Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27816 del 12/05/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 27816 Anno 2016
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
– TOMA SANDRO, n. 3/03/1971 a Maglie

avverso la sentenza della Corte d’appello di LECCE in data 13/04/2015;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. S. Spinaci, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
udite, per il ricorrente, le conclusioni dell’Avv. P. Cretì in sostituzione dell’Avv. A.
Chiarello, che ha insistito sull’accoglimento del ricorso;

Data Udienza: 12/05/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 13/04/2015, depositata in data 6/07/2015, la
Corte d’appello di Lecce confermava la sentenza del tribunale di Lecce, sez. dist.
Maglie dell’11/04/2013, che aveva riconosciuto TOMA SANDRO colpevole del
reato di cui all’art. 2, d. Igs. n. 74 del 2000, commesso nella qualità di legale

lità esecutive e spazio – temporali meglio descritte nel capo di imputazione, utilizzando nelle dichiarazioni annuali relative agli ani di imposta 2005 e 2006
ff.00.ii. emesse dalla società GAMMA SAS di Vanzanelli Antonio Costantino per
un ammontare complessivo di C 211.840,00 ed IVA pari ad C 42.368,00 per
l’anno 2006 e per un ammontare complessivo di C 698.206,00 ed IVA pari ad C
139.641,24 per l’anno 2007; il medesimo veniva condannato alla pena sospesa
di 1 anno ed 8 mesi di reclusione, con il concorso di attenuanti generiche e ritenuta la continuazione interna tra i reati ascritti, oltre alle pene accessorie di legge.

2. Ha proposto ricorso TOMA SANDRO, a mezzo del difensore fiduciario cassazionista, impugnando la sentenza predetta con cui deduce quattro motivi di ricorso, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex
art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Deduce, con il primo ed il secondo motivo – che, attesa l’omogeneità dei
profili di doglianza mossi – meritano di essere congiuntamente illustrati -, il vizio
di cui all’art. 606, lett. b), ed e) cod. proc. pen., per erronea applicazione
dell’art. 2, comma primo, d. Igs. n. 74 del 2000 e correlati vizi motivazionali di
mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
In sintesi la censura investe l’impugnata sentenza in quanto, sostiene il ricorrente, insussistente sarebbe il fumus del reato per l’assoluto difetto di prove atte a
superare la tesi accusatoria fondata su elementi indiziari e considerati erroneamente prove dai giudici di merito; vengono censurate discrasie argomentative
della sentenza in ordine alla mancata valorizzazione delle prove testimoniali e
documentali della difesa, alla mancata stigmatizzazione dell’operato della GDF
che non avrebbe svolto alcun accertamento sulla attività svolta dalla NEON TOMA ILLUMINAZIONE s.r.l. semplicemente estendendo quanto contestato alla
GAMMA SAS di Vanzanelli quale presunto fornitore delle f.o.i. all’utilizzatore Torna nonchè, infine, all’evidente contrasto in ordine all’onere della prova, incom-

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rappresentante della società NEO TOMA ILLUMINAZIONE s.r.I., secondo le moda-

bendo all’accusa dimostrare gli elementi oggettivi posti a fondamento di
un’accusa di false fatturazioni per operazioni inesistenti.

2.3. Deduce, con il terzo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b) ed e), cod.
proc. pen., per violazione di legge e correlato vizio di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.

te, la Corte d’appello ed il tribunale non avrebbero assunto ad elemento decisivo
le risultanze documentali e testimoniali assunte dalla difesa, limitandosi a basare
la condanna sulla responsabilità oggettiva del ricorrente, nel senso che questi
per il fatto di aver annotato le fatture ed averle indicate in dichiarazione sarebbe
colpevole.

2.4. Deduce, con il quarto motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. c), cod. proc.
pen., per erronea applicazione dell’art. 507 e dell’art. 603 cod. proc. pen.
In sintesi la censura investe l’impugnata sentenza in quanto, sostiene il ricorrente, la Corte d’appello non avrebbe deciso sulla questione della prova decisiva indicata dalla difesa, costituita dalla documentazione in possesso della Saficar
Trans s.r.l. relativa ai trasporti della merce acquistata dalla Gamma s.a.s., la cui
esistenza era emersa nel corso del giudizio di primo grado nel corso dell’esame
del teste a discarico Vanzanelli, secondo cui era stata la Saficar Trans di Napoli
ad effettuare il trasporto della merce da Napoli alla ditta Vanzanelli, da questa
poi consegnata alla Neon Torna.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile.

