Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27789 del 18/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 27789 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ZELAYA HEBER YUVINE N. IL 04/07/1984
-avverso la sentenza n. 11070/2009 CORTE APPELLO di ROMA, del
25/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 18/04/2013

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Sante Spinaci, ha
concluso chiedendo dichiararsi rinammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.

Zelaya Heber Yuvine propone ricorso per cassazione contro la

sentenza della corte d’appello di Roma che ha confermato la sentenza di
primo grado di condanna alla pena di mesi sei di reclusione per il reato di

2.

A sostegno del ricorso lamenta erronea applicazione della legge

penale per mancata concessione della scriminante di cui all’articolo 52
cod. pen.. Ritiene, poi, il ricorrente, senza sviluppare però uno specifico
motivo di ricorso, che la pena irrogata dal giudice di merito sia ingiusta e
sproporzionata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Le esposte doglianze non possono essere condivise. Il primo motivo
si risolve in censura in punto di fatto della sentenza impugnata, con
la quale si richiede una nuova e diversa valutazione delle risultanze
processuali; attività che è riservata al giudice di merito e non è,
invece, consentita in questa sede di legittimità. Infatti, con
apprezzamento di fatto adeguatamente e congruamente motivato, e
quindi non censurabile in questa sede, la Corte territoriale (cfr. pagg.
1 e 2) ha ritenuto che la condotta tenuta nell’occorso dalla persona
offesa fu assolutamente scevra da violenza, ragion per cui la reazione
violenta dell’imputato e la continuità dell’offesa dovevano ritenersi
incompatibili con la invocata scriminante.

2.

Quanto alla lamentela sulla entità della pena, la relativa censura è
inammissibile in quanto diretta contro una valutazione di merito,
senza che l’imputato abbia indicato in modo specifico la sussistenza
di una violazione di legge o di un vizio della motivazione;
motivazione che si può rinvenire alla pagina due della sentenza di
appello, la quale in ogni caso va letta sistematicamente con la
pronuncia di primo grado, con la quale costituisce un tutt’uno (cfr.
Sez. 2, n. 11220 del 13/11/1997, Ambrosino; conff. Sez. 6, n.
23248 del 07/02/2003, Zanotti; Sez. 6, n. 11878 del 20/01/2003,
Vigevano; sez. 2, n. 19947 del 15 maggio 2008).
1

cui all’articolo 582 cod. pen..

3. Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile; alla declaratoria di
inammissibilità segue, per legge (art. 616 c.p.p.), la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché (trattandosi
di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti
dal ricorso: cfr. Sez. 2, n. 35443 del 06/07/2007 – dep. 24/09/2007,
Ferraloro, Rv. 237957) al versamento, a favore della cassa delle
ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare

p.q.m.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 a
favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 18/04/2013

in Euro 1.000,00.

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