Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2778 del 06/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 2778 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CUCH ENZO N. IL 29/11/1949
avverso la sentenza n. 1391/2012 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
18/03/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 06/12/2013

1) con sentenza del 18.3.2013 la Corte di Appello di Trieste confermava la sentenza
del Tribunale di Pordenone, resa in data 3.5.2012, con la quale Cuch Enzo era stato
condannato alla pena (sospesa alle condizioni di legge) di mesi 6 di arresto ed euro
3.000,00 di ammenda per il reato di cui all’art.256 co.2 D.L.vo 152/2006 ascritto.
Propone ricorso per cassazione il Cuch, a mezzo del difensore, denunciando la
mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione
all’affermazione di responsabilità (non essendo possibile stabilire con certezza se la
situazione antigiuridica fosse già in essere alla data del 17.12.2007, quando egli era
cessato dalla carica di amministratore) ed alla determinazione della pena.
2) Il ricorso è manifestamente infondato.
2.1) La Corte territoriale ha, con motivazione congrua ed immune da vizi logici,
ritenuto che dalle risultanze processuali (ed in particolare dalle testimonianze di
Nardi Giuseppe e Gambarin Eugenio) emergesse, senza ombra di dubbio, che i rifiuti
era stati abbandonati quanto meno dall’aprile 2007 e che essi erano stati lasciati in
loco allorchè, alla fine del 2007, la ditta del Cuch aveva chiuso (pag. 2 sent.)
Il ricorrente, invece, ripropone le medesime censure, già correttamente disattese,
sollecitando, per di più, una non consentita in questa sede rivisitazione del materiale
probatorio.
Tali censure non tengono conto, però, che il controllo demandato alla Corte di
legittimità va esercitato sulla coordinazione delle proposizioni e dei passaggi
attraverso i quali si sviluppa il tessuto argomentativo del provvedimento impugnato,
senza alcuna possibilità di rivalutare in una diversa ottica, gli argomenti di cui il
giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento o di verificare se i
risultati dell’interpretazione delle prove siano effettivamente corrispondenti alle
acquisizioni probatorie risultanti dagli atti del processo. Anche a seguito della
modifica dell’art.606 lett.e) c.p.p., con la L.46/06, il sindacato della Corte di
Cassazione rimane di legittimità: la possibilità di desumere la mancanza,
contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione anche da “altri atti del
processo specificamente indicati nei motivi di gravame”, non attribuisce al giudice di
legittimità il potere di riesaminare criticamente le risultanze istruttorie, ma solo
quello di valutare la correttezza dell’iter argomentativo seguito dal giudice di merito e
di procedere all’annullamento quando la prova non considerata o travisata incida,
scardinandola, sulla motivazione censurata (cfr.Cass.pen. sez.6 n.752 del
18.12.2006;Cass.pen.sez.2 n.23419/2007-Vignaroli; Cass.pen. sez. 6 n. 25255/2012).
2.2) Quanto al trattamento sanzionatorio, la Corte territoriale ha ritenuto che la
pena inflitta in primo grado fosse proporzionata alla gravità del fatto (tenuto conto
della quantità e qualità dei materiali abbandonati) ed alla protrazione nel tempo della
condotta illecita.
Ha quindi adeguatamente argomentato in ordine all’esercizio del potere discrezionale
riconosciuto in proposito ai Giudici di merito.
1

OSSERVA

3) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma
che pare congruo determinare in euro 1.000,00 ai sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento alla cassa delle ammende della somma di euro
1.000,00.
Così deciso in Roma il 6.12.2013

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