Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27796 del 30/03/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 27796 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: ACETO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Actis Massimo, nato a Cuneo il 17/06/1968,

avverso la sentenza del 12/05/2015 della Corte di appello di Torino;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Aldo Aceto;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Mario
Fraticelli, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito, per l’imputato, l’avv. Marco Camisassi, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.11 sig. Massimo Actis ricorre per l’annullamento della sentenza del
16/06/2015 della Corte di appello di Torino che, in parziale riforma di quella del
16/03/2009 del Tribunale di Cuneo, ha dichiarato non doversi procedere nei suoi
confronti in ordine al reato continuato di cui agli artt. 515, cod. pen. e 5, lett. a),
legge 30 aprile 1962, n. 283, e all’illecito amministrativo di cui all’art. 36,

Data Udienza: 30/03/2016

comma 1, d.lgs. 27/01/1992, n. 119, consumati in Centallo e Cuneo fino al
04/12/2006, perché estinti per prescrizione, confermando la condanna al
risarcimento del danno in favore della Regione Piemonte, costituita parte civile.
1.1.Con due motivi eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. b) ed e), cod. proc.
pen., violazione dell’art. 129, cod. proc. pen., e vizio di mancanza,
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.
Lamenta, a tal fine, che la Corte di appello pur avendo effettivamente
riconosciuto che il prelievo delle urine era stato effettuato in orario diverso da

conclusioni in termini di affidabilità e regolarità del campione. Le irregolarità del
prelievo (la diversa ora e la diversa modalità del prelievo rispetto a quelli
descritti nel relativo verbale, la non corretta modalità di custodia e
frazionamento del campione) e l’assenza della parte, legittimano il sospetto dello
scambio dei campioni, avallato dal fatto che il medico veterinario che vi aveva
provveduto è stato tratto in arresto per corruzione ed ha definito la sua posizione
mediante patteggiamento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3.11 ricorso è infondato.

4.Secondo l’editto accusatorio l’imputato ha venduto un bovino trattato con
desametazone, sostanza vietata che ne variava la composizione delle carni, così
contravvenendo anche al divieto di consegnare all’acquirente una cosa diversa,
per qualità, da quella dichiarata nella documentazione di accompagnamento.
4.1.Entrambi i Giudici di merito, fondando la loro decisione sugli esiti delle
analisi delle urine e sulle testimonianze del veterinario che provvide a
raccoglierle e a campionarle nonché dell’acquirente della vitella, hanno disatteso
le doglianze difensive relative all’inutilizzabilità a fini di prova degli esiti delle
analisi delle urine stesse che, secondo il ricorrente, evidenziavano le seguenti
criticità: a) l’assenza dell’Actis al prelievo del campione; b) le modalità del
prelievo, effettuato con sacchetto di nylon e dunque con modalità diverse da
quelle prescritte dal Piano Nazionale Residui del 2006 (che imponeva l’uso di
barattoli di plastica monouso all’atto della minzione) e descritte nel relativo
verbale (che riporta, appunto, quest’ultima modalità di prelievo e non menziona
l’uso del sacchetto di nylon); c) l’orario del prelievo, diverso da quello indicato
nel verbale (ore 5,30) con un conseguente ingiustificato “buco” temporale fino
all’orario della preparazione delle aliquote (le successive ore 8,00 del mattino)
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quello indicato nel verbale di prelevamento non ne ha tratto le coerenti

effettuata anch’essa in assenza delle parti interessate e in violazione delle
procedure prescritte dal Piano Nazionale Residui del 2006; d) la preparazione dei
campioni, posti all’interno di barattoli in plastica introdotti in busta di cartone
piuttosto che in contenitori di plastica per uso alimentare a doppio tappo
secondo le modalità prescritte dal citato Piano Nazionale Residui.
4.2.11 ricorrente, in ultima analisi, non contesta l’esito delle analisi (il
rinvenimento, cioè, della sostanza proibita nelle urine), né la violazione del
diritto a prendervi parte, bensì le modalità del prelievo delle urine stesse tali –

fatto che il veterinario che vi aveva provveduto risulta esser stato condannato
per corruzione.
4.3.Ferma l’inaccettabilità (che non necessitaVspiegazioni) dell’argomento
relativo alla attendibilità del testimone veterinario (tema peraltro nuovo rispetto
a quelli devoluti in appello), questa Suprema Corte osserva che ai fini
dell’utilizzabilità dei risultati delle analisi di campioni raccolti in sede ispettiva
l’art. 223, disp. att. cod. proc. pen. richiede esclusivamente che all’interessato
sia garantito il diritto di partecipare alla relative operazioni, distinte e diverse da
quelle (il campionamento) che le precedono.
4.4.Trattandosi di prelievi effettuati nel corso di attività ispettive di natura
amministrativa, che non presuppongono pertanto l’esistenza di una notizia di
reato, fin quando non emergano indizi di reato, la partecipazione ad esse
dell’interessato (e del suo difensore) è del tutto eventuale e certamente non
necessaria, non essendo tale attività paragonabile né a quella di repertazione
posta in essere dalla polizia giudiziaria ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 354,
cod. proc. pen., né a quella disciplinata dall’art. 220, disp. att. cod. proc. pen..
4.5.Nel caso in esame, infatti, la notizia di reato costituisce l’esito dell’analisi
delle urine; alcun indizio le precedeva, né legittimava il ricorso alle procedure
maggiormente garantite previste dal codice di rito (sul punto, cfr. Sez. 3, n.
23369 del 14/05/2002, Scarpa, Rv. 221627; Sez. 3, n. 15170 del 29/01/2003,
Piropan, Rv. 224456; nonché, più recentemente, Sez. 3, n. 10484 del
12/11/2014, Grue, Rv. 262698).
4.6.L’inosservanza delle norme e procedure amministrative che disciplinano
le attività ispettive e di prelievo dei campioni non inficia, dunque, l’utilizzabilità a
fini di prova delle relative analisi, operando in questi casi il principio del libero
convincimento del giudice che, nel caso di specie, attingendo alla testimonianza
del veterinario che provvide alle relative operazioni, ha sciolto ogni dubbio sulla
effettiva riconducibilità del campione analizzato alla vitella dell’imputato, con
motivazione che non può – come detto – essere messa in discussione (e
certamente non per la prima volta in questa sede) unicamente dalle

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deduce – da ingenerare il dubbio dello scambio di campioni, dubbio avallato dal

inammissibili considerazioni sui trascorsi giudiziari del pubblico ufficiale, né dalle
generiche supposizioni su fantomatici scambi di campioni.
4.7.Ne consegue che il ricorso deve essere respinto con conseguente
condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

processuali.
Così deciso il 30/03/2016.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

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