Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27811 del 12/05/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 27811 Anno 2016
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: DI STASI ANTONELLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FATONE MICHELE COSIMO DAMIANO, nato a Manfredonia il 27/09/1950

avverso la sentenza del 08/01/2015 della Corte di appello di Milano

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
dott. Sante Spinaci, che ha concluso chiedendo la declaratoria di
inammissibilità del ricorso.

Data Udienza: 12/05/2016

RITENUTO IN FATTO

1.Con sentenza del 27.6.2014, il Tribunale di Milano dichiarava Fatone
Michele Cosimo Damiano responsabile del reato di cui all’art. 8 d.lgs 74/2000
limitatamente alle fatture emesse nelle annualità 2007-2008 ed alla fattura del
29.12.2006 e, concesse le circostanze attenuanti generiche, lo condannava alla
pena di anni uno di reclusione; dichiarava non doversi procedere nei confronti

2006, esclusa la fattura del 29.12.2006, per essere il reato estinto per
prescrizione.
Con sentenza del 8.1.2015, la Corte di appello di Milano, a seguito di appello
proposto dall’imputato, in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarava
non doversi procedere nei confronti dell’imputato in ordine al reato ascrittogli
limitatamente alla fattura del 29.12.2006, per essere il reato estinto per
prescrizione.

2. Avverso tale sentenza ha proposto personalmente ricorso per cassazione
Fatone Michele Cosimo Damiano, articolando un unico motivo con il quale
censura la sentenza della Corte territoriale, chiedendone l’annullamento, nella
parte in cui non applica la sospensione condizionale della pena e non assolve
l’imputato perché il fatto non costituisce reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per genericità del motivo proposto.
Il ricorrente lamenta la mancata concessione della sospensione
condizionale della pena e censura l’affermazione di responsabilità, senza che le
doglianze siano accompagnate dalla indicazione specifica delle ragioni che
avrebbero dovuto imporre al giudice l’applicazione del beneficio o l’assoluzione ai
sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
Il ricorrente propone, pertanto, censure prive del necessario contenuto di
critica specifica al provvedimento impugnato.
I motivi dedotti, quindi, caratterizzandosi per assoluta genericità, integrano
la violazione dell’art. 581 c.p.p., lett. c), che nel dettare, in generale, quindi
anche per il ricorso per cassazione, le regole cui bisogna attenersi nel proporre
l’impugnazione, stabilisce che nel relativo atto scritto debbano essere enunciati,
tra gli altri, “I motivi, con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli
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del predetto in ordine al medesimo reato riguardo alle annualità 2004,2005 e

elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta”; violazione che, ai sensi dell’art.
591 c.p.p., comma 1, lett. c), determina, per l’appunto, l’inammissibilità
dell’impugnazione stessa (cfr. Sez. 6, 30.10.2008, n. 47414, rv. 242129; Sez. 6,
21.12.2000, n. 8596, rv. 219087).
2. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen,
non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al

dispositivo.
3.

L’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta

infondatezza del motivo proposto non consente il formarsi di un valido rapporto
di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le
cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p., ivi compresa la prescrizione
(Sez.2, n. 28848 del 08/05/2013, Rv.256463; Sez.U,n.23428 del 22/03/2005,
Rv.231164; Sez. 4 n. 18641, 22 aprile 2004). La recente sentenza delle Sez. U.
del 25.3.2016 n. 12602 ha ribadito il principio esposto affermando che la
preclusione opera anche nell’ipotesi di estinzione del reato per prescrizione
maturata in data anteriore alla pronunzia di appello, ma non eccepita nel grado
di merito né rilevata da quel giudice e neppure dedotta con i motivi di ricorso.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 12/05/2016

pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in

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