Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27815 del 12/05/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 27815 Anno 2016
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: DI STASI ANTONELLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PELLETTO VALTER, nato a Torino il 18/11/1957

avverso la sentenza del 21/05/2015 della Corte di appello di Venezia

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
dott. Sante Spinaci, che ha concluso chiedendo la declaratoria di
inammissibilità del ricorso.

Data Udienza: 12/05/2016

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 21.5.2015, la Corte di appello di Venezia, a seguito di
appello proposto dall’imputato, confermava la sentenza del Tribunale di Vicenza
che aveva dichiarato Pelletto Valter responsabile del reato di cui agli artt. 81,
comma 2, cod. pen. e 5 del d.lgs n. 74/2000 ascrittogli e lo aveva condannato
alla pena di anni uno di reclusione ed alle conseguenti pene accessorie.

per il tramite del difensore di fiducia, articolando il motivo di seguito enunciato
nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173
comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione, argomentando
che la Corte territoriale ha fondato l’affermazione di responsabilità e l’ammontare
della imposta evasa con l’impiego di criteri induttivi e presunzioni tributarie e
ricostruendo il volume dei ricavi con parametri di natura meramente formale,
senza accordare prevalenza al dato fattuale e reale; aggiunge che la
determinazione del volume di affari non può desumersi esclusivamente dalla
emissione del documento fiscale e prescindendo dall’incasso della fattura.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza del motivo proposto.
2. E’ opportuno muovere dal principio affermato dalla giurisprudenza di
legittimità, secondo cui, proprio ai fini di verificare il superamento della soglia di
punibilità di cui all’art. 5 del cligs. n. 74 del 2000, spetta esclusivamente al
giudice penale il compito di procedere all’accertamento e alla determinazione
dell’ammontare dell’imposta evasa, attraverso una verifica che può venire a
sovrapporsi ed anche ad entrare in contraddizione con quella eventualmente
effettuata dinanzi al giudice tributario” (Sez. 3 n. 21213/2008 ).
Per giurisprudenza consolidata di questa Corte in tema dì reati tributari il
giudice può legittimante basarsi, per accertare la penale responsabilità
dell’imputato per le omesse annotazioni obbligatorie ai fini delle imposte dirette e
dell’IVA, sull’informativa della Guardia di Finanza che abbia fatto ricorso ad una
verifica delle percentuali di ricarico attraverso una indagine sui dati di mercato e
ricorrere anche all’accertamento induttivo dell’imponibile quando la contabilità
imposta dalla legge sia stata tenuta irregolarmente (cfr. ex multis Sez. 3 del
18.12.2007- D’Amico).

2

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Pelletto Vatter,

Anche l’accertamento induttivo compiuto dagli uffici finanziari può, invero,
rappresentare, “un valido elemento di indagine per stabilire, in sede penale, se vi
sia stata evasione e se questa abbia raggiunto le soglie di punibilità previste
dalla legge, a condizione che il Giudice non si limiti a constatarne l’esistenza e
non faccia apodittico richiamo agli elementi in essi evidenziati, ma proceda a
specifica autonoma valutazione degli elementi nello stesso descritti comparandoli
con quelli eventualmente acquisiti “aliunde” (cfr. Sez.3,n.40992 del
14/05/2013,Rv.257619; Sez.3,n.24811de 128/04/2011, Rv.250647; Sez. 3 n.
1904 del 21.12.1999, Zarbo; Sez. 3, 20.10.1995, Perillo).
2.1. Per imposta evasa, inoltre, deve intendersi l’intera imposta dovuta, da
determinarsi sulla base della contrapposizione tra ricavi e costi d’esercizio
fiscalmente detraibili, in una prospettiva di prevalenza del dato fattuale reale
rispetto ai criteri di natura meramente formale che caratterizzano l’ordinamento
tributario” (cfr. Sez. 3 n. 21213 del 26.2.2008).
2.2. Nella specie, la Corte territoriale ha accertato il superamento della
soglia di punibilità non limitandosi alle risultanze dell’accertamento induttivo
dell’imponibile ma ha valutato tali risultanze autonomamente e comparandole
con dati obiettivi ricavabili dagli accertamenti bancari (importo delle fatture
emesse nei confronti dei clienti, costi dell’attività di impresa movimentazioni e
operazioni extra conto).
La motivazione è corretta ed immune da vizi logici ed in linea con i principi
di diritto suesposti.
Essa, pertanto, si sottrae al sindacato di legittimità.
3. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen,
non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al
pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in
dispositivo.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma dì euro 1.500,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 12/05/2016

v

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