4. Ed invero, dalla lettura della sentenza impugnata emerge la assoluta genericità per aspecificità dei primi tre motivi di ricorso.
La Corte d’appello descrive compiutamente le ragioni per le quali le fatture dovevano considerarsi inesistenti, chiarendo alle pagine 2 e 3 quali erano gli elementi
indiziari sulla cui base era desumibile l’inesistenza oggettiva delle operazioni fatturate alla Neon Torna (elementi che si intendono in questa sede integralmente
richiamati per ragioni di economia motivazionale né essendo richiesto a questa
Corte di procedere ad una ricognizione e riproposizione delle argomentazioni in
fatto sviluppate dalla Corte territoriale a sostegno di quanto sopra, dovendosi la
Corte di Cassazione limitare a valutare la congruenza motivazionale e la logicità
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In sintesi la censura investe l’impugnata sentenza in quanto, sostiene il ricorren-

complessiva dell’apparato argomentativo utilizzato dai giudici di merito e non
certo sindacare gli argomenti fattuali utilizzati dai predetti giudici). In particolare, poi, quanto alla Neon Torna, alle pagine 3 e 4 si indicano dettagliatamente gli
elementi indiziari che denotavano come non fossero reali le operazioni fatturate
(mancata annotazione nella contabilità della Neon Torna delle bolle di trasporto o
documenti simili attestanti la ricezione della merce fornita asseritamente dalla
Gamma; assenza nella contabilità della Neon Torna di tracce scritte che consen-

tissero di ricostruire le modalità attraverso cui l’ingente quantitativo di merce era
stato trasportato dalla Gamma alla predetta Neon Torna; riduzione del debito
della Neon Torna verso la Gamma attraverso assegni bancari mai esibiti in sede
di verifica fiscale né tantomeno nel corso del processo penale, peraltro mai incassati dal creditore, come emerge dalla contabilità della Gamma).
La prova logica della inesistenza oggettiva delle operazioni, dunque, lungi
dall’essere stata fornita mediante presunzioni tributarie determinanti l’inversione
dell’onere probatorio, in realtà costituisce il frutto della valutazione operata dai
giudici di merito in base ad un apprezzamento degli elementi fattuali ai sensi
dell’articolo 192, codice procedura penale, ossia secondo i criteri della valutazione della prova indiziaria; sotto tale profilo, peraltro, trova applicazione quanto
affermato da questa Corte secondo cui la documentazione contabile, acquisita
nel corso di una ispezione a carico di un contribuente, può costituire valido elemento di prova nei confronti di altro contribuente, al quale l’incartamento si riferisca, quando i dati riscontrati per la loro precisione intrinseca, per la congruità e
la completezza, siano ritenuti pienamente attendibili. In tal caso la valutazione
compiuta dal giudice del merito, se opportunamente e logicamente motivata, è
incensurabile in cassazione (Sez. 3, n. 3519 del 24/01/1994 – dep. 23/03/1994,
Romiti, Rv. 197584). Appare infatti evidente come la documentazione acquisita
presso la Gamma ben poteva essere utilizzata come prova indiziarla verso la Neon Torna, attesa del resto la logicità argomentativa della sentenza di appello sul
punto.
La Corte d’appello, poi, si prende carico di confutare la tesi difensiva dei cosiddetti “acquisti in nero”, frutto di un tentativo di ricostruzione alternativa da parte
della difesa (sul punto v. quanto esposto analiticamente a pag. 4 dell’impugnata
sentenza, che si intende in questa sede integralmente richiamato per ragioni di
economia motivazionale né essendo richiesto a questa Corte di procedere ad una
ricognizione e riproposizione delle argomentazioni in fatto sviluppate dalla Corte
territoriale a sostegno di quanto sopra, dovendosi la Corte di Cassazione limitare
a valutare la congruenza motivazionale e la logicità complessiva dell’apparato
argomentativo utilizzato dai giudici di merito e non certo sindacare gli argomenti
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fattuali utilizzati dai predetti giudici), chiarendo poi l’irrilevanza sia della deposizione Vanzanelli che le ragioni del mancato accertamento in loco in ordine alla
merce presso il deposito della ditta Neon Torna e della Gamma, soffermandosi
poi a chiarire le ragioni della inverosimiglianza della tesi difensiva circa i “tempi
comodi” di pagamento che la Gamma avrebbe accordato alla Neon Torna (v. in
particolare pagina 5 dell’impugnata sentenza cui, al solito, si rinvia integralmente

5. In conclusione, dunque si ribadisce come i primi tre motivi di ricorso appaiono
aspecifici in quanto ripropongono pedissequamente le stesse censure già articolate nei motivi di appello senza confrontarsi criticamente con la puntuale motivazione della sentenza di appello. Trova quindi applicazione il principio secondo cui
è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia
generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria
correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle
poste a fondamento dell’impugnazione (Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012 – dep.
16/05/2012, Pezzo, Rv. 253849).

