Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27814 del 23/04/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 27814 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FERRARI NAZARIO N. IL 01/01/1970
avverso la sentenza n. 3418/2010 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di ROVIGO, del 11/10/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUIGI PIETRO CAIAZZO
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Udito il Procuratore G nerale in per ona del DQtt.
che ha concluso per

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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Udit i difensor Avv.

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Data Udienza: 23/04/2013

RILEVATO IN FATTO
Con sentenza in data 11.10.2011 il GUP del Tribunale di Rovigo, su concorde richiesta delle
parti, applicava a FERRARI NAZARIO la pena di mesi 5, giorni 10 di reclusione ed euro 93,00 di
multa, con il beneficio della sospensione condizionale della pena, in ordine al delitto di cui agli
artt. 2 e 7 legge 895/1967, per aver detenuto illegalmente un caricatore per pistola marca
Beretta cal. 9 X 21, parte di arma comune da sparo; accertato il 28.10.2010.
Il GUP, esaminando la richiesta del difensore di prosciogliere l’imputato ex art. 129 c.p.p., in

vigore del D.L.vo 204/2010, osservava quanto segue.
Effettivamente, a seguito dell’entrata in vigore in data 1.7.2011 del suddetto Decreto
Legislativo, attuativo della direttiva comunitaria 2008/51/CE, il caricatore non poteva più
essere considerato parte di arma, in quanto non è nominativamente previsto come tale, né
rientra nella nozione generale di componente o elemento di ricambio specificamente progettato
per un’arma da fuoco e indispensabile al suo funzionamento.
Conseguentemente, dopo l’entrata in vigore del citato Decreto non vi è più l’obbligo di
denunciare la detenzione di un caricatore per arma da fuoco.
Il fatto addebitato all’imputato, però, era stato commesso prima del 1°.7.2011, e la nuova
normativa non aveva modificato l’art. 2 della legge 895/1997 – che punisce la detenzione di
armi o parti di esse – né poteva essere considerata integratrice della norma penale, in quanto
si era limitata a introdurre un dato di fatto (il caricatore non può più considerarsi parte di
arma) che poteva avere rilevanza penale solo dopo l’entrata in vigore della norma che tale
dato aveva introdotto.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso personalmente l’imputato, chiedendone l’annullamento
per inosservanza della legge penale sostanziale, con riferimento all’art. 2/2 c.p. nella parte in
cui afferma che nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non
costituisce reato.
Il principio sancito dal D.L.vo 204/2010 che esclude il caricatore – come aveva riconosciuto

quanto il caricatore non può essere più considerato parte di arma a seguito dell’entrata in

anche la sentenza impugnata – dal novero delle armi da fuoco, dalle parti di arma e dalle parti
essenziali di arma è all’evidenza integrativo della norma penale, e quindi doveva essere
applicato al caso de quo per il disposto dell’art. 2/2 c.p..
Il ricorrente, tra l’altro, era in buona fede, poiché, dopo aver acquistato la pistola, l’aveva
regolarmente denunciata, omettendo di indicare nella denuncia che il venditore gli aveva
consegnato un caricatore di ricambio.
A seguito di una denuncia contro di lui per il reato di cui all’art. 612 c.p. (dalla quale
successivamente era stato assolto), aveva consegnato la pistola ai Carabinieri e con essa, a
riprova della sua assoluta buona fede e convinzione di non dover denunciare il caricatore di
ricambio, aveva consegnato anche il secondo caricatore.

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CONSIDERATO IN DIRITTO
E’ errata la motivazione della sentenza impugnata, in quanto, se il caricatore non fosse più
parte di arma, come ha ritenuto il giudicante, l’imputato dovrebbe essere assolto dal reato
ascrittogli perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, a nulla rilevando che la
detenzione del caricatore sia iniziata prima o dopo l’entrata in vigore del D.L.vo 204/2010, e
ciò in applicazione del principio dettato dall’art. 2/2 c.p. secondo il quale nessuno può essere
punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato.

poiché è un componente dell’arma specificamente progettato per un’arma da fuoco e
indispensabile per il suo funzionamento.
Il D.L.vo nell’indicare come parti di arma la canna, il fusto o la carcassa, il carrello o il
tamburo, l’otturatore o il blocco di culatta, nonché ogni dispositivo progettato o adattato per
attenuare il rumore causato dallo sparo ha elencato in modo esemplificativo e non tassativo
elementi dell’arma che debbono essere considerati parti d’arma da fuoco, ma sono tali anche
altri componenti o elementi di ricambio specificamente progettati per un’arma da fuoco e
indispensabili per il suo funzionamento.
Il funzionamento deve essere inteso non in astratto ma con riferimento alla funzione per cui il
componente è stato progettato e alle caratteristiche dell’arma.
Molte armi da guerra, concepite per sparare a raffica, prive del caricatore non sono in grado di
sparare secondo la tipica funzione per le quali sono state costruite, e quindi il caricatore risulta
essere un componente essenziale al funzionamento dell’arma. Anche nelle armi comuni da
sparo il caricatore è stato progettato per consentire alle armi semiautomatiche di sparare un
certo numero di colpi a ripetizione, e quindi anche in questo caso il caricatore si rivela un
componente indispensabile per il funzionamento e per il mantenimento dell’arma nella specifica
categoria di cui fa parte.
Vi è da aggiungere che non tutte le armi semiautomatiche sono in grado, senza il caricatore, di
esplodere un colpo alla volta inserendo la cartuccia nel retro della canna, ma quel che rileva, al
fine di considerare il caricatore una componente indispensabile per il funzionamento dell’arma
è che il funzionamento deve essere inteso come quello della categoria a cui appartiene l’arma,
e se si tratta di un’arma automatica o semiautomatica il caricatore è indispensabile per il
funzionamento dell’arma come automatica o semiautomatica.
Questa interpretazione appare la più corretta anche dal punto di vista logico sistematico,
perché dallo stesso testo di legge si desume, da una parte, che anche il silenziatore – parte
non indispensabile per effettuare lo sparo del proiettile – è espressamente considerato parte di
arma e, d’altra parte, è stato inserito tra le parti di armi il tamburo, che sostanzialmente ha
una funzione analoga al caricatore.
Nel caso di specie, però, esiste un profilo in fatto che deve essere valutato dal giudice di
merito, ai fini dell’applicazione o meno dell’art. 129 c.p.p..

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Ritiene, però, questa Corte che il caricatore debba essere ancora considerato parte di arma,

Il ricorrente sostiene, senza essere smentito dalla motivazione della sentenza, che l’imputato
ebbe a ricevere il secondo caricatore dal venditore della pistola (regolarmente denunciata) e
che, sostanzialmente per errore di fatto, ha considerato il secondo caricatore un accessorio
della pistola, tant’è che si premurò di consegnarlo alla Polizia giudiziaria, insieme alla pistola,
quando questa gli fu richiesta dopo essere stato indagato per il reato di minacce.
Nulla si dice sotto questo aspetto nella sentenza impugnata, e quindi la stessa deve essere
annullata per omessa motivazione su un punto che, se confermato dagli atti, potrebbe

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al GII4D del Tribunale
di Rovigo per il corso ulteriore.
Così deciso in Roma in data 23 aprile 2013
Il Consigliere estensore

Il Presidente

determinare l’assoluzione dell’imputato ai sensi dell’art. 129 c.p.p..

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