Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2777 del 06/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 2777 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: GAZZARA SANTI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DIOP ABDOULAYE N. IL 02/09/1975
DIOP PAPA N. IL 06/01/1957
avverso la sentenza n. 1575/2010 CORTE APPELLO di CATANIA, del
14/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SANTI GAZZARA;

Data Udienza: 06/12/2013

Ritenuto:
-che con la sentenza in epigrafe segnata la Corte di Appello di Catania, in
riforma del decisum di prime cure, reso a seguito di rito abbreviato, con il
quale Abdoulaye Diop e Papa Diop erano stati assolti dalle imputazioni
loro ascritte, pronunciandosi sull’appello proposto dal P.G. sede e su
responsabilità di questi ultimi per i reati di cui agli artt. 110 e 648
cod.pen., e 110 cod.pen e 171 ter, co. 1, lerr. c) e d), L. 633/41, con
condanna degli stessi alla pena ritenuta di giustizia;
-che il difensore dei Diop ha proposto ricorso per cassazione, eccependo
vizio di motivazione in ordine alla affermata colpevolezza di costoro e
errata applicazione della legge penale, in quanto il fatto al tempo della
commissione non costituiva reato;
-che il vaglio di legittimità a cui è stata sottoposta l’impugnata pronuncia
permette di rilevare la logicità e la correttezza della argomentazione
motivazionale, adottata dal decidente, in ordine alla concretizzazione dei
reati in contestazione e alla ascrivibilità di essi in capo agli imputati;
-che le censure sollevate tendono, in parte, ad una rilettura degli
elementi costituenti la piattaforma probatoria, sui quali a questa Corte è
precluso procedere a nuovo esame estimativo;
-che correttamente la Corte di merito rileva , in relazione al capo b) di
imputazione, come nella fattispecie non esplichi alcun effetto la sentenza
della Corte di Giustizia Europea, resa 1’8/11/2007 in processo Schwibert,
in quanto questa incide sulle violazioni formali della L. 633/41 e più
precisamente sull’obbligo di apposizione del contrassegno SIAE, nel caso
in cui questo sia imposto dalla legislazione nazionale, e non sulle
violazioni sostanziali, come l’illecita duplicazione o la detenzione per la
vendita di prodotti. Ne consegue che era ed è vietata, anche dopo la
richiamata sentenza, qualsiasi attività che comporti l’abusiva diffusione,

I

4-

quello incidentale, avanzato nell’interesse dei prevenuti, ha dichiarato la

riproduzione, contraffazione delle opere dell’ingegno ( ex multis Cass.
12/2/2008, n. 13810 ): è certo che nel caso in esame la prova della
detenzione ai fini della vendita o della messa in commercio, può
desumersi, come a giusta ragione evidenziato dal decidente, anche dalle
modalità del rinvenimento, visto che i prevenuti sono stati sorpresi nella
materiale detenzione di 6.000 prodotti contraffatti, incompatibile con un

-che, del pari, del tutto esaustivo è da ritenere il discorso giustificativo,
svolto dalla Corte distrettuale, in ordine alla sussistenza dell’elemento
psicologico del reato ex art. 648 cod.pen., desumibile dal citato numero
dei beni contraffatti e dalla assenza di ogni documentazione fiscale o
contabile in possesso degli imputati, atta a giustificare l’acquisto di una
così rilevante partita di merce;
-che il ricorso va dichiarato inammissibile con le conseguenze di legge;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa
delle Ammende della somma di euro 1.000,00.
Così deciso in Roma il 6/12/2013.

uso personale dei medesimi;

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