che potesse
continuare a svolgere le attività necessarie al suo percorso terapeutico, non
risultando tali facoltà, e quindi l’uso temporaneo dell’immobile per i motivi
indicati, in contrasto con le finalità del provvedimento di sequestro.
Nel pervenire a tale conclusione il tribunale del riesame ha considerato che
l’indagata è affetta da sindrome di Down e ritardo mentale grave e che la
possibilità che la donna usufruisca del giardino e dell’abitazione, mentre giova al
suo stato di salute come è stato documentato dall’interessata nel corso
dell’incidente cautelare, non si pone in contrasto con le finalità del disposto
sequestro, laddove la privazione di tali facoltà renderebbe la misura cautelare
sproporzionata rispetto alle finalità che la stessa persegue e che sono state
riconosciute con la conferma del decreto di sequestro preventivo ma che sono

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cautelari nella fase genetica di applicazione del vincolo cautelare avuto riguardo

state, al tempo stesso, ritenute impregiudicate dall’esercizio delle autorizzate
facoltà.

4. E’ il caso di segnalare che il rispetto principio di proporzionalità in materia
di diritti fondamentali, specie con riferimento ai diritti di libertà personale e reale,
è stato, anche recentemente, sottolineato dai Giudici di Strasburgo.
La Corte Edu, nel decidere il caso Ivanova e Cherkezov c. Bulgaria
(sentenza, V Sezione, 21 aprile 2016, n. 46577), ha affermato, quantunque con

avesse dovuto, in quel caso, valutare e ponderare la difficile situazione personale
dei ricorrenti e non limitarsi piuttosto ad un controllo meramente formale sulla
illegalità o meno della costruzione.
Come è stato condivisibilmente segnalato, il rispetto del principio di
proporzionalità impone dunque che l’autorità giudiziaria valuti caso per caso se
un determinato provvedimento possa ritenersi giustificato in considerazione delle
ragioni espresse dal destinatario della misura, al fine di bilanciare il suo diritto
alla tutela dell’abitazione ai sensi dell’art. 8 Convenzione Edu (o di altro diritto
fondamentale come il diritto alla salute che nel caso in esame rileva) e l’interesse
dello Stato ad impedire l’esecuzione di interventi edilizi in assenza di regolare
titolo abilitativo, sicché deve essere il giudice a dover stabilire, tenuto conto delle
circostanze del caso concreto dedotte dalle parti, se il provvedimento limitativo
della libertà “reale” sia “proporzionato” rispetto allo scopo, riconosciuto peraltro
legittimo dalla Corte Edu, che la normativa edilizia intende perseguire.

5. Nel caso di specie, dunque, il tribunale del riesame non si è sottratto a
tale delicato compito, pienamente rientrante nell’esercizio dei suoi poteri in
quanto il requisito della proporzionalità della misura attiene alla valutazione del
periculum

ed alle modalità con le quali il dato cautelare può essere

salvaguardato, non limitandosi quindi ad un controllo meramente formale sul
fumus delicti e sui pericula ma bilanciando gli stessi con i diritti fondamentali
fatti valere, nel rispetto del principio di proporzionalità che regge il sistema delle
cautele processuali penali.
Del resto, il ricorrente si è doluto di un dato puramente formale e non ha
gravato il provvedimento attraverso specifiche doglianze che ne minassero la
sostanza, per essere, ad esempio, le cautele impeditive ed assicurative
compromesse dalle concesse facoltà.

6. Da ciò consegue il rigetto del ricorso.

4

riferimento all’ordine di demolizione dell’abitazione, come il giudice nazionale

P.Q.M.

Rigetta il ricorso del pubblico ministero.

Così deciso il 23/03/2016

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