Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2777 del 24/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 2777 Anno 2016
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: RECCHIONE SANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TRUSENDI RICCARDO N. IL 28/05/1944
avverso l’ordinanza n. 696/2015 TRIB. LIBERTA’ di BOLOGNA, del
04/07/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SANDRA RECCHIONE;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. L
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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 24/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1.11 Tribunale di Bologna, sezione per il riesame delle misure coercitive, rigettava
l’impugnazione proposta avverso l’ordinanza applicativa della custodia in carcere
al Trusendi per i reati di bancarotta fraudolenta, auto riciclaggio e reimpiego di
capitali di provenienza illecita. L’ordinanza impugnata veniva annullata
limitatamente al capo di imputazione c) relativo al reato di reimpiego di capitali

2. Avverso tale ordinanza proponevano ricorso per cassazione (con due separati
atti) i difensori dell’indagato che deducevano:
2.1 violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla parte
dell’ordinanza che identificava le esigenze cautelari. Si deduceva che non erano
state adeguatamente indicate le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza
necessarie per applicare la misura della custodia in carcere ad una persona di 72
anni (ricorso dell’avv. Beretti e dell’avv. Marzaduri); si indicava la adeguatezza
del domicilio sito in Fivizzano come luogo per l’eventuale cautela domiciliare, in
quanto era lontano dal luogo ove sarebbero stati consumati i reati; non sarebbe
inoltre esistente il riconosciuto pericolo di fuga (ricorso dell’avv. Beretti).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è manifestamente infondato.
1.1. Il vizio di motivazione rilevato non trova conferma nella struttura del
provvedimento impugnato. In particolare con riferimento alla adeguatezza del
carcere applicata ad una persona di settantadue anni il provvedimento risulta
adeguatamente motivato. Il collegio territoriale rilevava infatti l’elevato pericolo
di reiterazione di fatti analoghi a quello per cui si procede che veniva valutato
“eccezionale” e, dunque, contrastabile solo con la massima misura custodiale.
Si rilevava che era infatti «preconizzabile pressoché in termini di certezza che
l’indagato – ove non coercito in modo assoluto – riprenderebbe immediatamente
l’attività di salvaguardia del proprio patrimonio tramite le collaudate condotte
monitorate dalla indagini svolte» ciò nonostante l’età superiore ai 70 anni. Il
che descrive in modo compiuto la eccezionalità delle esigenza cautelari che
legittimano l’applicazione della misura cautelare alli indagato ultrasettantenne.
Si tratta di una valutazione coerente con le indicazioni ermeneutiche della Corte
di cassazione secondo cui «l’art. 275, comma quarto, cod. proc. pen. si limita a
richiedere una pericolosità che superi la semplice concretezza richiesta dall’art.
2

illeciti.

274 cod. proc. pen., connotandosi come sostanziale certezza che l’indagato, se
sottoposto a misure cautelari diverse dalla custodia in carcere, continuerà a
commettere delitti tra quelli indicati nel suddetto art. 274, lett. c)» (Cass. sez. 2,
n. 32472 del 08/06/2010, Rv. 248352).
1.2. Anche la idoneità del domicilio proposto veniva presa in considerazione e
ritenuta non idonea a garantire in caso di applicazione della misura cautelare
degli arresti domiciliari presso l’abitazione della coniuge; questa non era
estranea alla vicenda; inoltre la soluzione proposta si presentava inidonea ad

ulteriori reati della stessa specie per cui si procede. Infine: la lontananza della
dimora indicata come possibile luogo degli arresti domiciliari non è, nella
interpretazione del collegio di merito, circostanza influenti ai fini della
valutazione della idoneità della misura proposta. Si tratta di una valutazione di
merito aderente alle emergenze processuali e non manifestamente illogica che
non può essere censurata in sede i legittimità.
1.3. La censura relativa al pericolo di fuga risulta generica in quanto si sostiene
l’inesistenza dell’esigenza senza individuare illegittimità specifiche del
provvedimento impugnato nella parte in cui rilevava che il Trusendi «potendo
contare su riferimenti personali e patrimoniali esteri tali da garantirgli una
comoda latitanza ed essendosi dimostrato disposto a tutto pur di salvaguardare
le proprie sostanza» era in condizioni di potersi dare alla fuga.
Si tratta di motivazione che non presenta fratture logiche manifeste e decisive ed
è coerente con le emergenze del procedimento, sottraendosi pertanto ad ogni
censura in sede di legittimità.

2.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una
somma che si determina equitativamente in C 1000,00.
Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del
ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter delle disposizioni
di attuazione del codice di procedura penale, che copia della stessa sia trasmessa
al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato si trova ristretto, perché
provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del citato articolo 94.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1000.00 alla Cassa delle ammende.

3

impedire la ripresa della comunicazioni propedeutiche alla consumazione di

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp att. cod. proc.
pen.
Così deciso in Roma, il giorno 24 novembre 2015

Il Presidente

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