6. In ogni caso si tratta di censure manifestamente infondate, in quanto si risolvono nella consueta manifestazione di dissenso rispetto alla ricostruzione fattuale operata dalla Corte d’appello ed al risultato della valutazione della prova – nel
caso di specie, indiziaria – operata dalla Corte territoriale, operazione com’è noto
del tutto inibita in questa sede di legittimità. Sul punto non va infatti dimenticato, da un lato, che l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di
cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare
l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui
il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di
cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento
della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una
diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali
(Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997 – dep. 02/07/1997, Dessimone e altri, Rv.
207944; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999 – dep. 16/12/1999, Spina, Rv. 214794,
quanto ai limiti di deducibilità del vizio di illogicità della motivazione; Sez. U, n.
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per i motivi già esposti).

47289 del 24/09/2003 – dep. 10/12/2003, Petrella, Rv. 226074). A ciò, poi, si
aggiunga che gli accertamenti (giudizio ricostruttivo dei fatti) e gli apprezzamenti
(giudizio valutativo dei fatti) cui il giudice del merito sia pervenuto attraverso l’esame delle prove, sorretto da adeguata motivazione esente da errori logici e giuridici, sono sottratti al sindacato di legittimità e non possono essere investiti dalla censura di difetto o contraddittorietà della motivazione solo perché contrari agli assunti del ricorrente; ne consegue che tra le doglianze proponibili quali mez-

alla valutazione delle prove, specie se implicanti la soluzione di contrasti testimoniali, la scelta tra divergenti versioni ed interpretazioni, l’indagine sull’attendibilità dei testimoni e sulle risultanze peritali, salvo il controllo estrinseco della
congruità e logicità della motivazione (Sez. 4, n. 87 del 27/09/1989 – dep.
11/01/1990, Bianchesi, Rv. 182961).
Controllo, nella specie, agevolmente superato dalla sentenza impugnata.

7. Quanto, infine, al quarto ed ultimo motivo di ricorso con cui si censura la
mancata rinnovazione istruttoria ex officio da parte della Corte d’appello, è sufficiente qui ricordare che la stessa è consentita solo a determinate condizioni.
In particolare, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel giudizio di appello,
il giudice può – d’ufficio – disporre discrezionalmente la rinnovazione del dibattimento quando questa sia “assolutamente necessaria”, ossia nel caso in cui si
trovi nell’impossibilità di decidere allo stato degli atti. Tale discrezionalità, tuttavia, non è sottratta a controllo, ma è sindacabile, e, per verificare l’esattezza
della decisione sul punto, occorre vagliare la motivazione, accertando se, all’interno del quadro probatorio emergente dalla decisione stessa, le argomentazioni
adottate risultino mancanti o apodittiche ovvero risultino manifeste contraddizioni, lacune o aporie, o, al contrario, se il giudice di appello era nella oggettiva
condizione di decidere allo stato degli atti, dimodoché la rinnovazione non si palesava affatto necessaria (v., tra le tante: Sez. 6, n. 7519 del 05/06/1998 – dep.
24/06/1998, Zietek DJ, Rv. 211265). Dette condizioni, all’evidenza, non emergono dal complesso della motivazione della decisione e, in ogni caso, l’oggetto
della rinnovazione istruttoria non appariva decisivo alla luce degli elementi indicati in sentenza. Si ribadisce, infatti, che l’acquisizione di una prova documentale
nel giudizio di appello, pur non implicando la necessità di una formale ordinanza
di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, postula che la prova richiesta sia
rilevante e decisiva rispetto al quadro probatorio in atti (Sez. 3, n. 37879 del
23/06/2015 – dep. 18/09/2015, Pisaniello, Rv. 265022).

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zi di ricorso, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., non rientrano quelle relative

8. Il ricorso dev’essere dunque dichiarato inammissibile.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali, nonché, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma, ritenuta adeguata, di Euro 1.500,00 in favore della Cassa
delle ammende.
L’inammissibilità del ricorso impedisce di rilevare l’intervenuta estinzione del rea-

data del 22/01/2016 tenuto conto dei periodi di sospensione intervenuti in primo
grado, dal 17/11/2011 al 7/06/2012 e dal 7/02 all’11/04/2013 nonché, in grado
d’appello, dal 5/03/2014 al 6/03/2015). Trova infatti applicazione il principio più
volte affermato da questa Corte secondo cui l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di
un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare
e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. (Sez.
U, n. 23428 del 22/03/2005 – dep. 22/06/2005, Bracale, Rv. 231164; Sez. U, n.
32 del 22/11/2000 – dep. 21/12/2000, D. L., Rv. 217266, nella specie la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso,
come nel caso in esame, essendo infatti la sentenza d’appello stata emessa in
data 13/04/2015, laddove il reato relativo al periodo di imposta 2005, si è estinto per prescrizione alla data del 22/01/2016).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di € 1.500,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 12 maggio 2016

to con riferimento al solo periodo di imposta 2005 (prescrizione maturata alla

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